mercoledì 2 marzo 2011

TelevAsione


Ci sono almeno due scelte che ho fatto nella mia vita di cui vado veramente fiera: smettere di mangiare gli animali e smettere di guardare la televisione.
Parlar male dell'attuale programmazione sarebbe fin troppo facile. E del resto, non guardando la TV da quasi tre anni non sarei nemmeno in grado di fare una critica mirata ad uno specifico programma piuttosto che ad un altro; a dire il vero non sono mai stata una grande fanatica di questo "medium" nemmeno prima, fatto salvo un breve periodo della mia infanzia in cui guardavo diversi cartoni animati e sit-com, anche se nessuno di questi avrebbe mai potuto superare il piacere che mi dava la lettura di Topolino o de I Quindici ;-). E' pur vero che "echi e rimandi" della tv mi giungono talvolta indirettamente, attraverso articoli sui quotidiani on line o cartacei o i commenti delle persone con cui mi rapporto nel quotidiano, attraverso nomi e situazioni che qua e là mi capita di percepire come sottofondo al bar o sull'autobus, o anche attraverso certi  resoconti dettagliati di mia madre, la quale, vivendo ormai una vita ristretta ai minimi termini, non uscendo quasi mai di casa per motivi di salute, ha veramente fatto della televisione la sua "finestra sul mondo", non rendendosi minimamente conto della pericolosità e falsità che tale prospettiva comporta. Non credo che mia madre sia un caso limite. Penso che per molti la televisione rappresenti la soluzione più efficace per vedere cosa accade al di fuori di casa propria (specialmente per le persone di una certa età, che non usano internet e faticano a leggere). Oppure, come la maggioranza afferma, rappresenta un innocuo svago e passatempo, una piccola evasione, magari la sera dopo una giornata di lavoro, per dimenticare o alleviare i problemi della quotidianità.
Molti restano convinti dell'assoluta innocuità del mezzo in sé.  Ci hanno abituato a considerare la televisione come un mezzo neutro, la cui positività o negatività resta strettamente correlata all'uso che se ne fa e dipende dalla scelta dei programmi che si effettua.  Psicologi e sociologi dell'infanzia ci dicono che guardare la tv non può far male ai bambini, tutto dipende da cosa si sceglie di far vedere loro, dal tempo che vi dedicano, dalla presenza di un genitore accanto a spiegare o approfondire eventualmente il contenuto di un programma.
La televisione viene vista come un semplice, neutro apparecchio. Un "mezzo" appunto.
Le cose non stanno davvero in questo modo.
Così come la realtà da noi percepita è ciò che i nostri sensi indiscutibilmente ci rimandano, suscettibile quindi di tutte le alterazioni psichiche e fisiologiche cui siamo soggetti (basti pensare a come un non-vedente percepisca la realtà diversamente da chi invece è abituato a distinguere colori e forme attraverso la vista, a come si restringa lo spazio - e la percezione che ne deriva - da chi è costretto a letto, a come la visione, i suoni, il tatto, gli odori si modifichino dopo l'assunzione di alcool o sostanze psicotrope e così via, ma anche all'unicità e peculiarità della soggettività di ognuno che rende difficile stabilire un grado assoluto di oggettività in tutto ciò che ci circonda), anche la televisione, come "terzo occhio" meccanico messo a nostra disposizione,  può influire sul pensiero - l'idea - che della realtà, abbiamo.
Ora, anche la televisione, "mezzo" che ci rimanda delle immagini, non è mai totalmente neutra, come ci ha insegnato Marshall McLuhan, uno dei più celebri studiosi di teoria della comunicazione, molto noto al "grande pubblico" anche perché apparve - breve ma significativa ed ironica particina -  in Io e Annie di Woody Allen e soprattutto perché a lui e alle sue teorie si è notevolmente ispirato uno dei più grandi cineasti mondiali per una delle sue opere più riuscite: lui è (rullo di tamburi...) David Cronenberg, il film, ovviamente, quel capolavoro di Videodrome.
Nei suoi molti libri e saggi, scritti a partire dagli anni ’60, McLuhan ha proposto un’analisi innovativa degli strumenti della comunicazione, che poi in maniera sintetica avrebbe tradotto con medium (dal latino media che vuol dire strumento), termine che poi è entrato, come tutti sappiamo, nell'uso comune.    Termine che, in maniera molto provocatoria, McLuhan lanciò con uno degli slogan più controversi (e anche davvero poco compresi) della storia della teoria della comunicazione: “il medium è il messaggio”, dando quindi adito, in maniera del tutto equivoca, all'interpretazione per cui il "mezzo" si equivalga, o peggio, sia addirittura più importante, al contenuto che si vuol trasmettere. Tale affermazione suscitò, almeno all'epoca, un sacco di polemiche e tutti si affrettarono a ribadire la necessità di distinguere la superiorità e l'importanza del messaggio che si voleva comunicare - e, cosa più importante, la sua estraneità ed autonomia - rispetto al mezzo con cui veniva espresso.
In realtà, quel che intendeva dire McLuhan era che, semplicemente, qualsiasi contenuto informativo si volesse trasmettere inevitabilmente sarebbe stato sottomesso al mezzo utilizzato per diffonderlo poiché potenzialità ma anche limiti restano connessi all’efficacia pratica di qualsiasi strumento si voglia utilizzare. Così se la televisione è un “mezzo freddo” perché chiede al fruitore di partecipare con maggiore efficienza sia dal punto di vista sensoriale che da quello percettivo (impegna cioè un gran numero di sensi contemporaneamente: vista, udito, ma anche l'intero corpo nel momento in cui richiede di assumere una certa posizione e staticità, e di fatto per poter guardare la televisione bisogna stare seduti, frontalmente, e porre una certa attenzione) in maniera del tutto diversa va definita la fotografia, trattandosi di un “medium caldo" poiché esclusivamente visivo e quindi atto a coinvolgere nella fruizione un solo senso. L’effetto dei media insomma, per McLuhan, condiziona la ricezione del messaggio a seconda del tipo di relazione percettiva che è in grado di instaurare con i processi cognitivi e percettivi del fruitore. Il medium quindi è portatore di una valenza altamente significativa in grado di modificare, se non il messaggio stesso, la capacità del fruitore di coglierlo. In questo senso si può dire che il medium è conduttore di una specifica nozione di realtà se, al pari degli empiristi, riteniamo la realtà nient’altro che il frutto delle nostre percezioni.
La televisione quindi, ma qualsiasi altro  "mass medium" (che io continuo a pronunciare alla latina e non all'inglese come va tanto di moda oggi), non si limita mai a trasmettere un contenuto in maniera neutra come si tende erroneamente a credere. Ne risulta che la "realtà" che ci rimanda è non già la riproduzione fedele (e già comunque il termine "riproduzione" significa che si ha a che fare con qualcosa di diverso dall'originale) di quello che è all'esterno, ma qualcosa di costruito, di artefatto, di fittizio ed illusorio, di profondamente viziato e distorto. La televisione - come suggerisce il Prof. O'Blivion in Videodrome - è ormai l'unica realtà, e la realtà è meno della televisione. Essa si sostituisce, in un certo senso, alla realtà vera, diventando più vera della realtà. E' come se fosse un terzo occhio che va ad aggiungersi ai nostri cinque sensi, un terzo canale sensoriale.
Ed è questo il grande inganno. Quello di identificare le immagini che passano sullo schermo con ciò che realmente avviene all'esterno, dimenticando che ogni immagine, ogni scena, ogni singolo fotogramma è sempre il frutto di una scelta decisa a tavolino da chi riprende con la telecamera, ed il frutto poi ben studiato e congegnato di un montaggio che assolve un compito ben preciso: quello di rimandarci ciò che l'autore vuole che allo spettatore venga raccontato. La televisione - così come il cinema - ma il cinema veicola essenzialmente contenuti di tipo estetico, quindi artistici, mentre quelli della televisione sono sempre strumentali - usa dei precisi codici di comunicazione, diversi dal linguaggio e ben più efficaci perché si avvalgono del potere delle immagini, che arrivano ben oltre dove la semplice decodificazione linguistica potrebbe giungere; l'efficacia delle immagini ha il potere di toccare le zone più remote dell'inconscio, rendendo lo spettatore estremamente vulnerabile e manipolabile e senza che ne sia del tutto consapevole.
Per questo è perniciosa. Perché costruisce e conferma - senza che sia dato rendercene conto - sistemi e ragnatele culturali in cui veniamo imprigionati a nostra insaputa.
Ciò che rimanda la televisione, attraverso i vari programmi di intrattenimento, la pubblicità (ormai si usa dire persino che la tv è solo un mero contenitore di pubblicità con il fine di carpire ed accrescere il numero dei potenziali acquirenti), i reality-show, i talk-show (reality nel senso - come spiegavo prima - che sostituiscono una realtà altra, fittizia, a quella esterna e che, purtroppo, finiscono per diventare più reali della realtà stessa, in quanto seguiti, imitati, desiderati - "desideriamo ciò che vediamo ogni giorno", diceva il Dr. Lecter all'agente Clarice Starling -  e non reality, come vorrebbero farci credere, nel senso di filmare ciò che accade in maniera autentica e spontanea) ci fornisce quindi un'immagine del tutto falsata ed arbitraria al fine di costruire e confermare un consenso volto a mantenere di volta in volta un determinato ordine: politico, economico, sociale, culturale. Si guida il pubblico a vedere costantemente e poi a desiderare determinati prodotti, a definire determinati valori morali, etici ed estetici, ad accettare e favorire un determinato comportamento culturale (sempre più spesso volto all’acquisto, come fine ultimo, di un determinato prodotto rispetto ad un altro o al consumo di una gamma di prodotti che dovrebbero poter realizzare i sogni previamente indotti: prodotti dimagranti, ringiovanenti, per essere “cool” ed avere successo e così via, tutta una serie di accorgimenti per essere come la società vuole che noi siamo) e - dando l'illusione che tutto sia come deve essere - l’opposizione o il rifiuto è ridotto ai minimi termini perché l’essere umano, da sempre, sente la necessità di adeguarsi al gruppo, di venire accettato, di far parte di una maggioranza e non di una minoranza. Senza rendersene conto lo spettatore ripete nella realtà che si trova al di fuori del soggiorno di casa sua quegli schemi comportamentali che ha visto in TV (dentro il soggiorno di casa sua), sentendosi legittimato dal fatto che qualcuno glieli ha fatti passare per realistici, per veri, e quindi accettati anche perché creduti "naturali" conseguenze di come "va il mondo", e frutto di quelle che sono credute “libere scelte” mentre sono soltanto il risultato di una subdola manipolazione.
Questo non è il solo motivo per cui ritengo pernicioso guardare la televisione: ad esempio, essendo la programmazione ridotta ormai a mero contenitore pubblicitario, si potrebbe parlare del ruolo di rimozione e di oblio che da sempre esercita la pubblicità sulle menti dello spettatore, promuovendo sempre un’immagine della realtà associata al puro principio di piacere e rimuovendo sempre tutto ciò che rimanda agli aspetti più tragici dell’esistenza (malattie, morte, invecchiamento ecc.).  Di questo vorrei parlare in un post a parte (detto così, sembra quasi una minaccia ;-) ).
Finisco con una personale considerazione. Io non guardo la televisione non solo perché non voglio essere manipolata ("non voglio che mi vada in pappa il cervello", per usare un'espressione molto più diretta) ma anche perché, esteticamente, proprio non mi piace. Essendo appassionata di cinema sono abituata ad una certa cura delle immagini, ad un montaggio e dei codici narrativi diversi (ed inoltre il cinema - almeno quello di un certo tipo, non mi riferisco certo al cinema commerciale, che appunto, ha sempre principalmente uno scopo più commerciale che estetico - ha il solo scopo di veicolare artisticamente contenuti di un certo tipo, magari di natura filosofica, esistenziale o intimista e non quello di trasmettere dei messaggi criptici... ripeto, almeno un certo tipo di cinema!) e così mi succede che quando saltuariamente mi capita di assistere a delle immagini televisive (magari a casa di amici che hanno la TV accesa, o anche a casa dei miei genitori) avverto come un certo notevole disagio; mi sento come frastornata da quelle immagini che scorrono ad un ritmo molto più veloce rispetto a quello cinematografico, realizzate con un montaggio frenetico, scandite da slogan pubblicitari, con luci e suoni sparati a mille, una fotografia fredda, algida, scenografie, regìe ed inquadrature piatte, e mi vien fatto di percepirle, ora me ne rendo conto, quasi aggressive, eccessive... appariscenti... ecco, sì, ora mi viene la parola... volgari, ecco. La televisione, con i suoi ritmi, le sue musichette, il suo linguaggio codificato, è volgare, è rozza, è tutto ciò che di questo mondo attuale non mi piace e rifiuto.
La televisione è volgare perché si avvale di metodi coercitivi, anche se subdoli, sotterranei, camuffati e poi elargiti per illusorio esercizio di libero arbitrio (lo zapping non dà forse l’illusoria facoltà di “scegliere”?) ed ogni coercizione è sempre la rappresentazione massima della volgarità.
Provate anche voi a fare una prova: provate a stare per un certo periodo di tempo senza guardare la TV, proprio per niente intendo, nemmeno i Tg, nemmeno i documentari (dall'apparenza così neutra e rassicurante, mentre sono anch'essi frutto di una precisa scelta dell'occhio che riprende e di un preciso montaggio volto alla codifica-decodifica di un messaggio), e poi, quando riterrete di esservi disintossicati abbastanza, provate a guardarla di nuovo e vi accorgerete che quel frastuono, quell'accozzaglia rozza di immagini vi apparirà in tutta la loro nuda e cruda volgarità. Forse anche la realtà, quella vera, quella che vi circonda, potrebbe apparirvi diversa.
Se proverete a privarvi del "terzo occhio" della TV vi accorgerete che quello che ne avrete in cambio non sarà una diminuita percezione della realtà, ma, al contrario, una visione più lucida, autentica ed accresciuta di essa.
E così, come ho voluto giocare nel titolo, televAsione, ma non evasione nel senso di evadere dalla quotidianità e dai problemi dell'esistenza ma nel senso proprio di... evadere dalla televisione, cioè scappare, fuggire, darsela a gambe levate da quello schermo che seduce ma inganna.

4 commenti:

Kitty ha detto...

Suvvia, sei una snob, non farla tanto lunga e t'offendere.
E no, non sono così superficiale da non comprendere la veritiera base su cui poggia il tuo post.
Per altro ho passato anni senza televisione, stando benissimo e provando, le volte in cui la vedevo in casa d'altri, quel senso di straniamento fastidioso ma anche piacevole: quando non la vedevo, la guardavo attentamente.
Poi la televisione è tornata anche in casa mia e cerco di non perdere mai il Grande Fratello.
E poi adoro la pubblicità, alla fine guarderei solo quella.

Rita ha detto...

E chi si offende! Ma figurati!
Anzi, ti invito a leggermi anche domani(visto che adori la pubblicità!): sto preparando un post proprio su questo argomento; sembra che tu mi abbia proprio letto nel pensiero. ;-)

Anonimo ha detto...

ho eliminato la tv dalla mia vita da 3 anni, forse perchè in casa mia ce n'è una sempre accesa che spaccherei volentieri con una mazza. sono felice di affermare che in casa mia non avrò tv.
c'è il web che ormai è un bacino enorme con qualsiasi tipo di informazione o svago.
e per quanto riguarda il tempo libero ho sempre preferito un buon libro.

pensavo che la cosa più dannosa della tv fosse la pubblicità, insistente e onnipresente. ma la realtà è che la tv ci insegna cosa pensare, in chi credere, chi votare, devia le menti.. e nessuno tranne chi ne è fuori ci crede.

l'altro giorno ho discusso con persone a me molto care del fatto che in italia le cose stanno precipitando a picco: cassa integrazione (per i pochi che ne possono usufruire!), tagli del personale, riduzione dell'orario (la mia amica da gennaio lavora part-time) e tutto quello di cui ci preoccupiamo è che la concordia è affondata.

scherzando (ma tragicamente, ovvio!) l'altro giorno ho chiesto: non sarà per caso che dietro le ragazzine uccise, le navi affondate, gli amori straordinari della canalis c'è forse un'unica mano? non sarà forse un modo per non farci rendere conto che ci stanno levando la sedia da sotto il sedere?
:)
una cosa più o meno divertente: a casa mia quando si discute sembra di essere a uomini e donne.

Rita ha detto...

Rò, ho scritto anche un post sulla pubblicità, se ti interessa, mi pare il successivo a questo, perché comunque sono dannose entrambe e perché comunque la tv è anche un contenitore per la pubblicità.

Certamente il naufragio della Concordia e le ragazzine uccise sono fatti che non hanno un'unica causale, ma sono sicura che la maniera da gossip di parlarne, invadendo ogni spazio mediatico, sia invece un preciso tentativo di dirottare l'attenzione del lettore e dello spettatore altrove, distogliendolo da quello che sta succedendo nel nostro paese.

Un'occhiata ai giornali online la do, non sempre, ma spesso.
Dunque, il governo sta praticamente abolendo l'articolo 18, quello che impedisce di licenziare senza giusta causa e il reintegro sul posto di lavoro ove venisse confermata l'infondatezza del licenziamento.
La cosa che mi sta facendo davvero schifo è quasi tutti i giornali, compresi quelli di sinistra, hanno fatto passare la notizia come se fosse una sciocchezzuola, una cosa necessaria per l'economia e per di più infarcendola ed edulcorandola per mascherarne la gravità.
Sai cosa significa Rò? Che un domani puoi venire licenziata in qualsiasi momento, per qualsiasi motivo, pure solo perché stai sulle palle al capo.
E Monti cosa dice? I giovani devono imparare a cambiare lavoro. Certo, mi domando però come possano acquistarsi una casa, prendere un mutuo se le banche non concedono prestiti quando non hai garanzie di posto fisso o beni immobili. Inoltre mi domando, cambiando sempre lavoro, come si possa imparare bene un lavoro, svolgerlo bene e come si possa, ad esempio, far carriera, se uno ci tiene.
I giornali però mica ne parlano, no, tutto rose e fiori e poi si preoccupano di speculare su quanti bicchieri di vino aveva bevuto a cena Schettino (i processi mediatici sono quanto di più vile possa esserci).
Vabbè, mi sono sfogata. Io in genere non parlo mai di politica, ma tu mi hai dato il "la". ;-)
Grazie per aver letto tutto il mio pippone (come si dice a Roma) sulla tv. ;-)