martedì 10 maggio 2011

Gli Indifferenti


No, non mi riferisco al titolo del primo romanzo di Alberto Moravia. 
Anzi sì, in un certo senso mi riferisco proprio a quel preciso stato d’animo dell’individuo - che diviene condizione esistenziale - deprivato di ogni slancio, impegno o passione verso la vita.
Moravia elegge a simbolo di questa condizione soprattutto la classe borghese, i cui rappresentanti finiscono per trascinare le loro fatue ed insulse esistenze in un abisso di vacuità senza fondo, il cui unico eccesso sentimentale è dato dall’ipocrisia morale che diviene vezzo e costume perbenista.
Gli Indifferenti di Moravia non lo sono per rifiuto di qualsiasi impegno - una volta preso atto del nonsense esistenziale - ma lo sono per nascita e condizione, potremmo dire; per incapacità di sottrarsi ad un’indolenza che non esiterei a definire “congenita”.
Gli Indifferenti, a leggerlo oggi,  appare come un’opera troppo ancorata alle radici storico-sociali di un’epoca i cui confini sono andati sfumando nel tempo, tuttavia, quel sentimento di indolenza, di apatia, di totale disinteresse, a me sembra che, sostanzialmente, non sia cambiato o scomparso affatto.
Ieri stavo facendo una passeggiata e mi trovavo lungo una via piuttosto trafficata, sia di persone a piedi - sul marciapiede - che di automobili, motorini ecc..
Stavo camminando per l’appunto sul marciapiede, quando, ad un certo punto, guardando in basso, scorgo, a qualche metro da me, un “qualcosa” di scuro appoggiato al muro di un’abitazione: mi avvicino per guardare meglio (da lontano ci vedo poco) e mi accorgo che si tratta di un piccione. E’ impaurito, trema, provo a vedere se riesce a volare o camminare ma resta immobile, è evidente che è ferito o comunque ammalato, nasconde la testina sotto le ali, probabilmente mi percepisce come un aggressore e cerca di farsi il più piccolo ed invisibile che può.
Io sono a piedi, a circa mezz’ora da casa, quindi chiamo immediatamente il mio compagno, gli spiego la situazione, gli dico di raggiungermi in motorino e di portare con sé una scatola, così lo porteremo alla Lipu (Lega Nazionale Protezione Uccelli e Fauna Selvatica).
Nel frattempo - prima che il mio compagno arrivi passeranno una ventina di minuti - cerco di proteggerlo dal sole facendogli ombra con il corpo e soprattutto cerco di evitare che qualche gatto o predatore di altre specie possa fargli del male.
E così, non volendo, ho avuto l'occasione di effettuare un piccolo test sociologico.
Dunque, il tempo di attesa su quella strada molto trafficata è stato di circa venti minuti: questo significa che saranno passate sul marciapiede, accanto a me, almeno duecento persone, a dir poco.
Vediamo se riuscite ad indovinare: quante di queste - notando il piccione ferito (era impossibile non notarlo) - si sono fermate a prestare aiuto?
Una. Soltanto una signora. Che poi mi ha raccontato una storia bellissima, di quando anni prima aveva raccolto un piccione ferito e di come - non avendo questo più potuto volare nonostante le cure mediche - lei aveva deciso di adottarlo, e di come era divenuto un membro della sua famiglia a tutti gli effetti, coccolato, amato, curato, portato in vacanza l’estate (mi ha specificato più volte questa cosa: “d’estate lo portavamo in vacanza con noi, ci sarebbe dispiaciuto lasciarlo a casa da solo e farlo accudire da un estreneo”), e divenuto grande amico di una tartaruga: “mangiavano e bevevano dalla stessa ciotola, dormivano vicini, erano diventati inseparabili” e infine di come, dopo dieci anni, era purtroppo morto: ma comunque sempre dopo aver vissuto una vita dignitosa e di amore.
Ecco, ad accezione di questa simpatica signora, la quale si è offerta di aiutare il povero animaletto, nessuno si è degnato di fermarsi un attimo.
- I più, hanno dato uno sguardo e sono passati oltre, indifferenti;
- qualcuno si è sprecato a dire “poverino”, ma passando comunque oltre, sempre indifferente;
- qualcun altro, addirittura, si è mostrato persino infastidito... che schifo, un piccione... .
Tutti di corsa, di fretta, come se avessero chissà quali improrogabili impegni.
Tutti - inequivocabilmente - indifferenti di fronte alla sofferenza di un essere vivente.
Io solitamente non sono una che ama fare delle supposizioni. Ma questa volta non credo di supporre alcunché affermando di sapere cosa stessero pensando tutte quelle persone frettolose ed impegnatissime a svolgere chissà quale compito di importanza capitale: un piccione ferito, oh, e che sarà mai, figuriamoci, muore così tanta gente nel mondo... mi dispiace, poverino, ma io ho da fare adesso, non posso fermarmi, ci penserà qualcun altro... il mio tempo è prezioso, se proprio devo fermarmi lo faccio per aiutare un poveraccio, un bambino magari, mica un piccione... che schifo i piccioni, sono sporchi, uno in meno... che cos’è quella cosa che sbatte le ali... chissene frega, io ho un appuntamento adesso... un piccione... e che ci posso fare io... ci penserà qualcun altro... ah, a me fanno impressione gli uccelli...  ah, io non posso vedere il sangue... ah... sto facendo tardi... cos’è quella cosa... ah boh, un piccione mi sa, boh... chissene frega.
Magari qualcuno avrà anche pensato: un piccione ferito... ah, ma si è fermata quella, ci penserà quella, brava, eh brava... ché io c’ho da fare adesso... .
Ecco, peggio dell’indifferenza c’è solo lo scherno: “ah, che brava che sei, meno male che ci pensi tu” (frase che mi sento ripetere ormai a cadenza regolare ogni qualvolta porto da mangiare ai gatti, o mi appresto a soccorrere un animale ferito).
Io non sono brava. Sono una persona NON indifferente.
La natura è indifferente, lo diceva anche Leopardi. Ma noi possiamo scegliere di essere diversi.
Non siamo come Gli Indifferenti di Moravia, simboli di una condizione esistenziale. Noi siamo esseri viventi, non simboli. E ogni piccione ferito è un essere vivente come me, come voi.
E mi spiegate dove andate sempre di fretta?

Il piccione poi l’ho portato alla Lipu dove è stato visitato e gli è stata data acqua e cibo. Fortunatamente non aveva nulla di serio, solo la coda strappata - probabilmente da un gatto o un altro uccello predatore - e un lieve, conseguente, trauma. Mi hanno detto che sicuramente entro qualche giorno si riprenderà e sarà in grado di volare di nuovo.
Se fosse rimasto lì, su quella strada, sarebbe morto di sicuro, di fame, di sete, o mangiato vivo da qualche gatto o gabbiano. Ora, io non credo di aver fatto nulla di speciale, o di “buono”, così come comunemente si dice. Ma so che se avessi tirato dritto avrei favorito l’agonia e la morte di quell’esserino. E pazienza se ho solo procrastinato l’inevitabile, ché la morte arriverà per tutti e nessuno ci assicura che non soffriremo. In quel momento io ho avuto una scelta ed ho scelto la vita.
L’indifferenza e Gli Indifferenti di cui parlava Moravia sono coloro che non scelgono, sono coloro che si illudono - persi nella folla frettolosa - di  avere cose più importanti da fare. Cosa ci può essere di più importante della vita, la nostra e quella altrui?
E cosa sono venti minuti del proprio tempo di fronte all'immensità del dolore universale, che ci accomuna tutti, uomini ed animali?
Nulla, eppure moltissimo. Venti fottutissimi minuti possono fare la differenza; anziché l'indifferenza.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

io ho salvato due piccioni , il primo è guarito in due settimane , l'ho tenuto in casa poi è volato via e non l'ho più rivisto , il secondo dopo averlo salvato , da due anni tutte le mattine mi aspetta sul davanzale per la sua dose di croccantini, è bellissimo ed è il padrone dei davanzali delle mie finestre

Rita ha detto...

:-)

Sono le storie a lieto fine come queste, nate da un piccolo-grande gesto di generosità, che mi fanno ancora apprezzare la vita, nonostante tutto.

Serena ha detto...

Che bella storia... :)))

Complimenti per il post, e per il blog in generale!!

Rita ha detto...

Grazie Serena :-)

fabrizio ha detto...

bel pezzo. belle argomentazioni

Rita ha detto...

Grazie.
Ho visitato il tuo blog: trovo i tuoi lavori davvero interessanti e particolari.
E mi è piaciuta moltissimo la presentazione di te stesso (non è da tutti abbandonare una carriera per essere coerenti con i propri principi) :-)

fabrizio ha detto...

troppo buona, miss