martedì 20 settembre 2011

Last Night di Massy Tadjedin


Ero indecisa se scrivere o no di questo film, così come lo sono stata nel momento di prenderlo a noleggio. Poi la curiosità di vederlo e il desiderio di condividerne con voi alcuni spunti hanno avuto la meglio.
Sia chiaro, non è un capolavoro, ma una dignitosa opera prima della regista Massy Tadjedin, già sceneggiatrice del curioso e originale The Jacket (quest’ultimo addirittura liberamente ispirato al bellissimo romanzo di Jack London Il Viaggiatore delle Stelle), quindi certamente promettente.
Dal trailer e dalla locandina si presenta come un film di genere drammatico/sentimentale dai toni brillanti e molto glamour. E, apparentemente, non sembra andare più in là di quello che promette. Per di più, sin dalle scene iniziali ci si trova di fronte a tutta una serie di stereotipi relativi a quelli che, secondo una certa visione della vita molto “americana” sembrano soddisfare tutti - o almeno molti - gli ingredienti di una vita di successo: gli attori protagonisti (Keira Knightley, Sam Worthington, Eva Mendes, Guillaume Canet) sono tutti giovani e belli, svolgono lavori che godono di considerazione e prestigio sociale (scrittori, designer, professionisti, giornalisti free-lance) vivono in appartamenti arredati con gusto e con viste mozzafiato,  socializzano incontrandosi per aperitivi in locali molto trendy,  a cene di lavoro in ristoranti chic o a divertenti party e, va da sé - visto il genere di luoghi che frequentano - che hanno sempre molto molto alcool a disposizione: non c’è una scena, una, in cui almeno uno dei personaggi non abbia un bicchiere in mano, non stia versandosi da bere, non stia proponendo un brindisi, o non stia ordinando o stappando una bottiglia. Alcool che scorre a fiumi come leit-motif  a scandire ritmo e dialoghi.
Sorvolando sul messaggio implicito che bere debba essere necessariamente propedeutico a una brillante vita sociale, sorvolando anche su tutti gli altri stereotipi di una vita di successo (appunto, lavoro figo, appartamento figo, aperitivi, feste, abiti di lusso ecc.), il film si propone dunque come disamina dell’amore e della passione sentimentale, dentro e fuori la vita di coppia, con tutto il suo fardello di gelosie, tradimenti, dubbi, fantasie, sessuali o meno, ripensamenti, rimpianti, sofferenza, ecc..
E fin qui, come ho detto all’inizio, tutto lasciava presagire una mediocrità da film di genere, certamente ben girato e impreziosito da una fotografia di eccellente qualità estetica, ma privo di quella sostanziale analisi tipica di un film d’autore quale potrebbe essere quella di un Jules et Jim e privo di uno spessore che vada oltre l’estetica formale.
Ed in parte, come ho scritto sopra, mantiene esattamente quello che sembrava promettere.
Ma. C’è un “ma”. Ma in parte, anche, da questo nucleo tematico e narrativo, abbastanza prevedibile e all’apparenza privo di elementi capaci di conferire una progressione davvero significativa a livello dei personaggi, così come della storia in sé a livello drammaturgico, si evidenziano a poco a poco alcuni tratti, dettagli, sfumature che riescono ad elevare il film e a donargli un suo legittimo spessore.
Interessante è innanzitutto il rispetto delle unità aristoteliche di tempo, luogo ed azione. Uno sguardo ad una convenzione narrativa tipica delle tragedie classiche, a ribadire l’immutabilità dei sentimenti e delle pulsioni umane, pur nella diversità delle varie epoche storiche.
La storia si svolge infatti nell’arco complessivo di una sola giornata - con un breve prologo circoscritto alla sera precedente -  condensando e facendo giungere gli eventi a compimento durante la notte; l’unità di luogo sembrerebbe, è vero, incrinarsi ad un certo punto perché due dei personaggi principali si spostano da New York a Philadelphia, ma il montaggio alternato ben rende l’idea dello svolgimento delle azioni delle due coppie speculari in contemporanea e quindi, per sinestesia, il parallelismo narrativo e l’ambientazione comunque notturna e cittadina, rimanda, nell’unità di tempo, anche a quella di luogo.
L’azione sembra duplice (ci sono due coppie), ma è la medesima per entrambi: il tradimento amoroso (sebbene di carattere diverso).
Ciò che ho trovato interessante non è tanto la duplice natura di questi tradimenti - uno di natura solo sessuale, e dettato da un desiderio solo sessuale, consumato nell’arco di un’unica notte e non più destinato a ripetersi, anche accompagnato da sensi di colpa e rimorsi e l’altro invece esclusivamente connotato da una forte intesa mentale e passionale perché completato da un reale interesse di natura sentimentale, pur senza essere realmente consumato - per cui l’oggetto ed il vero tema del film sembrerebbero consistere nell’interrogare lo spettatore su quale sia il tradimento peggiore e più condannabile, se quello “fisico”, ma tutto sommato privo di conseguenze, o quello “mentale”, destinato magari a crescere, foriero di sofferenza e insoddisfazioni; quanto, di interessante, ho trovato, oltre questo prevedibile quesito, semmai una definizione dell’amore in un senso più esteso, più ampio, destinata a debordare dai confini di un rapporto definito o persino istituzionalizzato, quale può essere il matrimonio, per scorrere e defluire liberamente nella mente, nei cuori, nelle vene delle persone che si incontrano, si sfiorano, si conoscano, fosse anche solo per una notte.
Perché, che sia una notte di solo sesso, o un sentimento più durevole anche se destinato a non realizzarsi e compiersi pienamente, è sempre di persone che entrano in contatto tra loro e dei loro sentimenti, desideri, pulsioni, desideri che si attivano, che stiamo parlando.
Come si può circoscrivere e definire l’amore a seconda delle circostanze o dei rapporti comunemente dati?
E’ giusto che l’amore all’interno di una coppia sposata mantenga il diritto di esclusione e di rifiuto di ogni altro tipo di sentimento?
E la pretesa di esercitare un dominio e controllo sulle proprie passioni e desideri, e su quelli dell’altro, circoscrivendo e definendo così la specifica natura di ogni sentimento (solo amore, solo sesso, solo amicizia, solo rapporti di lavoro), non è forse più deleteria di un qualsiasi tradimento?
E perché provare desiderio, attrazione, un tipo di amore diverso e peculiare per più di una persona, dovrebbe banalmente essere considerato nell’unica accezione negativa di un tradimento nei confronti di un’altra?
E, se per rispettare questo principio della fedeltà ad ogni costo, si tradisse però se stessi?
Può l’amore vero contemplare la rinuncia e la soppressione dei propri desideri e di quelli dell’altro per tener fede ad un principio?
O non sarebbe forse meglio, come piace a me credere, che ogni rapporto, ogni storia, non possa essere in fondo che unica e peculiare proprio in virtù dell’unicità e peculiarità delle persone che la vivono? E, allora, in questa accezione, ha senso parlare di tradimento?
E se, come tutti amano sostenere, l’amore non può contemplare il possesso, in che modo allora qualcuno può portare via qualcosa a qualcun altro e come si può davvero perdere chi si ama? O anche solo aver paura di perderlo?
Amando più persone, tolgo qualcosa a qualcuno?
Una piccola nota di colore, sempre relativa al discorso ed alle domande sopra espresse che il film mi ha ispirato: negli “extra” del DVD ci sono le interviste agli attori. Tre degli attori principali sono americani, mentre Guillame Canet è francese. I primi tre, parlando del film, hanno tutti evidenziato questa duplice natura del tradimento (di natura sessuale, ma circoscritto nell’arco di una notte e “platonico”, ma destinato a restare vivo ed acceso nell’animo per molto più tempo o anche a non estinguersi mai, in questo caso più “pericoloso”), in sostanza riconducendo tutto al valore della fedeltà ed alla capacità di onorarlo e rispettarlo oppure all’incapacità di mantenerlo cedendo alla tentazione del desiderio e della passione per un altro/a.
Certo, poi il film mostra l’ambiguità dei sentimenti ed evidenzia tante sfumature a livello di rapporti e relazioni, però tutto sembra ruotare intorno a questi concetti della fedeltà, gelosia, tradimenti ed è quello su cui sostanzialmente argomentano gli attori americani durante l’intervista.
I commenti dell’attore francese invece sembrano concentrarsi meno sull’aspetto del tradimento e più sulla natura fluida e non arginabile dell’amore e dei sentimenti, contemplando una concezione del rapporto di coppia meno basata sul possesso (dei rispettivi corpi, finanche delle rispettive menti) e più sulla spontaneità delle passioni e dei desideri.
Allora, per concludere, ciò che ho trovato interessante in questo film (oltre all’aspetto formale, come ho già detto) è proprio questa possibilità implicita che gli appartiene  - superando la banalità e la superficialità di un discorso solamente basato sui concetti di fedeltà e tradimento, pur sviscerandoli nelle loro diverse sfumature - ad aprirsi su discussioni e riflessioni di carattere più ampio, arrivando ad un’analisi dei sentimenti che, sebbene non raggiunga una certa completezza, sicuramente arriva a definire un quadro interessante, ricco di spunti significativi.
Consiglio quindi di vederlo senza pregiudizi. A mio modesto parere supera persino il tanto decantato (a distanza di visione posso dire anche sopravvalutato) Closer. E’ un film da cui non mi aspettavo nulla. E di cui pensavo nulla avrei potuto scrivere. E invece poi, a distanza di una decina di giorni, continua a sollecitarmi pensieri e riflessioni. Un piccolo gioiellino.
Per resa formale e valore di contenuto (sebbene con le dovute differenze) mi ha ricordato un po’ anche Two Lovers di James Gray, che ho molto amato e di cui magari parlerò un’altra volta.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti bellissimo blog.

Rita ha detto...

Grazie!:-)

Cannibal Kid ha detto...

a me ha convinto a metà.
e la parte con keira e canet è nettamente migliore dell'altra...

Rita ha detto...

@ Marco

Sono d'accordo sul fatto che la parte con Keira e Canet sia migliore dell'altra, che invece risulta molto più sterotipata e prevedibile; inoltre non mi piace come recita Sam Worthington, trovo che abbia un volto ed uno stile più adatto ai film di azione che non a quelli che richiedono un approfondimento psicologico perché è poco espressivo.

Ciao e grazie.

eustaki ha detto...

canet penso sia anche regista. ho infatti visto un film di tal guillame canet bruttissimo. last night non lo conosco. conosco james gray e le sue storie 'little odessa'. bravo regista e bravo l'attore joaquin phoenix

a presto

Rita ha detto...

@ eustaki

sì, Canet è anche regista, ma non ho mai visto un suo film; come attore in Last Night è molto bravo ed espressivo e nell'intervista mi è parso l'unico in grado di approfondire certe tematiche.

Joaquin Phoenix è un mito per me. Bravissimo, molto sexy e persino vegano.

Di James Gray ho visto I Padroni della notte e Two Lovers e mi sono piaciuti tutti e due molto. Cercherò di recuperare Little Odessa, leggo su Wiki che è un noir; a proposito di noir, mi manca poco per finire "L'ultimo vero bacio", poi ci scriverò una recensione.

Un saluto e grazie per il tuo commento.