lunedì 19 settembre 2011

L'Odissea versus I Cesaroni

Come ho scritto più volte - anche in uno dei miei primissimi post -  io da qualche anno non guardo più la televisione. Non che sia mai stata un tv-dipendente, però da piccolina e da adolescente ho avuto anche io il mio bel periodo in cui guardavo le serie televisive, le sit-com, i cartoni animati, i film adatti alla mia età; e anche quelli meno adatti, ad esempio ho sempre amato il genere horror e, quando potevo, che tradotto vuol dire quando riuscivo a farlo di nascosto dai miei genitori, mi autoinfliggevo raccapriccianti visioni foriere di sudori freddi ed incubi notturni.
Io sono cresciuta negli anni settanta e ricordo che all’epoca c’era una televisione diversa. Per diversa intendo migliore. Migliore rispetto a quella di oggi.
Non è un luogo comune, non è un falso ricordo suggestionato da un grado maggiore di impressionabilità o dovuto all’ingenuità della giovane età o anche alla freschezza di una programmazione che doveva far colpo su un pubblico non ancora smaliziato, su una società meno complessa e meno esigente.
Prendiamo le serie-tv, i cosiddetti “sceneggiati” (così si chiamavano allora, probabilmente a testimoniare proprio una certa cura a livello di sceneggiatura, evidentissima del resto, ma pure nella scelta del cast, nel montaggio, nelle musiche, nelle riprese, in tanti particolari insomma) andati in onda per la Rai a partire dalla metà degli sessanta e per tutti gli anni settanta: titoli come “Il Segno del Comando”, “L’Odissea”, “Lo strano caso della Baronessa di Carini”, “Gamma”, “A come Andromeda” e tanti altri che sono andati sicuramente persi nella mia memoria, vi dicono qualcosa? Ok, mi rivolgo a chi ha più o meno la mia età, ma sono sicura che anche i più giovani ne avranno sentito parlare o avranno magari visto i cofanetti di queste serie, quasi tutte uscite in DVD nel corso di questi ultimi anni.
E senza andare tanto indietro, ricorderei più che volentieri anche la mitica serie “Twin Peaks” ideata dal quel geniaccio di David Lynch e da Mark Frost.
Tutta roba di altissima qualità.
La scorsa settimana - in tre serate - ho rivisto in DVD tutta la bellissima serie “L’Odissea”, diretta da Franco Rossi, che andò in onda per la Rai la prima volta nel 1968 e poi - che è quando la vidi anche io, visto che nel 1968 mi sarebbe stato impossibile - anche a metà o fine degli anni settanta.
Vi assicuro che a rivederla oggi, non solo non appare affatto datata, ma ci si trova davanti ad un prodotto di così alta qualità da far sembrare ridicolo anche solo il pensiero di poterlo paragonare con quelli di oggi. E mi riferisco non solo alla qualità formale - seppure realizzata con mezzi certamente inferiori rispetto a tutte le possibilità tecnologiche ed innovazioni digitali che ci sono oggi - ma proprio al contenuto. L’Odissea è un’opera che non ha certo bisogno di presentazioni. 
 E vi assicuro che questa riduzione televisiva, ad uso e consumo di un pubblico comunque di massa - diretta ad un pubblico di spettatori quanto mai etorogeneo e variegato -  ne rispetta efficacemente l’intrinseco valore letterario.
Addirittura le singole puntate che andarono in onda nel 1968 furono introdotte, in diretta audio, da Giuseppe Ungaretti (mi dicono poi che purtroppo la Rai non provvide a registrarne la diretta, e quindi tali interventi sono andati persi. Infatti nel DVD non ci sono).
Questo sceneggiato all’epoca fu seguitissimo. Ebbe un grosso successo. Tanto che chi lo vide ed era allora bambino (come me), ancora se lo ricorda. Ed a maggior ragione se lo ricordano gli adulti.
Ancora, qualche anno fa mi capitò invece di restare un’intera notte sveglia a guardare tutte le puntate, una dietro l’altra, di un altro sceneggiato Rai molto famoso: “Il Segno del Comando”, andato in onda nel 1971, per la regia di Daniele D’Anza.
Anche “Il Segno del Comando” ha una qualità formale e di contenuto elevatissima. Ed anche questo andò in onda, tutto sommato, per un pubblico di massa. Per gli spettatori televisivi insomma. Per la TV. Per quella scatola che io oggi guardo con disprezzo.
Allora, il senso di questo mio post, perché, oltre all’operazione di revival, ha un senso, è di farvi(mi) questa semplice domanda:
come mai il pubblico di allora guardava con enorme piacere, diletto ed interesse sceneggiati come i sopracitati “L’Odissea” o “Il Segno del Comando “, mentre oggi attende con ansia “I Cesaroni” o “Carabinieri 3”?  
Come mai gli autori dei vari programmi, i direttori delle varie reti, gli organizzatori dei vari palinsesti si giustificano sempre - a fronte della scarsa qualità dei programmi odierni - sostenendo che è quello che il pubblico vuole vedere, se però, quello stesso pubblico, alcuni decenni fa (mica tanti!) era in grado di apprezzare operazioni certamente più sofisticate ed istruttive quali “L’Odissea”?
Rifletto: mia madre, che non è certo una donna molto istruita avendo solo la quinta elementare, lo ricordo bene, attendeva con ansia che arrivasse il giorno in cui andava in onda proprio “L’Odissea” (ed altre miniserie ugualmente istruttive, adesso mi vengono in mente anche “I Promessi Sposi”, andati in onda la prima volta nel 1967, diretti da Sandro Bolchi e dallo stesso co-sceneggiato addirittura insieme a Riccardo Bacchelli,  e sicuramente riproposti anche negli anni successivi) ed era perfettamente in grado di apprezzarla (altrimenti non avrebbe atteso la puntata con ansia), e - perché no? -  anche di imparare qualche cosina divertendosi.
Perché oggi, la stessa (cara dolce mammina), attende invece con la medesima ansia “I Cesaroni” (cito sempre questi perché, pur non avendoli mai guardati veramente, li ho sentiti qualche volta nominare proprio da lei)?
Che è successo?
Prima era più intelligente ed esigente mentre ora si è improvvisamente instupidita? Va bene l’età che avanza, un po’ di pigrizia mentale, ma non è così che funzionano le cose. Anzi, andando avanti con gli anni si dovrebbe diventare persino più esigenti e selettivi.
E perché i bambini di allora, come me, si appassionavano ed emozionavano per “L’Odissea” o anche “Le Avventure di Pinocchio” (quello diretto da Comencini. E quanto mi piaceva!), mentre ora vanno in brodo di giuggiole per “Amici” di Maria De Filippi o “Il Grande Fratello”?
Allora non è vero che la TV offre quello che la gente vuole vedere. E’ vero invece il contrario. E’ vero che la gente finisce per guardare e per accontentarsi di quello che la TV gli propone. E sulla base di questo ha poi modo di esercitare o meno la propria capacità critica, di modellare e modulare il proprio pensiero, di ricevere stimoli atti a tenere ben svegli ed attivi i neuroni o, al contrario, di sintonizzare la propria attività cerebrale sulla frequenza “onde delta” (anche dette, onde che caratterizzano gli stati di sonno profondo).
Non è vero quindi che la gente guarda programmi stupidi perché è stupida.
La gente, DIVENTA, stupida, a forza di guardare programmi stupidi.
Per ribellarsi, esiste solo un modo. Boicottare. Esigere qualcosa di diverso nel rispetto della nostra intelligenza.
Boicottare la programmazione odierna della TV. Programmata ad hoc per farci diventare consumatori-zombie assetati di spot televisivi, esecutori di jingle cantilenanti-espressioni di vuoto assoluto, occhi-sbarrati sul nulla, su un nulla che esige e pretende di essere costantemente riempito di altro fagocitante nulla assoluto. Il trash crea dipendenza. La TV e la moderna società dei consumi hanno stretto un patto mortifero. Più guardate la TV, più andate incontro ad una lenta morte cerebrale.
Una volta non era così. E ne ho avuto la dimostrazione proprio guardando alcune serie del passato. La visione de “L’Odissea” dei giorni scorsi me ne ha dato ulteriore conferma.
Un tempo “L’Odissea”. Oggi “Carabinieri 8”.
Un tempo Ugo Pagliai. Oggi Manuela Arcuri.
Un tempo la voce fuori campo di Ungaretti. Oggi quella sgraziata di Simona Ventura.

Meglio scegliere un bel libro, no? ;-)

5 commenti:

ivaneuscar ha detto...

Sono d'accordo anche stavolta.
Mi è capitato in tempi recenti di rivedere qualche vecchio "sceneggiato" della "vecchia" televisione degli anni '70, e in particolare alcuni di quelli che ricordavo io, proprio per capire se e quanto il bel ricordo che ne conservavo e ne conservo fosse dovuto alla nostalgia dell'infanzia, e se e quanto fosse dovuto realmente alla qualità di quelle opere narrative televisive.
Beh, certo, ci sono opere che, pur celebrate al momento della loro comparsa, poi col tempo invecchiano mostrando i loro limiti e difetti, e opere che, al contrario, conservano intatto il loro valore e il loro fascino; è un discorso che vale forse per qualsiasi opera, dal romanzo alla musica, passando per il cinema e il teatro, e quindi vale anche per gli sceneggiati televisivi (o come si dice oggi, "fiction").
Secondo me, gli sceneggiati che tu citi, in particolare, rivelano ancora oggi, a distanza di molti anni, il loro valore, e se sono rimasti saldamente nella memoria di tanti una ragione c'è (e a rivederli emerge).
I classici della letteratura venivano trattati con attenzione e rispetto: ne è un esempio proprio l'Odissea di Franco Rossi, che tu citi.
Ma in quegli anni la televisione trasmise in prima serata persino un "Orlando furioso" di Luca Ronconi, un'opera che oggi sarebbe considerata "troppo intellettuale" per la tv!
Ma si tentò anche con buoni risultati la strada del giallo e del mistero, come con l'indimenticato "Segno del comando" (e non fu il solo sceneggiato pregevole di quel genere).
In quei vecchi lavori televisivi c'era sempre, in maggiore o minore misura, un intento pedagogico; per alcuni questo poteva essere un difetto, ma in realtà aveva almeno un risvolto positivo, cioè l'attenzione per i contenuti e la qualità.

ivaneuscar ha detto...

Il fatto è che oggi si predilige l'approssimazione, il "mordi e fuggi": si "monta" una fiction sull'onda di qualche moda del momento, e la si sfrutta. La recitazione spesso è approssimativa, quasi da recita scolastica, la regia assente o "amatoriale", la sceneggiatura poi non ne parliamo: quando provano a girare qualche fiction ambientata nel passato, ci sono anacronismi di ogni genere, e non c'è neppure lo sforzo di creare dialoghi credibili, sicché mi càpita spesso di vedere in quei lavori televisivi un personaggio del Settecento - per fare un esempio - che ragiona e parla come uno del XXI secolo... Che so? Un contadino della bassa padana del primo Novecento parla e agisce come l'ospite di una qualche "Isola dei famosi"... Oppure, una operaia del 1800 parla e si comporta come le protagoniste di "Sex and the city", e cose del genere. Stando così le cose, dopo cinque minuti di questo "strazio", non riesco ad andare avanti e spengo il televisore. A dire il vero, dopo varie delusioni è da parecchio che non le guardo più, le "fiction" di oggi. Eppure c'è gente che le osanna: forse, non avendo visto altro, considera quella recitazione approssimativa una cosa straordinaria e la ricostruzione storica (solo perché appiattita sul nostro presente!) ben riuscita. Forse è anche questo: il nostro orizzonte si restringe sempre più, anche a causa di anni e anni di questi spettacoli televisivi, e non sappiamo più capire e accettare altro che la povera retorica da quotidiani del nostro tempo.
Tempo fa ho avuto una discussione con un conoscente che sosteneva che negli sceneggiati televisivi degli anni '70 il ritmo non era abbastanza "veloce". Qui certo ci sarebbe molto da dire; però io non amo l'eccesso di "caciara" o di vortice ansiogeno che creano i ritmi serrati di alcuni film o telefilm di oggi: mi sembra un difetto di questi tempi - per altri è un pregio, per me no.
Comunque, preferenze a parte, è indubbio che in quei vecchi sceneggiati prevaleva una certa scuola teatrale: sia gli attori che - in molti casi - i registi provenivano dal palcoscenico, dal teatro, e quindi il tipo di recitazione, di ritmo e di racconto che impostavano era di tipo teatrale, basato molto sulla suggestione della parola e sulla dilatazione del tempo. Io, *proprio per questo*, trovo quegli sceneggiati più preziosi, comunicativi e interessanti dei loro omologhi di oggi, che non sono solo "veloci", ma anche frettolosi e affrettati.
La parola ha bisogno del suo tempo, dei suoi ritmi e persino dei suoi "spazi", per suscitare effetto, come sa chi ha fatto teatro; e una televisione attenta alla parola può essere a mio parere un patrimonio culturale - non può esserlo invece la televisione attuale che calpesta quasi sempre i concetti e le parole, riducendole a un sottofondo di slogan frettolosi, giacché preferisce di gran lunga vellicare i vizi più diffusi nella società (purché non pericolosi per l'establishment: vedere i vari "reality show"...) e fornire abbondanti "consigli per gli acquisti" (di ogni genere; e non mi riferisco solo alla pubblicità!).

Rita ha detto...

Ciao Ivaneuscar,
trovo il tuo commento prezioso, come sempre.
Condivido e sottoscrivo ogni tua singola parola, in particolare trovo proprio veritieri questi tre passaggi, che riporto:

"il fatto è che oggi si predilige l'approssimazione, il "mordi e fuggi": si "monta" una fiction sull'onda di qualche moda del momento, e la si sfrutta. La recitazione spesso è approssimativa, quasi da recita scolastica, la regia assente o "amatoriale", la sceneggiatura poi non ne parliamo".

Esatto! Ed io, proprio come te, non ce la farei proprio a guardare queste "fiction" per pù di tre minuti. Sarà che sono abituata ad un certa cura dei particolari, ad una recitazione costruita (nel senso di studiata, preparata, ricca di dettagli atti a rendere credibile l'attore che si "cala" nel personaggio) ed attenta, eseguita da professionisti (e non da veline, letterine varie che di colpo si improvvisano attrici), ma trovo il livello di questi programmi davvero scadente. Talmente scadente da impedirmi la sospensione dell'incredulità.
Così come scadente è la fotografia, le inquadrature, il montaggio. Basta un singolo fotogramma per capire subito che si tratta di una fiction o programma italiano.

"il nostro orizzonte si restringe sempre più, anche a causa di anni e anni di questi spettacoli televisivi, e non sappiamo più capire e accettare altro che la povera retorica da quotidiani del nostro tempo."

Anche questo è un limite dell'odierna tv che mi disturba parecchio.
Da un racconto, un telefilm, così come da un semplice programma di approfondimento mi aspetterei, sì, l'attenzione anche sul presente, l'attuale, ma che poi sia in grado di estendersi anche a più ampie considerazioni di natura esistenziale o filosofica.
Se il contingente non è poi in grado di trasformarsi in un paradigma universale, se una storia non diventa una qualche parabola di una condizione senza tempo e senza limiti di spazio (come invece è stata "L'odissea"), allora tutto nasce e muore lì. Senza senso.
La televisione odierna vive su un eterno presente, è autoreferenziale al massimo.

"non può esserlo invece la televisione attuale che calpesta quasi sempre i concetti e le parole, riducendole a un sottofondo di slogan frettolosi, giacché preferisce di gran lunga vellicare i vizi più diffusi nella società (purché non pericolosi per l'establishment: vedere i vari "reality show"...) e fornire abbondanti "consigli per gli acquisti" (di ogni genere; e non mi riferisco solo alla pubblicità!)"

Esatto.
Secondo me la Rai, ad esempio, è peggiorata nel momento in cui ha iniziato, per inseguire l'audience, a tararsi sui livelli di quelle commerciali di Berlusconi.
Anziché differenziarsi, distinguersi mantenendo una programmazione di qualità, ha preferito inseguire i numeri, quindi si è abbassata di livello sempre di più.
Ricordo un'esternazione di un direttore della Rai che disse che le reti di stato non avrebbero mai e poi mai mandato in onda dei reality. Come no... tempo qualche mese e anche la Rai ha iniziato con La Fattoria e simili :-D

Grazie, un saluto :-)

Unknown ha detto...

Ti ricordi il Manzoni che scriveva a proposito dell folla in una rivolta (quello del pane a Milano)? Probabilmente lui aveva ragione e tu hai ripreso bene il suo concetto traslandolo al nostro tempo. Come la gente si fa incantare dalla programmazione "diversamente istruttiva", così la folla manzoniana si abbandonava in balia dei pochi.
Insomma, hai raginoe.


Come scordare sceneggiati: "E le stelle stanno a guardare", "Dov'è Anna". E "Freccia Nera"! Io mi ero innamorato della Goggi.

Rita ha detto...

Vero, hai ragione.
La gente si fa incantare con poco, e comunque la tv rimane un mezzo potentissimo proprio perché, come diceva McLuhan, è un mezzo freddo e quindi richiede la partecipazione e il coinvolgimento di moltissimi sensi.
Anche a me piaceva tanto la Goggi! :-)