venerdì 28 ottobre 2011

"Amo gli animali. Devo rinunciare alla pelliccia?"

Questo il titolo di un articolo comparso di recente sulla copertina della rivista Amica, accompagnato dalla foto della modella Irina Shayk che indossa un gilet di pelliccia e tiene in braccio un cucciolo di tigre (la foto della copertina la potete vedere qui, è quella al centro, e il titolo è riportato nella colonna sulla destra delle immagini).
La pubblicazione dell’intervista alla modella Irina, cui fa riferimento il titolo in copertina, che potete leggere qui, ha suscitato molte polemiche e alla redazione della rivista sono arrivate moltissime lettere di protesta da parte degli animalisti, e non solo.
Quello che ho trovato inaccettabile non sono tanto le contraddittorie esternazioni della modella Irina: “ho sempre avuto un sacco di animali. Li adoro e con loro ci so fare” - per cui viene legittimo chiedersi se il verbo “adorare” per costei significhi scuoiare un essere vivente e poi indossarne la pelle, e nemmeno l’improponibilità della scusante con cui tenta di giustificare l’uso delle pellicce: “vengo dalla Russia e lì gli inverni sono talmente rigidi che muori se non le indossi”, primo perché vive a Los Angeles ormai da diverso tempo, secondo perché, com’è noto, viviamo tutti ormai nel ventunesimo secolo (anche la Russia) e per ripararsi persino  dal freddo più glaciale esistono e sono in commercio ormai da svariati anni moltissimi materiali avanguardistici (non mi risulta infatti che gli scalatori dell’Everest o comunque i professionisti degli sport estremi in alta quota - e certo che lassù di freddo ne deve fare un bel po’ - si coprano con le pellicce, bensì con indumenti realizzati con materiali sintetici impermeabili non solo al freddo, ma anche all’acqua), facilmente reperibili nei più svariati negozi, non solo di sport, ma anche di abbigliamento di moda; quanto, di inaccettabile, a mio dire, è stata la risposta data dalla direttrice della suddetta rivista - tale Cristina Lucchini - alle tante lettere di protesta ricevute,  risposta che ha pubblicato nel blog LeiWeb e che potete leggere invece qui .
Questa signora si è sentita addirittura minacciata dalle parole, a suo dire “minacciose” e “violente” dei tanti animalisti, vegani e simpatizzanti degli animali, e si è meravigliata di quante clamore e polemiche ha suscitato l’aver semplicemente pubblicato un’intervista (e l’averla scelta come articolo di lancio per la copertina) sul cui contenuto non ci si può certo permettere di prendere posizione nel nome dell’indirizzo democratico della rivista e perché ognuno ha diritto di esprimere la propria voce, un articolo insomma la cui intenzione era semmai quella di voler aprire un dibattito e non certamente quella di scatenare le ire degli animalisti.
Ora, tralasciando del tutto il fatto che la rivista Amica - pubblicando la foto di Irina che indossa un gilet di pelliccia - in realtà sta offrendo le sue pagine anche per promuovere il capo indossato dalla modella - mi domando se la signora, che tanto è rimasta indignata dalla presunta violenza verbale degli animalisti, sappia cosa si nasconda realmente dietro il commercio delle pellicce.
Come si può avere la pretesa di rifiutare il coro di proteste - seppure pronunciato a voce alta - di chi si batte per eliminare il massacro di tanti esseri viventi perpetrato in nome della moda, definendolo “violenza verbale”, per accogliere invece -  nel nome di una pretesa neutralità e dandovi spazio con articoli, foto, interviste, pubblicità - le ragioni di chi con quel commercio orrorifico si arricchisce o di chi, stupidamente - come la modella in questione e con lei tante altre - ne è stupidamente sedotto?
Come può, la signora in questione, sentirsi offesa dalle parole violente degli animalisti, proprio lei che sulle pagine della rivista che dirige dedicate alla moda, concede spazio e visibilità a questi professionisti della violenza che sono i produttori di pellicce, con tutto il loro entourage di business fatto di stilisti, sfilate, negozi, moda, tendenze  (lavaggio del cervello di chi lo segue incluso)?
E, di grazia, che specie di dibattito sperava di aprire la rivista Amica con quel titolo oscenamente ridicolo dato all’intervista e scritto a caratteri cubitali in copertina: “Amo gli animali. Devo rinunciare alla pelliccia?”.
Innanzitutto, c’è quella parola, “rinuncia”, che è quanto mai sintomatica di una ben precisa presa di posizione della rivista (altro che dibattito!), perché già se parli di “rinuncia” vuol dire che stai connotando negativamente quella che invece sarebbe la conseguenza più logica, semplice e felice dell’amore per gli animali, ossia il rifiuto di considerarli come oggetti e capi di vestiario. Non una rinuncia, per come la vedo io, quindi, ma una scelta di coerenza, di onestà con quanto si va affermando a parole.
Io non rinuncio ad indossare una pelliccia, io mi RIFIUTO, semmai, di indossare la pelle di un animale scuoiato, spesse volte quando era ancora vivo.
E poi, quel titolo, in realtà non fa che rinforzare - in maniera automatica e quanto mai subdola - la terribile contraddizione specista di cui è vittima la società, ossia che è possibile amare gli animali anche se li uccidiamo per mangiarli, per usarne le pelli, per vivisezionarli.
Sì, insomma, sì può fare, sottointende ironicamente quel titolo, l’importante è essere alla moda, fighi, non prendersi troppo sul serio, e, mi raccomando, dare spazio a tutti, essere democratici, ché una rivista non può permettersi di prendere posizione e deve ascoltare le voci di tutti (peccato che però vengano taciute le urla degli animali scuoiati, e peccato che troppo spesso queste voci cui si dà spazio risultino essere invece quelle delle grandi case produttrici di moda - per la cui pubblicità sulla rivista pagano fior di quattrini - e che per l’attuale stagione hanno deciso di far tornare in grande auge la pelliccia, in tutte le forme possibili ed auspicabili, dopo anni in cui, in effetti, questi animalisti cattivi e violenti, a forza di condurre campagne volte a sensibilizzare l’opinione pubblica, erano riusciti a far calare un po’ le vendite). Pensa un po’! Pensa un po’ cosa quanto innocente ha voluto essere quell’articolo! E quanto cattivi siamo noi animalisti che non ne abbiamo compreso il senso! Sigh Sigh!
Che vergogna! Che vergogna che la direttrice di Amica abbia cercato di difendere l’indifendibile. Che abbia scelto di portare la bandiera dell’orrore, del massacro di tante creature innocenti, della stupidità delle gente che si sente bella ad indossare la pelle di animali allevati in condizioni terrificanti, uccisi in maniere ancora più raccappriccianti e spesso, ribadisco, scuoiati quando sono ancora vivi (basta guardare uno dei tanti video diffusi in rete per scoprire che in realtà le mie parole sono solo un piccolo assaggio dell’enormità di questo indicibile orrore).
Su una cosa sono d’accordo invece: ha ragione la modella Irina ad affermare che è da ipocriti condannare l’uso della pelliccia mentre si accetta però di mangiare la carne e di indossare scarpe in pelle.
Questo non significa però che, poiché esistono tanti orrori e poiché i settori che prevedono lo sfruttamento degli animali sono molteplici, è giusto considerare legittimo anche l’ennesimo abuso perpetrato su di loro.
Anzi, magari è proprio a partire dal rifiuto di indossare un indumento inutile come la pelliccia che si può cominciare a riflettere anche sull’inutilità di tutto il loro sfruttamento, inutilità che purtroppo la cultura in cui siamo immersi - e le grandi multinazionali, le logiche del profitto, del commercio e del Potere - vorrebbero farci passare per “necessarietà”.
Sveglia gente, oggi per vivere bene - e senza dover rinunciare a niente, ma anzi, compiendo vere, autentiche scelte di coerenza e di alto valore etico - non è più necessario uccidere gli animali.
E non è nemmeno necessario amarli. Basta solo imparare a rispettarli.
E basta di riempirsi la bocca con queste cazzo di parole astratte come “democrazia”, “rispetto”, “amore”, “liberalismo”, “libertà” ecc. ecc., quando poi si continua ad essere partecipi e complici dello sterminio di 50 miliardi (50.000.000.000) di animali all’anno solo per soddisfare il nostro egoismo e la nostra vanità.

 P.S.: sì, lo so, Irina Shayk è proprio gnocca, peccato che a tanta bellezza non corrisponda anche tanto rispetto per gli animali che asserisce di amare.



12 commenti:

de spin ha detto...

Ciao Biancaneve. Grazie per questo post. Condivido naturalmente in pieno ciò che dici, e anzi prendo spunto per scrivere anche io qualcosa a riguardo sul mio blog.

Eloisa ha detto...

In seguito al tuo post (come sempre molto ben scritto e molto intelligente), sono andata a documentarmi: ho seguito i link che hai pubblicato e ho scritto un breve commento sotto la comunicazione (allucinante) della direttrice Lucchini.

Il passaggio che più mi ha lasciata di stucco è stato il seguente: «Ci siamo chiesti e abbiamo chiesto ai lettori se amare gli animali significhi automaticamente non indossare il loro pelo. Scontato che per voi la risposta sia sì. Meno scontato che chi ne indossa una, magari ereditata, comprata di terza mano a un mercatino, debba sentirsi automaticamente un assassino. Nessuna presa di posizione a favore, nessuna presa di posizione contro.»

Con quanta tranquillità afferma di non voler prendere una posizione contro la VIOLENZA! Come se l'ignavia fosse qualcosa di cui vantarsi!
Però scommetto che, se a essere scuoiati fossero degli esseri umani, allora una posizione la prenderebbe - eccome!

Quanto all'intervista alla Shaik - secondo me è stata pessima anche la scelta di farsi fotografare con il piccolo tigrotto. Il quale, da grande, avrebbe considerato Irina niente di più che una bella bistecca. Ma questo non si può dire, immagino.

Rita ha detto...

@ de spin

Grazie a te per essere venuto a leggermi :-) Ovviamente poi passerò anche io da te, sono curiosa di leggere quello che scriverai. Buona giornata (oggi qui sembra primavera).

@ Eloisa

Infatti quel passaggio in particolare ha lasciato sconcertata anche me.
E il significato complessivo di tutto quello che ha scritto la direttrice è proprio quello di non voler prendere una posizione contro l'orrore della produzione delle pellicce.
E, da animalista, mi sento profondamente offesa da quella sua replica, perché il solo accostare la frase "amore per gli animali" con la parola "pelliccia" è una contraddizione in termini.
Sarebbe come se si dicesse: "amo gli esseri umani", posso aprire un campo di concentramento?
Ovvio che una simile domanda non sta né in cielo e né in terra, è semplicemente asssurda.
E poi di quale dibattito sta parlando? Parlando di dibattitto la direttrice intende semplicemente affermare che bisognerebbe ascoltare anche le ragioni di chi produce e compra le pellicce (e lo so io perché, perché le riviste come Amica prendono i soldi da tutto il business della moda, compresi i produttori di pellicce).

Hai perfettamente ragione sull'inopportunità di fotografare un cucciolo di tigre: primo perché i cucciolo di tigre stanno bene con la loro mamma, LIBERI, e non certo ad essere trattati come pupazzetti in uno studio fotografico; secondo perché poi l'immagine tenera del cucciolo è completamente fuorviante rispetto all'orrore che si cela dietro il gilet di pelliccia che indossa la modella, tende a spostare l'attenzione; terzo perché, come dici tu, trasmette un'immagine falsata di questo splendido felino, che è comunque un predatore e non si deve antropomorfizzare o pensare di addomesticare.

Vado a leggere il commento che hai lasciato alla Lucchini ;-)

Grazie Eloisa per il tuo intervento, prezioso ed approfondito come sempre. Buona giornata.

ivaneuscar ha detto...

Purtroppo dove c'è business ogni altro valore (che non sia quello dei profitti, intendo) scompare; scompare persino la coerenza, perché comunque arroganza e sfacciataggine sono ben ripagate e remunerate dagli sponsor e dagli inserzionisti. Questo è lo spettacolo che vedo in azione in articoli di riviste come quelli.
E poi la "violenza" è sempre quella degli altri, di chi non ha le spalle forti e coperte da conti correnti con sette o otto zeri, se non di più. E' violenza attaccare verbalmente i "santuari" economici che producono soldi; non è violenza invece, in questa logica, uccidere esseri viventi - beninteso, quando uccidere esseri viventi produce soldi, altrimenti (quando l'uccidere non dà profitto), beh se ne può parlare... in quel caso, magari, non è giusto, suvvia. Un pazzo che sevizia e uccide un cagnolino per strada, sì, lo mandiamo magari in galera: non è abbastanza produttivo, infatti; ma chi produce soldi no, chi produce soldi è sacro, e va tutelato, anche se scuoia animali per farne pellicce: perché quelle pellicce sono profitti, diamine!
E quindi, di fatto, il modo comune di intendere l'etica è questo: non è l'azione in sé che va punita, va punita la sua eventuale gratuità (chi fa del male al di fuori del circuito del profitto, nell'esempio del pazzo che si accanisce contro il cagnolino randagio).
In realtà questo ragionamento si applica anche contro gli esseri umani, ma in modi più subdoli, perché lì è chiaro che non si possono ammettere apertamente l'omicidio, le sevizie, ecc. (la crudeltà del sistema diventerebbe "troppo" scoperta).
E' molto giusta anche la distinzione che fai tra "rinuncia" e "rifiuto": la rinuncia presuppone che a monte ci sia un vantaggio, un bene, una comodità che sacrifico in vista di un compenso, sia pure immateriale (di tipo morale, anche); e l'uso di quel termine tende in effetti, in quel contesto, a confermare il valore sociale (e di mercato!) della pelliccia. Se un bene è sul mercato, vale, e ci si fanno guadagni, è qualcosa alla quale "si rinuncia", secondo quella logica; e secondo quella mentalità, non si può capire come si possa "rifiutare" un bene al quale il mercato (questo sovrano apparentemente indiscutibile) dà valore.
Come sempre, insomma, il tuo post è scritto bene e fa riflettere.

Rita ha detto...

@ ivaneuscar

"E poi la "violenza" è sempre quella degli altri, di chi non ha le spalle forti e coperte da conti correnti con sette o otto zeri, se non di più."

Hai ragione. Ed hai toccato un punto fondamentale riguardo le obiezioni che spesso, troppo spesso, vengono rivolte a chi difende i diritti degli animali: noi antispecisti veniamo sempre fatti passare per persone estremiste, violente verbalmente, fanatiche, antidemocratiche, intolleranti ecc. e questo solo perché ci opponiamo al business degli allevamenti, della caccia, delle pellicce, della sperimentazione animale, vale a dire un business basato sulla sofferenza di esseri viventi, in cui si esercita letteralmente violenza - e che violenza! - su esseri incapaci di difendersi e di ribellarsi.
E poi la violenza sarebbe la nostra! Dici bene allora, nella distorta logica del commercio, di questa violenza, quando è violenza gratuita se ne può parlare, ma se produce soldi, allora va tutto bene, allora è ammissibile.
E pensa che infatti i produttori di pellicce per difendere la loro attività tirano in ballo i vantaggi economici ed il fatto che danno lavoro a tanta gente.
Benissimo, anche il traffico di droga dà "lavoro" a tanta gente e produce innegabilmente tanto denaro, eppure nessuno si sognerebbe di difenderlo.

I consumatori, cioè noi, dovrebbero essere persone tanto intelligenti da non sottostare a queste logiche ignobile, da rifiutarsi di farsi complici di questo business mostruoso creato sulla pelle - letteralmente - di tanti esseri viventi.
Purtroppo però la manipolazione mediatica è efficacissima, e quando una ragazza, una donna, un ragazzo guardano quella foto di Irina e leggono quel titolo ricevono un messaggio ambiguo (amore per gli animali, pellicce, sì, si può fare).
Quando poi interviene addirittura la direttrice parlando di dibattito, di libertà di opinione e facendo passare gli animalisti come persone violente, le idee di chi legge vengono confuse ancora di più (ma meno male che ci sono stati tantissimi che invece le hanno ulteriormente replicato a dovere).
Come ha detto Eloisa, la direttrice non ha preso posizione, né contro, né a favore delle pellicce; quindi non ha preso posizione contro la violenza. Bell'esempio. E dirige una rivista!
Voleva aprire un dibattito? Allora non doveva intervistare una modella facendole indossare una pelliccia. Un dibattito su una questione così seria si conduce con ben altro spessore informativo.

Grazie per le tue interessanti riflessioni che vanno ad aggiungersi e ad arricchire il mio post. Un saluto :-)

Masque ha detto...

bell'articolo. completo. so che anche la lav aveva scritto una lettera di protesta per quell'articolo.

@eloisa:
"Però scommetto che, se a essere scuoiati fossero degli esseri umani, allora una posizione la prenderebbe - eccome!"

non solo, la posizione l'avrebbe presa anche se gli animali fossero stati cani o gatti (cosa che comunque, sembra che accada nell'industria della pelliccia).

il ragionamento che fanno queste persone, senza rendersene conto, è che esse non amano l'animale come individuo, ma come una proprietà a cui si possono affezionare. è più vicino al feticismo che all'amore. è l'equivalente di chi afferma di amare la propria automobile... "ho sempre avuto un sacco di automobili. Le adoro e con loro ci so fare".

scambiare il possesso con l'amore è un errore molto comune e frequente. nel caso in cui l'oggetto sia un animale, può portare a conseguenze fatali. per lui ovviamente.

Rita ha detto...

@ masque

Le tue considerazioni purtroppo sono verissime.
Tanta gente che si definisce "amante degli animali" - come la modella dell'articolo - in realtà ama soltanto il proprio animale e lo ama perché è il PROPRIO, in un'accezione in cui, come dici tu, prevale il sentimento del possesso anziché quello dell'amore disinteressato in cui si cerca solo il bene dell'altro.

Ho immaginato che anche la Lav avesse preso posizione, in realtà sono anche andata a cercare sul loro sito, però non ho trovato la lettera in questione.

E a proposito dell'amore per gli animali, il titolo di quell'articolo "amo gli animali. Devo rinunciare alla pelliccia" è ciò che mi ha infastidita di più, è un titolo pernicioso, che veicola un'idea del tutto falsata di "amore" per gli animali, come fossero appunto un feticcio, un oggetto (e la foto della modella che tiene in braccio il tigrotto conferma e rinforza questo messaggio, un cucciolo di tigre trattato alla stregua di un peluche).

Grazie per il tuo commento che ha aggiunto altre importanti considerazioni da fare in merito all'articolo.

Rita ha detto...

http://www.lav.it/index.php?id=1100

E' vero, la Lav ha scritto una lettera di protesta (non l'avevo trovata perché non avevo cercato bene).

Seguite il link e potrete trovare oltretutto l'approfondimento dell'articolo su Amica, in cui, peggio del peggio, in difesa del "diritto" ad indossare le pellicce interviene la scrittrice Rosa Matteucci (di cui, lo ammetto, non avevo mai sentito parlare e di cui, state pur certi, non comprerò mai un libro).

de spin ha detto...

In questa desolante manifestazione di sè che sta dando l'umanità, mi viene a volte la voglia di mollare gli ormeggi e andarmene alla deriva.
Voglio dire grazie a Biancaneve e alle altre persone che stanno lasciando qui i loro preziosi commenti, perchè sapere che esistete mi aiuta.
Grazie.

Rita ha detto...

Grazie a te De Spin, che con il tuo blog dai un contributo enorme alla lotta per i diritti degli animali, ed inoltre rendi un ottimo servizio all'umanità in genere, stimolando riflessioni che vanno in direzione di un'evoluzione etica.
Ho appena scritto un altro post di approfondimento sull'articolo di Amica.

Eloisa ha detto...

@Masque, sì. E' la forma di "animalismo" (doverosamente virgolettato!) peggiore, quella. Del resto, esistono persone che, sulla scia di quello stesso ragionamento (l'affermazione di uno status, "ce l'hanno tutti, perché io no") mettono al mondo dei figli - quindi figuriamoci se arrivano a capire che cosa sia l'empatia riguardo a un cane o un gatto.

Rita ha detto...

"Del resto, esistono persone che, sulla scia di quello stesso ragionamento (l'affermazione di uno status, "ce l'hanno tutti, perché io no") mettono al mondo dei figli - quindi figuriamoci se arrivano a capire che cosa sia l'empatia riguardo a un cane o un gatto."

Eh già. Non hai idea di quanta gente faccia i figli solo per omologarsi ad una determinata idea di "famiglia" (diffusa dai media, dalla religione, dal sistema consumistico in cui viviamo, dalla cultura imperante; pensa solo, tanto per restare in tema di consumismo, all'enorme business che gira intorno al mondo dell'infanzia, tra pannolini, giocattoli, accessori per la scuola, moda, alimentazione ecc., e quindi il sistema ha tutto l'interesse a promuovere un certo tipo di discorso legato alla maternità). Poi ovvio, non sto dicendo che sia solo questo, il mettere al mondo figli pare sia anche un istinto atavico legato al concetto di immortalità (riprodurci come specie è l'unico mezzo che ci permette di sopravvivere alla nostra stessa morte, di restare eterni), io però - e ancora una volta si vede che non rientro in determinate categorie che i media vorrebbero far passare per universalmente diffuse - non ho mai avuto l'istinto a diventare madre. Eppure ho sempre dimostrato di possedere una fortissima empatia nei confronti dell'altro (chiunque esso sia, uomo o animale), sin da quando ero bambina. A dimostrazione che l'empatia è qualcosa di profondamente diverso dall'idea che alcuni si fanno dei "propri" figli ed animali, avvicinandosi, quest'ultima, più ad un concetto di amore disinteressato e di capacità di riconoscere se stesso nell'altro (o l'altro in se stesso, per meglio dire), che non di "proprietà".