martedì 6 dicembre 2011

Della Morte, della Vita e dell'Amore


In un blog che si chiama “Il Dolce Domani” (dall’omonimo film di Atom Egoyan, come già dichiarato nel mio primissimo post), una notizia come quella del suicidio assistito di Lucio Magri, richiede un approfondimento; o meglio, vorrei prenderla come spunto per alcune riflessioni cui spesso mi sottopongo.
Prendere spunto ho detto. Infatti non sono nelle condizioni di poter esprimere un giudizio sulla decisione di una persona che non conoscevo e di cui posso solo  provare ad immaginare la sofferenza di un tragitto in cui alla fine è apparsa come unica, irrevocabile via d’uscita, quella di togliersi la vita.
Io rispetto la vita in ogni sua manifestazione. La vita, appunto. Questa è la premessa.
E proprio per questo ritengo legittima la volontà di una persona di morire nel momento in cui non sussistono più le condizioni per cui la sua vita debba ritenersi tale. Quando un malato terminale di cancro ritiene di voler morire perché tutto ciò che ancora gli resta è solo un mese (o poco più) di inenarrabili sofferenze, io penso che una società laica e civile abbia tutto il dovere di aiutarlo ad andarsene senza dolore e con dignità. Lo stesso dicasi per una persona che si trova in uno stato di coma irreversibile o in uno stato fisico simil vegetativo seppure accompagnato da totale lucidità, com’è stato il caso di Welby, ad esempio. Se poi una persona invece, pur trovandosi nel medesimo stato di Welby, trovasse la forza di continuare a vivere, ben venga la sua decisione. Insomma, ognuno dovrebbe essere libero di decidere cosa fare o non fare della propria vita.
Sono a favore del testamento biologico. Se mi trovassi impossibilitata ad esprimere la mia volontà - com’è stato nel caso di Eluana Englaro - ed al tempo stesso fosse evidente il perdurare di uno stato vegetativo, ebbene, vorrei che qualcuno mi staccasse la spina. E vorrei che lo facesse come atto d’amore, in primo luogo.
Ricordo un bellissimo film di Alejandro Amenàbar, uscito nel 2004, con uno straordinario Javier Bardem, dal titolo Mare Dentro. Il film è tratto da una storia realmente accaduta. Un giovane pieno di vita rimane paralizzato dalla testa in giù (può solo parlare e muovere gli occhi) in seguito ad un tuffo in mare.
Come ripete spesso il protagonista, la sua vita ha fine in quel preciso momento, in quel momento esatto in cui il suo corpo urta il fondale marino e si spezza.
Ramon, questo il nome nel film, non vuole più vivere. Non in quel modo, ancorato ad un letto senza nessuna possibilità di muoversi, uscire, correre, passeggiare. Passa 28 anni su quel letto. Intenta una battaglia legale ma la chiesa lo osteggia.
E’ amato da due donne. Una lo ama di un amore egoistico: “non puoi morire, ho bisogno di te nella mia vita”; l’altra alla fine lo aiuterà ad andarsene.
Mare Dentro non è un film sull’eutanasia. O meglio, non è SOLO un film sull’eutanasia.
Mare Dentro è innanzitutto un film sull’Amore, quello vero.
Molti sostengono di non sapere cosa sia davvero l’amore. Tanto è stato detto e scritto, ma in fondo, l’amore resta indefinibile.
Io invece un’idea abbastanza certa dell’amore ce l’ho. E’ così semplice. L’amore è desiderare il bene dell’altro. E’ desiderare con tutti noi stessi che l’altro si realizzi e sia felice. E questo desiderio della felicità dell’altro deve essere talmente forte da superare ogni personale egoismo e deve essere alimentato pure quando si pone in diretto ed evidente contrasto con il proprio desiderio.
La donna che aiuta Ramon a morire in Mare Dentro lo ama e lo vorrebbe accanto a sé. Questo sarebbe il suo personale egoistico desiderio. Ma capisce anche che la vita di lui, su quel letto, è una vita infelice e che il suo desiderio è quello di morire. Quindi antepone il desiderio di lui al proprio vantaggio personale (quello di averlo accanto, vivo, seppure costretto su un letto). E se non è amore questo!
L’ eutanasia quindi è, dovrebbe essere, un atto di amore, prima ancora che di civiltà.

Il caso di Lucio Magri ha suscitato tanto scalpore perché egli non era un malato terminale di qualche patologia fisica riconoscibile. Non era in coma. Non si trovava, apparentemente, in uno stato vegetativo costretto ad un letto e collegato a dei macchinari per respirare, mangiare ecc..
Era depresso. E della depressione si può guarire. Per quanto acuta, per quanto sia una patologia oggi riconosciuta tra le più gravi (almeno alcune tipologie), non è impossibile guarire. E quindi la sua decisione - il suo suicidio assistito - è sembrato a molti quasi una sorta di omicidio, paragonato all’aver dato la spintarella definitiva a colui in procinto di buttarsi in un fiume. Come? Se tu vedi uno che sta cercando di suicidarsi non provi a salvarlo? E così, a detta di quasi tutti, la clinica cui si è rivolto Lucio Magri avrebbe dovuto rifiutare la sua richiesta perché era solo un depresso e non un malato terminale.
Solo un depresso.
Solo?
Ora , innanzitutto, tanta gente confonde la depressione - che è una vera e propria patologia -  con il mal de vivre, che invece è una condizione esistenziale.
Il sintomo ed effetto principale della depressione maggiore è proprio quello di voler morire. Nulla attrae e consola più. Nemmeno gli affetti più cari. Il dolore di vivere è talmente intenso da obnubilare tutto il resto. Certo, si continua a voler bene alle persone care, ma ogni emozione e sensazione arriva come da lontano, attutita, superata per intensità da quella dominante di lasciarsi andare, di volersi mettere a letto a dormire con la segreta speranza di non svegliarsi più.
Il depresso diviene anche profondamente egoista. Nulla è più importante della sua malattia. Nulla conta di più. La depressione è un male strisciante che si insinua nelle viscere poco a poco fino, al pari di un virus potentissimo, a consumare tutto ciò che vi è di vitale, svuotando l’organismo dall’interno. E ciò che ne rimane è l’omino di pezza.
Oppure è come un macigno che improvvisamente cade dall’alto sulla testa e schiacchia schiaccia schiaccia sempre più verso il basso. Come una forza che tira verso il basso.
E ben ha rappresentato questa patologia Lars von Trier nel suo ultimo lavoro Melancholia: la depressione è un pianeta che dapprima allunga la sua ombra sul pianeta Terra, poi, in avvicinarsi progressivo, minaccia di distruggerla totalmente.
La depressione è come il pianeta Melancholia che si schianta all’improvviso sulla terra. La salvezza è possibile. Von Trier l’ha trovata all’interno della grotta magica.
Ma non a tutti a concessa la possibilità di questa salvezza.
Certo, si può guarire. Anzi, si deve fare qualsiasi cosa per guarire ed è compito dei medici che hanno in cura il paziente, dei familiari, degli amici, degli amori più cari aiutare il malato a comprendere che il suo desiderio di morire è solo un sintomo, un effetto, per meglio dire, e non il punto di arrivo di una decisione assunta con lucida consapevolezza.
Purtroppo la depressione è una malattia atipica rispetto ad altre ben più riconoscibili patologie perché non si vede, è nascosta, strisciante, silente, additata nell’opinione pubblica quasi come una forma di estrema indolenza, debolezza dell’anima, apatia; tanto che una delle frasi più note che si dicono al depresso è: “fatti coraggio, ce la devi fare, ti devi sforzare, devi ritrovare la voglia di vivere”.
Ma l’effetto della malattia è proprio la perdita della voglia di vivere. E’ proprio l’insorgere della malattia che causa il deteriorarsi progressivo di ogni interesse e che alla fine produce come effetto proprio la perdita del desiderio di vivere.
E’ causa ed effetto insieme. Quindi, la cosa più sciocca da dire ad un depresso patologico è: “tirati su”.
Ripeto. Si guarisce.
Però, purtroppo, ci sono anche casi in cui non si riesce a guarire.
In questi casi la vita del depresso, seppure metaforicamente, diviene esattamente uguale a quella di un paraplegico totale bloccato su un lettino per sempre.
In certi casi tra il depresso e Welby o Ramon di Mare Dentro non sussiste nessuna differenza.
Certo, si possono assumere dei farmaci, forti dosi di farmaci, che sostengono in maniera artificiosa l’umore del paziente, quasi fosse un uomo di pezza, privo di volontà, tenuto in piedi grazie a dei fili nascosti.
I farmaci assunti in dosi massicce però rendono la vita incolore, una sorta di non-vita, tanti sono gli effetti collaterali. Il dolore si attenua, ma insieme ad esso, anche tante altre cose. La personalità del paziente è modificata. Magari riesce a trovare la forza di uscire di casa, andare a lavoro, svolgere le mansioni quotidiane, ma è come fosse una specie di Zombie.
Un’esistenza sostenuta dai farmaci, può essere un’esistenza degna di essere vissuta?
Dipende. Per alcuni sì. Per altri, evidentemente no.
Questo dovremmo chiederci.
Non tanto se è giusto morire o sforzarsi di continuare a vivere un’esistenza sofferente, quanto cosa si debba intendere per VITA.
Per Ramon (ripeto, personaggio ispirato ad una persona realmente vissuta) un’esistenza trascorsa con il corpo interamente paralizzato e bloccato su un lettino non era più vita.
Per Welby, un’esistenza trascorsa ancorato a macchine e cure dal cui uso dipendeva il funzionamento  del suo corpo, non era più vita.
Può essere che per Lucio Magri si sia trattato della stessa cosa: non era un malato terminale, ma può essere che, anche se in maniera invisibile, la sua esistenza si stesse protraendo come quella di un malato in stato simil vegetativo. Può essere che ricordandosi di essere stato una persona diversa - volitiva, lucida, attiva, capace di provare emozioni e sensazioni fin nelle più infinite sfumature, in grado di donare e ricevere amore - non sia riuscito ad accettare di essere diventato l’ombra di se stesso, non se la sia sentito di essere divenuto il Ramon della situazione, seppure minato da una patologia della mente anziché del corpo.
Per questo non me la sento di prendere una posizione, né a favore della sua decisione, né contraria.
Tutto quello che posso dire è che per capire una simile decisione - e per poterla giudicare - bisognerebbe prima trovarsi a viverla.
E che, in certi casi, più che di un gesto che riguardi la morte, o la vita, dovrebbe trattarsi, semplicemente, di amore. Per sé, per gli altri, e di quello che ci aspettiamo dal prossimo.

Concludo con i versi della bellissima poesia che Ramon recita nel finale di Mare Dentro; vi consiglio di cercare su youtube il video in cui vengono recitati dalla voce del protagonista (il doppiatore di Javier Bardem).
Da brividi.

Mare dentro, mare dentro
senza peso nel fondo
dove si avvera il sogno
Due volontà fanno avere un desiderio nell'incontro
il tuo sguardo, il mio sguardo
come un eco che ripete senza parole: più dentro, più dentro
Fino al di là del tutto
attraverso il sangue e il midollo
Però sempre mi sveglio
e sempre voglio essere morto

per restare con la mia bocca
sempre preso nella rete dei tuoi capelli.


28 commenti:

de spin ha detto...

Un tema affascinante, davvero.
Io lì ci sono stato, e posso dirlo perchè so quanto è vero.
Un'esperienza che mi ha reso irriconoscibile. Non si può spiegare e non si può capire.
Un'esperienza che mi ha segnato, ma anche che mi ha dato tantissimo.
I farmaci? Li ho provati, e subito rifiutati. Per uscire
ne fuori (perchè ne volevo uscire fuori) ho fatto il lavapiatti. Lavavo piatti ogni giorno come un forsennato. Per due anni quasi senza sosta.
Non so se quello da me provato sia stato simile a quello provato da Lucio Magri. Impossibile da dire, senza averlo conosciuto e visto "in quello stato".
Quando mi è accaduto, io ero ancora piuttosto giovane, magari se sei anziano le dinamiche cambiano, cambia la chimica interna, forse può essere meglio "mollare", chi lo sa?
La cosa che mi ha colpito è che in Svizzera questa forma di eutanasia sia consentita. Su questa forma di eutanasia ho un mare di riserve.
Ma il rispetto per chi ha attraversato questa esperienza è totale.
Argomento ripeto davvero molto affascinante.

Rita ha detto...

Io non ci sono passata direttamente, ma da figlia di una madre depressa (si ammalò quando io avevo all'incirca 15 anni) una mezza idea me la sono fatta. E tanto mi sono documentata, parlando con medici, leggendo libri, riviste. E, ovviamente, ascoltando, tentando di capire mia madre.
Lei purtroppo oggi è una malata cronica, nel senso che la fase più acuta della malattia è stata superata e si è cronicizzata. Ovviamente ha alti e bassi e prende sempre psicofarmaci. Sempre. Non ha mai smesso di prenderli. Ed è passata attraverso non so quanti medici, cliniche, ospedali e così via.
Io dico che forse sono una della poche persone al mondo ad avere avuto due madri, anziché una, come tutti. Quella di prima della malattia; e quella di dopo la malattia. Che è una persona diversa.
E quindi capisco quando dici: "un'esperienza che mi ha reso irriconoscibile".
E so che in questa, come in tutte le esperienze forti, qualcosa va inevitabilmente perduto, ma qualcosa si guadagna anche.

Sono davvero contenta che tu ce l'abbia fatta. E senza farmaci. Ma da giovani in effetti è diverso. E, soprattutto, ogni persona è diversa. Quindi la malattia agisce in maniera diversa da persona a persona.
Mia madre per esempio si è ammalata anche per una questione proprio di chimica, essendo andata in menopausa precoce per via di un intervento ed avendo quindi subito un notevole sconvolgimento ormonale. Ma chissà.

Io sapevo che in Svizzera fosse consentito praticare questa forma di eutanasia (o cosiddetto suicidio assistito) ma solo in casi di conclamato stadio terminale di una malattia.
Pare infatti che la richiesta di Magri fosse stata inizialmente rifiutata e più volte.
Poi può essere che la sua depressione sia stata certificata come "inguaribile" e non migliorabile e quindi equiparata, come ho scritto nel post, ad una condizione irreversibile quale può essere quella di uno che giace in un letto in stato semi-vegetativo o comunque di ludicità mentale, ma impossibilitato a vivere una vita "normale" (com'è stato il caso di Welby).
Riserve ne ho anche io ed infatti, come ho scritto, non si possono esprimere giudizi, solo chi è lì, in quella fase (bellissima l'espressione che hai usato: "io lì ci sono stato", quasi fosse un luogo oscuro ed ignoto dal quale tu, fortunatamente, hai fatto ritorno, a differenza di altri che vi restano imprigionati), può essere in grado di compiere una scelta.
Grazie per la tua bella (anche se triste, ma tutto è bene quel che finisce bene, no?) testimonianza.

In compenso io ho sofferto di altri disturbi, tipo ansia ed angoscia profonda (qualcosa di quell'esperienza l'ho descritta anche in un post dal titolo "Walt Disney, Delacroix e Orson Welles").

Buona serata :-)

eustaki ha detto...

la morte di magri ha colpito molto anche me. a tale proposito però consiglio un film irresistibile, kill me please.

Rita ha detto...

Buongiorno Eustaki,
sì, ho visto Kill Me Please. E mi è piaciuto molto.
Anzi, grazie per averne suggerito la visione, direi che è un film esattamente in tema. Io, pur nella drammaticità dell'argomento di fondo, l'ho trovato esilarante.

de spin ha detto...

Un altro film in tema potrebbe essere "I hired a contract killer" del mio idolo Aki Kaurismaki.

Rita ha detto...

Non lo conosco. Di che parla?
Anche a me piace molto Kaurismaki, anche se non ho visto tutti i suoi film.
Hai visto l'ultimo uscito: Miracolo a Le Havre? Io non ancora.

de spin ha detto...

Parla di un uomo che, licenziato dal lavoro, solo e depresso decide di volersi suicidare. ma, non avendo il coraggio di farlo da sè, sceglie di assoldare un killer. incarica dunque un killer di tendergli un agguato e sparargli. lo paga e va a bere una birra in un pub. qui incontra una donna, si innamora, e decide che invece vuole vivere. torna allora dal killer, per revocargli l'incarico, ma...

No, non l'ho ancora visto il suo nuovo film, non sapevo neanche che ce ne fosse uno nuovo grazie della segnalazione, provo a vedere se internet me lo regala!...

Rita ha detto...

Ma sai che come trama non mi è nuova? Forse allora ne avevo già sentito parlare. Mi hai incuriosito. Cercherò di recuperarlo. Grazie :-)

Chissà che film escono in Olanda? Ci sono registi olandesi famosi? Hmmm... fammi pensare. Mi sa che non ne conosco nemmeno uno.
Ci sei stato poi al Poezenboot? Io conservo ancora la maglietta che presi lì (ovviamente con un gatto disegnato). E poi c'è anche il museo dei gatti, sempre ad Amsterdam. Lì però non sono riuscita ad entrare perché stavo... ehmmm... insomma, ero appena uscita da un coffee shop ;-) Al tipo che era all'entrata gli dissi che sarei ripassata in un secondo momento: mi sa che sta ancora lì ad aspettarmi :-D
Ah, che ricordi. Prima o poi ci scrivo qualcosa su quel viaggetto ad Amsterdam (viaggetto in senso letterale e metaforico). LOL

Volpina ha detto...

L'ho visto Mare Dentro.
Mi ha molto scossa.
All'inizio, con un pensiero religioso, ero contrarissima all'eutanasia.
"No, la vita è sacra! Non si tocca."
Ma solo perchè non avevo mai "toccato con mano" il vero problema.
E' una cosa orribile quello che succede a Welby o a Ramon.

Ma anche a chi non è nelle loro condizioni, chi è disperato e tenta di suicidarsi.
Se è un ragazzino che ascolta i mychemical romance no. Quello è solo un confuso che ha bisogno di aiuto.
Ma se è un uomo che ha perso tutta la sua famiglia, chi sono io per dirgli "no, continua a vivere!". La vita è bella ed è bella quando la puoi vivere.
Ma se la devi "subire" e non ne puoi più, che te ne fai di una cosa che è bella solo per gli altri?

Massimo ha detto...

Ricordo che Welby, nel suo messaggio pubblico a Napolitano scriveva di non essere depresso e che la morte gli faceva orrore. Tuttavia, quella che lui stava passando non era vita.
Ci sono condizioni in cui, semplicemente, non è giusto che un essere umano sia costretto a vivere da qualche legge o qualche bigotta superstizione religiosa.
Se con i nostri animali domestici siamo così "pietosi" da sopprimerli quando soffrono (senza chiedere loro un parere, naturalmente), perché siamo così restii con umani che lo chiedono espressamente?
Per via della fottua credenza nell'anima immortale, di cui solo Dio dispone. E' l'ennesimo atroce esproprio fattoci dalla religione.
Non siamo padroni di noi stessi, non possiamo stabilire da soli cosa è amore e cosa non lo è, ma tu hai dato una definizione semplice, ma grandiosa e inconfutabile: c'è amore dove il naturale egoismo viene sospeso.
essere felici della felicità altrui. Desiderare la felicità, o la cessazione della sofferenza dell'altro, non secondo i nostri criteri, ma secondo i suoi. Reciprocamente.
It's a hard work.
Ciao
MAssimo

Rita ha detto...

D'accordissimo con te su tutto!

Rita ha detto...

@ volpina

Io non ho mai pensato che la vita fosse "sacra" in un'accezione religiosa perché non sono religiosa. Piuttosto ho sempre pensato che uccidere sia un atto irriversibile e che quando hai compiuto quel gesto poi non puoi tornare indietro a nessun costo (mi riferisco all'omicidio e all'uccisione degli esseri viventi in generale, come anche degli animali).
Quando però è la persona stessa che chiede di essere aiutata a morire (caso di Welby e Ramon), quando si è malati terminali senza più alcuna speranza di guarigione e si sta soffrendo, quando la vita - qualsiasi ne sia il motivo - non è più vita, allora si tratta di una cosa ben diversa, di una scelta precisa che deve essere presa in considerazione e non c'è "sacralità" che tenga.
Quelli che dicono "la vita è bella" poi non li sopporto. Sì, in alcuni momenti e per alcuni sarà anche bella, per tanti sarà bellissima tutti i giorni, però la vita di ciascuno è una condizione talmente individuale che davvero non si possono esprimere opinioni oggettive. Lo chiedessero ad un animale chiuso in una gabbia dentro un laboratorio per la vivisezione se la vita è bella!
Ciao Volpina :-)

nino p. ha detto...

Bevo a una casa distrutta,
alla mia vita sciagurata,
a solitudini vissute in due
e bevo anche a te:
all’inganno di labbra che tradirono,
al morto gelo dei tuoi occhi,
ad un mondo crudele e rozzo,
ad un Dio che non ci ha salvato.

Anna Achmatova
1934

Non lo so...
ma ogni volta che penso alla depressione, mi viene in mente questa poesia.
Credo che la mente ed il cuore dell'uomo, siano misteri che ancora debbano essere svelati e spesso, bisogna accettare il fatto che si riesca a comprenderli.

Ciao..
e...
bentrovata

Volpina ha detto...

Beh, si, io ORA la considero sacra perchè è sacra indipendentemente da religione o meno...
però ai tempi la pensavo così.
E' incredibile come avvicinarsi a delle creature così pure come gli animali, riesca a cambiarti radicalmente l'anima e a renderti una persona capace di ragionamenti puliti, semplici e allo stesso tempo complessi e meravigliosi.

Rita ha detto...

Ciao Nino P.,
benvenuto! :-)

Bellissima questa poesia: ho come l'impressione di averla già letta, ma probabilmente no perché in genere ho buona memoria e quindi me ne ricorderei; molto più semplicemente credo che evochi sensazioni familiari.
Più che la depressione ci vedo l'assenza di speranza, la totale disillusione, la lucida consapevolezza della nostra finitezza e dell'impossibilità di condividere davvero il nostro nucleo più profondo.
Forse la condizione che ci accomuna tutti, più che la morte, è la solitudine. Ecco, la poesia a me fa pensare a questo.

D'accordo con te che la mente sia un mistero, così come l'universo. Anzi, spesso penso che i due, in qualche modo, coincidano.

Grazie :-)

Rita ha detto...

@ volpina

"E' incredibile come avvicinarsi a delle creature così pure come gli animali, riesca a cambiarti radicalmente l'anima e a renderti una persona capace di ragionamenti puliti, semplici e allo stesso tempo complessi e meravigliosi"

E' verissimo. Hai scritto una cosa bellissima.
Quando si dice che gli animali sono in grado di darti moltissimo, molto di più di quello che solitamente noi diamo a loro, è inteso soprattutto in questo senso.
Forse alcune persone hanno paura di avvicinarsi ad un tipo di amore così incondizionato e puro e per questo non si lasciano "toccare".

Anonimo ha detto...

La depressione.
Tutti si sentono in diritto di parlarne come se sapessero. Ma cosa sanno? Chi l'ha vista lavorare su una persona cara o cmq vicina, ne ha una idea. Ma non sa.
In quanto alla guarigione, che Biancaneve dà così facile da superare, dirò che la mia esperienza mi dice che la depressione è difficilissima da superare, ma, in più, è contagiosa. Vivere accanto a un/una depresso/a, è durissima.
Mio figlio, 40 anni, dopo 6 anni di vita con una ragazza sempre più depressa, alla fine non ha retto, e ha provato a suicidarsi. Dico "provato" ma ci è andato vicinissimo, due giorni di coma.
Ora sta riprendendosi lentamente, è intossicato, e deve già affrontare una nuova crisi depressiva della sua donna. Due depressi in cura psichiatrica.
Chi aiuta chi?

lupogrigio.

Rita ha detto...

Ciao Lupogrigio :-)

Ti devo bacchettare però: dove avrei scritto che la depressione è facile da superare? Ho scritto esattamente il contrario: e cioè che ci sono dei casi in cui non si riesce a guarire, e proprio per questo non me la sono sentita di giudicare la decisione di Magri.

Leggi il commento che ho scritto in risposta a De Spin.
Dai 15 anni in poi ho vissuto accanto ad una donna malata di depressione, mia madre, la quale non è mai guarita.
So cos'è la depressione e so, soprattutto, quanto sia difficile stare accanto ad un depresso.
Quindi sono d'accordissimo con te ;-)
Chi aiuta chi?
Io non sono stata capace di aiutarla, ad esempio. Anzi, la sua sofferenza mi allontanava da lei.
Mi spiace tantissimo, sinceramente e senza retorica, per tuo figlio e la sua donna. Due depressi insieme, non dev'essere facile. Magari è la loro salvezza, magari la loro disgrazia. Chi può dirlo?
Fate il possibile per offrirgli le cure mediche di cui hanno bisogno. Altro non saprei dirti perché risulterei ridondante.
Comprendo il dramma però. Questo posso dirlo.
Un saluto e un abbraccio (mi fa sempre piacere che passi a salutarmi).
Ti avevo scritto un'email l'altra volta, l'hai ricevuta?

Bileonair ha detto...

Mare dentro è un film meraviglioso.

Rita ha detto...

E' vero.
Sempre dello stesso regista mi sento assolutamente in dovere di consigliarti anche "Apri gli occhi" e "The others".
Da "Apri gli occhi" è stato tratto il remake americano Vanilla Sky, che gli ha reso un pessimo servizio perché non vale nemmeno l'unghia del dito mignolo dell'originale.
Un saluto e grazie per la visita :-)

Volpina ha detto...

@Biancaneve: non si lasciano toccare per paura di potersi sentire ipocriti e poi dover "rinunciare" alla carne.
E' così.
Perchè se capisci questo amore grande, infinito e meraviglioso, non ce la fai poi a mangiarli. Davvero.

Rita ha detto...

E' vero Volpina.
Il problema è che la cultura vigente fa credere che smettere di mangiare la carne sia una rinuncia. E invece è una conquista.
Ora scrivo un post sui pregiudizi che circolano intorno all'antispecismo, vegetarianesimo e veganesimo.
Se hai tempo e voglia, vai a dare un'occhiata ai commenti al mio post precedente ("Invito a cena con delitto"). C'è un'interessante discussione in corso, magari puoi intervenire dicendo la tua.
Ieri sera sono stata a cena al pub vegano Rewild. Ho mangiato, come sempre, divinamente :-)
Se un giorno mi verrai a trovare a Roma, ti ci porto :-)
Ho preso dei volantini contro il circo con animali perché a Roma in questi giorni sono arrivati ben sette circhi.:-(

lupogrigio ha detto...

Mah! La libertà è una bella cosa, e ognuno ha diritto di fare quello che crede, di fare le proprie scelte.
Arrivo a capire un vegetariano, che secondo me non è ancora antispecista (almeno quelli che conosco io, due o tre). Ma arrivare a capire i vegani, no, ci rinuncio.
Mi pare che adottino, e ci sei anche tu, Biancaneve, quindi dovrei star zitto, invece di dire caxxate in casa d'altri, che adottino, dicevo, una filosofia, che è un po' difficile non dire estrema, che non è la stessa cosa che estremista.
Una filosofia che somiglia moltissimo ad una religione, con prescrizioni rigidissime, che, come in un credo religioso, si dice che non sono costrizioni, ma libere adesioni. Tutti così i religiosi fondamentalisti, e dico dei fondamentalisti delle tre religioni monoteiste, ciascuna delle quali si sente depositario della verità, e, o combatte chi non aderisce, o cerca di fare proselitismo, per portare la verità agli altri.
Storicamente, tutte e tre queste religioni hanno fatto grandi danni, e adesso siamo alle prese con un ritorno del fondamentalismo islamico.
Questo antispecismo dice di essere non-violento, e lo sarà anche, ma ideologicamente non è privo di violenza, che si estrinseca nel ricatto morale di far sentire delle cacche insensibili noi individui normali, che ci comportiamo come l'uomo si è sempre comportato fino dall'alba dei tempi.
In natura, l'antispecismo non mi pare che esista.
Infatti la natura ha provveduto perchè ciascuna specia animale o vegetale non perisca, le specie animali seguendo una catena alimentare naturale, che fa sì che un animale carnivoro non si nutra di erba, e un erbivoro non si nutra di carne. Perchè così è la natura, e non per filosofia.
Quindi, e concludo, io mi sento molto più immerso nella natura in senso lato, panico, di quanto potete sentirvi voi veg** che bene o male, sovvertite l'ordine naturale delle cose.
Ciò detto, comprate pure le vostre scarpe fatte con elementi naturali (quali, scusa? è una mia curiosità)
che io prenderò se posso, scarpe normali o addirittura di plastica come le mie Nike, amo il mio gatto e lo curo se sta male, ma NON ANTEPONGO il gatto di casa (i 9 gatti e i 3 cani) a mio marito, come fa mia nuora, vittima evidente di una distorsione di personalità. Una psicosi.
Ciò detto, è ora di cena e non ti dico cosa mangio stasera, :-))

Rita ha detto...

@ Lupogrigio

Paragonare la filosofia antispecista ad una religione non è cosa assolutamente possibile, e sai perché? Perché le religioni si basano su assunti metafisici, quindi non scientificamente dimostrabili. Asserire che Dio esiste e da lì farci discendere una serie di dogmi ed affermare che sia una verità è cosa non dimostrabile empiricamente.

Viceversa la realtà dello sfruttamento animale pertiene a ciò che è dimostrabile e conoscibile (basta andare a visitare un mattatoio qualsiasi).
Noi antispecisti non ci inventiamo nulla, ci limitiamo a riferire quello che avviene dietro le quinte dei mattatoi e a rifiutarlo. Che c'entra con la religione?

Essere antispecisti comporta una serie di restrizioni rigidissime? A me sembra che ne comporti soltanto una: rispettare ogni essere vivente e non ucciderlo. Punto. Se è un principio che accetti per gli esseri umani, perché non dovresti accettarlo pure per gli animali?

Sovvertire l'ordine naturale delle cose? C'è un ordine naturale negli allevamenti?
Non viviamo un uno stato di natura. Allora perché fare appello ad un presunto stato di natura ormai superato da secoli solo quando si tratta di giustificare il consumo di carne o pesce?

Poi Lupogrigio, te ne prego, hai mezzi e strumenti (intellettivi e tecnologici) per informarti meglio, quindi fallo: l'uomo non è sempre stato carnivoro dall'alba dei tempi. Ti faccio un regalo per Natale: Ecocidio di Jeremy Rifkin.
L'uomo si è dovuto adattare a cacciare quando non aveva altro cibo disponibile ed in particolare la pratica dell'allevamento è stata adottata in Europa perché importata da una popolazione nomade che discendeva dalle steppe euroasiatiche, ma oggi che invece altre risorse alimentari sono possibili perché continuare a sporcarsi le mani del sangue di esseri viventi?
L'uomo è onnivoro, che non significa carnivoro. Significa che può mangiare di tutto, anche gli animali (anche i suoi simili, se è per questo), ma solo se sceglie di farlo e può benissimo scegliere di non farlo.

Le scarpe veg vengono realizzate con tantissimi materiali: canapa, altre fibre tessili e poi materiali di sintesi che al momento non ricordo a memoria. Però dai, hai internet, digita scarpe vegane materiali e vedrai che troverai un sacco di materiale. ;-)
Se hai pazienza di aspettare qualche giorno ti faccio una ricerchina e te la mando. Ma basta andare a visitare qualsiasi sito vegano.
(continua)

Rita ha detto...

Non prendere la psicosi di tua nuora per un esempio. Mi sembra di capire che purtroppo sia una persona che non sta bene, ma non vedo cosa c'entri questo con l'antispecismo. Non è che tutte le persone che rispettano gli animali sono matte.

Chi mangia animale parla sempre di libertà e la sbandiera a destra e a manca. Ma della libertà che invece togliete agli animali per assecondare un vostro piacere, ne vogliamo parlare???
Imprigionare nelle gabbie miliardi di animali che libertà è? La vostra, certo, ma quella degli animali che viene soppressa non la vogliamo considerare?

Che significa "voglio sentirmi libero di fare del male ad altre creature?". Ma che pretesa di libertà è questa, scusa?

Se vi sentite inadeguati quando vi si parla del fatto che mangiando gli animali state assecondando un sistema fatto di sfruttamento e violenza nei confronti di altri esseri viventi, beh, siete liberi di rifletterci su e magari cambiare rotta.
Nessuno vuole farvi sentire delle cacche (come dici tu), solo la vostra coscienza, al limite.

Noi antispecisti parliamo di quello che avviene in maniera oggettiva: gli animali soffrono. Punto. Se a voi dà fastidio sentirvi così inadeguati di fronte a questo dato di fatto, beh, dovreste riflettere, anziché cercare ad ogni costo di giustificare ciò che non è giustificabile: ossia l'uccisione di miliardi di animali all'anno.

Ti sembro dura, antipatica, stronza, svitata, estremista, esaltata?
Quello che vuoi, ma almeno io quando guardo negli occhi un animale non mi sento ipocrita.
Ma dimmi te se chi pratica la non violenza deve essere così continuamente attaccato... la verità è che non ci sopportate perché vi ricordiamo ciò che vorreste obliare e cioè che gli animali soffrono e sono degli esseri viventi tanto quanto noi.
Che differenza c'è tra il tuo gatto e colui che ti sei mangiato stasera a cena? Pensaci! ;-)
Colui, sì, non cosa, o quello, ma lui, colui, perché ciò che mangi è un essere vivente. ;-)
Pensaci almeno. Pensa al tuo gatto. Lo mangeresti?
Pure i cacciatori si sentono immersi nella natura e dicono di amarla. A me sembra un'affermazione un tantino paradossale, non trovi?
Chi ama, non uccide.

Buone Feste e magari pensaci alla libertà: alla tua, ma anche a quella degli animali. Gli animali non sono nati per essere asserviti all'uomo, queste sono quelle quattro stronzate che ha messo in giro la bibbia. Sono nati liberi e liberi devono restare ;-)

lupogrigio ha detto...

Beh, non credo di poter aderire alle tue/vostre idee in questa materia.
E' vera la premessa (allevamenti, ecc), ma non sono d'accordo che debba dare origine per forza a un atteggiamento così radicale come quello che la vostra Boh? come la chiamiamo, o la chiamate? Setta, conventicola, non vorrei offendervi, il mio intervento si apriva con una dichiarazione di libertà, ognuno è libero di fare quello che crede.
Invece il vostro atteggiamento punta a far prendere coscienza "l'altro" della verità delle vostre idee.
Per me, questo è un atteggiamento "simil-religioso". Proselitismo. Tanto da consigliarmi una lettura, che magari la farò, chissà.
Per adesso, chiudo qui, mandando a te e ai tui amici antispecisti i più cordiali auguri di Buone Feste!!

lupogrigio ha detto...

Beh, non credo di poter aderire alle tue/vostre idee in questa materia.
E' vera la premessa (allevamenti, ecc), ma non sono d'accordo che debba dare origine per forza a un atteggiamento così radicale come quello che la vostra Boh? come la chiamiamo, o la chiamate? Setta, conventicola, non vorrei offendervi, il mio intervento si apriva con una dichiarazione di libertà, ognuno è libero di fare quello che crede.
Invece il vostro atteggiamento punta a far prendere coscienza "l'altro" della verità delle vostre idee.
Per me, questo è un atteggiamento "simil-religioso". Proselitismo. Tanto da consigliarmi una lettura, che magari la farò, chissà.
Per adesso, chiudo qui, mandando a te e ai tui amici antispecisti i più cordiali auguri di Buone Feste!!

Rita ha detto...

Ma come, ti ho appena spiegato perché l'antispecismo non può essere paragonato alla religione... e torni a chiamarci setta, conventicola ecc.?

Mah.

Ti ho anche spiegato il concetto di libertà e democrazia, che viene totalmente ad essere calpestato nel momento in cui miliardi di animali vengono uccisi, ingabbiati, privati della loro libertà, ecc..
Libertà di chi? La vostra. Ma quella degli animali non conta?

Trovo davvero disonesto intellettualmente atteggiarsi a paladini della libertà e della democrazia e poi privare della libertà e della vita altri esseri viventi.

Ok. Non voglio convincerti. Lungi da me voler fare proselitismo. E comunque ti sfugge un concetto, noi antispecisti non abbiamo nessun tornaconto nel fare quello che tu definisci proselitismo: tutto quello che diciamo lo diciamo solo nell'interesse degli animali, per dar voce a queste creature che a causa dell'essere umano soffrono le pene dell'inferno.

Auguri a te :-) Con affetto sincero, che rimane quello di sempre, seppure in totale disaccordo con quanto dici.