sabato 3 marzo 2012

Grandi scrittori, grandi uomini?

Non sempre i grandi artisti (scrittori, pittori, musicisti ecc.) sono anche grandi uomini; una delle mie più recenti delusioni è stata quella di scoprire che uno dei miei scrittori contemporanei preferiti, Philip Roth, è anche un carnivoro convinto, talmente convinto da aver dichiarato, in una delle sue ultime interviste, che da quando il medico gli ha proibito di mangiare le cotolette d'agnello per motivi di salute, la vita gli è sembrata di colpo meno bella. 
Ci sono però dei casi in cui al talento artistico si accompagnano anche una sensibilità, consapevolezza e morale "superiori". 
Prendiamo ad esempio Lev Tolstoj, grande scrittore russo vissuto nella seconda metà dell'ottocento ed autore di celebri capolavori come Anna Karenina, Resurrezione, Guerra e Pace, La morte di Ivan Il'ič, e solo per citare i più conosciuti. 
Noto per il suo impegno sociale e schierato dalla parte di tutti i diseredati del mondo, non poteva non occuparsi anche di tutti coloro che, tra gli oppressi, sono i più oppressi di tutti: gli animali.
Nel 1895 scrive Contro la Caccia e nel 1902 Il Primo Gradino: in entrambe le opere si fa portavoce dei diritti degli animali ed indica la strada del vetegetarismo.
Qui ho il piacere di riportare e condividere con voi alcuni passaggi contenuti in Contro la Caccia:

Sono stato cacciatore appassionato per molti anni, anzi la caccia era per me una occupazione molto seria [...]. Il rimorso, dapprima appena percettibile nella mia coscienza, si ingrandì a poco a poco, se ne impadronì interamente, la scosse, e finì coll'inquietarmi seriamente. Dovetti guardare la verità in faccia, ed allora compresi la crudeltà della caccia. Ora in essa non vedo che un atto inumano e sanguinario, degno solamente di selvaggi e di uomini che conducono una vita senza coscienza, che non si armonizza con la civiltà e col grado di sviluppo a cui noi ci crediamo arrivati.
  • Oggi uccidere gli animali, anche per l'alimentazione dell'uomo, è divenuto assolutamente superfluo, come è provato dal numero sempre crescente delle persone che si nutrono di proposito con alimenti vegetali o latticini.
    La caccia non è una forma naturale della lotta per l'esistenza, ma un ritorno volontario allo stato selvaggio, con questa differenza: che la caccia era una occupazione naturale per l'uomo primitivo, mentre questa occupazione nell'uomo moderno civilizzato non fa che esercitare e sviluppare in lui istinti bestiali, che la coscienza riprova, e che teoricamente la nostra civiltà vorrebbe aboliti.
  • Noi siamo fieri del progredire della nostra civiltà, esaminiamo con soddisfazione ciò che consideriamo come suoi successi in tutte le branche della vita sociale, ma osserviamo pure che la nostra esistenza è spesso fondata sui principi più ingiusti e crudeli, e che l'umanità dell'avvenire ne parlerà con la stessa ripugnanza che noi proviamo oggi per la schiavitù e la tortura, come errori di altri tempi, che la civiltà ha abolito.
  • La pietà è una delle più preziose facoltà dell'anima umana. L'uomo, impietosendosi delle sofferenze di un essere vivente, dimentica se stesso e si immedesima nella situazione degli sventurati. Con questo sentimento si sottrae al suo isolamento ed acquista la possibilità di congiungere la sua esistenza a quella degli altri esseri.
    L'uomo, esercitando e sviluppando questa qualità che lo unisce agli altri, s'incammina verso una vita superpersonale, che eleva ad un livello più alto la sua coscienza e gli offre la maggiore felicità possibile. Così, la pietà, mentre addolcisce le sofferenze degli altri, è giovevole ancor più a colui il quale la prova.
  • L'uomo che comprende tutta l'importanza morale della pietà, non indietreggerà davanti al timore che le sue manifestazioni possano renderlo ridicolo agli occhi degli altri. Che cosa deve importargli, se mettendo in libertà un topo colto in trappola, invece di ammazzarlo, provoca i motteggi e le disapprovazioni, quando sa che, non solamente ha salvato dalla morte un animale, che teneva quanto lui alla vita, ma ha anche lasciato manifestarsi liberamente il sentimento della compassione, ed ha fatto un passo verso quell'era superiore dell'amore universale, che non conosce limite, che lo affrancherà dalla morte e lo identificherà con le sorgenti della vita.
    Il cacciatore opera in un senso diametralmente opposto; e non una volta, per caso, ma sempre egli soffoca in sé il prezioso sentimento della pietà. È poco probabile che fra i cacciatori se ne trovi uno che non provi, almeno per una volta, un principio di pietà per una delle sue vittime, ma che pure ogni volta non cerchi di respingere un tal sentimento considerandolo come una debolezza. Ed è così che è schiacciato il bocciolo appena schiuso della pietà, da cui potrebbe germogliare e fiorire quel sentimento più elevato e più perfetto, che è l'amore. In questo costante suicidio morale è il male supremo della caccia.
Così scrive inoltre in una lettera ad Elena Andreevna Telešova del 1899:

Elena Andreevna!
La vostra indignazione all'idea degli animali torturati e uccisi per soddisfare l'avidità umana non è sentimentalismo bensì un sentimento fra i più leciti e naturali. Ma non bisogna indignarsi al punto di odiare gli uomini per pietà verso gli animali, come dite voi; bisogna invece agire in conformità di ciò a cui vi spinge questo sentimento, e cioè non mangiare carne di qualsiasi essere a cui sia stata tolta la vita. Sono convinto che nei prossimi secoli la gente racconterà con orrore e ascolterà con dubbio come i loro antenati ammazzavano gli animali per mangiarli. Il vegetarismo si diffonde molto rapidamente [...]. Vi avverto, tuttavia, che se smetterete di mangiare carne, incontrerete una fortissima resistenza, anzi un'irritazione, da parte dei vostri familiari [...]. Tutti noi abbiamo subìto ciò, ma se non si agisce con convinzione, tutte le dimostrazioni rimarranno senza effetto [...]. La compassione per gli animali è la più preziosa qualità dell'uomo e io (come uomo) sono tanto più felice quanto più la sviluppo in me. [...] I vegetariani dimostrano la superiorità del cibo senza carne per la salute [...] ma l'argomento principale e inoppugnabile è quello addotto da voi, il sentimento morale.

Chissà cosa penserebbe oggi vedendo che rispetto ai suoi giorni ben poco è cambiato; anzi, non solo, la condizione degli animali di tutto il mondo è di gran lunga peggiorata, procedendo il sistema di sfruttamento di pari passo con l'efficienza tecnologica raggiunta.
Si parla e discute tanto di antispecismo ed è bene che la questione venga affrontata sotto ogni possibile punto di vista, eppure, non posso che concordare con Tolstoj nel sostenere che, in fondo, l'argomento principale ed inoppugnabile rimane il sentimento morale.

36 commenti:

Masque ha detto...

"Chissà cosa penserebbe oggi vedendo che rispetto ai suoi giorni ben poco è cambiato; anzi, non solo, la condizione degli animali di tutto il mondo è di gran lunga peggiorata, procedendo il sistema di sfruttamento di pari passo con l'efficienza tecnologica raggiunta."

Leggendo questo, m'è venuto spontaneo un parallelo. Dai massacri del passato, delle crociate, l'invasione delle americhe, l'inquisizione e via dicendo, alla sistematica efficienza dello sterminio dei campi di concentramento.

Rita ha detto...

Ciao Masque,
hai pensato bene, io proprio a quello pensavo. A quello e alla progettazione dei primi allevamenti intensivi su modello del fordismo, ove la parola d'ordine è "efficienza"; infatti io questo termine proprio non lo posso sentire, per me ha una valenza esclusivamente negativa.
E' un termine che solitamente dovrebbe riferirsi agli oggetti, ma che poi è stato applicato anche agli esseri viventi (uomini ed animali).
Quando sento qualcuno dire: "bisogna essere efficienti" mi vengono i brividi...

Dinamo Seligneri ha detto...

Biancaneve, di grandi donne e di grandi uomini io ne ho visti pochi.
e comunque, quando ho comprato la bicicletta non mi sono chiesto se il suo fabbricante era leghista o berlusconiano, mi importava solo che la bicicletta andasse...
guarda Celentano, dice delle banalità a ruota libera, i suoi discorsi sono populisti e insopportabili, eppure quando fa il suo è sempre in cima all'olimpo.

dagli artisti non si può chiedere di più delle loro opere. anzi, l'opera tanto è migliore quanto è superiore all'artista che l'ha prodotta...

Dinamo Seligneri ha detto...

Céline, Da un castello all'altro. E' il passo della famosa morte di Bessie, la cagna che Céline si era riportato in Francia dopo averla trovata e accudita in Danimarca, quando visse in esilio in una capannina gelida davanti al Baltico. Céline era anche medico.

«Non volevo farle una puntura… nemmeno darle un po’ di morfina … avrebbe avuto paura della siringa… non le avevo mai fatto paura… è rimasta in fin di vita almeno quindici giorni… oh non si lamentava, ma io vedevo… non aveva più forze… dormiva accanto al mio letto… a un certo punto, un mattino, ha voluto uscire di casa …volevo stenderla sulla paglia… non ha voluto … voleva stare da un’ altra parte … nel posto più freddo della casa, sui sassi… si è allungata dolcemente … ha cominciato a rantolare … era la fine … me l’avevano detto, io non ci credevo … ma era vero, si era distesa in direzione del ricordo, da dove era venuta, dal nord, dalla Danimarca, il muso a nord, rivolto a nord … una cagna estremamente fedele, fedele ai boschi dove fuggiva, Korsor, lassù … fedele anche alla vita atroce … i boschi di Meudon per lei non significavano niente … è morta dopo due, tre rantoli… oh, molto discretamente … senza nessun lamento … con una postura davvero molto bella, slanciata, in fuga; … ma su un fianco, stremata, finita … il naso verso le sue foreste in fuga, lassù da dove veniva, dove aveva sofferto … Dio sa quanto! Oh, ne ho viste di agonie … qui, là … dappertutto … ma mai nessuna così bella, discreta … fedele … quello che danneggia l’agonia degli uomini è il tralalà… l’uomo, malgrado tutto, è sempre su un palcoscenico … il più semplice».

qui Céline e Bessie

Bessie è proprio bella.


ciao e buona domenica

Giuseppe Pili ha detto...

Che bello questo passo:

"La pietà è una delle più preziose facoltà dell'anima umana. [...] L'uomo, esercitando e sviluppando questa qualità che lo unisce agli altri, s'incammina verso una vita superpersonale, che eleva ad un livello più alto la sua coscienza [...]"

Grazie per questo post.

de spin ha detto...

Già, perchè il vegetarianesimo non si espande così come nella profezia di Tolstoj?
Dovrebbe accadere naturalmente, e invece non accade.

Il mio scrittore specista è Bukowski, leggendario giocatore di cavalli.

Anche frequentando personalmente parecchi musicisti jazz ed attori di prosa, posso dire che l'arte spesso e purtroppo non ha nulla a che fare con la sensibilità umana, meno che mai con l'etica verso gli animali.

Dopo la musica e dopo le donne, i jazzisti che ho conosciuto mettono quasi tutti il cibo nel loro olimpo personale. Accaniti mangiatori di salumi, entusiasti frequentatori di osterie da abbacchio e pesce fritto. E non c'è modo di ragionare.

Solo raramente l'artista è degno della propria opera. In media perfetta con gli altri esseri umani, i quali solo raramente sono degni di essere al mondo.

Rita ha detto...

Ma quanti bei commenti che mi avete lasciato, ora vi rispondo a tutti uno per uno. :-)

@ Dinamo

Bellissimo il pezzo di Céline che mi hai trascritto, non lo conoscevo; è uno scrittore che purtroppo conosco ancora poco, ho letto solo il famoso Viaggio al termine della notte che mi è parso davvero un'opera meravigliosa. Ricordo sempre volentieri questo pezzo, secondo me una delle più belle dichiarazioni d'amore che un uomo potrebbe fare ad una donna:
"Ammirevole Molly, vorrei se può ancora leggermi, da un posto che non conosco, che lei sapesse che non sono cambiato per lei, che l'amo ancora e sempre, a modo mio, che lei può venire qui quando vuole a dividere il mio pane e il mio destino furtivo.
Se lei non è più bella, ebbene tanto peggio! Ci arrangeremo! Ho conservato tanto della sua bellezza in me, così viva, così calda che ne ho ancora per tutti e due e per almeno vent'anni ancora, il tempo di arrivare alla fine."

Bessie è davvero bella, sì, come tutti gli animaletti. :-) Lo dico da un po', ma poi me ne dimentico, un giorno mi piacerebbe fare un post sui cani famosi della letteratura (Karenin di Kundera, Bella della Morante, Febo di Malaparte e così via).

Ovviamente la domanda del titolo del post è retorica, lo so bene che un artista (ne abbiamo anche già parlato, ricordi?) rimane comunque altro dall'opera che produce, pure se ci sono alcuni casi (come Tolstoj) in cui effettivamente chi scrive ha, almeno per la sottoscritta, qualità apprezzabili anche dal lato umano; poi certo, magari era scorbutico o antipatico. :-)

Buona domenica a te Dinamo e grazie per avermi fatto conoscere Bessie. :-)

Rita ha detto...

@ Jo

Sono contenta che tu abbia apprezzato questo post, ma io ho fatto davvero poco, bisognerebbe innanzitutto ringraziare Tolstoj ;-)

Pensa, era da un po' che mi ero ripromessa di riportare quelle sue dichiarazioni, ma poi me ne ero dimenticata; poi improvvisamente ieri sera mi sono tornate in mente.
Diciamo che dopo aver letto tante brutture negli ultimi giorni a proposito degli animali (vivisezione, dichiarazioni di gente che sostiene la corrida, gli allevamenti, il consumo di carne ecc.), ci è voluto qualcosa di bello per riequilibrare un po' le cose.
Grazie e te per essere passato. :-)

Rita ha detto...

@ De Spin

Eh, lo so, Bukowski proprio non si può dire che fosse sensibile sotto quel profilo, gli piaceva mangiare il pesce, la carne ed era assiduo frequentatore delle corse dei cavalli; però era una persona molto lucida e consapevole e qualcosa mi dice che se ci fosse stata la possibilità di parlarci sicuramente avrebbe cambiato idea; fosse anche solo per tirarsi fuori da una certa idea strutturata della società che, come sappiamo, deprecava notevolmente.

Chi può essere degno di stare al mondo? Veniamo al mondo per caso, voluti dai nostri genitori per puro egoismo, talvolta neanche per quello, quasi per sbaglio.
Dovremmo trattare questo pianeta che ci ospita e tutti gli altri esseri viventi che lo abitano con tutti i riguardi possibili, e invece crediamo che ci spetti di diritto appropriarcene e sfruttarlo, così come prevaricare il prossimo, uomo o animale che sia.
Certo che non siamo degni di stare qui. Siamo peggio di un virus.
Tolstoj era convinto che il progresso dell'umanità avrebbe portato al vegetarismo (come lo chiama lui), ma purtroppo abbiamo avuto solo il progresso tecnologico.
A me piace la tecnologia, ma forse ci sta facendo perdere di vista un'evoluzione di tipo etico. Non voglio fare i discorsi scontati che stiamo diventando sempre più simili ad automi, macchine ecc., ma questa continua ricerca dell'efficienza tecnologica porta a trascurare tutte le altre qualità umane che invece non dovremmo mai perdere di vista.
Usare un computer o andare sulla luna non ha nulla a che vedere con un'evoluzione di tipo anche spirituale.
Quel che secondo me non capisce chi sfrutta gli animali è che ogni volta che la violenza viene giustificata è un passo in più anche verso la dis-umanizzazione.
Uccidere i più deboli non è soltanto un atto vile verso gli oppressi stessi, ma anche un atto che de-qualifica il soggetto stesso che compie quell'atto.

Ciao De Spin, un abbraccio.

Dinamo Seligneri ha detto...

però io su Bukowski specista non ci metterei la mano sulla fiamma ossidrica.
Bukowski era un grande amante dei cavalli, all'ippodromo andava per due motivi: l'azzardo e gli uomini. secondo bukowski l'ippodromo è, assieme ai bar e alla strada, un po' come la scatola nera dell'uomo, della vita degli uomini. certo ci sono i cavalli che hanno l'obbligati a trottare col loro nome timbrato sulle schedine, ma Bukowski amava i cavalli e sono molti i racconti o le poesie o i brani in genere dove parla dei cavalli come esseri superiori agli uomini. una delle sue frasi celebri è "i cavalli non scommettono sugli uomini (e neanche io)".

la discussione che mi piacerebbe scatenare (giusto per confrontarci) è questa: cosa pensano gli antispecisti praticanti (cioè vegani e vegetariani) degli antispecisti non praticanti?

io credo (per assurdo) che uno possa benissimo essere un umanista e un antropofago nello stesso tempo. sappiamo che il cannibalismo è una manifestazione accertata storicamente nell'uomo: chi ha praticato questo ufficio considera/va i suoi simili inferiori? non lo credo. li ha mangiati.

così alla stessa maniera penso che Bukowski fosse animalista e antispecista ma amasse andare all'ippodromo e mangiare carne.

poi è ovvio che sarebbe bene non fare del male a nessuno, e quindi non fare del male a nessun animale. il discorso sviluppato sopra è un modo per discutere su cose che personalmente mi interessano.
ciao

Masque ha detto...

Io non sarei così pessimista sulla previsione di Tolstoj. Penso che attualmente ci siano più persone che comprendono la condizione degli animali e che cercano di cambiare la cultura dominante per migliorare questa condizione, di quanti ce ne siano stati da parecchio tempo a questa parte. È una reazione naturale alla mercificazione esasperata della vita animale che s'è fatta fin'ora. (Parallelamente ai movimenti no-global rispetto all'esasperazione del capitalismo e del consumismo.)
Se in passato un numero minore di animali veniva ucciso e sfruttato, non era per questioni etiche o di compassione (o almeno non del tutto), ma per necessità pratica di costi e di possibilità. Ora, se una persona sceglie di non contribuire alla morte ed allo sfruttamento degli animali, al contrario, lo fa principalmente per motivi etici (razionali o sentimentali che siano).
Sapere di poter fare del male e rinunciare a farlo, ha un valore diverso dal non fare del male perché non se ne ha la capacità. Nel primo caso è necessaria la consapevolezza.
Quindi, secondo me, c'è stata una evoluzione da questo punto di vista.

Riporto un commento che ho ricevuto ad un mio post, e che ritengo parecchio sensato.
"Oggi è stato necessario allontanare l’uccisione degli animali dallo sguardo del consumatore, ma solo perché contemporaneamente lo sguardo si è iniziato ad appuntare sull’animale come soggetto in qualche modo da difendere a suon di diritto. La violenza sugli animali non aveva mai fatto problema (e probabilmente per molti continua a non costituire un problema anche la sua visione diretta). Perché l’animale potesse diventare ‘cosa’ in una prospettiva straniante, era necessario che prima diventasse ‘soggetto’ da straniare."

Rita ha detto...

@ Dinamo

Un antispecista non praticante non è coerente: e non lo è per varie ragioni, magari solo per la pigrizia nel non voler dare avvio ad uno stile di vita diverso, nel non voler rinunciare a quelle che sono abitudini consolidate; sono passaggi che abbiamo attraversato tutti.
Io sono antispecista praticamente da sempre, ho sempre amato gli animali, tutti, indistintamente, sin da quando ero piccolissima, ed ho sempre ammirato i vegetariani, vegani, gli attivisti, però per anni ho continuato a non mettere in discussione la mia cultura, le mie tradizioni, quelle che mi avevano insegnato che è "normale" mangiare carne, che a pasqua si mangia l'agnello.
Ad un certo punto mi sono fatta delle domande e mi sono data delle risposte (come direbbe Marzullo).
Ho messo in discussione la realtà che mi circonda, e soprattutto, prima ancora, me stessa.
Come posso dichiarare di amare gli animali se li mangio? Come posso dichiararmi antispecista se, con le mie scelte ed azioni, contribuisco a tenere in piedi il sistema che ne prevede lo sfruttamento sistematico.
Mi sono giudicata poco coerente. Ipocrita. E non mi piacevo più. Quindi mi sono attivata per cambiare le mie abitudini. E' stato immensamente più facile di quello che avrei mai potuto immaginare. Più facile a farsi che a dirsi, credimi.
In fondo non è che devi rivoluzionare chssà cosa, basta solo smettere di mangiare carne e pesce, per cominciare. Poi pian piano ti viene naturale smettere di vestirti di pelle ecc.; muta la percezione e la prospettiva. Fai caso ad un sacco di cose che prima davi scontate.
E secondo me bisogna aver ben presente le alternative alimentari (ti basta fare un giro sui vari blog e siti di cucina vegetariana e vegana).

Il difficile per me è cominciato dopo: quando ho realizzato di aver compiuto molto di più di una semplica scelta "personale", ma di essere diventata parte di un discorso immensamente più grande ed importante: quello della liberazione animale.

Perchè vedi, non si tratta della mia o tua scelta, in mezzo c'è un terzo elemento: i miliardi di animali che vengono sacrificati ogni giorno.

Non vedere l'antispecismo pratico come una rinuncia, ma come una conquista. Stai facendo qualcosa di immensamente bello. E' meraviglioso: guardi il "tuo" cane negli occhi e gli puoi dire: "io da oggi non ti mangio più" (perhè tra un cane, un maiale, una mucca, un pesce, le differenze non sono di qualità, ma di grado).

Bukowski certamente amava i cavalli, ma è una maniera sbagliata quella di amare senza assumersi la responsabilità delle proprie azioni, secondo me.
Come posso dire di amarti, se poi ti pugnalo alle spalle?
Amare dovrebbe voler significare di volere e desiderare il bene di colui che si asserisce di amare.

Si può dire che un pedofilo ami i bambini? Certamente. Ma li ama in maniera sbagliata, facendo in prima cosa i propri interessi, ossia, amandoli in maniera strumentale, esclusivamente per il piacere che in primo luogo essi danno a lui.

Ronda su Minima et Moralia ha scritto: "io amo il maiale per il sapore delle sue carni".
E' una maniera di amare strumentale, utilitaristica.
Non credo che l'amore sia questo.

L'amore, al contrario, non è soddisfazione del proprio interesse e del proprio piacere, ma è altruismo, è dono di sé, è darsi, è gioire della gioia altrui. Nell'amore il proprio ego deve dissolversi. Per farsi uno con l'altro. Il dolore tuo diviene dolore mio e così il tuo piacere.
Difficile, lo so. Ma nemmeno così tanto.
L'amore è ragione, non è istinto.
C'è molta più razionalità in un vero atto d'amore di quanto si possa erroneamente credere.
Io amo perché lo voglio. E' volontà e ragione.
Ragione e sentimento non sono disgiunti.

Masque ha detto...

Tanto per fare, porto un artista notevole, vegano: Elvis Costello
http://www.youtube.com/watch?v=6LNB6M7yTBo

Sulla canzone in questione:
http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=802&lang=it

Rita ha detto...

@ Masque

Sì, concordo. E' vero che c'è molta più consapevolezza riguardo al male che stiamo facendo agli animali e che sempre più gente ne è "toccata", altrimenti, come ben spiega quel tuo commentatore, non si sarebbe sentita l'esigenza di dover nascondere gli orrori dei macelli, degli allevamenti, degli stabulari della vivisezione ecc..
Ho trovato molto illuminante in questo senso un video che tempo fa avevano messo quelli de La Vera Bestia: un video che mostra un supermercato in cui viene allestito uno stand che vende salsicce: si avvicinano i potenziali "consumatori" e allora un tipo - il macellaio - prende un maialino vivo da dentro un recinto e fa per metterlo dentro ad un tritacarne (in realtà sparisce poi dentro una botola, sotto c'è una ragazza che lo afferra delicatamente); la gente inorridisce, scappa via, tenta di fermare il macellaio, alcuni gli hanno addirittura messo le mani addosso. Che significa? Che sono poche le persone disposte a veder soffrire un animale, poche quelle disposte a vederlo uccidere e macellare sotto ai loro occhi. Per questo i macelli sono stati nascosti alla vista della gente e per questo i media tentano di veicolare la menzogna che la mucca sarebbe felice di darci il suo latte, il maiale sarebbe felice di darci le sue costolette ecc..

Ora però, di questa accresciuta consapevolezza, cosa dobbiamo fare? Beh, metterla in pratica. Insomma, far seguire una certa coerenza di comportamenti.
E gli oppositori, lo vedi bene, si stanno arrabbiando molto, stanno difendendo le loro abitudini con i denti, tentano di opporvi le più assurde giustificazioni perché hanno paura di un mondo diverso, di un mondo davvero libero, senza oppressione del più debole (la libertà vera fa paura, l'uomo, pur di affrontare il nuovo, è disposto a difendere il vecchio, anche se in cuor suo lo percepisce come sbagliato).

Poi certo, tieni presente che in gioco ci sono interessi monetari altissimi, la lobby degli allevatori (così come quella delle armi, delle aziende farmaceutiche) è potente e quindi paga i media affinché si confonda la gente e si diano messaggi contrastanti.
Ricordi quell'articolo su Amica? "Amo gli animali, devo rinunciare alla pelliccia?", che sottointende il messaggio implicito che si possa essere animalisti e però allo stesso tempo essere a favore delle pellicce.
Succede questo: le lobbies sanno che la gente appunto è più consapevole e sensibile all'argomento, e tentano di far passare il messaggio che si possa lo stesso continuare ad amare gli animali, pur mangiandoli o usandone la pelliccia per vestirsi.
E' un discorso privo di senso. Se ami gli animali, non li mangi e non li sfrutti.

Rita ha detto...

Non sapevo che Elvis Costello fosse vegano.
Comunque sono tanti gli artisti del mondo dello spettacolo (cantanti, attori, registi ecc.) vegani: Joaquin Phoenix (sua la voce del documentario Earthlings), Morrissey degli Smiths (conosci quel pezzo del 1985 intitolato Meat is Murder?), Natalie Portman e tanti altri.
Peccato che, come dice sempre De Spin, ne parlino poco pubblicamente.

Martigot ha detto...

Ciao Biancaneve, bel post, come sempre del resto :-)
Ho letto Contro la Caccia, e trovo che il pensiero di Tolstoj sia ancora assolutamente lucido e attuale. Che tristezza però che dai suoi tempi ad oggi non abbiamo fatto molti passi verso la compassione per gli animali, anzi...Certo, credo anch'io che la maggior parte delle persone possieda una sensibilità verso di loro, magari anche senza saperlo, dato che la nostra società è comunque basata sullo specismo e ne è intrisa. Come dici tu bisognerebbe che ognuno mettesse in pratica questa sensibilità, altrimenti non si faranno grandi passi avanti.

Anch'io provo sempre soddisfazione quando scopro che uno scrittore o un artista in generale, che amo, è sensibile verso la questione animale, per me è sempre un valore aggiunto, in chiunque.
Tante volte però non è così, e allora li ammiro comunque per le loro opere, al di là dell'essere umano e delle sue posizioni su animalismo e altre questioni a me care. Un bellissimo libro o un bellissimo film rimangono tali, anche se il loro autore può essere una persona per certi aspetti spregevole.
Per esempio, non mi è mai piaciuto per niente Polanski come persona da quello che so di lui, ma non posso negare che sappia girare film...
Devo dire però che non sono mai riuscita a leggere Hemingway, dopo qualche pagina ho chiuso il libro. Penso che nel suo caso sono stata anche influenzata dal saperlo essere stato un amante di corride, caccia e pesca :-(

ciao!

Dinamo Seligneri ha detto...

Tecnicamente, però, converrai che le cose non sono incompatibili. spessissimo il piano del pensiero e quello dell'azione non collimano, tanto più che da quanto ne so io essere antispecisti non vuol dire necessariamente essere veg (forse mi sbaglio). così come credo io si può essere veg e specisti.

Per il resto, hai ovviamente ragione Biancaneve, io volevo solo sottolineare la possibilità di pensare una separazione. niente più.

Rita ha detto...

@ dinamo

Tecnicamente, ossia fattualmente, materialmente, tale separazione avviene di frequente (ma avviene per tutto, è il solito discorso di chi predica bene e razzola male).

Io però credo che essersi, nel senso proprio di sentirsi, di essere convinti di esserlo, antispecisti, porti conseguentemente a divenire veg.
E infatti io lo dico sempre: la scelta di divenire veg è una conseguenza del voler condividere la filosofia antispecista.

Scusa, eh, se uno si dichiara non razzista, poi dovrà comportarsi conseguentemente, non è che potrà porre in atto discriminazioni sulla differenza di etnia.

E' vero invece che si possa diventare veg, ma non antispecisti ed accade in tutti quei casi in cui si sceglie di diventarlo solo per motivi salutistici, religiosi, o di altro tipo (incluse alcune mode, il voler andare controcorrente ecc.); ma in genere sono decisioni che durano poco. Infatti ogni tanto si legge di quei vip che dopo essere stati veg (magari per seguire una dieta che prometteva risultati miracolosi) poi ricominciano a mangiar carne.
Ho un amico vegeteriano dall'età di tre anni perché proprio gli ha sempre fatto impressione l'idea di mangiare un animale; eppure non è tanto antispecista; degli animali gli importa poco. Non è un attivista. Non li mangia, ma nemmeno si interessa della questione sotto il profilo etico.

Oppure tante persone non riflettono sul comportamento "schizofrenico" di ammissione di amore e rispetto per gli animali, e poi però l'abitudine a mangiare alcune specie.
Tempo fa, in un supermercato, un tipo, mentre comprava carne, dice: "ah, io amo gli animali, guai a chi gli fa del male". Questa è "schizofrenia" (in senso metaforico... ma manco tanto).

La separazione è pensabile nel senso che di fatto è quel che vediamo in giro. Ma non dovrebbe esserci. Non è logica.

Rita ha detto...

@ Martigot

Ma sai che anche a me Hemingway è sempre stato un po' sulle scatole? Trovo che la sua scrittura sia troppo "maschile" (non so bene come spiegarti cosa intenda per "scrittura maschile", forse una scrittura che acchiappa più gli uomini, boh). A prescindere dal fatto che è stato cacciatore, amante della corrida ecc. - motivo in più che forse inconsciamente non me l'ha fatto apprezzare - proprio non tocca le mie corde emotive.

Per comprendere il valore di un'opera comunque è bene restare dentro all'opera, senza farsi condizionare dai giudizi che abbiamo dell'autore e da ciò che sappiamo su di lui. Anche se, secondo la critica psicanalatica, l'opera può essere interpretata anche come il sintomo della personalità del paziente-scrittore.

Tempo fa, dietro consiglio di un mio cugino, ho iniziato a leggere "Cane e Padrone" di Thomas Mann (di lui ho tanto apprezzato La Montagna Incantata e Morte a Venezia): ebbene, dopo circa un terzo ho dovuto abbandonarlo perché il rapporto tra cane e padrone è appunto quello di un "padrone" che intrattiene con il cane un relazione non alla pari, ma sbilanciata.
Immagino che il racconto voglia essere una testimonianza della fedeltà del cane nei confronti dell'uomo, ma è una visione specista questa di rispettare il cane sol perché ci sarebbe fedele e non per le sue caratteristiche inerenti.

Invece, a proposito di cani ed uomini, mi è tanto piaciuto il romanzo di Paul Auster dal titolo Timbuctù. L'hai letto?
Te lo consiglio: è una lettura gradevole e toccante e che fa molto riflettere nella sua semplicità.

Rita ha detto...

psicanalitica, ovviamente.

Scusate i refusi. :-(

de spin ha detto...

@Dinamo

secondo me si diventa non-specista solo ed unicamente con i fatti. Sempre secondo me chi mangia carne è specista al 200%, poi si può definire come vuole.

Volpina ha detto...

Un uomo che comprende a pieno la pietà e non si lascia trarre in indugio dalla derisione degli altri è un uomo superiore.
Un uomo che si è liberato del terrore che il giudizio altrui possa avere sul suo modo di vivere. Un uomo libero.
Le persone che comprendono a pieno il valore della vita, di tutta la vita, sono persone che finalmente hanno gli occhi aperti che non si lasceranno mai più condizionare da cose inutili. Si inizia un processo di miglioramento di se stessi così grande e meraviglioso che ci si rende conto di quanto sia bello e unico vivere con la semplicità della natura.
Non essere causa di sofferenza e elevarsi da ciò che crediamo di essere e anzi, distaccandocene diventiamo davvero "esseri umani".
Ci impossessiamo di quell'umanità e facciamo nostro il senso della pietà e del rispetto.

Rita ha detto...

@ Volpina

"Un uomo che comprende a pieno la pietà e non si lascia trarre in indugio dalla derisione degli altri è un uomo superiore.
Un uomo che si è liberato del terrore che il giudizio altrui possa avere sul suo modo di vivere. Un uomo libero."

Caspita, che bei pensieri, Volpina! :-)

È esattamente così.
Quel che non intende capire la maggior parte della gente è che se davvero siamo moralmente superiore agli animali, dovremmo saper dimostrarlo abbandonando l'istinto di prevaricazione.

Il giudizio altrui è una delle peggior gabbie in cui l'essere umano è imprigionato senza nemmeno rendersene conto.

Ciao Volpina, grazie mille per il tuo bel commento. :-)

ivaneuscar ha detto...

Mi è capitato spesso di fare proprio questa considerazione. Un/una artista (scrittore/scrittrice, musicista, regista, ecc.), anche se ha scritto o realizzato opere notevoli o persino capolavori, non necessariamente è – nella sua vita “privata” – un “grande uomo” o una “grande donna”. Anche l'artista più dotato/a e sensibile ha i suoi umani limiti e difetti, che talvolta possono essere anche tremendi, e perciò “divinizzarlo/a”, in quanto persona, è sempre un arbitrio e un azzardo.
Fare di un artista un oracolo, un guru o un semidio è sempre sbagliato, secondo me. E di conseguenza, anche nei confronti dei miei artisti preferiti, ho sempre evitato di pormi nell'atteggiamento acritico e adorante del “fan” incondizionato e “sfegatato” e ho cercato sempre di distinguere la persona dall'opera, cogliendo talvolta difetti della persona-artista o il mio dissenso rispetto a certe idee o scelte dell'artista (che non diminuiscono però in me l'ammirazione per la sua opera).
E' un discorso complesso che andrebbe approfondito, certo (sul tema c'è un dibattito infinito...), ma in sostanza credo che “vita” e “opera” non siano mai la stessa cosa, per quanto la prima influenzi in qualche modo la seconda.
Inoltre col tempo sono arrivato a questa conclusione (...provvisoria :) : l'opera d'arte, specialmente quando è valida e suscita in molti riflessioni/sentimenti/emozioni, va al di là di colui/colei che la scrive/crea/realizza e talvolta esprime la parte migliore del suo autore, quell'“umanità profonda” (la chiamo così per esigenze di sintesi) che probabilmente la persona-artista nella sua vita, per svariati motivi, non riesce ad esprimere compiutamente. Non sappiamo perché questa specie di “miracolo” avvenga, ma dobbiamo considerarlo comunque un fatto positivo, in un senso che si può riassumere nei celebri versi di De Andrè: “dal letame nascono i fior”. Questo può suscitare in noi qualche fastidio o imbarazzo, a volte – vorremmo che i “fiori” (in questo caso, i capolavori artistici) nascessero solo in prati verdi, profumati e ridenti, simbolo di purezza incontaminata – ma forse è un bene che anche il “letame” ci sappia sorprendere e stupire, perché ci insegna che non tutto è prevedibile e scontato e che la vita non si può racchiudere tutta nelle leggi della causalità e della logica (“posto X, ne conseguirà per forza Y e solo Y”).
Il che non vuole nemmeno dire che dobbiamo essere indulgenti coi difetti nostri o altrui. La discrepanza tra “vita” e “opera” ci dice però che dietro un difetto, anche grave, di una persona, ci può essere (non necessariamente, ma può esserci) un “territorio” interiore ricco e sorprendente, che non sospetteremmo – perché ci salta agli occhi il difetto (o addirittura la colpa) di quella persona, e non riusciamo a vedere altro (magari anche per motivi comprensibili, specialmente se le colpe della persona in questione sono pesanti).

Rita ha detto...

Ciao Ivaneuscar,
concordo con quanto scrivi, particolarmente in questo punto:

"l'opera d'arte, specialmente quando è valida e suscita in molti riflessioni/sentimenti/emozioni, va al di là di colui/colei che la scrive/crea/realizza..."

Io dico anche sempre che l'opera d'arte, una volta pubblicata (o data comunque in "pasto" al pubblico), smette di appartenere all'autore e diventa di tutti, e questo proprio perché ognuno saprà riflettervi il proprio sguardo.
Mi viene anche in mente, a questo proposito, Film Blu di Kieslowski, dove appunto si teorizza il concetto della libertà dell'opera d'arte, del suo divenire patrimonio universale, superando le intenzioni dell'autore e l'appartenza allo stesso.

Il discorso poi che fai, ossia sulla possibilità che l'opera d'arte contenga in potenza aspetti dell'autore che non riesce ad esprimere liberamente, rimanda ad alcune intuizioni della critica psicanalitica, secondo la quale attraverso l'opera (così come attraverso i sogni) sia possibile interpretare la personalità del paziente-autore, magari risalendo persino ad un vissuto traumatico rimosso che però emergerebbe nella produzione artistica attraverso l'uso e la scelta di determinati simboli, giochi linguistici, metafore, costruzioni verbali ecc..
Così come i sogni possono portare alla luce determinati aspetti, desideri, paure, ansie della persona, allo stesso modo un romanzo (un dipinto o altro) potrebbero rivelare ciò che l'artista non riesce a manifestare e ad esprimere liberamente, magari proprio una nobiltà d'animo che però viene sacrificata nella lotta del quotidiano.
Ciao Ivaneuscar, ti ringrazio per il tuo commento come sempre acuto e puntuale. :-)

Dinamo Seligneri ha detto...

Ragazzi, capisco la generosità delle vostre argomentazioni e il grande amore che provate nei confronti degli animali, ma l'antispecismo è una cosa e l'essere veg ne è un'altra. che poi siano strettamente vissute è un altro conto. ma non c'è contatto logico tra antispecismo e vegetarismo, c'è una consanguineità storica, ed una comunicazione significativa, ma non è affatto logico che dall'una scaturisca l'altra.

mangiare un animale non vuol dire considerare l'animale un essere inferiore all'uomo. vuol dire gravemente che uno accetta tutta la filiera di massacro e violenza perpetuata nei suoi confronti, nella privazione che gli si fa della vita in libertà, ecc, ma non vuol dire di logica che sia inferiore. anche perché gli animali non sono inferiori a niente e nessuno, o meglio così come l'uomo ha sviluppato delle capacità così altri animali ne hanno sviluppate altre. si può parlare di superiorità "locali" nel senso di questa peculiarità rispetto ad un'altra, ma non di superiorità univoca.

cmq, si fa per discutere. questione di sottigliezze, secondo me.

ciao a tutti

Rita ha detto...

Dinamo,
mangiare un animale vuol dire considerarlo come cibo, come una risorsa rinnovabile (al pari di una zucchina), come oggetto, come un "qualcosa" da sfruttare.
E lo specismo poi non è che si manifesta solo attraverso la scelta alimentare, ma anche attraverso tutte le altre forme di sfruttamento cui l'uomo assoggetta gli animali (li usa per confezionarci indumenti ed accessori, come fossero dei pupazzi animati nei circhi, li viviseziona per farci ricerche, li rinchiude nelle gabbie e li espone negli zoo al pari di fenomeni di baraccone... li usa per trainare carretti e calessi... nelle corse, nei combattimenti clandestini ecc.).
Tanta gente accetta ciò perché culturalmente si è sempre fatto, è l'abitudine, nemmeno ci riflette; e, credimi, tanta gente considera gli animali come inferiori per il solo fatto che non sanno leggere e scrivere. Tu dirai, vabbè, ma è la massa, non certo le persone che un minimo ragionano e si informano; OK, ma è la massa che consuma, che compra, che risponde ai desideri e agli imput indotti dal mercato.

Per me chi si dichiara antispecista non può mangiare gli animali. Troppo facile così. Allora sarebbero tutti disposti a dichiararcisi (se tanto poi tale dichiarazione non comporta l'adeguamento ad uno stile di vita adeguato a quanto si va proclamando a parole).

Se leggi i commenti su Minima et Moralia, quelli degli specisti intendo, vedrai come in nessuno si ammetta che il valore della vita dell'animale possa essere paragonato a quello della vita dell'uomo. Affermare che il valore della vita dell'animale è inferiore a quello della vita dell'uomo è specismo ed implica una valutazione di inferiorità.

Chi si dichiara antispecista e poi mangia gli animali, secondo me è come l'imprenditore con la sua fabbrichetta che sfrutta e sottopaga gli operai e però si dichiara comunista. :-D
A parole si può essere tutto ed il contrario di tutto. I fatti sono quelli che ci dicono chi siamo realmente.

Comunque poi non conta il dichiararsi in un modo o nell'altro, conta che gli animali vengano rispettati. Io conosco vegetariani (per motivi etici) che nemmeno hanno mai sentito nominare il termine antispecismo.
Lo stesso Tolstoj, vegeteriano, sostenitore dei diritti animali, non parlava di antispecismo, è un termine relativamente recente.

Quindi, bando alle ciance, gli animali vanno rispettati, non uccisi e mangiati. :-)

Dinamo Seligneri ha detto...

Vabbè, non siamo d'accordo su questo punto, Biancaneve, niente di grave. però condivido quello che dici sul rispetto della vita degli animali, che alla fine è la cosa più importante.

Aggiungo solo una cosa: se dici a qualcuno che la sua vita vale quella di una mosca o di una mucca (e ormai gli studi sul DNA lo dimostrano pari pari anche scientificamente) ti prendono per matto. Lo sai bene.
Penso che certi blocchi di cemento siano difficili da smuovere.

ciao

Rita ha detto...

Lo so che mi prendono per matta. :-D

Ormai ci sono abituata.
Anzi, per me sta diventato un onore venire definita matta. :-D

Lo so bene che è difficile far ragionare la gente su questi argomenti (tu guarda cosa è successo su Minima...), e però è anche vero che se ne comincia a discutere con toni accesi, il che significa che un dibattito c'è; fino a qualche decennio fa veramente la gente ti scoppiava a ridere in faccia se provavi ad argomentare sul valore della vita di un animale.
Oggi noto che la gente si mette subito sulla difensiva, e questo significa che alcune certezze alla base stanno cominciando a venire smosse.

Se davvero la gente credesse che siamo un branco di poveri matti, nessuno si prenderebbe la briga di contraddirci, di insultarci, di offenderci, di ribatterci in maniera aggressiva, no? Tu ad uno che crede di essere stato rapito dagli alieni che gli dici? Nulla. Magari se è un tuo amico lo fai curare.
Se però in cuor tuo sai che, per quanto difficile da accettare, un fondo di verità c'è in quel che afferma, allora inizi a discuterci.

Il fatto è che pochissimi sarebbero disposti a prendere un animale, ucciderlo con le proprie mani, scuoiarlo, sviscerarlo, farlo a pezzi. E nessuno vuole nemmeno sapere dove sono e cosa avviene dentro i macelli. Segno che un minimo di consapevolezza c'è.
Che poi la gente si inganni e si voglia illudere che in fondo gli animali non soffrono, è anch'esso un segno di autodifesa per far diminuire il senso di colpa.

Io credo che dobbiamo parlarne sempre di più. Questo è quello che possiamo fare.

Io morirò e ancora ci saranno i macelli, ma forse le generazioni future potranno vedere qualche risultato.
Le vere rivoluzioni durano secoli. Perché la mentalità cambi ci vogliono secoli. Pian pianino.

Massimo Villivà ha detto...

Secondo me, non solo non c'è da stupirsi che l'autore di capolavori possa rivelarsi un umano da poco ... direi anzi che è la norma. L'arte esce fuori da qualcosa che è in noi, è noi, ma nello stesso tempo viene da ... dall'aria, dalle cose, dal movimento della vita. Il grande artista sa catturare questo movimento e riprodurlo e renderlo ancora più grande, ma lo fa come "veicolo". Lo Spirito usa i suoi "veicoli". Quando lo Spirito cessa di parlare gli uomini si rivelano per quello che sono: animali feroci e spaventati.
Un tempo i primitivi idolatravano gli animali di cui poi si nutrivano.
Anche i riti cannibalici avevano l'obbiettivo di prendere la forza del nemico mangiato. Mangiare un parente defunto era segno di rispetto.
Comunque la storia del cibo è una lunga storia di lotta contro la Fame, durata quasi tutta la vicenda umana. Solo gli ultimi 5 o 6 decenni hanno visto gli umani nutrirsi in abbondanza. E questo ha coinciso con l'introduzione massiccia della carne, elemento che in passato faceva assai raramente parte della dieta della maggior parte degli umani. Solo i ricchi vi accedevano, anzi, se ne nutrivano quasi esclusivamente.
"Grazie" al maggior consumo di carne gli umani si sono moltiplicati in modo pernicioso e esponenziale e gli obesi sono diventati più dei denutriti. Particolare importante: la maggior parte dei casi di grave obesità si riscontra tra i poveri, non tra i ricchi.
Generalmente i ricchi sono magri.
Questo la dice lunga sul nostro mondo: siamo animali da batteria, tra noi e i polli che mangiamo comincia a non esserci più differenza.

Rita ha detto...

Ciao Massimo,
sì, purtroppo la carne ad un certo punto della storia dell'umanità è divenuta una sorta di status symbol perché appunto prima se la potevano permettere solo i ricchi.
Come scrive Rifkin in Ecocidio, per un cittadino medio americano degli anni sessanta il sogno era quello di potersi comprare una casetta con giardino in cui preparare un barbecue la domenica per gli amici e su quel barbecue più ci si metteva carne rossa (al posto di quella bianca) e più si dimostrava di essere ormai "arrivati" ad un gradino abbastanza alto della scala sociale.
Questo la dice lunga su quanto tali informazioni abbiano agito anche nei decenni a seguire e per questo oggi la gente fatichi a distaccarsi dall'idea di carne come alimento "nobile".

E pensare che oggi potremmo avere cibo a sufficienza per tutti senza bisogno di mangiare animali. Il problema è tutto il business che ruota intorno agli allevamenti. Mostruoso. E figurati se vorranno rinunciarci.
Basterebbe avere l'appoggio dei media per far diventare tutta la gente vegetariana in pochi anni.

Masque ha detto...

Sono molto d'accordo su una cosa riguardo all'arte, ma anche alle idee in generali: un volta esposte in pubblico si possono evolvere e modificare autonomamente. Tanto che ritengo quasi assurdo, da parte degli autori, pretendere diritti e paternità di quanto hanno prodotto. Siamo filtri che rimescolano quello che ricevono dai propri sensi e lo restituiscono sotto forma diversa. Gli elementi di ogni cosa non sono l'aspetto determinante, ma è la configurazione in cui si combinano ad esserlo. Non esiste nulla di ciò che produciamo che si possa dire esclusivamente nostro.

Mi era venuto in mente questo articolo, riguardo a Fahrenheit 451 e Ray Bradbury. Pare che il pubblico avesse da sempre capito il romanzo molto meglio dell'autore stesso.
http://www.fantascienza.com/magazine/notizie/9516/ray-bradbury-un-libertario-tutto-un-equivoco/

Riesci a ritrovare quel video del supermercato di cui avevi parlato?

Rita ha detto...

Ciao Masque,
riguardo la paternità dell'opera scritta, mi pare fosse Umberto Eco che disse che il libro una volta pubblicato non appartiene più all'autore che l'ha scritto, no?
Poi mi ricordo un altro aneddoto curioso: il famoso drammaturgo e e scrittore Strindberg fece causa alla moglie (o volle farle causa, non ricordo se poi effettivamente procedette in tal senso) perché sosteneva che, standoci insieme, negli anni, egli le avesse insegnato e trasmesso buona parte della sua conoscenza e che quindi ciò che la moglie andava dicendo agli altri apparteneva di diritto a lui. :-D

Il video all'interno del supermercato è questo:
http://laverabestia.org/play.php?vid=4135

Masque ha detto...

Eco: non ne ho idea. di Eco non conosco quasi nulla ^^;
Strindberg: beh, la moglie avrebbe potuto fare altrettanto... e se lui avesse negato, avrebbe di conseguenza ammesso di non aver imparato nulla in tutto quel tempo. :)

Grazie del video. :)

Spinoziano ha detto...

Ciao Biancaneve,
hai il mio pieno sostegno su tutto :) Sono contento di vedere che questi brani di Tolstoj, che tempo addietro ho trascritto su Wikiquote, facciano il giro del web e spronino le persone a riflettere sul rispetto per la vita di tutti gli animali. Un abbraccio antispecista: vai sempre avanti così, con fierezza ed amore, senza voltarti indietro ;)

Rita ha detto...

Ciao Spinoziano :-)
Li hai trascritti tu dunque quei brani? Bene, bene, hai reso un ottimo servizio, sia alla cultura che alla causa antispecista e per questo ti ringrazio molto.
Ricambio il tuo abbraccio.:-)
A presto!