martedì 24 aprile 2012

Maternity Blues di Fabrizio Cattani

Ci tengo particolarmente a segnalare questo film - di cui ho scritto la recensione per MENTinFUGA - perché ha il coraggio di portare sullo schermo il "lato oscuro" della maternità. 
Quattro donne, quattro caratteri e vissuti diversi, si trovano a condividere il peso di una colpa terribile: quella di aver ucciso i propri figli. "Colpevoli innocenti", così le definiscono gli autori (la sceneggiatura è tratta da un testo teatrale, "From Medea" di Grazia Varesani, anche co-sceneggiatrice) artefici di un crimine terribile e al tempo stesso vittime di quella grave patologia che è la depressione post partum, spesso sottovalutata, quando addirittura non riconosciuta, a causa delle forti aspettative e stereotipi sociali che vorrebbero intendere la maternità come un momento sempre appagante e felice.
L'argomento è forte, ma Cattani è riuscito a realizzare un'opera toccante e delicata in cui, sospeso ogni giudizio, ogni tentazione di cedere alla faciloneria e superficialità di un'opinione comune che frettolosamente addita queste donne come "mostri", si sforza di indirizzare con discrezione la macchina da presa sulla routine di questi personaggi, soffermandosi sui loro dialoghi, sui loro, scarni, tentativi di comunicare e di raccontarsi, provocando così a poco a poco nello spettatore il sentimento della compassione, quel sentimento che nasce quando si smette di giudicare e si cerca di iniziare a comprendere.
Altri particolari ed un'analisi un pochino più accurata potrete leggerla dunque qui.

10 commenti:

Emmeggì ha detto...

E' un tema delicatissimo e -a suo modo- bellissimo, perchè vede così vicine la grazia della Creazione e la Vita con quella della sua distruzione e l'annichilimento generale. Un confine labile ma terribilmente e meravigliosamente aperto su sconfinati vuoti e pieni. Mi incuriosisce molto, anche perchè da come dici (e mi fido) è girato e raccontato bene.

Rita ha detto...

Sì, è veramente girato e raccontato molto bene, è un pugno allo stomaco, ma delicato al tempo stesso, un equilibrio difficile da raggiungere e mantenere eppure il regista ci è riuscito.
So che uscirà solo in poche sale (a Roma solo in due, mi pare), ma a Milano dovresti riuscire a vederlo.
Bravissime anche tutte le attrici.
Ed è incredibile come ci si immedesimi nel dolore di queste donne, sospendendo ogni giudizio.

Si dovrebbe parlare di più, ossia in termini più realistici, della maternità, che non è quel momento tutto rose e fiori che solitamente si crede.
Io non ho voluto figli anche per questo, mi ha sempre spaventata tanto l'idea di mettere al mondo un altro essere.
In particolare nel film ad un certo punto una delle protagoniste dice: "dicono che siamo matte, ma la vera follia è quella di mettere al mondo un'altra vita".
Una frase che fa riflettere.
E ritorna anche von Trier... se ci pensi bene, azz... nella recensione avrei potuto citare Antichrist... pure se qui il tema non vuole essere tanto esistenziale, quanto piuttosto focalizzarsi sul momento specifico della maternità accompagnata dalla depressione post partum.

Emmeggì ha detto...

Sì, capisco. Beh non vorrei addentrarmi in qui in discorsi troppo personali, però sono temi molto importanti e toccanti. Grazie della segalazione!

Massimo Villivà ha detto...

Bisogna essere delicati e non definire queste donne, che hanno ucciso bambini (i loro bambini) mostri. Invece non c'è nessuna delicatezza contro i pedofili, che sono evidentemente malati: questi sono mostri, punto e basta. Stessa cosa per la violenza domestica: un uomo alza le mani su una donna ed è il solito maschio violento e la donna la solita vittima indifesa.
Sulla violenza femminile, che pure esiste e non è poca, nessuna parola. Se una donna picchia violentemente i suoi bambini e anche suo marito (succede molto più spesso di quello che si può immaginare) non è considerata violenza domestica.
Senza volere fare polemiche (non è certo questa la sede, dato che tu sei un'ospite gentile e comprensiva) noto che nella società c'è una smisurata tendenza a giustificare tutto ciò che di oscuro proviene dal lato femminile. Se queste donne non sono mostri, non sono mostri neanche gli altri.
Come c'è un condizionamento culturale a mangiare carne, c'è un condizionamento culturale a vedere la donna sempre come parte lesa e quasi mai come parte che lede.

Dinamo Seligneri ha detto...

Sono d'accordo con Massimo riguardo la percezione della pedofilia nella gente... Sono anche d'accordo sul fare luce su tutte le forme in essere della violenza (quindi pure delle varie forme di violenza domestica).

Una delle storie più agghiaccianti del novecento, storie di un massacro generazionale, un eccidio "genitoriale", è quello tristemente famoso dei Khmer rossi in Cambogia dove questi aguzzini colla scusa di fare una rivoluzione comunista hanno ammazzato tutte le persone portatrici di residui di progresso occidentale eliminando direttamente o indirettamente (coll'aiuto dei figli in prima persona) tutta la classe generazionale di mezzo....
cose raccapriccianti

Rita ha detto...

Dinamo e Massimo, sono d'accordo.
Io rifiuto decisamente l'appellattivo "mostro", soprattutto usato in contesti mediatici (giornali, tv, internet).
Un pedofilo è una persona malata, però farei una distinzione tra il caso delle donne di cui sopra e quest'ultimo (e non perché si tratta di donne, esiste infatti anche la pedofilia femminile): le donne che commettono infantincidio sono persone che si sono ammalate in un momento particolare della loro vita, è ricnosciuta infatti la gravità della depressione post-partum, la quale, se non curata ed aggiunta a situazioni di disagio (donna sola a casa, che non dorme di notte perché il bambino piange, magari con altre figli piccoli a carico, che deve occuparsi pure della casa, marito poco presente, che si sente in colpa perché l'unico modello di maternità che conosce è quello del "tutto rose e fiori", si vede brutta ecc.) può scatenare la violenza. Questo tipo particolare di depressione (in cui parecchio incide anche lo sconvolgimento ormonale) è limitato però ad un periodo, non è una condizione permamente. Tanto che molte donne poi tornano ad una condizione normale, non è che tutte diventano infanticide.
La pedofilia invece è una perversione costante. Presente per tutta la vita del pedofilo. Non so se è possibile guarirne, di certo è possibile controllarla e credo che in questo senso vada aiutato chi ne soffre. Il quale, ribadisco, non è un mostro, è solo una persona che ha questa pulsione.

(continua)

Rita ha detto...

Anche sulla violenza femminile e maschile farei alcuni distinguo: innanzitutto statisticamente quella maschile è più frequente; secondo poi una donna è fisicamente più debole di un uomo e quindi più soggetta, in questo senso, ad essere vittima. Non si può non tener conto della diversa struttura fisica. Picchiare una donna è quasi come picchiare un bambino. A meno che una non sia campionessa di body building. Io, per dire, peso 45 KG, se mi solo un uomo mi desse uno spintone mi manderebbe a finire per terra. Viceversa sarebbe impossibile.
Diciamo che la violenza femminile si esercita sull'uomo più a livello psicologico (conosco donne che umiliano costantemente i loro compagni, che li fanno vivere in uno stato totale di soggezione... e ce ne sono tante, senza arrivare a casi di vera patologia, diciamo che comunque in genere questo tipo di rapporto nasce anche da un "incastro", ossia ci sono persone che magari amano quel tipo di "controllo" del partner), però è vero che esistono anche donne che picchiano, ma, ripeto, per via proprio della loro conformazione fisica sono più rare. O magari fanno a botte insieme, si tirano piatti o altro, ma in questo caso la colpa è condivisa.
La violenza di una donna sui bambini invece è frequentissima, vero. Ed andrebbe stigmatizzata, condannata, denunciata così come quella maschile.
Anni fa vivevo in un condominio e al piano sopra c'era una donna (ex tossica, mezza sbroccata, con manie di persecuzione, un soggettino niente male insomma) che picchiava i suoi tre figli. Tutte le mattine. Ho chiamato più volte il servizio sociale infatti. Venivano carabinieri ecc., ma niente, credo siano rimasti con lei. Il più grandicello poi andò a vivere con la nonna, di sua spontanea volontà. Ecco, era un mostro quella donna? No, una persona malata, bisognosa di cure. Era completamente esaurita.
La violenza è sempre da condannare, tanto maschile che femminile.
Le statistiche comunque, ripeto, dicono che comunque sono più gli uomini che picchiano le donne (ed i casi di omicidio anche lo dimostrano: raramente una donna uccide il proprio ex-compagno o compagno attuale, mentre è frequente il contrario.

Massimo, è vero che spesso la donna viene giudicata parte lesa a prescindere, però è anche vero che storicamente le donne sono stata sottomesse per secoli. Non si può non tener conto di questo fattore culturale. Ed in tanti paesi lo sono ancora.
Ti ricordo che fino agli sessanta (o anche oltre, se non erro) esisteva ancora la condanna per adulterio se commesso da una donna. Indice di una diversa considerazione.
Con questo non intendo dire che oggi sia giusto trascurare o minimizzare tutto quel proviene dal lato oscuro femminile, assolutamente, solo ricordarti che effettivamente, per secoli, le donne sono stata considerate inferiori, discriminate, trattate malissimo e di fatto spesso divenute parte lesa.
Non è che siamo sempre parte lessa, ma spesso sì.
Però, ripeto, ove si riconosce che invece è la donna che usa violenza, per me è da condannare tanto quanto l'uomo.
Vorrei poi fosse chiaro che comprendere (come nel caso delle infanticide di cui sopra) non significa assolvere o giustificare.

Rita ha detto...

P.S.: ah, mi sono dimenticata di dire una cosa, che non ho messo nella recensione del film. In alcuni casi di infanticidio la legge riconosce anche la corresponsabilità del partner, ossia quando questi è volutamente del tutto assente (non per motivi di lavoro, ovvio, ma magari perché proprio se ne frega della famiglia, si disinteressa del piccolo appena nato, non dà una mano a casa e lascia che la notte ad esempio sia sempre la donna a perdere il sonno, non aiutandola a recuperare un po' di riposo, necessario in quella fase così delicata); o anche quando riconosce segnali evidenti di "scompenso emotivo" nella compagna, ma non li prende in considerazione.
Nel film infatti il marito di una delle protagoniste arriva ad ammettere anche la sua responsabilità.

Emmeggì ha detto...

Cara, vado a recuperare questo tuo post di un po' di tempo fa per segnalarti due film che consiglio vivamente di vedere: il primo, Polisse, ce lo eravamo forse già detti (e il tema riguarda più forse i commenti dei lettori del tuo blog, ma come evidenziato, ci sono connessioni); il secondo, invece, parla direttamente dell'amore/odio nel rapporto madre/figlio, secondo me un ottimo film, da brivido direi, sto parlando di A proposito di Kevin (We have to talk about Kevin). Magari lo hai visto? Io se riesco ne scriverò presto...Un abbraccio

Rita ha detto...

Ciao carissimo,
non ho visto nessuno dei due film che citi e quindi ti ringrazio per la segnalazione. Poi se scriverai di A proposito di Kevin verrò a leggerti.
Un abbraccio a te. :-)