domenica 15 luglio 2012

Le menzogne della "buona carne"

L’ottanta per cento dei suini allevati nell’Unione Europea subisce la castrazione chirurgica a sole poche settimane dalla nascita: un’operazione che in molti paesi viene affettuata senza anestesia e che, oltre ad una menomazione permanente, procura dolore, forte malessere ed affaticamento anche nei giorni successivi...

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17 commenti:

Davide ha detto...

Secondo molti veterinari è un'innocua operazione che comporta
soltanto qualche intervento con antibiotici per i più cagionevoli...

Rita ha detto...

Davide, se guardi il video che è stato inserito su Asinus Novus, dove avrai letto il resto dell'articolo, vedrai bene che i maialini urlano durante l'operazione. Anche secondo quanto è stato dichiarato dal Ministero per l'agricoltura e le foreste finlandese e da altri veterinari dell'Unione europea l'operazione comporta dolore - tanto immediato, quanto nei giorni successivi - in più malessere generalizzato ed affaticamento.
Inoltre, visto che la Commissione europea sta appunto discutendo il divieto di castrazione, evidentemente la pratica è considerata maltrattamento a tutti gli effetti.
Comunque sia, già il solo fatto di allevare degli animali per mangiarli è, secondo una visione antispecista, che poi è anche la mia, mostruoso, con o senza ulteriore aggiunta di dolore.
Ci sono veterinari animalisti che hanno intrapreso la loro professione per amore degli animali e quindi per poterli curare; ce ne sono altri che invece hanno preferito votarsi al dio denaro e siccome lavorare con gli allevamenti (castrare i mammiferi, recidere il becco delle galline ovaiole, recidere le zanne dei maiali ecc.) rende parecchio denaro, allora se ne fregano del benessere degli animali. Li considerano merce, risorse rinnovabili, non esseri senzienti quali essi sono in effetti.
Spero che adesso la posizione di questo mio articolo sia più chiara.
Un saluto.

Dinamo Seligneri ha detto...

Una cosa che non ho mai capito è la pratica più comune (parlo storicamente) dei veterinari. Gente che fa un percorso di studi per amore degli animali, per guarirli o ridargli la salute (come succede per i medici) poi però in realtà come lavoro non fanno altro che garantire all'allevatore un cadavere sano.
Oggi probabilmente le cose stanno cambiando e ci sono tanti veterinari davvero animalisti ma diciamoci la verità sono minoritari. Per non parlare del fatto che in passato questa professione era tutta dedicata o quasi alla loro morte.
I veterinari anche oggi hanno vere richieste e sicurezze lavorative laddove ci sono strutture d'allevamento, di pastorizia e di sfruttamento animale... votate al commercio delle carni o derivati.

L'ho sempre trovato un paradosso incredibile, perché è una cosa quasi direi sistematica.

Rita ha detto...

Caro Dinamo,
la penso esattamente come te, anche io trovo che sia un paradosso incredibile.
I veterinari davvero animalisti che ho conosciuto sono davvero pochi.
Una volta mi capitò pure di discutere con uno per una storia che sarebbe ozioso raccontarti, ma per fartela breve gli dissi: "ma come, qui dentro distribuite un sacco di volantini ed annunci animalisti e poi invece vi comportate così", ed il tipo mi rispose: "quei volantini ed annunci ce li lasciano, non li mettiamo noi, noi siamo medici, non animalisti".
Certo, una risposta che in quanto a logica non fa una piega, ma che di etico e di amore per gli animali esprime ben poco.
Proprio non riesco a capire cosa spinga ad intraprendere questo tipo di professione se non l'amore per gli animali, eppure evidentemente molti lo fanno per soldi, visto quanto guadagnano con tutto ciò che ruota attorno agli allevamenti. Oppure sono veterinari specisti, tutelano e curano gli animali d'affezione, ma non mettono in discussione lo sfruttamento delle altre specie, anzi, ci guadagnano sopra.
L'unica spiegazione che riesco a darmi è che molti (parlo di persone in generale, non solo veterinari) scambiano l'amore per l'animale con il possesso dell'animale stesso. Come quelli che allevano serpenti, li tengono chiusi in una teca e poi gli danno da mangiare i topolini vivi. Che senso ha allevare un serpente visto che in genere non è nemmeno un animale con cui si viene a creare un rapporto di amicizia? Come si può poi pensare di andare a comprare i topini vivi per poi darglieli in pasto? E guarda che succede, eh. Vicino casa mia c'è un negozio di animali e la proprietaria, dietro mia insistente domanda, mi ha confessato che molti topini che vendono è proprio per i serpenti e lei stessa li dava ad un serpente che aveva in vendita. Io lì in quel negozio non ci ho più messo piede.

Volpina ha detto...

Mi viene voglia di vomitare solo al pensiero... poveri angeli...

Ti ho pensato molto in questi giorni.
Ho usato molte delle frasi che ho letto sul tuo blog per discutere con gente a cui avevo risposto "Carne?? Ma stai scherzando? Io non mangio cadaveri!".

Dinamo Seligneri ha detto...

Sai che ti dico? che ho fatto caso ad un'altra cosa. Le facoltà di veterinaria non le trovi dappertutto, come per esempio lettere, storia, medicina... le trovi principalmente in provincia, o comunque fuori dai grandi centri urbani. io ne ho una vicino al mio paese di nascita dove c'è una facoltà del turismo (perché abbiamo il mare) una di agraria... e l'altra veterinaria. guardacaso ci sono molti allevatori nella zona, piccoli allevatori e medi allevatori, e la richiesta di veterinari è sempre stata altissima, specie prima, quando anche i lavori dei campi erano condotti a trazione animale...
Insomma, gli è tutto un paradosso... che vuoi farci?

Rita ha detto...

@ Volpina

Davvero? Mi fa piacere che tu prenda spunto dalle mie riflessioni o frasi per le tue discussioni. :-)
Un abbraccio.

Rita ha detto...

@ Dinamo

Veramente! Ma sai che hai avuto davvero un'intuizione interessante? Bravissimo, ottima osservazione la tua!
In effetti a me piacerebbe tantissimo iscrivermi a veterinaria, anche dando un esame ogni tanto, proprio per imparare qualcosa che potrebbe tornarmi utile per la cura degli animali, ma qui a Roma non c'è. Incredibile che non ci sia a Roma, eh?
Mi sa che hai proprio ragione, le facoltà le piazzano in zone strategiche dove c'è tanta richiesta di veterinari per allevamenti.
Piuttosto mi interesserebbe sapere se quando si studia veterinaria bisogna andare per forza a visitare gli allevamenti e a farci tirocinio o se uno si può opporre (tipo obiettore di coscienza).
E perché dei veterinari che lavorano negli stabulari dove fanno sperimentazione animale ne vogliamo parlare? Lasciamo perdere, va.
Per fortuna che ogni tanto qualcuno cambia idea, ho letto diversi racconti di veterinari che dopo quell'esperienza si sono pentiti e si sono dichiarati contro la sperimentazione animale.

Dinamo Seligneri ha detto...

L'intuizione m'era partita proprio dal fatto che avendo io studiato alla Sapienza mi pareva strano che tra le facoltà non ci fosse Veterinaria. Ho fatto un piccolo controllo e ho notato che solitamente sono o delocalizzate rispetto ai grossi centri (perché pastorizia e allevamenti hanno una logistica periferica) oppure se sono anche nei grossi centri, come Napoli per esempio, la cosa è comunque giustificata che Napoli oltre ad avere un enorme commercio ittico, ha un'economia fiorente e aziende d'eccellenza specialmente nel settore della lavorazione dei derivati del latte... da dove arrivano le migliori mozzarelle del mondo?
Poi cmq mi pare ovvio che le facoltà si creano dove c'è richiesta...

Dinamo Seligneri ha detto...

tra l'altro, per chiusura, anche la mia zona (servita della facoltà di Veterinaria) abbonda di caseifici per il latte e tradizione ittica...

Rita ha detto...

E certo, il ragionamento fila.
Io avevo persino pensato di iscrivermi a Napoli, ma poi come si fa, bisogna frequentare, mica è una facoltà in cui ci si può arrangiare a studiare da soli... c'è la pratica, il tirocinio... vabbè, nella prossima vita :-D
Anche etologia sarebbe interessante... sempre in una prossima vita. :-D

Dinamo Seligneri ha detto...

Un consiglio: non rimandare troppe cose all'altra vita, ché dopo ci arrivi già mezza esaurita:))

Rita ha detto...

ahahhahhaha davvero!
Pensa che giusto l'altra sera ho letto un articolo in cui si diceva che procrastinare le cose da fare, specialmente i doveri (ovvio, ché uno mica rimanda i piaceri, ma solo le cose che non gli va di fare), poi sarebbe causa di stress ed anche un po' masochistico perché ci si sente in colpa e si continua ad averci sul groppone il peso di quello che si deve fare.
In effetti io sto rimandando di giorno in giorno una cosa che non mi va di fare e più passano i giorni e più questo pensiero di questa cosa che devo fare cresce, cresce e mi sta angosciando e sta diventanto una montagna insormontabile da scalare... curioso come a volte facciamo di tutto per complicarci la vita e renderci infelici. Se l'avessi fatta, questa cosa, ora non sarei così angosciata.
Quindi sì, hai ragione, niente programmi di cose da fare nella prossima vita. :-)

Dinamo Seligneri ha detto...

eh, però di teorie ce ne sono molte a riguardo del procrastinare... tipo mi sembra di ricordare che nel famoso Al di là del principio di piacere di Freud, il viennese ci dice che l'uomo non fa altro che differire il piacere... perché nel possesso, del piacere, subentra la noia dell'averlo avuto... il che ricondurrebbe per suo stesso principio e gettito alla morte.
sinceramente, devo dire che ho provato frequnetissimamente questo fenomeno...
ma ho provato anche e tristemente quello di rimandare il dovere...
la cosa mi sembra molto complessa. mi pare quasi che vada bene come massima un generico "purché se ne... rimandi!"...
io delle volte resto senza mangiare per più pasti perché non ho voglia di andare a fare la spesa... rimando la colazione al pranzo il pranzo alla cena la cena alla colazione... l'importante è che non manchi il caffè... il resto lo posso rimandare tutto...

ciao Rita

Rita ha detto...

Buongiorno Dinamo,
io mi riferivo soprattutto al rimandare i doveri, quelle cose che proprio non ci va di fare e però la nostra coscienza ci impone di fare. Il rimandare crea un tempo di sospensione in cui, se da una parte ti sembra di star bene perché intanto quella cosa l'hai momentaneamente evitata - e ti sembra quasi di aver avuto una piccola vittoria su di essa, di aver compiuto un gesto di libertà - essa rimane però come un'ombra.

Anche io spesso e volentieri rimango con il frigo vuoto per l'indolenza di non andare a fare la spesa, a volte purtroppo pure senza caffé, il che è una tragedia perché senza caffé nemmeno io so vivere (meno male che c'ho il bar sotto casa). ;-)

raffaella ha detto...

Ciao Biancaneve, sono Raffaella e ti ho scoperta dal blog il Libraio. Ho due figli, di razze diverse, quello animale crede di essere umano e viceversa. Vivono in simbiosi, si scambiano il cibo ed è pura poesia vederli insieme. Sto cercando di cambiare stile di vita, di smettere di mangiare i miei simili e quando ci sarò riuscita sarò migliore. Ancora non ci riesco del tutto. Mi paice il tuo stile e le tue battaglie. Ognuno ha le sue.
Tornerò tra queste pagine perchè mi piace quello che scrivi e come lo scrivi.
Raffaella

Rita ha detto...

Ciao Raffaella,
ti do un caloroso benvenuto allora! :-)
Sono felice che stai prendendo in considerazione l'idea di smettere di mangiare gli animali, in fondo i maiali, vitellini ecc. cos'hanno di diverso dal tuo cane? Nulla. E vedrai che questo che è solo un pensiero pian piano si trasformerà in una consapevolezza piena e verrà il giorno in cui ti verrà naturale non mangiarli più. Ti accorgerai di quanto guardare negli occhi un animale sarà una scoperta tutta nuova.
Poi passo a visitare il tuo blog, intanto un bacino ai tuoi due bambini di specie diversa, ma entrambi immagino meravigliosi :-D