martedì 14 agosto 2012

A History of Violence


Citando il capolavoro cronenberghiano, è una storia di violenza  o una Storia della Violenza quella cui hanno assistito i numerosi passanti in Times Square?
Può la Polizia sparare a freddo decine di colpi su un uomo reo soltanto di essere stato fermato mentre fumava uno spinello e di aver tirato fuori un coltello mentre gli si intimava di tirar fuori i documenti? Non sapremo mai la sua versione dei fatti, se il suo tentativo di fuga dalla polizia sia stato dovuto alla paura di essere scoperto magari senza permesso di soggiorno o se la sua sia stata un’istintiva reazione al timore di finire in carcere per il possesso di droga o chissà cos’altro. Quello che sappiamo è che lo si sarebbe potuto fermare in mille altri modi, senza bisogno di sparargli al petto e di ucciderlo. Non aveva un mitra con il quale avrebbe potuto compiere quel che si chiama un “mass murder”, era armato solamente di un coltello, oggetto dal quale avrebbe potuto essere disarmato con un po’ di accortezza; al limite, ecco, gli si sarebbe potuto sparare alla gambe. Senza considerare che sparare così tutti quel colpi in una delle più popolari e frequentate piazze di New York, a quell’ora del giorno, avrebbe potuto ferire anche qualche passante e causare altri morti.
Cronenberg nel suo film parla di un “seme della violenza” che sarebbe inestricabilmente radicato nell’anima della cultura americana, quella cultura edificata sull’usuparzione delle terre, sulla colonizzazione più spregiudicata, sui miti dell’efficienza e dell’utilitarismo conditi in buona parte dalla salsa acida del calvinismo più rigido e spietato, quello secondo il quale il successo nella vita è sintomo ineludibile di Grazia, mentre la disgrazia, la povertà, la malattia sono le stimmate della perdizione, i segni evidenti di una predeterminazione senza appello.
Il concetto di Stato assistenziale non esiste nella cultura americana, l’homeless, lo storpio, chi perde il lavoro, chi non ha i soldi per pagarsi l’assicurazione sulla salute, chi cade in disgrazia è il marchiato a vista che merita di essere allontanato dalla comunità, così come lo “strano”, il “diverso”, colui che la domenica non partecipa del rito del “barbecue” in giardino con allegra famigliola al seguito è qualcuno dal quale è meglio stare alla larga.
La difesa della proprietà privata - che tradotta in gergo calvinista è il premio del duro lavoro, l’evidenza della grazia ricevuta espletata attraverso la faticosa conquista di ogni millimetro di terreno e di ogni aspetto della natura (animali compresi) il cui unico scopo è quello di essere “sfruttata e custodita” dall’uomo per realizzare il regno di Dio in terra  - finanche con la propria vita, o... come accade molto più spesso, a discapito di quella altrui, è il simbolo di un accanimento nel voler a tutti i costi mantenere e proteggere un risultato il cui valore, più è difeso con i denti e più rimane dubbio agli occhi del resto del mondo.
La verità è che la storia degli Stati Uniti comincia sotto il segno di una violenza e di uno sterminio (quello degli Indiani d’America) e prosegue con una politica aggressiva e di sopraffazione finalizzata all’estensione dei propri domini economici, politici, culturali. Nato in un paese dalla radici così profondamente contaminate ogni Americano, come suggerisce l’amara parabola di Tom Stall/Viggo Mortensen, porterà nel corpo i segni ineludibili della violenza. Una violenza dalla quale ci si può riscattare e discostare - o che si può camuffare, rimuovere, finanche legittimare, certo - ma di cui resterà sempre una traccia, come cicatrice indelebile, sotto la pelle: una malattia in limine, incubata, pronta a manifestarsi alla prima occasione di minaccia delle proprie difese immunitarie.
Il diverso, il povero, l’immigrato è l’elemento estraneo che deve essere assorbito dal sistema oppure espulso, come un virus malefico. Ma quel che gli Americani non hanno capito è che loro stessi sono portatori di quel virus della violenza dal quale cercano ad ogni modo di difendersi.
Sogno da una vita di fare un viaggio negli States, uno di quelli in auto lungo quelle strade lunghissime che tagliano le vaste praterie, ma il pensiero di potermi trovare un giorno nel posto sbagliato al momento sbagliato in uno stato in cui vige la pena di morte sinceramente mi atterrisce. Il segno della grazia divina non è tanto visibile sulla mia fronte, piuttosto ho lo stigma di chi pende dalla parte di tutti i diseredati, gli oppressi, gli indifesi del mondo; e non perché io lo sia, ma perché è lì che scelgo di stare ogni giorno.

30 commenti:

Volpina ha detto...

anche io ho letto di questo fatto e ne sono sinceramente rimasta scioccata. Come si fa? Loro che reincarnano la "giustizia" dovrebbero essere i primi a non sparare. Avrebbero dovuto arrestarlo, e non ucciderlo, e dal momento in cui non erano uno o due ma tanti, ce l'avrebbero potuta fare benissimo. Anche solo minacciando di sparare, senza far fuoco. Non capisco.
O c'è qualcosa che mi sfugge, o c'è qualcosa che non dicono, o c'è qualcosa che non va. Decisamente.

de spin ha detto...

In America ci sono stato, un po' di anni fa. Ho visto New York, New Orleans e un po' di altri posti.
Sinceramente non ci tornerei. Un po' perchè cerco di evitare di portare denaro a paesi ove vige la pena di morte (un mio boicottaggio personale). Un po' perchè si respira molta violenza ed ignoranza.
Descrivi molto bene in questo post l'essenza dell'America. Andarci secondo me non ne vale la pena.

Rita ha detto...

@ De Spin

Qualche anno fa ho letto un saggio molto interessante sulla storia della cultura americana: "Il sogno europeo" di Jeremy Rifkin.
Il tema centrale è se l'Europa potrà mai diventare un'unione di Stati come l'America, ossia non tanto a livello economico-politico (cosa che di fatto, con l'unificazione dell'euro è avvenuta), ma proprio a livello culturale. Quindi Rifkin tenta di rilevare quali sono quelle caratteristiche culturali che - seppure nelle varie differenze nazionali, linguistiche ecc. - caratterizzano l'Europa e quali, a confronto, gli Stati Uniti. Ne viene fuori un quadro molto interessante, utile sia per capire l'Europa che gli States. Lui è americano, ma ha vissuto e studiato in Europa, ha molti amici europei, quindi ha avuto modo di osservare con distacco le proprie radici culturali.

Mi piacerebbe tanto vedere la Natura degli Stati Uniti, i parchi, i siti naturali, le praterie, il deserto. Non butto tutto della cultura americana, ma certo è che la violenza ne è un segno molto distinguibile. L'ignoranza poi (ed i due fattori marciano di pari passo) è un altro elemento che mi disturba molto. Così come la loro mancanza di capacità critica, di mettere in discussione la loro cultura.
Mah, vedremo. Forse un giorno ci andrò, per curiosità, però capisco quello che vuoi dire ed il mio compagno infatti, che ci è stato, non vuole tornarci per gli stessi motivi tuoi, anche per boicottare un paese che ha la pena di morte.
Un abbraccio. :-)

Rita ha detto...

@ Volpina

Loro non incarnano la giustizia, ma la Legge, che è tutt'altra cosa.
Le leggi infatti possono essere tutt'altro che giuste.
La legge consente ad esempio di macellare gli animali, eppure sappiamo quanto essa sia ingiusta. ;-)
E' su questo che bisognerebbe discutere e ragionare. Sull'assurdità di certe leggi.

Sara ha detto...

Ma chi sono quegli agenti? che educazione hanno ricevuto? dove sono cresciuti? ho idea che siano appena meno disperati di colui che hanno ucciso.

alpexex ha detto...

bel pezzo, tra Conenberg e Max Weber. la scena dell'abbattimento (sottolineato) del manzo afroamericano sia una di quelle scene alle quali la cultura nordamericana (e non solo) non fara' caso, malata e assuefatta com'e'. penso anche che, malgrado possa sembrare folle, il gesto dell'animale uomo a cui si intima l'alt armati di divisa carcere e pistola, il gesto di tentare una difesa con un ingenuo coltello, sia un gesto NATURALE, di logica ribellione, che non ha nemmeno bisogno di trovare una spiegazione o una versione. puo' semplicemente capitare che, di fronte a tanto sfregio, un essere si rifiuti di seguire il corso innaturale che si tenta di dare, ulteriormente, alla sua vita.

Rita ha detto...

Mah, Sara, sono figli della cultura in cui sono nati e cresciuti, figli di una visione del mondo manichea in cui il "bene" sta tutto da una parte ed il "male" da un'altra.
Sicuramente chi spara a vista ad un uomo è uno che non va tanto per il sottile.
Ti ricordo che gli Stati Uniti sono quelli che hanno buttato la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki (sulla popolazione civile inerme) dopo che già il Giappone si era arreso ed anche quelli che nella prigione di Guantanamo tengono detenuti in attesa di processo da oltre dieci anni. Questo non vuol dire che ogni americano sia una persona violenta o ingiusta, ma spesso tende a giustificare ed a legittimare l'uso improprio della forza e della coercizione.

Rita ha detto...

@ alpexex

Grazie, un pezzo scritto così di getto, una riflessione scaturita da un fatto di cronaca che presto, come dici tu, cadrà nel dimenticatoio, assuefatti come siamo - tutti, non solo il popolo americano - alla violenza, in un modo o nell'altro.

Ho visto la prima parte del video (mi sono fermata prima che partissero gli spari, di cui ho però letto i particolari, non mi andava di assistere all'"esecuzione" di un uomo in diretta) e sinceramente mi sembrava proprio il tentativo di fuga di uno, come dici tu, che ha cercato di farla franca, ossia di fuggire da una possibile condanna a finire in prigione.
Certo è che non meritava di finire così, ma, del resto, nessuno merita di morire assassinato.

Dinamo Seligneri ha detto...

Solletichi tanti temi, Bianca...
Io al seme della violenza ci credo e non ci credo, forse mi sono abituato nel tempo a pensare le persone per ragioni sociali e culturali, poi per quelle psicologiche (nel senso che la psicologia ha da scaturirsi in grossa parte da queste due costanti qui sopra - il che non intacca minimamente la sua complessità, credo), quindi credo che la violenza dell'uomo nasce solitamente da una situazione di pericolo, o di ventilata paura. Io non sono dell'avviso che l'uomo sia di sua natura molto violento, è più aggressivo che violento, ma ricorre alla violenza e all'omicidio specialmente quando si sente, lo ripeto, sotto minaccia.
La psicologia ha fornito purtroppo più giovamento ai sistemi di potere che alle persone comuni. Tramite la psicologia il marketing commerciale ha imparato a controllare perfettamente la quasi totalità delle nostre mosse, così come lo Stato ha imparato a spaventarci per ottenere (ed estorcerci) l'ordine civile.
Quello che voglio dire è che far passare solo il messaggio che è nella natura dell'uomo questo seme della violenza, senza spiegare che questo è continuamente fertilizzato dai sistemi di controllo mi pare (da parte dei media ovviamente) una grande truffa ai danni della gente.
C'è un bel documentario di M. Moore sulle armi, il famoso Bowling for columbine dove il regista si domanda perché in USA avvengano tutte quelle stragi e quei delitti domestici e no, e la sua conclusione - confrontando il sistema americano a quello di altri paesi dove la detenzione di armi da fuoco in casa è anche superiore - è da cercare nella macchina mediatica made in USA che non fa altro che propagare nebulose di terrore per tutta l'America... che è un paese dove a tutti gli effetti vige una sorta di regno/regime del sospetto e della paura.
Ora, possiamo anche non fidarci delle indagini documentaristiche del buon Moore, ma nessuno può negare che colla paura si fanno volumi d'affari giganteschi. Non dimentichiamo che in america in sistema carcerario è privatizzato... quindi non è difficile capire a quanti livelli la paura faccia comodo...

(continua)

Dinamo Seligneri ha detto...

Anche in Italia si cerca e si sta riuscendo da anni ad installare lo stesso regime che serve soprattutto alle regioni del nord per legittimare le proprie ventate leghista--xenofobe... e agli imprenditori medio-grandi di tenere la manodopera straniera senza diritti e sottopagata...

Quello che voglio dire, insomma, è che senza la paura il seme della violenza potrebbe facilmente essiccarsi. A te Rita che sei una lettrice di Houellebecq non ti sarà sfuggita che nell'ultimo La carta e il territorio H dice bianco e soffice che i moventi delittuosi sono di norma creati da ragioni economiche. Ed anche quella del personaggio Houellebecqu, squartato e fatto a pezzi, non è (con delusione del detective)da meno.

Sulla società americana, credo che noi ci abbiamo davvero poco da invidiargli, visto che campano meno e peggio di noi europei. il problema vero che dovremmo saper guardare in USA e evitarci da noi è allontanare (ma credo sia impossibile) la filosofia personalista neoliberista che viene o è fortemente in atto da loro.
una società che non fa assistenzialismo, che si poggia sulle unità minime individualiste, sulla meritocrazia (che è una bufala perché nello stato borghese c'è sempre un'eredità finanziaria, culturale, immobiliare ecc che non permette reali condizioni di libero mercato), sul capitalismo senza legge, sull'antipolitica... e via discorrendo.
La cosa che mi spaventa è proprio di vedere qui da noi che ci si allontana sempre di più da un'idea di collettività e ci si porta sempre peggio verso un'individualismo commerciale e famelico, clientelare e scorretto pur di raggiungere scopi privati, ecc... il neoliberismo, che ha avuto in Berlusconi la sua peggiore faccia, spinge per annullare le forme regolamentative, e quelle di assistenza, le forme previdenziali che il lavoro politico migliore ha messo a disposizione di tutti, soprattutto di chi ha di meno (se anche la meritocrazia esistesse - ma non esiste - sarebbe giusto che lo Stato abbandona i minoritari che non aderiscono al suo modello maggiore?)... purtroppo la coscienza scende sempre più verso il privato... bisognerà vedere come si evolvono le cose

Rita ha detto...

Dinamo,
che bel commentone, grazie.
Ma guarda che io concordo pienamente con te.
Per "seme della violenza" Cronenberg - ed io con lui - non intende affatto riferirsi alla radice biologica e psicologica dell'essere umano - e se psicologica è proprio nell'accezione in cui la indichi tu, ossia come risultato di sovrastrutture socio-culturali - quanto proprio a quel frutto della cultura americana fondata sull'efficienza, sul denaro, sull'utilitarismo, sul neoliberismo, sul controllo ottenuto tramite paura ecc.; anche perché io ho parlato dell'uomo americano e se non avessi voluto riferirmi proprio specificamente ed isolatamente alle radici della sua cultura, comprese quelle religiose, bensì alla sua essenza di essere umano, allora non avrebbe avuto senso distinguerne la provenienza geografica.

Che poi questo seme culturale si incancrenisca al pari di un tumore (la famosa commistione tra bio e societa o tra bio e tecnologia cronenberghiana, intesa anche in senso quindi metaforico) e finisca per non distinguersi più da quanto in esso vi sia di sovrastruttura e quanto di biologico, non significa che non gli si riconosca appunto l'origine socio-culturale.
Quindi, forse non si capisce bene, ma per "seme della violenza" o virus della violenza intendo proprio la radice socio-culturale. Diciamo la stessa cosa, in sostanza.
Non credo in una natura dell'uomo malvagia - né dell'uomo americano, né dell'uomo tout-court - credo nella distorsione della società piuttosto, nella malattia (virus) del sociale che ha ridotto il vivente a cosa, a merce di scambio. Il mio è un discorso prettamente politico. Pure se ho usato la metafora biologica. Ma è ciò che fa Cronenberg in effetti, che ho ripreso alla grande. ;-) E, non a caso, A History of Violence viene definito il suo film più politico.
Ho visto il docu-film di Moore (sia Bowling a Columbine che l'altro sull'11 settembre) e infatti concordo con il regista: la macchina del terrore che il "regime" statunitense semina è efficace ai fini della propagazione della violenza e al mantenimento - che viene percepito come necessario, anzi, quel che è peggio, come auspicabile - dell'ordine ottenuto tramite altra violenza e coercizione, tramite controllo della privacy, in poche parole tramite il trionfo del grande occhio orwelliano.
(segue)

Rita ha detto...

(continua da post precedente)

Quel che trovo assurdo negli States è la salvaguardia delle apparenze per cui da una parte ti fanno vedere che loro vivono nel paese delle libertà e della democrazia, dall'altra dormono con la pistola sotto al cuscino.
Mi domando che cacchio di libertà sia se deve essere difesa con il coltello tra i denti. Semplice, è solo parvenza di libertà, non vera libertà.
La mia libertà non finisce dove comincia la tua, ma COMINCIA anch'essa dove comincia la tua.
E se la tua non comincia perché come ti muovi ti sparo, allora rimango prigioniera anche io.

Ciao Dinamo, grazie ancora per aver approfondito e spiegato meglio, io questo post in effetti l'ho un po' tirato via, diciamo che ho accennato a qualcosa che richiederebbe ben altri approfondimenti, ma, come sempre, poi adoro farlo nei commenti. Grazie quindi. :-)
Concordo con tutto comunque, su ogni singola parola che hai scritto.

Rita ha detto...

P.S.:
(sempre per Dinamo)

Infatti ho scritto: "Cronenberg nel suo film parla di un “seme della violenza” che sarebbe inestricabilmente radicato nell’anima della cultura americana, quella cultura edificata sull’usuparzione delle terre, sulla colonizzazione più spregiudicata, sui miti dell’efficienza e dell’utilitarismo ecc.ecc.".

Parlo di cultura quindi.

Rita ha detto...

P.P.S.: per tutti

Pure quando dico nel commento a Sara: "gli Americani sono quelli che hanno buttato la bomba su Hiroshima ecc." non intendo riferirmi ad una malvagità che sarebbe inestirpabile dall'animo di questo popolo - la specie umana è una - ma alla sua Storia, Cultura, all'origine della sua politica di dominio ed espansione, politica che ha motivazioni sempre economiche, come scriveva Dinamo.
Ecco, così mi sono spiegata meglio... spero. ;-)

Chumani ha detto...

Ho visto anch'io in tv in filmato e ho pensato esattamente la stessa cosa: perchè non mirare alle gambe?
Non so spiegare il motivo, forse è la paura di finire appunto in una folle sparatoria.
Mi spaventa anche quello che racconti sugli americani e le loro grigliate: come sarei classificata visto che non mangio volontieri carne al sangue e in un luogo dove siamo in due una è già di troppo?
Come te amo i loro spazi e sogno da tutta la vita di visitare l'Alaska:le terre estreme, solo io e la mia anima.
Poi magari incontro qualche pattuglia....

Rita ha detto...

Eh già, Keiko, poi magari ti ferma qualche pattuglia e siccome ti trova qualcosa che non va, finisci ammanettata.
Uno dei miei film preferiti è, non a caso, Thelma and Louise. ;-) Ma anche Cuore Selvaggio di Lynch.

Io anche guardo malissimo ai posti con più di tre o quattro persone. Io e me stessa sappiamo tenerci buona compagnia, in genere. Quando ci sentiamo sole, chiamiamo un buon amico/a; mi piace condividere, a volte non posso farne a meno. Ma penso che due sia il numero perfetto, al massimo tre.
Le grigliate di carne... puahhh... io negli States sarei considerata una borderline: vegana, poco sociale, per niente interessata al denaro (se non quel tanto che mi basta per vivere decentemente), alla ricchezza, al successo, antiborghese, antiperbenista... anzi, forse dovrei dire a-borghese, a-perbenista, non vado in chiesa, non credo in nulla di sovrannaturale, nemmeno negli UFO. :-D

Dinamo Seligneri ha detto...

Ti ringrazio io di aprire a belle discussioni.
Non ho mai pensato tu fossi d'accordo coi sostenitori del "seme di violenza" e questi tuoi due commenti di risposta me lo confermano; siamo d'accordo insomma:)
Ho visto pure io il film di Cronenberg, e sono d'accordo che è la sua pellicola più politica. Certo l'attacco alle strutture americane non gli sarebbe valso granché se il film non avesse quelle qualità artistiche che ha, e che lo rendono grande cinema a prescindere. Che poi al suo interno ci sia un pensiero lucido e disincantato è una cosa necessariamente positiva.

un caro saluto

Rita ha detto...

Dinamo, appena puoi recupera pure Cosmopolis, altro capolavoro di Cronenberg. Molto politico anch'esso, ma sempre alla sua maniera. Esteticamente perfetto. Ne avevamo già parlato comunque, se non erro.

Dinamo Seligneri ha detto...

ps: quando parlo di Cultura uso il termine sia nell'accezione antropologica, sia in quella di insieme di saperi che una civiltà ha prodotto, sia, infine, in quell'insieme di saperi cui una persona ha accesso in base alle proprie possibilità (evidentemente economiche e sociali)... Non ci dimentichiamo poi che la psiche si struttura come il linguaggio e che la complessità della psiche d'ognuno è data dal suo grado di approfondimento dei vari linguaggi, quello linguistico, corporale, ecc... non permettere a qualcuno di imbattersi in alcune forme di pensiero o d'arte vieta a quel qualcuno di (s)muovere (nel bene o nel male) il suo pensiero.
Vado un po' fuori tema, ma credo che molti messia che ci sono oggi, letti prevalentemente da giovani, come Travaglio, Saviano, paolo Barnard, Grillo, servano soprattutto per non far progredire l'elaborazione concettuale di chi ne fruisce...

Dinamo Seligneri ha detto...

Recupererò recupererò... Cronenberg mi interessa parecchio.

Rita ha detto...

Esatto. Ci intendiamo a meraviglia su questi concetti.
La penso proprio come te, anche sui tipi che menzioni, che sono un po' l'equivalente letterario di certi scrittori "endogeni" al sistema.

Infatti non è vero che l'America è la terra delle grandi possibilità ed occasioni (vallo a dire ai Messicani che tentano di varcare il confine o agli immigrati che svolgono i lavori più umili e massacranti per una paga da fame), tutto dipende sempre dalle possibilità economiche.
Ti dirò di più: lì il sistema scolastico ad esempio seleziona all'origine. Se non puoi accedere sin da subito alle migliori scuole primarie, poi non riesci ad accedere alle migliori università. Magari uno su mille riesce a vincere una borsa di studio, ma è sempre l'eccezione.
C'è una selezione scolastica rigidissima, ma non basata, come pensiamo, sui meriti e le capacità, ma sul livello di accesso a determinate scuole, che sono private, costano. Livello che pochi possono permettersi.
Non dimentichiamo che la vera America è quella delle province che fa vedere pure Moore nel suo documentario sull'11 settembre dove i giovani vengono convinti ad arruolarsi come via di fuga dalla disoccupazione. Non quella dei fighetti di New York.

Unknown ha detto...

veramente una bella riflessione. la cronaca scrutata con gli strumenti giusti ci restituisce l'essenza di un'epoca...o di una nazione

D. ha detto...

Ciao. Ti scrivo per scusarmi per non averti ancora risposto, che non è per niente carino, soprattutto considerando quanto sei gentile tu con chiunque ti scriva. Il motivo è che, mentre ti scrivevo, continuavo a leggere il tuo blog, e ho avuto la malsana idea di andarmi a vedere pure il video sulla corrida. Non mi esce niente di "bello" quando ho in mente certe cose. Oggi m'è pure capitato di leggere la notizia sulla pelliccia di lady gaga. Non che me ne freghi niente di quel pupazzo, ma certi eventi non aiutano a diminuire il mio schifo per l'intera razza umana. Non per ciò che ha fatto quella schifosa (che ci scherza anche su, e se ce l'avessi tra le mani la spellerei viva per farle vedere quant'è divertente) ma tutti gli adolescenti che la seguono e che, pur disgustati per la maggior parte, di certo non smetteranno di seguirla. Perché per la maggior parte delle persone, qualsiasi stronzata è più importante della vita di un altro essere vivente. Che schifo. Scusa il messaggio... all'altro argomento ti rispondo al più presto...

Rita ha detto...

@ Marco

Cerco sempre di analizzare il singolo episodio in modo da trarne delle riflessioni di carattere più generale. Non sempre ci si riesce, ma qualche volta forse si coglie nel segno. ;-)

Rita ha detto...

@ D.

Tranquillo, prenditi pure tutto il tempo che vuoi per rispondermi.

Non ho letto la notizia della pelliccia di Lady Gaga, è un personaggio che non ho mai seguito granché, non mi piace la sua musica, non mi piace lei. E poi da quando aveva indossato quell'abito composto da fette di carne mi è ulteriormente andata sulle scatole.
Purtroppo ecco, lei è una cretina e non ci si può fare molto, ma il fatto che la seguano e prendano per "modello" molti adolescenti è preoccupante.
Ti copio-incollo invece parte di un commento che ho scritto su Asinus Novus, a proposito della specie umana: "Io non mi riconosco negli atteggiamenti di tanti di questi animalisti che inneggiano a vivisezionare il tal ricercatore o a scuoiare vivo il pellicciaio di turno, né nel loro sentimento di odio per la razza umana. Semplicemente vorrei che potessimo vivere in una società in cui non ci siano più pellicciai, né allevatori, né vivisettori: che è esattamente quel cui mira una società a-specista. Certo, talvolta sono asociale, misantropa e mi trovo a disagio nei luoghi ove sono presenti più di tre o quattro persone, ma questo non vuol dire che reputi la specia umana irrimediabilmente corrotta ed abbrutita; sono i meccanismi e le strutture della società ad essere ormai corrosi dal veleno e dalla ruggine.
L’essere umano è il prodotto di questa società che ci insegna la competizione, l’arrivismo, la cosiddetta legge della giungla (come ha detto anche Leonardo nella sua ultima intervista qui pubblicata) e l’unica speranza che ci rimane è quella di poterla analizzare criticamente e metterla in discussione. Cosa che noi antispecisti facciamo opponendoci ad una delle sue leggi fondamentali: lo sfruttamento del vivente e della sua riduzione a cosa.
Chi crede che l’antispecismo sia altro, beh, non ha capito granché.".

Secondo me non devi prendertela con la specie umana (o con la Lady Gaga di turno); è uno spreco di energie, energie che bisogna incanalare e concentrare per fare in modo che certi aspetti di questa società distorta e distopica in cui usare il vivente come merce è considerato "normale" vengano messi a nudo e decostruiti via via.
Comunque comprendo la rabbia, la tristezza nel vedere certi atteggiamenti, nel guardare certi video, foto e a volte l'insulto all'essere umano in quanto responsabile della sofferenza di migliaia di altri esseri scappa anche a me. A volte scrivo "assassini" e così via.
Però bisogna ragionare, fare in modo che le cose cambino, dirottare la propria rabbia per fini costruttivi.
Certo, non dobbiamo nemmeno lasciare che una Lady Gaga qualsiasi difenda la pelliccia, quindi la replica dura, ferma, decisa, la critica ci sta, ma senza avvelenarsi l'anima. Le critiche devono essere mirate a smascherare l'ipocrisia e l'orrore che è dietro certe pratiche e consuetudini considerate normali. Mettere a nudo il retroscena della pelliccia, quello bisogna farlo.
Un saluto. :-)

Rita ha detto...

P.S. per D.

Incuriosita, sono andata a cercare la notizia su Lady Gaga.
Mi ricorda quell'altra idiota, Brooke Shields, che tempo fa difese il "diritto" di poter indossare la pelliccia, sperando che le sue figlie in futuro non ne vengano private. Noi lottiamo per i diritti degli animali e loro per quello di indossarne le pelli. Ridicolo. Visioni inconciliabili.
Gentaglia. Gente che pur di far parlare di sé sarebbe disposta a vendere la propria madre.
Sì, qui, in questo caso, l'insulto ci scappa, ci sta bene. Più che altro la costringerei a trascorrere una notte in una gabbia insieme ai visoni che verranno trucidati per la sua pelliccia, chissà che non possa imparare qualcosa da loro.
Che tristezza!

D. ha detto...

Io di lady gaga in sé me ne frego pure, quello che mi ha fatto particolarmente inc* nella vicenda è l'averci scherzato su, l'aver scherzato su chi si preoccupa degli animali, e sulla sofferenza stessa di quegli animali. E hai ragione sul fatto che sono persone che per fama e soldi farebbero di tutto, ma quello che fa davvero male è la gente comune, che sogna di poter essere come loro. Però, arrivare a scherzarci su... ma come si fa? Ma magari si fosse limitata a difendere il "diritto" di avere la pelliccia, come quell'altra di cui parlavi tu. Ma arrivare a farsi beffe del dolore causato ad un animale, e a chi si preoccupa per loro... ma a che livello siamo arrivati? Spellarla viva, come dicevo prima? Troppo poco.
Indubbiamente ho idee molto più estremiste delle tue, e ti invidio per il modo in cui riesci ancora a vedere il mondo, ma non puoi dirmi che non ho capito niente di cosa sia l'antispecismo solo perché lo viviamo\vediamo in due modi diversi. Se ci rifletti: tu scegli che valore dare agli animali, e se il tuo dio non scende in terra o mi fulmina direttamente perché davvero vali più degli altri, per me non c'è niente di male se subisci lo stesso identico trattamento che, per te, può subire senza problemi un altro animale. Se per te non ci sono problemi se un animale è stato spellato vivo per farti il pelliccino, che male c'è se ti spello viva? L'hai deciso tu che è umanamente accettabile, non io. Questo è il mio ragionamento...

Rita ha detto...

D., io non ho una visione del mondo veterotestamentaria, non sono credente e non credo nella vendetta o punizione. Credo nella possibilità di riabilitazione e recupero dell'essere umano.
Ragiona, tu anche avrai mangiato carne o indossato indumenti in pelle, no? Meriteresti per questo di essere spellato vivo (occhio per occhio, dente per dente)?
Certo, eri inconsapevole, nel momento in cui hai capito quale danno e sofferenza comportassero le tue scelte, hai cominciato ad agire diversamente.
Non si tratta di essere estremisti (per molti lo sarei anche io), ma di avere appunto visioni forse diverse.
Su quella sciacquetta di Lady Gaga comunque ti do perfettamente ragione, quello che anche a me ha dato fastidio oltre ogni limite è il fatto che ci abbia scherzato su, che addirittura abbia preso in giro noi animalisti (e quindi gli animali). Una stronza così meriterebbe di avere il tour annullato e di sparire da ogni copertina di giornale, mmeriterebbe di perdere tutti i fans, di finire nel dimenticatoio. E meriterebbe anche altro, non di essere spellata viva (se io rispetto la vita, rispetto anche la sua, sono contraria alla pena di morte e alla violenza), ma che so... dieci anni di volontariato in un canile? Così forse, forse, potrebbe imparare che un cane è migliore di lei.
Comunque non credere D. che io veda il mondo in maniera rosea, sono molto più disincantata ed amareggiata di quello che immagini, solo credo nella redenzione (fuori da ogni accezione religiosa), nella possibilità del cambiamento.
Se non ci credessi non sarei qui a scrivere.
Buon ferragosto! :-)
P.S.: ieri ho trovato un piccione ferito, l'ho portato alla Lipu che, fortunatamente era ancora aperta. Speriamo bene. Di tanta gente che passava, come al solito, solo io mi sono fermata. Non lo dico per farmi bella, ma solo per farti capire che mi rendo conto di quanta indifferenza e menefreghismo ci sia al mondo, però è la società che ci ha portati a questo. L'uomo in sé non è cattivo, al massimo stupido.

Anonimo ha detto...

Bellissimo post, e bellissimo il film da cui hai tratto il tuo titolo. E ancora una volta siamo in sintonia. Ci vengo io in America con te: se ci ritroveremo nel posto sbagliato al momento sbagliato, potremo guardarci negli occhi ed essere sicure di non essere noi le pazze.

Rita ha detto...

OK, ci sto!
Pure se in questo momento sto visualizzando la scena finale di Thelma and Louise che comunque ho sempre interpretato come simbolo della libertà (vera libertà). ;-)
E poi almeno sono sicura che caso mai trovassimo un coyote investito lungo una di quelle strade sconfinate, ci fermeremmo a soccorrerlo (io quando fuori penso sempre: e se trovo un animale ferito, come faccio?).
Beh, pensiamoci sul serio a farci questo viaggio.