martedì 25 settembre 2012

E poi si offendono se gli dici che sono violenti: del cosiddetto "male freddo" e "male caldo" e di altre cose già dette, ma che ripetere male non fa


 Foto da Eligeveganismo per il progetto Mataderos

"I maiali si agitano facilmente. Se li pungoli troppo possono avere un infarto. Se sul ripiano trovi un maiale che se l’è fatta addosso, che ha un infarto o che rifiuta di muoversi, prendi un gancio da macellaio, glielo agganci nel culo e trascini il maiale ancora vivo. Un sacco di volte il gancio lacera la carne. A volte ho visto dei prosciutti completamente squarciati. Ho anche visto uscire fuori le viscere. Se il maiale crolla davanti al ripiano, gl’infili il gancio nelle guance e lo trascini così. Oppure glielo infili in bocca. Nel palato. E sono ancora vivi.”

Certi maiali in mattatoio mi vengono vicino e mi strofinano il muso contro come fossero dei cuccioli. Due minuti dopo li devo ammazzare a suon di sprangate. Questi maiali finiscono nella cisterna bollente e quando toccano l’acqua cominciano ad urlare e a scalciare. A volte si agitano talmente tanto da schizzare l’acqua fuori dalla cisterna…. Prima o poi muoiono affogati. C’è un braccio rotante che li spinge in basso, non hanno modo di uscire fuori. Non sono sicuro se muoiano prima affogati o prima ustionati, ma ci mettono qualche minuto per smettere di dimenarsi.”

Potrei raccontare migliaia di storie di ordinario orrore… Di animali, ad esempio, rimasti con la testa intrappolata nei cancelli; l’unico modo per tirarli fuori di lì è tagliare loro la testa mentre sono ancora vivi.”

Ho visto animali messi in ceppi, appesi, accoltellati e spellati mentre erano ancora vivi. Troppi da contare, troppi da ricordare. E’ un processo continuo. Ho visto manzi incatenati guardarsi intorno dopo che erano stati sgozzati. Ho visto maiali (che si supponeva fossero stati storditi) alzarsi sul nastro trasportatore su cui dovevano dissanguarsi. Dopo che erano stati sgozzati. Ne ho visti altri che cercavano di nuotare nella vasca d’acqua bollente.”
“Ho visto dei tipi prendere dei manici di scopa e infilarli nel culo delle mucche semplicemente per divertirsi


A volte ai manzi spezziamo le ossa quando sono ancora vivi. Quando li sposti e loro rimangono incastrati sulla soglia, allora li spingi finché non gli si strappa la pelle e il sangue finisce sull’acciaio e sul cemento. Gli si spezzano le zampe… E il manzo grida con la lingua di fuori. Lo trascinano finché non gli scoppia il collo”.

Le dichiarazioni che avete appena letto sono state rilasciate da addetti ai mattatoi durante un'investigazione avvenuta nel centro-sud del Cile da parte degli attivisti di Eligeveganismo, documentata anche da foto e video. Mataderos è il sito dedicato a quest'investigazione (il sito è in spagnolo, ma non è difficile da comprendere e, comunque sia, le immagini parlano da sole). Sbagliate se pensate che la maniera in cui vengono macellati gli animali nei mattatoi del Cile non vi riguardi perché tanto siamo in Italia, visto che buona parte della carne importata nel nostro paese proviene proprio dal Sud America ed anche perché, ovunque, i metodi di abbattimento sono gli stessi. I mattatoi, da cui Henry Ford trasse ispirazione proprio per il concetto di catena di montaggio che poi avrebbe applicato nelle sue fabbriche – solo che nei primi ovviamente si tratta di una evidente catena di s-montaggio -  debbono privilegiare la massimizzazione del profitto, quindi velocità ed efficienza non contemplano quella compassione e pietà che potrebbero scaturire al solo soffermarsi qualche secondo di più sullo sguardo di chi implora pietà. 
Avrei potuto mettere ben altre immagini, mille volte più terribili. Sappiate che esistono e sono immagini reali. Documenti. Chiunque vorrà le troverà nella galleria all'interno del sito sopracitato.
  
***    ***    ***

E chissà che a leggere queste righe alcuni di voi non riusciranno a far diventare "caldo" questo "male" e questa violenza che invece è sempre percepita come astratta, distante, lontana, quasi non fosse del tutto reale.

In effetti anche io sono stata violenta per tanti anni perché mi illudevo che i mattatoi non fossero affatto quei luoghi d'orrore che vogliono farci credere; peggio ancora, ero convinta che la mia cultura d'appartenenza - quella che ci fa ritenere "normale" mangiare e sfruttare animali - bastasse per giustificarmi ed assolvermi. In fondo io non ho colpa, pensavo, non è colpa mia se gli animali si mangiano ed usano come fossero "cose", da sempre. Già il fatto che volessi giustificarmi la diceva lunga comunque su quanto in fondo, tanto "normale" già allora non dovesse poi apparirmi questa pratica di condannare alla schiavitù e morte degli esseri senzienti in grado di soffrire ed esperire la realtà esattamente come me, in fondo non ero sempre quella che dichiarava di amare i cani, gatti e gli animali in genere?
Quando parlo di violenza non mi riferisco soltanto a quella agita direttamente sui poveri animali, ma anche alla richiesta e compartecipazione che è dietro l'atto stesso di uccidere e sfruttare. Anzi, mi sembra evidente, che senza quella richiesta, il mercato basato sullo sfruttamento animale, cesserebbe di esistere. Sul perché poi continui ad esistere questa richiesta è un altro paio di maniche ed è esattamente ciò di cui si occupa l'antispecismo. Credo che la maggior parte di voi non abbia mai ucciso con le proprie mani un animale per mangiarlo o per confezionarci un paio di scarpe, ma acquistare la carne e le scarpe vi rende comunque complici del sistema. Essere i mandanti, anziché i diretti esecutori, può rendere meno forte la percezione della violenza sottesa al sistema di sfruttamento degli animali, ma non significa che essa non ci sia; si tratta infatti del cosiddetto "male freddo" (ciò che avviene a distanza e non direttamente davanti al nostro sguardo) contrapposto al "male caldo" (ciò che avviene vicino a noi, davanti a noi o agito da noi stessi, in cui il rapporto di causa-effetto è maggiormente evidente) a darci l'illusione della neutralità delle nostre scelte e dell'assenza del nostro coinvolgimento. Non ci sentiamo appunto coinvolti più di tanto perché la violenza non avviene davanti ai nostri occhi e sembra non esserci un rapporto di causa-effetto diretto tra le nostre scelte e quello che avviene nei macelli. La stessa reazione di mancato coinvolgimento (in questo caso emotivo, ma anche morale, in quanto ci convinciamo che la colpa sia sempre di qualcun altro, ossia dei governi, di pochi uomini cattivi che dirigono le sorti del mondo, del caso ecc..) la proviamo quando guardando il telegiornale ci capita di assistere ad immagini di guerre e disastri avvenuti in paesi remoti. Certe scene ci toccano per qualche istante, ma poi si passa al servizio successivo e già ce ne siamo dimenticati. Cosa ben diversa accade quando invece un evento avviene vicino a noi; per vicino non intendo solo "fisicamente", nello spazio, ma anche culturalmente, così che la tragedia dell'11 settembre 2001 ci ha toccati tutti molto di più perché la cultura statunitense - tramite i film, la letteratura, l'importazioni di prodotti - ormai ha finito per appartenerci, anzi, l'abbiamo talmente introiettata e fatta nostra che ci siamo appropriati di tutti i suoi valori e di quella determinata visione del mondo basata sui miti dell'efficienza ed utilitarismo. Oppure penso anche al profondo moto di preoccupazione e cordoglio, che ha dato seguito a grandi azioni di solidarietà, provato da noi Italiani tutti dopo il tragico terremoto de L'Aquila o quello recente in Emilia; dopotutto si tratta di nostri connazionali, magari conoscenti, amici, parenti. Com'è diversa allora la percezione del dolore altrui, e come ci sentiamo tutti molto più emotivamente coinvolti. Diversa da quella provata nel caso della notizia che riporta numeri di morti in guerre che non ci riguardano direttamente, numeri riportati come cifre neutre, come mere statistiche cui è impossibile associare volti, nomi, vite, destini.
Diverso ancora e tanto più assente è il coinvolgimento emotivo di fronte ai numeri dello sterminio degli animali, uno sterminio silenzioso (silenzioso perché esso avviene in luoghi inaccessibili e lontani dai centri abitati così che le urla ed i lamenti degli animali non giungano sino a noi) che ha luogo quotidianamente e senza che nessun telegiornale ne parli. E questo non solo perché si tratta di esseri viventi che appartengono ad una specie diversa dalla nostra - siamo tutti viziati di antropocentrismo, ossia, quell’atteggiamento che ci porta a giudicare e determinare il valore delle altre specie sulla base di parametri tutti umani, come se noi fossimo la pietra di paragone ed il centro dell’intero universo - ma anche perché lo sterminio è abilmente rimosso e negato da abili campagne di propaganda volte a farci credere che la mucca ed il maiale siano felici di finire sulle nostre tavole: propaganda che fa leva su meccanismi di rimozione dell’orrore e della morte  che confermano determinati desideri - spesso non reali, ma indotti - e valori sociali propedeutici a confermare e rafforzare il presente, lo status quo, l’ovvio, e che rendeno molto difficile l’esercizio di una sana critica del reale. Il reale, il sociale non è dato una volta per tutte e quel che avviene e si reitera da tempo non è per default anche giusto. Quello è ciò che vuol farci credere chi detiene il Potere perché il mantenimento dello status quo è sempre nell’interesse del Potere. Per Potere non intendo un concetto astratto, metafisico, simbolico di stampo kafkiano (per quanto Kafka vada appunto letto come allegoria, attenta, lucida e fin troppo precisa di certi meccanismi del sociale), ma intendo quello economico delle multinazionali che a loro volta influenzano profondamente gli elettori ed i governi. Oggi il Potere è di due tipi, principalmente: economico e mediatico ed il primo si avvale del secondo.
Ovunque intorno a noi c'è quel che deriva dall’esercizio di questo Potere che provoca un indicibile dolore nascosto, invisibile, eppure ci è così difficile fare il dovuto collegamento. 
Come mai un salame è solo un salame e non quel che resta di una violenza sanguinaria?
Possibile che sia così facile rimuovere dalla mente la violenza necessaria a trasformare il maiale in porchetta?
Possibile che non si riesca a capire che quel che finisce nei piatti non è una cosa, ma un lui, un individuo, un essere vivente in carne ed ossa come me, come voi? “CHI mangio oggi” si dovrebbe domandare chi sta per ordinare al ristorante o chi sta facendo la spesa al supermercato, non “COSA mangio”.
Ovviamente ci sono maniere e maniere per parlare alla gente del perché sia sbagliato sfruttare gli animali. Si può cercare di spiegare, ad esempio, che non è affatto così "naturale" come si crede uccidere le altre specie per nutrirsene e che, come tante volte ho già scritto, la prassi dello sfruttamento inizia a partire da un certo periodo in poi della Storia. Si può parlare dell'antropocentrismo, questo vizio, come detto - ma ancora voglio continuare a dire -  che ci porta a giudicare le altre specie con parametri tutti umani, come se la nostra intelligenza fosse l'unico metro di valore attendibile e significativo. E si può, si deve anzi dire, che la questione di CHI finisce nel piatto è solo un aspetto dell’immensa battaglia volta alla liberazione animale e nemmeno la più determinante perché non è affatto detto che diventando tutti vegani poi non si continuerebbero a sfruttare gli animali in altri modi ed in altri settori. Certamente un grosso pilastro dell’economia verrebbe a cadere, ma non dobbiamo commettere l’errore di pensare che il veganismo sia un fine. Esso è un mezzo, un primo passo, una prima maniera per cominciare a rendere effettivo il nostro rifiuto del sistema di sfruttamento degli animali, è la prima ribellione che poniamo in atto. Come ho già detto altre volte, diventare vegani è necessario per affrancarsi dal sistema della violenza sugli indifesi ed è indice della nostra dichiarazione di coerenza ai nostri principi e valori di nonviolenza. Ma la liberazione animale ed umana, l’antispecismo sono questioni assai più complesse, esse non possono prescindere dall’analisi politica ed economica della nostra società e non possono risolversi se non tramite una messa in discussione radicale della prassi dello sfruttamento del vivente.
Insomma, il discorso lo si può prendere alla lontana e si può procedere interminabilmente per giorni e giorni a discutere ed approfondire certi argomenti.
Ma anche si può semplicemente, qualche volta, limitarsi al raccontare la pura e semplice verità di quello che avviene dentro i macelli, testimoniare con foto, video, racconti l'ordinaria normalizzazione della violenza necessaria per far arrivare sulle tavole quelle tanto "gustose" bistecche di cui molti di voi sembrano non poter fare a meno;  che è esattamente quello che mi sono proposta di fare oggi nel riportare quelle dichiarazioni all'inizio.


Infine, vorrei aggiungere che la maggior parte di coloro che conosce quel che avviene nei macelli si dichiara quasi sempre prontamente incline a condannarne l'esistenza, salvo poi rimandare ad un tempo ipotetico futuro non precisato la scelta di non parteciparvi più fattivamente attraverso una messa in discussione radicale del proprio agire nel mondo. E, nel frattempo, continua tranquillamente a comprare prosciutto, salame, borsette di pelle come se si sentisse sollevato per il solo fatto di essersi saputo "indignare" o di aver provato un vago senso di colpa. Come mi disse una volta una persona - quando ancora mangiavo la carne - gli animali, del nostro senso di colpa, non sanno cosa farsene. Essi vogliono essere lasciati in pace di vivere la loro vita. Liberi. E non è vero, come ho spiegato nel post precedente, che non sono consapevoli del loro stato di assoggettamento all'uomo, tanto che episodi di ribellione e rivalsa avvengono continuamente. Solo che l'uomo è più forte, più raffinato nell'esercizio della forza sui più deboli, sia che si tratti di animali umani che non umani. Si tratta, dunque, di un mero esercizio di potere e gioco di forze. Una questione politica, dunque. Oltre che etica. Una questione che non riguarda soltanto la sensibilità del singolo per cui si tratterebbe di "scelte individuali", ma che ha a che fare con la sua responsabilità civile.

Pubblicato anche su Asinus Novus.

20 commenti:

Massimo ha detto...

Spaventoso! Questo è sadismo e niente altro. Continua a testimoniare, non stancarti, anche se pochi vogliono sentire. E' solo questione di tempo.
O ci massacriamo da soli e l'umanità sparisce e allora ciao, oppure questo orrore in un futuro migliore diventerà solo uno spaventoso ricordo. Ma quando?

Rita ha detto...

Io non mi stanco. Più leggo questo notizie, più mi vien voglia di fare qualcosa, di reagire, di attivarmi. Questa mattina avrei dovuto scrivere due recensioni di film, poi ho letto quelle dichiarazioni e non ho potuto fare a meno di concentrarmi invece sull'ennesimo articolo antispecista.
Purtroppo ne pago le conseguenze emotivamente, nel senso che poi alla lunga tutto ciò mi deprime psicologicamente. L'impotenza è tanta, sai. Ci si sente frustrati perché sì, ho scritto questo, fatto quello, ma, come dici tu, quando finirà tutto questo? Quando sarà solo uno spaventoso ricordo al cui solo pensiero ci domanderemo: "ma come abbiamo potuto permettere tutto ciò?". L'umanità periodicamente si è già trovata a porsi queste domande: dopo l'olocausto degli Ebrei, dopo la schiavitù dei neri, dopo i vari genocidi, dopo Hiroshima e Nagasaki, dopo l'Inquisizione... speriamo che prima o poi impari dai propri errori. Altrimenti, ci estingueremo, ma non voglio pensare che l'unica risposta possa essere il nichilismo.

Martigot ha detto...

Agghiacciante. Che altro dire? Posso solo chiedermi ancora una volta come sia possibile che chi "lavora" in questi posti orribili (metto tra virgolette perché non mi sembra che seviziare e uccidere possa considerarsi un lavoro) faccia quello che faccia, senza che la compassione abbia il sopravvento, senza che un sentimento di solidarietà faccia capolino.
Queste persone, loro e tutte quelle che campano sullo sfruttamento e la sofferenza di tanti e tanti animali, andrebbero processati per genocidio. Un genocidio al quale tutti partecipiamo o abbiamo partecipato, questo non lo nego (quasi tutti abbiamo mangiato carne o abbiamo indossato qualcosa confezionato in pelle, per esempio), e tutti siamo colpevoli anche se in modo più indiretto forse.
Ciò comunque non sminuisce le colpe terribili di questi addetti.
Leggendo cose come queste mi sento in colpa per essere un essere umano, per potermene stare al sicuro qui nella mia casetta davanti al Mac, mentre in questo stesso momento tanti e tanti animali stanno soffrendo così tanto, senza nessuno che intervenga, senza nessuna possibilità di essere portati in salvo, e solo perché sono nati di un'altra specie.


Alessandro Cassano ha detto...

Orrore.
E poi dobbiamo sorbirci le pubblicità dei salumi con tanto di comici sorridenti. Che teste di cazzo

Riccardo ha detto...

poi chissà perchè in italia sono tutti convinti che negli allevamenti e nei mattatoi ci lavori tutta gente per bene, che gli sperimentatori sono tutti cordiali con gli animali, come se negli altri paesi da dove escono fuori queste indagini i lavoratori facciano corsi specialistici su tecniche di crudeltà

gran bell'articolo Rita

Rita ha detto...

@ Martigot

Lo so, anche io mi sento in colpa a starmene qui a scrivere dietro il pc, ma anche l'informazione tramite i nostri scritti ha la sua importanza. Le nostre voci dovranno arrivare al punto di sovrastare quelle dei media. Dobbiamo farci sentire di più, non c'è altra via.

@ alessandro
peggio ancora sono pubblicità come queste che veicolano il falso messaggio che gli animali destinati al macello siano trattati con amore:

http://bioviolenza.blogspot.it/2012/09/la-coop-sei-tu.html

@ Riccardo

Sì, infatti. Pare sempre che un simile trattamento riservato agli animali provenga da parte di sadici squilibrati, ed invece esso è ovviamente la "norma" che avviene dentro qualsiasi mattatoio di qualsiasi paese da parte di tanti "bravi" padri di famiglia.

Grazie per il "bell'articolo", speriamo soprattutto che sia efficace.

Volpina ha detto...

Mi piace questa cosa del male caldo e freddo. Mi sa che la sfrutterò.
E anche la questione del "chi" mangiare e non "cosa".
Oggi al supermercato ero con mio papà che si lamentava del prezzo del prosciutto, mi sono messa ad urlare "e' della vita di una creatura che stai parlando!Siamo troppo abituati a pensare che sia solo cibo, ma dietro c'è altro, è una vita che è stata uccisa, e voi pensate al prezzo?!" poi dopo che mi ha deto ragione mi sono messa ad urlare per le corsie "BOICOTTATE LA CARNEEEEEE!" fino a quando un signore abbastanza grosso vestito di nero e giallo fluo non ha iniziato ad osservarmi :)


Ritornando al tuo articolo, ho saltato buona parte delle citazioni e sono passata al tuo articolo per non piangere... troppo brutte, ne ho lette di quelle tante in giro...

Rita ha detto...

Anche io mi arrabbio tanto quando sento la gente discutere dei prezzi della carne e pesce come se si trattasse appunto di oggetti.
Ogni volta che al supermercato passo davanti al banco frigo e sento i clienti ordinare un etto di prosciutto, e due di mortadella e quello e quell'altro mi viene voglia di mettermi ad urlare. Però quando ne ho l'occasione non manco mai di fare qualche battuta ad alta voce. Tempo addietro c'era uno che faceva assaggiare la porchetta, mi ha fermata facendo il gesto di offrirmela un pezzettino, io mi sono allontanata tutta schifata dicendo: "per carità, io non mangio gli animali".

E pure quando passo davanti al banco con i pesci morti esposti non manco mai di dire: "povere creature, che tristezza a vederle così, e pensare che stavano nuotando felici nel loro mare".
Ogni tanto qualcuno mi lancia un'occhiata di commiserazione, come se fossi una povera pazza. Però chissà, qualcun altro invece potrebbe cominciare a riflettere.

FioreSanRemo ha detto...

Proprio oggi ho letto di 1 contadino USA divorato dai suoi stessi maiali ed io, da buona veg, ne son stata davvero felice, soprattutto ke x 1 volta almeno, siano stati loro a mangiare noi !!!

Rita ha detto...

@ Fiore

L'essere vegana sicuramente è un punto a tuo favore. Però lo scrivere "ke" "x" o i numeri al posto delle lettere non sai che effettaccio che fa. Ti immagino molto giovane (in genere sono gli adolescenti o comunque i ragazzi molti giovani ad usare questo tipo di linguaggio), e non vorrei passare per la babbiona che NON sono, ma comunicare seguendo le regole della nostra bella lingua è importante, soprattutto quando si trattano argomenti così importanti quali il veganismo, la liberazione animale ecc..
Internet non è un parco giochi, è uno strumento potentissimo, se lo usi bene. Scrivere correttamente è importante. Un conto è mandare un sms privato ad un tuo amico, un conto è avere un blog in cui comunichi a più persone.
Mannaggia, non voglio passare per antipatica, spero che tu prenda per il verso giusto quello ti sto scrivendo. ;-)
Se togli tutte quelle k, x e simili vengo a leggere il tuo blog, altrimenti non ce la faccio. E' più forte di me.

Dinamo Seligneri ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Dinamo Seligneri ha detto...

@Biancaneve

Scusa se mi permetto ma la tua risposta a Fiore di San remo, mi è molto spiaciuta.
Tu dici "L'Essere vegana è sicuramente un punto a tuo favore" e fin qui mi sta bene, poi seguiti "però..." e allora mi sarei aspettato che tu riprendessi il ragionamento inaccettabile che Fiore compie, non la sua ortografia.
E' un pensiero revanscista quello di Fiore che non sta né in cielo né in terra, è solo stomaco, come stomaci sono quelli che si nutrono indistintamente di carne e pesce.
Dire di essere felici perché gli animali mangiano un uomo oltre ad essere eticamente inaccettabile, è anche strategicamente un passo falso, perché esterna rancore e permette la strumentalizzazione ipso facto del pensiero vegano, da parte di chi vi avversa.
Quindi è doppiamente sbagliato.

Se tu Bianca non ne ravvisi la pericolosità, e non l'hai ravvisata, legittimi chi sostiene (e qui ci sono dei veg che in passato lo hanno più volte sostenuto) che siete misantropi, e non anti antropocentristi.

Ragionando così andate a finire dalla parte del torto.

Rita ha detto...

Hai totalmente ragione Dinamo.
Non mi andava però (diciamo che non ne ho avuto il tempo in questi giorni) di entrare nel merito di una discussione così importante. Ho preferito sorvolare, ma non perché non comprenda la pericolosità di tali affermazioni, ma solo perché mi sono già in altre sedi espressa contro certi atteggiamenti e non mi andava, al momento, di riprenderli qui (ma lo farò in seguito).
Inneggiare alla morte di quello o di quell'altro peraltro non è assolutamente un atteggiamento costruttivo per l'animalismo, è solo lo sfogo autoreferenziale di un ego inacidito. Me ne rendo conto.

Il fatto è che nelle ultime settimane e mesi su Asinu Novus si è parlato spesso della violenza verbale e della misantropia di cui sembrano essere affetti molti animalisti (che non sono quindi antispecisti di default perché mi pare ovvio che chi augura la morte al prossimo o gioisce della morte del prossimo non solo non è antispecista, ma nemmeno appunto nonviolento) e quindi ho avuto modo di chiarire la mia posizione.
Quindi di fronte ad un commento come quello di Fiore ho preferito sorvolare.
Quando avrò un attimo di tempo magari scriverò due righe pure qui sul mio blog.
La bacchetta sull'uso del "ke" invece mi ha richiesto meno tempo.

Per dire, io mi sono anche dissociata dalla violenza verbale espressa da un noto animalista americano, tale Gary Yourofsky, considerato un guru da molti vegani.

Hai fatti bene a farmelo notare, hai ragione. Quanto prima ci scriverò un post.

Rita ha detto...

P.S.:

soprattutto, l'antispecismo (di cui il veganismo è solo un mezzo, questo non va dimenticato) mira a decostruire la cultura basata sullo sfruttamento del vivente e quindi ad eliminare la violenza e prevaricazione istituzionalizzata del più forte sul più debole.
Quindi l'antispecismo NON può in alcuna maniera contemplare l'inneggiare della violenza (a meno che non sia di tipo difensivo), pure se a parti inverse.

Comunqe Dinamo, io l'ho spiegato tante volte, non pensare che tutti i vegani ed animalisti siano anche antispecisti. Voglio dire, unirci sotto un'unica etichetta come se fossimo un'unica testa è sbagliato. L'antispecismo è una teoria matura, complessa, non ha nulla a che vedere con il pensiero acerbo di tanti animalisti, né, tanto meno, con la mera scelta vegana, essendo qualcosa di più complesso rispetto a ciò che uno si mette nel piatto.
Per dire, l'altro giorno leggevo un articolo in cui si parlava dei venganismo come di uno "stile di vita trendy", figurati... sai cosa ha a che vedere con la liberazione animale? Nulla.

La reazione di Fiore credo sia una reazione di "pancia", come hai detto tu. Lì si ferma.

Dinamo Seligneri ha detto...

Credo sia inevitabile che all'interno di correnti riformiste ci siano delle opposte vedute ed io stesso ho conosciuto persone vegetariane che la pensavano diversamente (anche all'interno della mia famiglia). Dico solo che bisogna stare molto attenti a quello che si scrive, o per lo meno di non esternare con leggerezza, perché se è vero che il carattere precipuo della nostra specie è il raziocinio, allora è giusto non arricchire il paniere di chi ne usa poco, o peggio è in malafede e gode di chi cade da solo nella rete.
Un tempo pure io scrivevo con meno discernimento, sui blog anche, ma è sbagliato. I blog hanno una dignità e non sono immuni da responsabilità legali. Non dico che ci si debba censurare, ma scegliere bene i nostri enunciati, quello sì.

Sai bene che il ragionamento sull'antispecismo mi affascina anche se io non ci credo molto. Cioè credo sia marginale a quello molto più importante che è il movimento veg. Anche dando per assodato la superiorità dell'uomo, essa non giustifica la macellazione degli animali.
Io credo come te che lo specismo nasce come giustificazione di una abitudine alimentare e di un traffico affaristico sui consumi, è quindi una sorta di retorica, di prosopopea prodotta su scala mondiale. L'antispecismo è la sua contro-retorica, il suo vaccino. La cosa triste, secondo me, è proprio questo: che ci si debba ridurre ad essere oppositivi. Si gioca cioè sul tavolo di chi ha inventato il gioco (non so se sono chiaro), ed è gente che gode a far collidere due retoriche, perché non cambia niente.
Secondo me si dovrebbe cercare di evadere da quel tavolo e dire d'essere oltre-specisti. Ovvero dei socialisti a tutto tondo. Non importa se i pesci sono inferiori, non importa che il pappagallo è scemo (dico per estremizzare), anzi ti dico è vero noi uomini siamo superiori, ma non trovo giusto ad ogni modo ammazzare le altre specie animali.
Credo insomma che almeno a livello enunciativo la guerra non deve essere armata. Non deve essere oppositiva.



Dinamo Seligneri ha detto...

So perfettamente che le cose sono complesse e con più chiavi di lettura. Io non sono specista, anzi, lo sai, anche se riconosco a differenza di molti che psicologicamente e ancestralmente per noi un animale non sarà mai come una persona. Oppure ci vuole molto molto tempo, secoli.
So anche che il discorso antispecista non può essere fatto a caldo, o sulla persona, ma va fatto come una cosa fredda, come la democrazia, dove si ragiona col cervello e non per umori. Quindi la psicologia e il retroterra mentale e culturale di ognuno c'entra fino ad un certo punto. Ma bisogna farci i conti.

Rita ha detto...

Eh, ma infatti l'antispecismo è solo una prima fase che dovrebbe portare ad una società a-specista.
Si è molto discusso anche sui termini infatti, ossia se non sarebbe appunto più corretto parlare di a-specismo (c'è infatti un'associazione che si chiama Oltre la Specie), anziché di anti-specismo.
Diciamo che si dovrebbe arrivare ad un giorno in cui definirsi antispecisti non dovrebbe avere più senso, così come non lo ha oggi definirsi anti-razzisti, in quanto il razzismo è universalmente stigmatizzato e quindi, almeno in teoria, comportamento e maniera di pensare di una minoranza.

Il veganismo lo vedo più come una scelta individuale che non sempre coincide con la liberazione animale. E' vero che quasi tutti i vegani lo sono per motivi etici, ossia perché si oppongono allo sfruttamento degli animali, ma non si deve commettere l'errore di far coincidere le due cose, nel senso che la sempre più aumentata richiesta di cibi ed alternative vegane potrebbe paradossalmente portare ad un incremento di negozi, ristoranti, supermercati vegani, pur lasciando inalterati i meccanismi di produzione legati allo sfruttamento del vivente.
A noi interessa qualcosa di più del riconoscimento legittimo della nostra scelta di vita.

Dici bene quando affermi che ci vorranno secoli per smantellare l'antropocentrismo e per far comprendere che anche l'uomo è un animale e non una specie a parte rispetto alle altre.
Da Aristostele in poi l'uomo è stato considerato un essere diverso rispetto agli altri animali perché dotato di razionalità (che invece le altre specie non avrebbero... detto terra terra). La razionalità è una nostra caratteristica invero, ma appunto dobbiamo far comprendere che non deve diventare il pretesto per sfruttare le altre specie.
Anzi, proprio questa consapevolezza che abbiamo di elaborare, analizzare e riflettere sulle conseguenze delle nostre azioni dovrebbe condurci a rifiutare - razionalmente - la violenza sui più deboli ed indifesi. Ed invece da secoli non facciamo che brandire come un'arma questa superba razionalità.
E in questa direzione che dovrebbe lavorare l'antispecismo, ossia nel far comprendere che il fatto di essere una specie dotata di razionalità non ci dà il diritto di usare le altre per i nostri scopi.

Interessante poi notare come l'arma della razionalità sia stata usata nel corso della Storia per legittimare l'abuso e le discriminazioni di genere o di razza: pensa a come le donne sono state nei secoli tacciate di essere creature irrazionali, isteriche, in balìa degli ormoni e quindi meno in grado di usare il cervello rispetto agli uomini e per questo non in grado di svolgere certe professioni o di prendere decisioni.

Anonimo ha detto...

concordo con la flosofia che vuole togliere all'uomo la sua posizione eminente sul resto della natura, cosa che gli permetterebbe di farne quello che vuole.

purtroppo è radicata la concezione cartesiana che gli animali si ano macchine e noi possiamo usarli come vogliamo ...
Jonuzza
http://no.blog.kataweb.it

Rita ha detto...

Esatto Jonuzza.
Ed è radicata anche la sopravvalutazione della razionalità, caratteristica precipua dell'animale umano. Come se l'essere razionali fosse un valore a prescindere. Ma esiste anche la razionalizzazione della violenza e non credo sia un bene. ;-)
Grazie per aver ricambiato la visita. Il tuo blog è stato una piacevole scoperta.

Anonimo ha detto...

Ciao Biancaneve
E' tutto vero quello che dici.
io sono vegetariano e non vegano
tuttavia ammetto di vivere delle tremende contraddizioni.
Compro delle scarpe di pelle e non di finta pelle; utilizzo cinture di pelle e do' da mangiare a dei gattini e cani (ai canili dell' Enpa come volontario) scatolette da me comprate di carne di tacchino, pollo e selvaggina che di certo non sono animali morti di ...raffreddore.
io credo che ci sia un' etica nella morte
che l' animale non dovrebbe soffrire (il rito kosher ebraico e quello musulmano sono anocra peggio di quanto letto sopra).
pero' sperando che si consumi sempre meno carne e pesce, non credo si possa impedire ad altri di farlo.
e poi le stupide pellicce ...
pero' credimi e' dura quando poi ad un gattino che ha fame non puoi dare un hamburger vegetariano (come tentava di fare la moglie di Paul bassista dei Beatles).