martedì 23 ottobre 2012

Leggere John Fante è sempre una piacevole ri-scoperta


Deker Road si snodava sulle montagne come un serpente che strisciando scappava dal mare. Era una giornata bellissima, sulla strada deserta non incontrai neanche una macchina né in un senso né nell’altro mentre percorrevo le quindici miglia fino alla cima di Mulholland Drive.
Il cartello diceva “Autorimessa Griswold”. Imboccai lentamente la deviazione ed entrai con la familiare nella valletta a cento metri sotto la strada. Il posto era un caos totale. Automobili e frigoriferi abbandonati, macchinari agricoli arrugginiti, cataste di legna, pile di pneumatici, bidoni dell’olio e sedili di macchine. C’erano dei polli dappertutto, e raspavano nella terra rossiccia. Un paio di asini mangiavano le erbacce che crescevano sulla collina.
Mi fermai davanti a un rimorchio appoggiato a dei ceppi, aveva la parte anteriore decorata con targhe, conchiglie, reti da pesca, zucche e stelle marine. Sopra la porta, un’unica parola esprimeva il sentimento di Griswold nei confronti della guerra: Pace!
Quando scesi dalla macchina, apparve, era sulla quarantina, basso, il tipo del bravaccio, con la barba rossa, dei jeans e una maglietta. Masticava tabacco.
«Sì, signore».
«Sono venuto a vedere il cane».
« È lo sceneggiatore?».
«Esatto».
«Venga».
Camminammo per venti metri, fino a un recinto quadrato, fatto di pezzetti di latta e legno, alto tre piedi. Griswold vi lanciò uno sputo di tabacco al di sopra.
« È lui?».
Gli andai accanto e guardai lì dentro. Sulla terra rossa non c’era più nessuna vegetazione. Nell’angolo, su un giaciglio di paglia, c’era Stupido. Una tettoia bassa lo proteggeva dal sole. Sembrava addormentato, e quando lo chiamai alzò appena la testa e scodinzolò riconoscendomi. Poi affondò di nuovo nelle stoppie. « È il mio cane», dissi.
Ci fu un movimento nelle profondità della paglia. Fece alzare Stupido che emerse piano e indistintamente. Era un maiale, un maiale bianco con macchie rossastre, che mettendosi in piedi spostò il cane. Guardò verso Griswold e me, e vedendoci grugnì felice, con i fuscelli che gli cadeva dal dorso mentre trotterellava verso di noi.
«Quella è Emma», disse Griswold.
Era giovane e tonda come una palla di neve, aveva mammelle bianche che rimbalzavano e un eterno sorriso sulla faccia serena. Venne direttamente da me guardandomi con occhi azzurri luccicanti, e il grugno le tremò per il piacere. Griswold abbassò la mano e lei ci si strusciò contro. Anch’io abbassai la mano e quando il mio palmo toccò il suo naso caldo, sbavò di felicità. Stupido le corse subito accanto, e le leccò le labbra e gli occhi. Era pazzo di lei.
«Quanti anni ha?».
«Due. Me l’ha data il vicino per la messa a punto dei freni».
«Perché sono insieme?».
«L’ha scelto il cane, non io. Saltava sempre nel recinto».
«Succede qualcosa fra loro? Voglio dire, si piacciono?».
Griswold si agitò.
«Niente di personale, Griswold. È un cane molto eccentrico». Sputò del tabacco. «Per la verità ci ha provato un paio di volte, ma lei lo ha sistemato. Ora si comporta bene. Sa che penso? Penso che lui creda che Emma sia sua madre».
La scrofa attraversò il recinto dirigendosi a un rubinetto dal quale gocciolava acqua in una vasca, e Stupido la seguì. Lei bevve, e così lui. Poi Emma trotterellò ancora da noi, guardandomi con passione, e Stupido la raggiunse e le leccò via la paglia dalla schiena liscia. L’ammirava terribilmente.
All’improvviso un umore giocoso si impossessò del cane. Si buttò sulla pancia e abbaiò un paio di volte verso il maiale. Poi partì correndo in circolo, abbaiando, piombandole accanto, gettandosi sulla schiena, provocandola, geloso dell’attenzione che ci dimostrava. Lei grugnì e gli andò dietro sulle sue gambette bianche, e lui si fece raggiungere. Lei lo spinse contro il recinto, con i suoi cento chili che rotolavano addosso al cane che le mordicchiava gentilmente le orecchie. Poi lei perse la pazienza e gli morse una gamba. Con un ululato, lui si diresse zoppicando verso il giaciglio di paglia e ci si stese sopra.
«Avranno nostalgia l’uno dell’altra», dissi.
«Non per molto. Fra un paio di giorni la macello».
Lo fissai. «Macellarla?».
« È un fantastico maiale da pancetta. Guardi che spalle».
Emma mi sorrise come se fossimo dovuti rimanere insieme per sempre.
«Le sparerà?».
«Si appendono per le zampe posteriori e gli si taglia la gola. Così perdono bene tutto il sangue».
Eccolo lì, con la sua faccia calma e barbuta e Pace scritto sulla porta, che pianificava l’assassinio di quell’amabile creatura. Dovetti scappare, via da lui e dal giocoso sorriso di quel maiale adorante. Tirai fuori il portafoglio e gli contai trecento dollari sul suo palmo calloso.
Stupido non si lamentò quando lo tirammo via dal recinto, legato a una fune, ma sembrò piangere in silenzio mentre cercava di liberarsi dalla corda annodata, e l’infelice Emma grugnì e sospirò fino a quando non arrivammo al cancello. Lo issammo nella familiare e chiudemmo lo sportello posteriore. Allora cominciò a ululare, a grattare ai finestrini, scivolando sulle zampe, i suoi urli perforavano le orecchie degli asini lontani e i polli si misero a chiocciare quasi presi dal panico.
Maria.
Guardai ancora nel recinto. Il maiale era sulle zampe posteriori e cercava di vedere oltre lo steccato, ma era troppo basso, e si riusciva a scorgere soltanto il grugno.
Maria.
Salutai Griswold e salii in macchina mentre il cane quasi impazzito saltava e graffiava il finestrino posteriore.
«Le piacerebbe un bell’arrosto di maiale?», disse Griswold.
«Non particolarmente».
«Gliene farò avere uno».
Maria.
«Griswold», dissi. «Sa che farei se fosse mio?».
Sputò del tabacco.
«Lo chiamerei Maria, come mia madre».
«Divertente».
«Non intendo paragonare mia madre a un maiale, Griswold, ma anche lei sorrideva sempre».
«Davvero?».
Misi in moto.
«Quanto vuole per lei, Griswold?».
«Non è in vendita».
«Quanto?».
Si avvicinò e appoggiò le mani sul tetto della macchina.
«La vuole veramente?».
«Sì».
Mi guardò strizzando gli occhi come uno che prende la mira sulla canna del fucile.
«Trecento».
«Detesto essere crudo, Griswold, ma lei è uno stronzo. Affare fatto».
Sorrise.
Levai altri trecento dollari e lui li intascò. Adesso Roma era proprio andata. Feci retromarcia fino al recinto e spingemmo Maria nel bagagliaio. Stupido era fuori di sé dalla felicità, saltava così in alto da picchiare la testa contro il tetto. Grugnendo eccitato, il maiale slittava sul pavimento e alla fine trovò una posizione comoda e sicura in un angolo. Stupido vide una macchia sulla sua pancia e prontamente la cancellò con la lingua.
«Che gli dà da mangiare, Griswold?».
«Spazzatura. Ho un accordo con il Decker Inn. Tutta la spazzatura che voglio per cinque dollari al mese. Lo può fare anche lei. Si porti la pattumiera».
«No, grazie. Da ora in poi questo maiale mangerà solo cereali e grano».
Griswold sputò e mi guardò prendendomi in giro.
«Vuole comprare una buona pattumiera?».
«Ce l’ho già».

(da Il mio cane Stupido - A ovest di Roma - John Fante

Un grazie speciale a Dinamo Seligneri (lui sa perché) :-)

15 commenti:

de spin ha detto...

Io adoro John Fante.

Jonuzza ha detto...

http://www.flickr.com/photos/22858532@N08/6709474195/in/set-72157607287201814

Rita ha detto...

Io pure. :-)
Mi sa che ne avevamo già parlato infatti, proprio anche con Dinamo.
Ciao De Spin. :-)

Rita ha detto...

Grazie Jonuzza per aver a tua volta condiviso. :-)
Dev'essere stato un convegno interessante, tu c'eri andata?
E' un tuo collega?
Fa piacere sapere che tanti filosofi si interessano degli animali. :-)
Un caro saluto (ho iniziato a leggere il tuo libro... caspita ci sono così tanti bei riferimenti letterari, all'arte... davvero una sorta di stream of cosciusness della memoria, sono ancora agli inizi però).

Volpina ha detto...

Ommioddio devo leggerlo... stupendo sto pezzo.Il cuore mi è andato in frantumi quando ho letto "macellarla" ma si è ricomposto quando l'autore ha salvato la scrofetta... stupendi!!!!!

Dinamo Seligneri ha detto...

:)))

Ci sono tante sequenze straordinarie in quel lungo racconto, questa è una di quelle. Bellissima sia per scrittura che per sostanza. Fante è tanta roba non c'è niente da fare.

Sono contento che hai letto:)

Buona giornata a tutti

Rita ha detto...

Volpina, questo primo racconto narra le vicende, o meglio il rapporto che lo scrittore/sceneggiatore Molise (alter ego di John Fante), di origini italiane, ma che vive a Los Angeles, intrattiene con sua moglie ed i figli. In mezzo ci si mette un cane, Stupido, che trovano una sera nel giardino. Diciamo che il cane fa da collante a tutta una serie di situazioni in cui Henry Molise poi riflette sulla propria vita, e la vita in genere, le sue aspirazioni, la sua famiglia e tante altre cose.
Se non conosci John Fante, oltre a questo ti consiglio Chiedi alla polvere (che fa parte di una saga, la saga Bandini) e La confraternita del Chianti, che invece fa parte della saga Molise.

Rita ha detto...

Ciao Dinamo,
mi è piaciuto davvero tanto, grande scrittura, lucida, intensa e tanta sostanza, sì.
Buona giornata a te. :-)

Martigot ha detto...

Sai che non ho mai letto John Fante, non so perché. Molto bello questo estratto, si vede subito che sa scrivere :-)
Apprezzo anche moltissimo il salvataggio di Emma, mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo. Perché sopporto tutto in un libro o in un film tranne quando un animale fa una brutta fine :-)

Rita ha detto...

Ciao Martigot,
John Fante è stato un grandissimo scrittore, se vuoi avvicinarti a lui ti consiglio, per cominciare, i due romanzi che ho segnalato nel commento sopra in risposta a Volpina.
Anche io mi sono rammaricata quando ho letto che Griswold voleva macellare Emma, ma poi ho sperato nel buon cuore di Henry Molise e infatti non mi ha delusa. :-)

Zac ha detto...

Ah be', io sono un fan sfegatato di Fante, e pure di Ginsberg, Borroughs, Kerouac e di tutta la beat generation, ho sempre pensato che chi ama leggere non puo' esimersi dal "frequentare" questi scrittori.

Pensa, quando Hemingway scrisse per chi suona la campana, fece scrivere a John la frase che apre il libro in terza pagina:

"Ogni morte d'uomo mi riduce, perché io faccio parte dell'umanità.
E, dunque, non chiedere mai per chi suona la campana. Essa suona per te"

Un genio.

Ciao
Zac

Zac ha detto...

Scordavo, leggiti "Chiedi alla polvere", forse il suo capolavoro.

Rita ha detto...

Ciao Zac,
ho letto Chiedi alla polvere, infatti lo consigliavo anche a Volpina e Martigot; io e Arturo Bandini siamo vecchi amici, conosco tutta la saga. ;-) Anzi, Chiedi alla polvere è stato proprio il suo primo romanzo che ho letto e quello che mi ha fatto innamorare della sua scrittura.
Il film l'hai visto? Io solo la prima parte, poi mi si ruppe il dvd (preso a noleggio) e non ho più avuto l'occasione di riprenderlo. Non mi sembrava malaccio però.

Straordinaria la frase in Per chi suona la campana, non sapevo che l'avesse scritta John Fante, è un romanzo che ho letto da ragazzina, in effetti dovrei riprenderlo in mano pure se Hemingway non è tra i miei autori preferiti (ne riconosco la grandezza, ma non riesce a toccare le mie corde come altri scrittori hanno saputo fare).

Zac ha detto...

Visto quando lo diedero su sky, nulla a che fare con il libro, un film discreto, nulla piu'.
Per intendersi, se hai letto "La versione di Barney" del mitico Mordecai, ecco, non andare a vedere il film che ne hanno tratto.

Rita ha detto...

Concordo Zac, ho letto La versione di Barney e visto il film, che infatti non mi è piaciuto. Diciamo che sono rari i film tratti da opere letterarie in grado di restituire lo spirito ed il valore di quest'ultimi.
Un saluto :-)