martedì 6 novembre 2012

La gatta che guardava la luna



All’incirca sette o otto anni fa capitò che io e il mio compagno ospitammo una gattina per un periodo. Proveniva da una colonia della casa di campagna di mio cognato - dove si recava a giorni alterni per distribuire il cibo umido (lasciando poi sempre a disposizione i croccantini) - e necessitava di cure giornaliere perché era malata e sofferente di reni.
Io accolsi quasi con indifferenza l’arrivo di questa gattina in casa, ossia, detti senza remora alcuna il mio consenso ad ospitarla per poterla curare, ma, un po’ perché sapevo che sarebbe stata una sistemazione temporanea (era previsto che dopo le cure tornasse nella colonia in campagna), un po’ perché all’epoca avevo scarsa confidenza con i gatti, non è che sin da subito le prestassi moltissima attenzione; oggi me ne pento moltissimo, se tornassi indietro la riempirei di coccole e attenzioni, pure perché, purtroppo, durante la permanenza in casa nostra la sua patologia andò peggiorando, nonostante le cure giornaliere, e alla fine fummo costretti a farla sopprimere (per evitarle un accanimento terapeutico inutile, essendo arrivati comunque a un punto in cui non c’era più nulla da fare e in cui mostrava segni di sempre maggiore sofferenza e dolore).
Come dicevo, io all’epoca non conoscevo i gatti, li avevo certamente visti mille volte, ma senza mai aver prestato loro particolare attenzione; diciamo che ero quella che in gergo si definisce più una “canara”, che “gattara”, avendo avuto cani sin da quando ero bambina, ma mai gatti (oggi invece convivo con diversi gatti e un cane, più, last, but not least, il mio compagno, e sono diventata decisamente un’esperta gattofila).
Non sapevo quindi come interagire con questa gattina, e nemmeno ci provavo più di tanto. Certamente le davo da mangiare, da bere, le avevo preparato la cassettina per la lettiera, ogni tanto le dicevo “micia micia” con tono affettuoso, ma nulla di più.
Poi una sera accadde qualcosa di straordinario, una vera e propria epifania. Un qualcosa che rese comprensibile la meraviglia dell’altro da me, dell’altro animale in quanto individuo unico e singolare. Non so se riuscirò a spiegare con le parole quel che provai, ma farò un tentativo.
Ero uscita sul terrazzo per fumare una sigaretta, era una bella serata estiva, l’aria calda, ma non opprimente, una brezza leggera. Silenzio. Mi guardai attorno osservando i vari vasi di fiori, le finestre dei palazzi di fronte, la strada sottostante. Poi a un certo punto abbassai gli occhi a terra e la vidi. Vidi la gattina poggiata sulle zampe posteriori, completamente immobile, il musetto rivolto all’insù, verso una luna piena bellissima. Anzi, fu proprio proseguendo la direzione del suo sguardo che potei notare quella bella luna, che poc'anzi, nascosta dai palazzi, mi era sfuggita. Lei non si accorse di me, continuava a starsene lì, a osservare la luna, i baffetti tremolanti alla brezza leggera ben visibili in controluce, i suoi occhioni sgranati, colmi di stupore e meraviglia, di quello stupore e meraviglia che ho visto solo nei bambini piccoli. Fu immediato, il cuore mi si strinse in una morsa, un’inspiegabile e improvvisa commozione mi mosse quasi al pianto. Vederla lì, nel suo pieno esistere per sé stessa (e non già per noi umani, o come merce da vendere nei negozi), piena di curiosità verso il mondo e al contempo completamente indifesa, vulnerabile nel suo essere un corpicino esposto al mondo, gettato in quella rete in cui tutti i viventi si dibattono per restare vivi, mi fece comprendere la meraviglia della sua unicità. Che è cosa banale da dire, me ne rendo conto, ma sentirlo, viverlo nel profondo è tutto un altro paio di maniche. In quel momento io smisi di vedere “un gatto”, ossia un esemplare qualsiasi della specie gatto, e ho visto invece un altro essere, un essere pieno di aspettative verso il mondo e la vita; un essere che vive la sua vita indipendentemente dal nostro sguardo e dalla considerazione che noi abbiamo di esso, un essere che guarda la luna con i suoi occhi e la pensa, la sogna, la vive a modo suo, un essere che è soggetto della sua propria vita, vita che nessuno ha il diritto di calpestare, un essere che vuole vivere e che conduce la propria esistenza indipendentemente da noi. Direte, bella scoperta, eppure non ci giurerei che sia così scontato pensare agli altri animali come a qualcuno che esiste non già in funzione di qualcos'altro, ma per sé stesso. Qualcuno che tanto più appare fiducioso, pieno di meraviglia e curioso verso un mondo ancora tutto da sperimentare, quanto più appare anche indifeso, vulnerabile. 
Pensiamo spesso di essere gli unici soggetti che hanno un’idea del mondo, eppure sono certa che quella gattina, quella sera, stesse osservando e vedendo la luna esattamente come la osservo e vedo io. Magari non avrà sognato di poterci andare, magari non si sarà interrogata sui misteri dell’universo, ma ha gioito di esso, con tutti i suoi misteri, lo ha vissuto appieno, nell’immediatezza del momento e, sono certa, meglio di quanto abbia saputo farlo io. Ché quello che ci frega, a noi esseri umani, è questa capacità astratta che abbiamo di saperci raccontare il mondo - attraverso i miti, la storia, l’arte - ma di non saperlo vivere appieno, nel vissuto unico e irripetibile dell’attimo che è l’unica forma di eternità che ci sarà mai concessa.
Da quella sera qualcosa è cambiato in me e se oggi sono quella che sono è anche perché la gattina che osservava la luna mi ha aperto una strada. Con quegli occhioni verdissimi e luccicanti rivolti all’insù mi ha mostrato qualcosa di più della bella luna piena; mi ha mostrato sé stessa. Ed io l’ho vista e da allora mai più dimenticata.

19 commenti:

Martigot ha detto...

Che bel racconto, Biancaneve! E' vero, come dici tu, è quando smettiamo finalmente di considerare gli animali sempre in funzione nostra che li rendiamo davvero liberi e, presumibilmente, impariamo a rispettare la loro vita perché comprendiamo che essa, pur con le sue evidenti differenze"strutturali", è assolutamente pari alla nostra :-)

A proposito di gatti, domenica stavo guardando il Gran Premio di Abu Dhabi con mio papà. Ad un certo punto compare Freud sulla terrazza. Pioveva, ma lui niente, si è piazzato attaccato alla vetrata e se ne è stato lì a fissarci per lungo tempo con il suo sguardo da gufo frammisto all'aria da poveraccio senza dimora...E' veramente un ospite equivoco. Come si fa a guardare in pace un gran premio con uno che ti fissa così dalla finestra? :-)
Io l'avrei anche fatto entrare ma quest'idea è stata subito bocciata vista la sua nota abitudine di marcare simpaticamente angoli di casa nostra...

ciao :-)

de spin ha detto...

Semplificando potrei dire, ispirato dalle tue parole, che gli animali mi sembrano totalmente "realizzati". Tutti gli animali. Noi umani siamo credo gli unici nel mondo animale a soffrire il senso di separazione. Il nostro ego abnormemente sviluppato fa sì che la nostra vita sia più o meno una sofferenza continua. La luna non la sappiamo guardare, siamo troppo impegnati a pensare, magari alla luna che ci sarà domani.
Gli animali invece sanno godere della pienezza della vita in ogni momento, e se hanno la fortuna di non essere oggetto di interesse da parte degli uomini, vivono felici perfettamente in armonia con la natura e con se stessi.
Noi abbiamo solo da poter imparare dagli animali.
Noi con le nostre grosse teste "pensanti" e disperate.

Rita ha detto...

@ Martigot

Grazie, sono contenta che ti sia piaciuto questo mio resoconto di una sera di qualche anno fa, era un po' che pensavo di scriverlo, ma non trovavo mai l'ispirazione.

Freud con me l'avrebbe avuta vinta, non so resistere a due occhioni di gatto che ti supplicano di entrare. :-D
(tieni presente che noi a casa abbiamo un'unica stanza in cui, in teoria, sarebbe vietato l'ingresso ai gatti, ma... manco a dirlo, alla fine riescono sempre a spuntarla). ;-)

Rita ha detto...

@ De Spin

Esatto, io anche penso che noi come specie siamo la più condannata a soffrire perché non riusciamo mai ad essere nel mondo pienamente, sempre con la testa rivolta ad altrove, ad un futuro che ancora non esiste, ad immaginare fatti e cose che mai si realizzeranno nella maniera in cui li pensiamo, a farci del male pensando continuamente alla morte, alle malattie, sempre a temere gli imprevisti.
A volte mi capita pure di pensare che noi in realtà siamo la specie meno evoluta e questo perché consideriamo la natura altro da noi, come una sorta di laboratorio su cui poter agire e sperimentare i fenomeni, mentre gli altri animali si limitano a viverci non già perché incapaci di fare altro o di modificarla, ma perché hanno semplicemente capito che tutte le sovrastrutture culturali sono come tante gabbie e prigioni in cui ci imprigioniamo.
La cultura è una ragnatela che l'uomo ha intessuto ed in cui è rimasto invischiato (diceva, all'incirca, Max Weber).
Negli altri animali, dici bene, non c'è questa separazione del sé come altro dalla natura e dall'habitat e, di conseguenza, non essendoci stata rottura, non c'è stata ferita e quindi nemmeno dolore. Gli animali stanno male solo a causa nostra e noi stessi stiamo male a causa nostra. Abbiamo un ego ipertrofico, come un tumore impazzito.

Chumani ha detto...

Gli animali e la luna hanno una relazione che sfugge ai nostri occhi e alla nostra mente troppo piccola.
Lasciamo perdere i lupi che ululano alla luna: non è che hanno in programma di visitarla: la osservano, la sentono; vivono le loro sensazioni.
Ti sembrerà folle, ma il mio coniglietto osserva rapito le farfalle che si posano sui fiori e la luna lo affascina da morire.
Quando è piena e lui riposa nella sua tana, lo sistemo sempre in modo che possa rimirarla.
Non è prevista una sua spedizione.
Baci:))

Rita ha detto...

Ciao Keiko, sì, è vero, gli animali hanno questo rapporto privilegiato con la luna, ma non solo, con tutto l'ambiente naturale che li circonda. I miei gatti, per dire, osservano affascinati anche la pioggia, si mettono dietro il vetro e la guardano cadere per ore intere, così come la neve, ascoltano il vento ecc.; pensa che anche noi animali umani una volta eravamo così, avevamo capacità sensitive di ascoltare la natura e poi abbiamo dimenticato, è come se certi sensi si fossero atrofizzati per far crescere sempre più il cervello. Abbiamo, per così dire, messo a riposo alcune capacità per privilegiarne altre.
Esiste anche un libro (del quale ho mimato il titolo) che si intitola "Il maiale che cantava alla luna" e che racconta della vita emotiva degli animali da fattoria. Non l'ho letto, ma ne ho sempre sentito parlare e prima o poi dovrò decidermi a farlo.
Un bacione al coniglietto. :-)

Rita ha detto...

P.S.: e comunque quant'è bella la foto che ho messo?
L'ho trovata in rete, ma trovo che nessun'altra avrebbe potuto essere più appropriata (e, per inciso, la gattina di cui parlo somigliava proprio a quella/o della foto). :-)

Alessandro Cassano ha detto...

Bellissimo racconto. Peccato che la gattina in questione sia volata via...
A volte vorrei che la mia adorata micia potesse parlarmi per qualche istante, dirmi da dove viene e cos'ha vissuto prima che la portassi via dalla strada.
In quegli occhioni grandi e dolci c'è un universo inaccessibile a noi poveri umani...

Volpina ha detto...

"C'era una volta una gatta, che aveva una macchia nera sul muso e una vecchia soffitta vicino al mare con una finestra, ad un passo dal cielo bluuu"
Ho subito pensato a questa canzone quando ho letto il tuo racconto.
E si, i gatti sono grandi maestri di vita. Io li ho sempre amati sin da piccola, ma solo crescendo e diventando vegana ho compreso appieno il significato della vita di ogni singolo.
Purtroppo per la maggior parte degli esseri umani, gli animali vivono solo perchè madre natura li ha creati o per mangiarsi gli uni con gli altri, o ANCORA PEGGIO!...per essere mangiati dagli umani.
Ma se li si osserva come hai fatto tu, si rimane paralizzati dallo stupore... tutti gli animali sono creature profondissime e se solo potessimo entrare nel loro cuore o nel loro cervello per un ssecondo, sono sicura che ci scoppierebbe la testa. Sono stupendi.

Rita ha detto...

@ Alessandro

Uno dei miei sogni più grandi è proprio quello di poter riuscire proprio ad entrare nella testa di un gatto (o qualsiasi altro animale) per almeno qualche minuto. :-)
C'è un raccontino di McEwan ne L'inventore dei sogni in cui un bambino per l'appunto riesce a scambiarsi il corpo e la mente con il proprio gatto (o qualcosa del genere, l'ho letto tanto tempo fa).
Dai un bacione alla tua miciona. Quella del racconto, sì, poverina, non ce l'ha fatta, ma comunque era anzianetta ed aveva vissuto una bella vita, libera con tanto spazio a disposizione in campagna, ma al contempo accudita, con ripari appropriati dal freddo e dalla pioggia. E comunque non smetterò mai di ricordarla.

Rita ha detto...

@ Volpina

Carissima, che dire? Perfattamente d'accordo con quanto dici, "se solo potessimo entrare nel loro cuore o nel loro cervello per un secondo, sono sicura che ci scoppierebbe la testa". Già, ci scoppierebbe dalla meraviglia.

Come va in quel di Londra? :-)

Hai mai letto il libro, tratto da una storia vera, "Io e Dewey"?

http://www.unilibro.it/libro/myron-vicki-witter-bret/io-e-dewey/9788820046026

Commoventissimo. Bellissimo. Te lo consiglio, cercalo che lo trovi sicuramente anche a Londra perché tanto è scritto in lingua originale inglese, essendo l'autrice americana.

Un bacione.


Emmeggì ha detto...

I gatti adorano la Luna...perchè sono viaggiatori iperspecializzati (e accessoriati!) del "Mondo delle Ombre". Secondo me avete avuto un momento di pura comunicazione interiore, sottile. I gatti li regalano spesso e a profusione, a osservarli e ascoltarli con attenzione :-)

Rita ha detto...

Ciao Emmeggì. :-)

I gatti sono proprio creature meravigliose, mi ritengo molto fortunata per averli potuti conoscere, hanno arricchito moltissimo la mia vita. :-)
Prima o poi dovrò fare un bel post con le loro foto.

Come va, tutto bene?

Alessandro Cassano ha detto...

Tempo fa, su un mio vecchio blog ormai chiuso da tempo, raccontai la (travagliata) storia della mia miciona...
Se ti va che imbratti il tuo blog con un "guest post" (aaarrggh gli inglesismi!) te la mando volentieri :)))

Rita ha detto...

Sì, certo, mi farebbe piacere, manda pure. :-)

Alessandro Cassano ha detto...

mandato via email :)

Sara ha detto...

I gatti sono magici, io non riesco a immaginare la vita senza di loro.

Giovanni ha detto...

Come dagli eventi intimi della quotidianità, una normalssima sera in terrazza, possono crearsi pensieri e aperturer emozionanti. Un bellissimo racconto di storia vera, Rita. Che bello leggerlo, meglio tardi che mai! :)

Rita ha detto...

Grazie Giovanni. :-)