venerdì 11 ottobre 2013

Visioni grottesche





Ieri sera sono stata a un evento culturale (presentazione nuova corrente pittorica denominata "effettismo"), ha parlato questo pittore molto bravo, il quale ha anche presentato un suo libro, un manuale di pittura rivolto ai principianti e poi a seguire un critico d'arte. Sono stati mostrati e "raccontati" alcuni dipinti appartenenti a questa corrente. Tutto molto interessante.
Alla fine, com'è sempre solitamente in questi eventi, è stato offerto un buffet.
Mi sono avvicinata timidamente già sapendo che al massimo avrei potuto mangiare qualche olivetta e infatti non mi sbagliavo: era tutto un tripudio di tramezzini e panini al prosciutto, salame, formaggio, maionese, gamberetti, salmone, mortadella e altri tipi di carne e derivati.
Mi sono messa da una parte a osservare tutte queste persone sensibili all'arte che si riempivano la bocca di parole come luce, colori, natura, chiaro-scuri, pennellate, emozioni, sentimenti, stati d'animo e poi al contempo di pezzi di cadaveri.
Le bocche spalancate, la frenesia del riempiersi il piatto, le spintonate e gomitate per accaparrarsi l'ultima pizzetta.
Più osservavo e più vedevo queste bocche spalancarsi e distorcersi in un ghigno grottesco mentre il suono delle parole appariva sempre più sovrastato da un incessante lavorìo delle mascelle simile al suono di una macina tritatutto.
Signore vestite bon ton – tic tac tic tac dei tacchi a spillo sul parquet - e signori in giacca e cravatta che fingevano di interessarsi ai dipinti – “il vino bianco non è male, hai provato il cornetto salato al prosciutto? Hmmmm, delizioso, dolcissimo, si scioglie in bocca” – l’ennesima finzione borghese che va in scena.

È in momenti come questi – in cui la vita mi appare nel pieno della sua falsità e illusorietà - che penso che l’antispecismo sia solo un’utopia e che alla fine l’unica cosa reale, vera, concreta che conti sia salvare più vite possibili.
Ma... salvate da cosa se poi si deve comunque morire?
Salvate da noi, stolti appartenenti alla specie umana che osiamo ostentare in maniera così tronfia la nostra presunta superiorità mentale e morale solo perché, con un pennello in mano, siamo capaci di riprodurre l’ombra di un pino in un viale assolato, eppure sordi al lamento di chi da quell’ombra sotto cui stava placidamente avvoltolandosi è stato brutalmente strappato.
Incapaci di vivere la placida beatitudine dei sensi, cerchiamo di riprodurre gli stessi “effetti” della natura, quando basterebbe semplicemente imparare a contemplare.
No, no, a noi non basta contemplare, osservare, fare il pieno di bellezza, noi dobbiamo possedere, bramare, distruggere e poi, incapaci di cogliere e apprezzare il vero, imitare, riprodurre, recitare. 

Ci crediamo elevati di spirito perché traiamo piacere dall'arte, ma disconosciamo la vera bellezza tentando volgarmente di riprodurla. 

A proposito di bellezza... c'è una frase nel film La Grande Bellezza di Sorrentino che mi ha molto colpito, semplice, ma vera: "la povertà non si racconta. Si vive".
La stessa riflessione può essere applicata alla vita, all'amore, all'arte. La vita non si racconta, ma si vive. L'amore non si racconta, ma si vive. L'arte non si racconta, ma si vive e così via. 

Eppure la nostra specie non fa che raccontarsi, autorappresentarsi, glorificarsi e innalzarsi. 

E invece non ci resta che sprofondare davanti agli occhi del cucciolo che con stupore, di fronte alla mannaia alzata su di lui, si domanda: perché?

5 commenti:

Erika ha detto...

Ma loro forse non sanno che il veganismo è la via della felicità

Alessandro Cassano ha detto...

Qualche giorno fa, in un ipermercato, ho visto l'orrore delle aragoste tenute in stretti "acquari" con le chele bloccate da nastri adesivi in attesa che il mangiacadaveri di turno le scegliesse come cena.

Non ho più idea di cosa dire, mi sembra tutto surreale, atroce.

Erika ha detto...

Alessandro io una volta ero al supermercato e c'era il banco del pesce ( o per maggior rispetto: dei pesci ) e c'erano aragoste ancora vive, arriva un signore anziano e le compra, gliele mettono in un cartoccio mi sembra, io guarda sono stata tentata di dire: gliele compro io ma non le uccida, rimettiamole in mare ma non avevo i soldi ( costano molto ) e poi la vendita è avvenuta in un attimo, ma io dico come si fa! come si fa!!!!

Massimo ha detto...

Quelle con le chele mi sa che sono astici ... in ogni caso è vero, è disgustosa questa pretesa di superiorità umana e l'indifferenza verso il dolore animale. Allucinanti poi sono quegli ormai infiniti programmi di cucina dove ti affettano di tutto elogiando la compattezza della carne o i mille modi si sfilettare un pesce o tagliare a pezzettini un pollo ecc. ecc. Sembra che a questi idioti sia rimasto solo il mangiare, neanche fossimo in tempo di carestia. In realtà siamo in piena carestia spirituale, questo sì.
Ciao

Rita ha detto...

@ Erika

A Roma è vietato tenere crostacei vivi sul ghiaccio, purtroppo non è vietato venderli, ma devono stare in acquari appositi. Se ti capitasse di vederne, puoi fare esposto o chiamare i vigili.

@ Massimo

Ultimamente va anche tanto di moda fotografare il cibo; immortalare il piatto appena servito al ristorante pare che sia molto "trandy".
Su FB si condividono spesso foto di piatti vegani, però in questo caso c'è uno scopo, ossia far capire che si può mangiare in maniera varia e succulenta anche senza animali e derivati animali, il senso è quello di informare.

E comunque hai fatto un'osservazione giusta: abbiamo talmente una penuria spirituale, che per compensare forse dobbiamo ostentare la sovrabbondanza del cibo.

Ho letto il tuo ultimo pezzo, davvero molto bello.