lunedì 28 luglio 2014

Una risposta a Renato Massa che ha definito "l'animalismo estremista: una patologia sociale"


Il sistema più comune ed efficace per indebolire un movimento consiste nel ‘far fuori l’ambasciatore’.  

Se si discredita chi comunica il messaggio, esso perde credibilità. Questa strategia si traduce molto spesso nella traduzione di stereotipi negativi riguardanti gli attivisti come quelli dell’amante degli animali piagnucoloso o del misantropo incazzoso. Tali cliché suggeriscono che il movimento è irrazionale e ostile nei confronti degli ‘outsider”, sposta il focus su immagini distorte degli attivisti, distrae dal problema vero, denigra l’emotività di quella che in fin dei conti è una mera questione emozionale, e può mettere a tacere gli attivisti facendoli sentire delle mammolette.” 

(Melanie Joy – Finalmente la liberazione animale! – Edizioni Sonda, traduzione di Simone Buttazzi)

L’autore del pezzo in oggetto, Renato Massa, anziché confutare un’idea tramite argomentazioni preferisce, con un goffo duplice salto mortale, saltare la stessa a piè pari, avvalendosi di alcuni stratagemmi retorici, due in particolare.

Il primo è quello della creazione di un mostro, “l’adepto psicopatico” (scrive proprio: ” Gli adepti – dobbiamo dirlo con chiarezza – sono essenzialmente persone psicopatiche”) – definito tale per sport, sembrerebbe, in quanto immagino che egli non abbia gli strumenti per poter definire una persona psicopatica e, qualora ne avesse, sarebbe stato appunto interessante che egli avesse approfondito e spiegato i motivi che lo hanno portato a una così violenta e definitiva conclusione (tralasciamo inoltre che qui addirittura ci si azzarda a definire tale un’intera categoria di persone);  per di più, “l’adepto psicopatico” sarebbe a suo dire privo di qualsivoglia istruzione scientifica (da qui debbo dedurne che egli, il Massa, conosca per filo e per segno il curriculum vitae di ogni animalista), detto in altre parole: si costruisce ad arte uno stereotipo, una maschera ridicola e caricaturale, e la si appiccica addosso alla persona che si intende denigrare perché quel che conta – lo scopo di tale operazione artificiosamente retorica – non è discutere un’idea, ma squalificare la persona che ne è portatrice onde squalificare l’intera galassia (stratificata, diversificata ecc.) di cui fa parte.

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2 commenti:

Giò ha detto...

Non so perché, ma non mi stupisce affatto questa modalità di destrutturare le idee E-versive (nel senso latino del termine, da e-vertere, cambiare direzione). Accade tutte le volte che si prova a rimettere in discussione i paradigmi intoccabili, i dogmi, i confini prestabiliti. In definitiva il dogma che si attribuisce ad altri, appartiene a chi, come certe maestrine dalla matita rossa e blu, definisce arbitrariamente ed in modo autocentrico, gerarchie comportamentali, devianze socio-antropologiche, e lo fa eviscerando convincimenti ideologici, pensieri unici! "O con me o sei pazzo", ne è la sintesi definitiva. Ma questa gente può sopportare di tutto (persino le presunte psicopatie altrui) giacché sopporta se stessa!

Rita ha detto...

Ciao Giò, in effetti non stupisce nemmeno a me, mi domando solo come non si sentano ridicoli a riproporre sempre la stessa modalità di (non)dibattito.
Un minimo di dignità sarebbe la salvezza.