martedì 11 novembre 2014

La storia non insegna

Difendere Salvini perché è contro la politica renziana o perché si pone contro i poteri forti dell'Europa, sorvolando sul fatto che sia uno xenofobo populista, pone allo stesso livello di quelli che dicono che in fondo in fondo non tutto è da buttare del fascismo perché almeno quando c'era Mussolini i treni arrivavano in orario.
Uno che sulla sua pagina FB permette che vengano scritti commenti di chiara matrice xenofoba, razzista e nazifascista, che vengano postate foto nostalgiche del duce e di Hitler, che si inneggi alla riapertura dei forni, che si inviti gli organi di controllo statale a usare i manganelli contro chi occupa le case e chi protesta, che si difenda il pensiero omofobo, rimane una persona improponibile.
Peraltro l'apologia del fascismo è un reato.
Io capisco che viviamo in una realtà complessa e che, specialmente in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo (crisi che va oltre il mero aspetto economico) si senta il bisogno di trovare un capro espiatorio, di dare la colpa a qualcuno, ma il problema non sono gli immigrati o i rom come vorrebbe far credere Salvini.
Il problema è il tipo di società che abbiamo costruito basato su un sistema volto ad ottenere il massimo profitto con il minimo di costo. Ossia il capitalismo. Il problema quindi non è l'immigrato che viene sfruttato, ma chi lo sfrutta e il sistema che lo permette, le leggi che consentono la delocalizzazione della produzione e delle risorse, il meccanismo di liquidità che permette lo spostamento di somme stratosferiche di denaro virtuale e i collassi di interi paesi causati dalle speculazioni finanziarie di enormi gruppi privati (che siano multinazionali, banche o poteri finanziari di altro genere). 
Che c'entra il povero immigrato in tutto ciò?
La crisi in Italia è stata creata anche con il beneplacito della sinistra e dei sindacati che hanno acconsentito a legalizzare forme di precariato selvaggio, rendendo la schiavitù un dato di fatto. Il problema non è l'euro, ma il mancato controllo dell'aumento dei prezzi che ci fu nel 2002, semmai.
E il problema è proprio l'impostazione di fondo del lavoro, ossia il credere che per vivere sia necessario lavorare dodici ore al giorno.
Basterebbe ridurre gli orari di lavoro e si aprirebbero spazi e posti in men che non si dica. Lavorare tutti, lavorare di meno. Agevolare chi assume non riducendo gli stipendi dei dipendenti, ma le tasse da pagare allo stato. Sottrarre via via sempre più potere agli organi statali e creare una rete di società formata da tanti singoli e gruppi che si uniscano in solidarietà reciproca e che man mano si sostituiscano allo stato nei privilegi, ma anche nei doveri. Ci vuole consapevolezza civica e politica. Non demandare, ma accollarsi individualmente la gestione e la responsabilità della cosa pubblica, della res publica.
In pochi anni l'economia ripartirebbe e ci sarebbe una società meno stressata e più sana. Più capace di godere del proprio tempo libero (che però è proprio quello che il potere e le sue emanazioni di governo non vogliono perché gente con più tempo libero è gente che pensa di più, che legge di più, che studia di più, in poche parole gente meno facile da plagiare mediaticamente).
Il problema non è cambiare i vertici. Ma la base della società stessa.
Se non si capisce questo, ecco che si finisce col credere al primo fanfarone di turno come Salvini. Ma la storia, diosanto, non vi ha insegnato niente?

4 commenti:

Giovanni ha detto...

A quanto pare, in effetti, non impariamo mai dai fatti del nostro passato.
Anzi, dopo i fatti di salvini, credo che in Italia siamo pronti per un nuovo 'uomo solo al comando', un nuovo dittatore, insomma. E puoi immaginare quanto questa prospettiva mi dia angoscia, cara Rita

Rita ha detto...

Me ne vado dall'Italia se succede questo. Sarà la volta buona che lo faccio.

Erika ha detto...

Rita come sei bella

Rita ha detto...

Erika, grazie. :-)