lunedì 9 maggio 2016

Né superiori, né inferiori: diversi


Un amico mi chiede se animali e uomini sono veramente sullo stesso piano e se abbia senso o meno parlare di superiorità della nostra specie in base al fatto che solo noi saremmo dotati di autocoscienza.
Riporto qui la mia risposta, magari può essere spunto di riflessione per chi ancora parla di uomo e altri animali convinto della superiorità del primo su tutti gli altri:
Non ha senso parlare di superiore e inferiore dal momento che non esiste un minimo comune denominatore al quale rapportarci. Il punto è che parliamo appunto di specie diverse e di intelligenze molto diverse tra loro, ossia di maniere anche sensoriali diverse di esperire la realtà (basti pensare all'ecolocalizzazione del pipistrello al posto della vista). L'evoluzione non è una linea retta, ma assomiglia piuttosto a un cespuglio per cui ogni specie prende strade diverse e si evolve secondo esigenze di adattamento proprie.
La nostra intelligenza è utile a noi per come siamo fatti noi, al pipistrello basta la sua e via dicendo.
Non è vero comunque che solo noi abbiamo l'autocoscienza, oggi la neuroscienza ci informa che almeno i mammiferi, gli uccelli e i pesci hanno comprensione di loro stessi (i polpi posseggono persino i neuroni specchio), esprimono volontà e intenzioni e comunque soffrono, sentono, percepiscono, gioiscono, esperiscono il mondo. Anzi, di recente è uscito un articolo che conferma l'autocoscienza anche negli insetti. Ma ancora stiamo cadendo in una fallacia logica: per quale motivo l'autocoscienza dovrebbe essere scelta come metro di paragone per poi andare a vedere se la posseggono anche le altre specie ed eventualmente escludere dal cerchio degli eletti chi non la possiede?
Noi abbiamo estrapolato delle caratteristiche nostre peculiari e le abbiamo erette a metro comune di paragone per giudicare le altre specie. Ma questo è proprio quello che si chiama antropocentrismo. 
Cosa vuol dire uomo e animale? Di quale animale mi stai parlando intanto? Nella risposta precedente ho provato a farti capire che già mettere dentro un unico calderone migliaia di specie diverse definendole "l'animale" è una prima forma di negazione di tantissimi individui, una prima forma di violenza che esercitiamo senza nemmeno rendercene conto.
Non importa che siamo sullo stesso piano o no, importa il riconoscimento di infiniti piani su cui si muovono e vivono infiniti altri individui. Questo significa riconoscere e rispettare l'altro da sé. 
Perché mai una differenza nelle capacità cognitive dovrebbe legittimarmi il dominio di altri individui? Per lo stesso motivo dovremmo allora giustificare lo sfruttamento di persone cerebrolese o comunque mancanti di alcune funzioni cognitive? E qui lo specista di turno risponderebbe: eh, ma un conto sono gli animali e un conto gli esseri umani. Il che non fa altro che riportarci al punto di partenza, ossia confermarci che lo specismo è sì un pregiudizio, ma non ha base logica perché se usiamo la stessa obiezione a proposito della nostra specie, essa viene immediatamente a cadere.
Invece parliamo di diversità e sosteniamo che dovremmo rispettarle. Non diciamo che un animale umano e un maiale siano uguali, ma che vadano rispettati entrambi perché comunque entrambi sono soggetti della propria vita, anche se il maiale lo è in maniera differente dalla tua.

2 commenti:

Ludovico ha detto...

Bella riflessione, concordo in pieno. Se avessimo il naso dei cani (ovvero il loro sistema olfattivo) probabilmente inizieremmo a chiederci fino a che punto gli altri animali abbiano un olfatto sviluppato come il nostro, così prenderemmo scimpanzè e li rinchiuderemmo in laboratorio per sottoporli a migliaia di esperimenti sull'olfatto al solo scopo di dimostrare che, alla fin fine, solo noi abbiamo un olfatto così sviluppato, solo noi siamo in grado di esperire l'"autocoscienza olfattiva" e quindi possiamo affermare compiaciuti di essere superiori a tutti gli altri animali.

Rita ha detto...

Esattamente!
Grazie Ludovico.