sabato 14 gennaio 2017

I miserabili


Ogni tanto penso a quanto debba essere triste e povera la vita di chi non si sa relazionare con gli altri animali. Di chi non riesce nemmeno a vederli, gli altri animali, se non attraverso le lenti offuscanti del pregiudizio e dello specismo.
La maggior parte delle persone che incontra un gatto, o un cane, dice: "toh, un gatto", oppure "toh, un cane". Pensa cioè di aver incontrato un rappresentante di quella specie e che uno valga l'altro poiché tutti hanno gli stessi identici comportamenti di specie e se poi qualcuno fa qualcosa di particolare allora si è subito pronti a bollarla con l'etichetta di "istinto".
Invece, al di là delle caratteristiche di specie condivise - che abbiamo anche noi, in quanto animali, giacché, al di là delle differenze, tutti noi homo sapiens in certi contesti ci comportiamo più o meno alla stessa maniera e di certo non possiamo fare cose che non sono contemplate nella nostra etologia - ogni animale è un individuo singolo dotato di un proprio carattere e dall'incontro con ciascuno ne deriva una particolare e unica relazione. 
Abitare il mondo convinti che gli altri esseri viventi siano solo parte indistinta della natura a fare da sfondo alle nostre gesta - le uniche che valgano! - è davvero miope. E tutto ciò mi mette una tristezza infinita, mi fa sentire scoraggiata e amareggiata.
Ci vantiamo di essere una specie superiore perché abbiamo sete di conoscenza e curiosità, eppure quando incontriamo gli altri animali li liquidiamo con sufficienza e persino disprezzo. 
Per non parlare di quello che facciamo agli animali che vengono definiti "da reddito". Oppressi, violentati, trasformati in prodotti alimentari o indumenti di vestiario.
Spazzare via il mondo interiore di miliardi di individui, riducendoli a oggetti, non è solo criminale, è proprio miserevole, ossia ci rende una specie ottusa, stupida, arida, cinica, miope. Siamo dei miserabili!
È più vasto l'orizzonte di un cucciolo di bovino che si affaccia al mondo - per quanto gli venga brutalmente limitato da una gabbia - che quello di un umano che in esso è capace di vedere solo "carne bianca". 


8 commenti:

elo ha detto...

Grazie amore. Bravissima. Mi hai commossa

Rita ha detto...

Grazie a te tesoro. Tvb.

Giovanni ha detto...

Noi umani non sappiamo più incontrare, abbiamo dimenticato come si fa, anche se ne parliamo tanto, spesso, forse troppo. NOn vediamo più nessuno degli altri abitanti con cui siamno insieme sulla Terra. Ci siamo rinchiusi in una volontaria prigione

Chiara ha detto...

Cara Rita, è molto che ti seguo, ma la prima volta che scrivo qui un commento...
Da anni ormai penso che chi non ama gli animali non ama nemmeno le persone. E nemmeno se stesso. Perché gli animali sono gli innocenti, esattamente come i bambini, e amare gli animali significa amare ed essere in contatto con il bimbo che è dentro ognuno di noi.
Per quanto riguarda invece chi gli animali li ama, ma mangia carne e derivati animali, semplicemente queste persone voltano la testa dall'altra parte, ovvero fanno ciò che agli uomini riesce meglio in assoluto.

Rita ha detto...

Ciao Chiara, sì, chi afferma di amare gli animali e poi li mangia semplicemente si rifiuta di affrontare la questione, rimuovendola. E purtroppo temo tu abbia ragione, la maggior parte delle persone è egoista e pensa solo al proprio orticello, anche se poi alla fine diventare vegani è più semplice di quello che uno si possa immaginare, specialmente oggi che si trova praticamente tutto a portata di mano.
In quanto a chi non ama proprio gli animali, eh beh, come ho scritto nel post, è una persona povera, miserabile, non sa cosa si perde e sì, probabilmente, essendo arida, non ama nemmeno i propri simili e se stessa. Condivido. Che poi son quelle che spesso ti redarguiscono dicendo che bisogna pensare prima agli umani, quando loro non fanno nulla né per i primi, né per i secondi.
Grazie per il commento. Alla prossima. :-)

Rita ha detto...

Giovanni, verissimo, ed è paradossale che la nostra epoca venga definita proprio quella della comunicazione massima grazie ai social.

Purtroppo si comunica sempre più in maniera virtuale e si tende ad avere persino relazioni di questo tipo. Così è più facile mettersi in gioco, o meglio, non mettersi in gioco e quando qualcosa va storto basta un clic per salutarsi definitivamente. In realtà siamo sempre più isolati e in questo contesto pure gli animali vengono del tutto dimenticati e ignorati.

Giovanni ha detto...

Rita, hai descritto il paradosso della rete! ci illudiamo di essere in contatto con tutti, con tutto il mondo, invece siamo più isolati e rinchiusi che mai. non ci fidiamo nemmeno più del nostro corpo, e abbiamo paura della corporeità, dlela fisicità. Non ci abbracciamo più, per esmepio, ma anche censuriamo ogni espressione fisica. Percò , io credo, viviamo nella paura, e chi ci fa più paura di tutti, sono proprio gli animali non umani (ma prima o poi bisognerà trovasre una parola che non sia così brutta per poterli chiamare in un discorso!) che vivono in tutta pienezza tutta la sensualità della esistenza

Rita ha detto...

Esatto. Abbiamo paura degli altri animali perché in fondo poi ci ricordano che siamo animali anche noi.
Ne avevo parlato qui: http://www.ildolcedomani.com/2012/07/chi-ha-paura-degli-animali.html