sabato 18 febbraio 2017

Come Tom Regan mi ha cambiato la vita


Nel 2008 ho letto i I diritti animali (The case for Animal Rights) di Tom Regan. Alla fine del libro mi decisi a diventare vegetariana. Lui mi aveva fatto capire che non avevo più scuse per continuare a giustificare lo sfruttamento degli altri animali. Con argomentazioni logiche, razionali, analitiche mi aveva convinta che tutto quello che avevo sempre pensato riguardo al mangiar carne fosse solo un pregiudizio, una maniera di pensare radicata e antica che però non ha mai davvero avuto solide base argomentative. 
Tutto il mondo in cui avevo creduto fino a quel momento crollò come un castello di carte. Mi misi seriamente in discussione e da lì iniziai un percorso che mi ha portata dove sono oggi, a fare dell'attivismo per la liberazione animale il centro della mia esistenza. 
Qualche anno dopo, forse solo un anno dopo, ebbi l'opportunità di incontrarlo durante una serata organizzata dalla Lav. L'occasione era quella della presentazione del suo nuovo libro, Gabbie Vuote e, se non ricordo male, della presentazione della Lav del progetto Cambiamenù per divulgare il veganismo.
Mi aspettavo un filosofo austero, magari poco confidenziale. E invece mi trovai davanti un uomo gentilissimo, umile, sorridente, dall'eloquio brillante e coinvolgente. Era accompagnato dalla moglie, altrettanto gentile e umile. Sembravano una coppia davvero affiatata. Prima della presentazione - io e mio marito eravamo arrivati con largo anticipo - avemmo modo di fargli delle domande. Con meravigliosa disponibilità si mise seduto al tavolo con noi e parlammo un po', ponendogli questioni per noi, novellini dell'antispecismo, abbastanza cruciali. In particolare gli chiedemmo come avremmo potuto continuare a fare, nell'attuale mondo e società, le normali cose che si fanno tutti i giorni, visto che ogni cosa è implicata nello sfruttamento degli animali e che, se si assume una prospettiva antispecista che presuppone che si abbia verso gli animali lo stesso trattamento morale che abbiamo verso i nostri simili, allora dovremmo esimerci dal fare anche cose come andare in auto o prendere un aereo (avevamo da poco saputo che gli stormi di uccelli spesso rimangono incastrati nei motori degli aerei, facendo una fine orribile). Insomma, avevamo tanti dubbi (li abbiamo ancora) ed eravamo assetati di risposte che potessero placare un poco quel nostro sconcerto derivante dall'aver appena iniziato a vedere il mondo con altri occhi.
Rispose con molta serietà a ognuna delle nostre domande e alla fine ci disse una cosa che non dimenticherò mai e a cui sono tornata spesso con il pensiero in tutti questi anni. Una cosa cui faccio affidamento costante e che torno a ripetermi ogni volta che mi prende lo sconforto di fronte all'apparente inanità della nostra lotta.
"C'è un centro della ragnatela che dobbiamo combattere. Non dobbiamo distogliere l'attenzione da lì perché quello è il fulcro della lotta. Questo centro sono i mattatoi e gli allevamenti, e anche i laboratori per la vivisezione. Dobbiamo partire da lì, dal combattere queste industrie con i loro meccanismi e poi dopo sarà più facile sconfiggere anche il resto". 
Sembra un discorso abbastanza logico e in effetti lo è. Però a volte lo si dimentica. Quando, nella vita di tutti i giorni, ti trovi davanti decine di situazioni in cui gli animali vengono bistrattati, offesi, picchiati, abusati, è difficile restare lucidi e ci si lascia prendere dalla rabbia e dallo sconforto pensando che mai nulla cambierà.
Invece le cose cambiano, possono cambiare, devono cambiare. 
Tom Regan mi ha insegnato soprattutto questo. A non mollare. A tenere duro. 
E c'è un'altra cosa che ci disse quel giorno: ci invitò all'azione diretta, alla disobbedienza civile. Ci raccontò di tutte le denunce a suo carico per esser entrato dentro strutture in cui si sfruttano gli animali perché per lui l'antispecismo non poteva essere solo teoria, ma era filosofia applicata, concreta, filosofia che si fa azione nella vita di tutti i giorni. Ci disse: "dovete aprire le gabbie e poi, dentro quelle gabbie, al posto degli animali, vi ci fate trovare voi". 
Credeva fermamente nel presentarsi a volto scoperto di fronte alle autorità a ribadire il segno distintivo di una lotta giusta e doverosa, costi quel che costi.
Mentre ci diceva tutte queste cose aveva gli occhi lucidi, l'espressione determinata, ma anche triste. Si vedeva che soffriva per ogni animale ucciso.
Oggi per me è un giorno davvero buio perché sento di aver perso un fratello. Un fratello di lotta. E perché mi rendo conto di non averlo mai ringraziato. In questi anni io e mio marito abbiamo sempre pensato di scrivergli per raccontargli del nostro percorso, per dirgli quanto le sue parole, i suoi libri ci abbiano ispirato e fatto da guida, ma, per un motivo o per un altro, abbiamo sempre rimandato. Fino a che, come spesso accade, non è troppo tardi. 
Ora non posso dirglielo più. Mi rimane un'amarezza difficile da spiegare e un dolore sordo. Come se avessi perso molto di più di un punto di riferimento della lotta; come se avessi perso un amico.
Leggete i suoi libri. C'è chi ritiene ormai superate le sue teorie, ma non è vero, non dategli retta, parte tutto da lì. Anche nella teoria, come nell'attivismo pratico c'è un fulcro da cui partire. Questo fulcro sono I diritti animali, il suo libro più analitico e completo. Non è difficile, al contrario, è illuminante. 
Riscopritelo, ne vale davvero la pena. A me ha cambiato la vita.

13 commenti:

Giovanni ha detto...

ed eccomi a leggerti.
che fortuna che avete avuto, tu e Andrea, a poterlo conoscere di persona. Mi colpisce molto quel che scrivi di lui,a proposito della sua umiltà. Credo che le persone come lui, che hanno fatto già molta strada su questo percorso di consspevolezza, siano tutte davvero umili, nel profondo del loro animo. Possono dare tantissimo, e lo fanno con ccncretezza e leggerezza, com umiltà, proprio.

Adesso, vorrei rileggerlo meglio anche io, come se fosse una lettura per la prima volta.
Dobbiamo - dovremmo - fare le cose che desideriamo quando sentiamo che dobbiamo farle, invece tendiamo a vivere a volte procrastinando. Certo, la vita è impegnativa e si arriva a fine giornata a volte senza risorse, ma si rischia che i giorni si trasformino in anni. Ma a volte, dovremmo - e lo dico soprattutto per esortare me stesso - scrollarci il 'più tardi' via dalle spalle della nostra mente.

Paola Re ha detto...

Molto commovente il ritratto che ne hai fatto.
Sei fortunata ad averlo incontrato.

Rita ha detto...

Ciao Giovanni, sì, siamo stati fortunati a poterlo incontrare e farci due chiacchiere. Io penso che l'umiltà sia il segno distintivo dei veri grandi, di quelli che non hanno bisogno di "tirarsela" per mostrare che valgono. Penso che anche io rileggerò i suoi libri.
Sul procrastinare: sai, c'è un tempo per ogni cosa, a volte rimandare serve perché significa che non è ancora il momento giusto, ma altre invece sono solo occasioni perdute e che non ritorneranno più.

Giovanni ha detto...

Chissà che effetto farà, rileggerli. Magari, sarà come leggere un libro nuovo: noi, non siamo più gli stessi della porima volta, le esperienze getteranno nuove luci, almeno me lo auguro.

Sì, è vero, a volte serrve, temporeggiare, magari aiuta a chiarirsi idee e atteggiamenti e soprattutto stati d'animo e modi di viversi e di esistere.
Altre volte è davvero un perdere occassioni uniche. Non sempre è facile cogliere la differenza.
Ho letto che uno scienziato sociale USa, Steven D. Leavitt, ha condotto un esperimento sociale su qualche migliaio di persone e ha scoperto che, quando si è impaludati nella indecisione, è meglio tirare a sorte che restare dubbiosi. Interessante, a parer mio. Che ne pensi? Quasi quasi vale la pena approfondire...

Rita ha detto...

Grazie Paola, sì, mi reputo fortunata, conservo il ricordo di quell'incontro come se fosse avvenuto ieri.

Rita ha detto...

Ciao Giovanni,
interessante questo esperimento. Per quanto mi riguarda, non ho in genere difficoltà a prendere decisioni, non sono queste le situazioni che mi fanno restare ferma, ma altre. Spesso sono pigra e tendo a rimandare gli impegni del quotidiano, anche se poi alla fine rimango una persona molto precisa e rispetto scadenze e impegni. Oppure parto con alcune idee che lì per lì mi sembrano entusiasmanti, ma poi le abbandono sempre per pigrizia o per calo di interesse (vedasi ad esempio idea di scrivere al veterinario dei ricci, che lì per lì sull'onda delle emozioni suscitate dalla lettura mi sembrava ottima, ma che ora penso non essere più così importante. Tu che dici?).

Sì, sicuramente rileggere Regan sarà illuminante perché tante cose le vedremo anche in maniera più critica, altre le capiremo meglio o in maniera diversa.

Giovanni ha detto...

eh! la pigrizia! io la maschero da coccole coi miei cagnolini alla domenica mattina, loro sono felici e goduti ... ma sempre pigrizia rimane! è il quotidiano che dà le fregature, certi impegni arrivanoa pesare. (Dovrei rileggermi anche Tich Nath Han ;) )

la lettera al veterinario dei ricci? Non saprei, io vorrei provare a swcrivere due righe - epoi te le giro; se ti paicciono e se sei d'accordo, le mando a nome di tutti e due...

niko musci ha detto...


questo articolo m ha letteralmente commosso,. grazie mille a voi e al dottor Reagan

Rita ha detto...

Grazie Niko.

Rita ha detto...

Va bene Giovanni, mandamele, sì.

Non conosco Tich Nath Han, di che tratta?

Giovanni ha detto...

Ciao, due parole su Thich Nhat Hanh (c'era qualche 'h' in più :) .
è un monaco zen vietnamitA, ha scritto anche libri di racconti (ovviamente filosofico-meditativi). Di lui avevo letto 'Il miracolo della presenza mentale', che fa parte di quel gruppetto di libri 'spirituali' che desidero conservare. Aiuta a trasformare le proprie azioni , anche le quotidiane, anche le più minime e / o poco gradite (come le famigerate pulizie casalinghe) in modo che siano fonte di gioiosa illumianzione. Si pratica la presenza mentale con la consapevolezza costante di essere presenti a se stessi, sapendo che in quell'istante si sta facendo proprio 'quella cosa', e non altre. Insomma: focalizzazione.

A proposito di focalizzazione, oggi vedo di focalizzarmi sulla lettera :)

Rita ha detto...

Grazie Giovanni,
ho capito. Sì, un po' il discorso della mindfulness che facevo in qualche post sotto sulla corsa. Ovviamente io ho molto semplificato.
Me lo segno. ;-)

Giovanni ha detto...

è vero! un discorso molto simile, infatti, ma in stile orientale! :) penso che sarà una lettura che ti potrebbe piacere :-)