martedì 18 settembre 2018

La nostra voce

A molti uomini, ma anche donne, non piace il termine femminismo perché ai loro occhi assume una connotazione di suprematismo, di ribaltamento del potere. 
Ora, faccio intanto una prima osservazione, ossia, se è un ribaltamento dei ruoli e del potere che temete, significa anzitutto che riconoscente che esiste un ruolo e un potere che è preminente, quello maschile, e un altro che è subalterno, quello femminile. Vi inviterei a riflettere su questo.

La seconda è che la definizione di femminismo giunta ai più è quella distorta e funzionale a mantenere intatti i rapporti di potere del patriarcato, il quale, non appena ha appreso il sentore di un movimento che sarebbe potuto essere veramente rivoluzionario, ha lavorato per diluirlo, semplificarlo, banalizzarlo, dirottarlo verso la conquista di obiettivi più superficiali che però di nulla spostano le fondamenta e quindi denigrandone le fautrici, cioè, coloro che si fanno portatrici di determinate istanze; esattamente come sta accadendo a quello antispecista (pensate alla narrazione del vegano esaltato che secondo la massa penserebbe più a salvare un moscerino che un bambino ecc., o alla figura stereotipata dell'animalista urlatrice che amerebbe più gli animali che gli umani, analoga appunto a quella della femminista acida, brutta, che odia i maschi).

Ce n'è una terza: mi rendo altresì conto che molti uomini si sentono tirati in ballo, ma il femminismo non ce l'ha con gli uomini, bensì col maschilismo, con le dinamiche di potere patriarcali, vuole cioè sconfiggere i rapporti di potere in base al sesso. Pure il recente Metoo è stato del tutto frainteso e divulgato malissimo. Ci sono uomini che pensano che le donne vogliano denunciare chiunque, ma in realtà si parla di molestie sul lavoro nell'ambito di rapporti di lavoro gerarchici, del tipo, un datore di lavoro che fa proposte di natura sessuale alla segretaria sapendo che lei è nella posizione di essere ricattabile altrimenti perderebbe il lavoro. Rapporti di potere in base alla classe e in base al sesso, di questo parla il Metoo.

Ora, il femminismo ha questo nome perché le donne sono state una classe oppressa nei secoli e quindi è un movimento specifico che parla di questa oppressione, non la si può diluire in un generico sessismo o movimento antiviolenza. Vogliamo essere soggetti parlanti, autodeterminate, abbiano la nostra voce e parliamo di cosa significhi essere una donna oggi. Cerchiamo alleati in voi, ma questa è la nostra lotta, e il nome va benissimo così com'è.

Potete scegliere se essere nostri alleati o no.

Ringrazio Alessandro Cassano per lo spunto che mi ha offerto tramite un commento. 

2 commenti:

madmath ha detto...

One step at a time. Nonostante le mie ricerche non ho ancora trovato un femminismo sufficientemente neutro da non istituire un'ideologia che come tale non può liberare le persone. Vedo maschi e femmine vendersi in nome dell'autodeterminazione. Per quanto riguardo l'animalismo e l'antispecismo, da matematico quale sono non trovo fondazioni sufficienti per evitare contraddizioni interne (non funziona l'utilitarismo come lo specismo debole). Ti invito a leggere il testo un po' datato

Maschi bestiali. Basi biologiche della violenza umana
Richard Wrangham,Dale Peterson
Traduttore: E. Luisari
Editore: Franco Muzzio Editore
Collana: Nature
Anno edizione: 2005
In commercio dal: 1 novembre 2006
Pagine: IX-277 p., Brossura

EAN: 9788874131273

Sono sempre alla ricerca, ovviamente. Ma c'è troppa contrapposizione tra vegetariani e non vegetariani; e tutto in nome della solita autodeterminazione.

Rita ha detto...

Ti ringrazio per testo consigliatomi, ne ho sentito parlare, ma non l'ho ancora letto. Lo aggiungo alla lista.

Il femminismo radicale è quello in cui mi riconosco io ed è quello che affronta alla radice l'oppressione di un sesso su un altro da un punto di vista storico-materialista.

Quello dell'autodeterminazione individuale è semmai il femminismo choice, pop, sex positive e va a braccetto con una visione economica capitalistica incentrata sul libero mercato. Purtroppo è proprio questo ultimo che viene maggiormente diffuso a livello mediatico, per ovvi motivi.

Anche il discorso dei vegetariani e non vegetariani è errato, cioè mette ancora in secondo piano gli altri animali, tant'è che io preferisco sempre parlare di antispecismo, che è il movimento, teorico e pratico, che si oppone allo specismo, il quale studia i meccanismi di oppressione degli altri animali da un punto di vista storico-materialistico; non amo molto parlare di veganismo o vegetarianismo.
Voglio dire, il veganismo non è un fine, un obiettivo, ma un punto di partenza individuale, una scelta etica personale, ovviamente irrinunciabile se si afferma di essere contrari all'oppressione degli altri animali.

Comunque concordo in sostanza con quanto affermi, cioè si pone sempre tutto sul piano dell'individuo e non della lotta politica. L'autodeterminazione incentrata sulla realizzazione del singolo è l'inganno del sogno americano, quello in cui siamo caduti tutti. L'importante è essere felici, poco importa se a discapito delle altre specie o di un sesso o di buona parte del mondo.

La confusione purtroppo viene fatta dal sistema mediatico che ha tutto l'interesse di lasciare le cose come stanno e quindi di far passare l'animalismo per una guerra tra vegetariani e non vegetariani e il femminismo per la guerra tra maschi e femmine. Però esistono movimenti seri che appunto vogliono affrontare le oppressioni alla radice.