sabato 11 gennaio 2020

Marriage Story di Noah Baumbach


Marriage story di Noah Baumbach non l'ho trovato così bello, nonostante abbia diversi elementi interessanti:
- interessante il fatto che da fuori non si capisca come mai siano arrivati al divorzio, esattamente come chi è esterno a una coppia non può comprendere quanto siano logoranti certe dinamiche e quanto si possano accumulare piccoli rancori e frustrazioni fino a esplodere.
La scrittura asciutta, in questo senso, mi è piaciuta;
- interessante la scelta di far recitare gli attori, di usare la macchina da presa e la scenografia come se si fosse su un set teatrale perché credo trasmetta il senso di messa in scena di ogni matrimonio, relazione, ma anche esistenza in senso ampio. Vivere è teatro, senza recita ci si sente morti, ma alla lunga anche stare sul set fa morire a poco a poco;
- mi è piaciuto il senso di straniamento che provano i protagonisti, più che la messa in scena del dolore, che sarebbe stata una cosa troppo melodrammatica e hollywoodiana.

Cosa non mi è piaciuto:
- non mi è piaciuta la fotografia naturalistica perché secondo me, viste le premesse sopra, poteva osare di più e metterci un pizzico di creatività;

- non mi è piaciuto il sapore complessivo di già visto, di poco azzardo, di operazione autoriale rivisitata come a dire, ecco qua, tolgo quello, metto questo, e faccio gridare al capolavoro. Ho percepito un automatismo enorme in tutto questo. Come a dire, ho imparato alcune cose e vi faccio vedere quanto sono bravo. La stessa identica sensazione che ho provato guardando Roma di Alfonso Cuarón. 

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Non ho rilevato il virtuosismo di Phillips particolarmente emergente rispetto a tutto il resto; concordo su Roma, e proprio per questo secondo me Phillips si è tenuto a modo, quasi asettico (quella che chiami fotografia naturalistica), proprio per far emergere solo l'aspetto umano. La Johannson (che non avevo mai visto recitare, forse in Lost in translation) androgina, annullata totalmente nella sua estetica femminile è un altro segnale del fatto che la vicenda è focalizzata sulla loro interiorità. Ho notato che il film è più apprezzato dagli uomini, perchè il regista è uomo e con una certa onestà ha voluto trattare per lo più il punto di vista maschile. Che peraltro è credibilissimo, ci sono scene che fanno male per quanto siano verosimili, come ad esempio quella della busta, in cui lui giustamente non capisce se stia sognando o no. Fanno paura questi avvocati, che Philipps sceglie di mettere in scena come se fossero dei mostri (la giraffona, il dinosauro, Liotta mezzo psicopatico) perchè mostruoso è quello che fanno con i resti di questa coppia. Specialmente io da uomo ho trovato ben resa quella sensazione di estraneità che pian piano torna ad insidiarsi dopo il distacco, quella specie di sortilegio malefico per il quale il partner, che fino a poco tempo prima ti amava, rivaluta la tua considerazione potenzialmente fino a farti scomparire, come se fossimo tutti affetti da sindrome bipolare latente. Per me davvero un film meraviglioso, molto più doloroso di Joker (che, scusami, non mi è piaciuto per niente).

Rita ha detto...

Sì, concordo con quello che dici, ma a me questo film non è arrivato per niente. Forse è un problema mio. Non l'ho trovato doloroso, ecco. Molti miei amici cinefili ne hanno parlato come di un film che colpisce, un pugno nello stomaco, amaro ecc., mentre io mi sono trovata a riflettere sulle inquadrature, sul montaggio, sulla scrittura. Ho sentito troppo la presenza del regista dietro. Ecco, per me un film, un libro o qualsiasi altra opera funziona quando non si percepisce la mano dell'autore.
Joker è spettacolare, nel senso proprio di spettacolo. Altro genere di film.

Anonimo ha detto...

Chissà perchè ho scritto Phillips (che è il regista di Joker) anzichè Baumbach ::) chiedo scusa del lapsus.

Sai perchè non mi è piaciuto Joker? Perchè l'ho trovato fallimentare su quasi tutti i punti:

- Il personaggio di per sè non ha la genialità della sua versione originale, capisco sia un'interpretazione di Phillips (stavolta il regista è giusto) ma è una paraculata per vendere il film, Phoenix interpreta uno squilibrato qualsiasi e non il supercriminale del fumetto.

- Non c'è nessun approfondimento sul tema del dolore, nessuna spiegazione psicologica sul perchè lui stia davvero così, mentre in Marriage Story c'è tanta analisi intellettiva sulla coppia.

- Didascalico: non si capisce quando lui sia sotto allucinazione e quando no, e se tutto quello che abbiamo visto era una sua allucinazione, non si distingue la cosa da quando lui sogna davanti alla tv, è tutto volontariamente (maldestramente) confuso.

- Ripetitivo: dopo la prima mezzora il film si ripete su se stesso, lui continua a fare sempre le stesse cose, solo con piccole varianti qua e là. Sembra la versione estesa del trailer.

- Inconsistente: i poliziotti che non lo acciuffano mai, la rivolta dei cittadini che in realtà non ha una sua regia dietro ma si innesca per un semplice fatto di cronaca nera che diventa strumento di propaganda classista, ho trovato tutto molto forzato. La sottotrama del padre biologico non porta da nessuna parte. Così come le scene dove balla, posso capirne una, poi diventano solo riempitivi come se il regista fosse senza idee.

Autocompiacente, banale, sbilanciato, insomma non me ne volere ma lo aspettavo con ansia ed è stato di un bidimensionale che mi ha fatto cadere le braccia. X(

Buona domenica e grazie della risposta.

Rita ha detto...

Sì, avevo capito che fosse un lapsus, succede. :D

Hmmm, sì, capisco le tue osservazioni su Joker e probabilmente a mente fredda, cioè a una seconda visione, probabilmente farei commenti diversi. A me a volte i film prendono di pancia, scrivo commenti sull'onda dell'emozione e poi mi capita di rivederli e cambiare opinione.

Comunque la versione di Joker era ovviamente la versione del regista, che si ispira a un joker cinico, amaro, disilluso, quello che racconta la famosa, terribile, barzelletta sul bambino spastico in Arkham Asylum, per capirci) e la scena del padre biologico in realtà è efficace perché dà la possibilità di far incontrare Joker con il piccolo futuro Batman. Suggerisce anche che forse sono fratellastri, e che la madre di Joker sia stata fatta internare perché non si voleva far sapere del figlio illegittimo (il tutto a corredare l'analisi sociale presente nel film, il fatto che il mondo sia diviso tra persone privilegiate e una massa di schiacciati, oppressi, incompresi). Il dolore di Joker è un dolore reale, è una persona disturbata, malata, probabilmente schizoide, il punto è che in una società diversa, attenta ai bisogni del singolo, sarebbe stata aiutata, mentre in una società dove il metro di misura è il denaro (i tagli all'assistenza sociale) viene abbandonato a sé stesso. Joker è il frutto di una società ingiusta e malata. Diventa un eroe suo malgrado, negativo.
Insomma, non l'ho trovato inconcludente, ma certamente è un film compiaciuto e spettacolarizzato.

Anonimo ha detto...


Penso che abbia avuto molto successo perchè alla "ggente" piace sentirsi vittima e il film in qualche modo consola la loro parte tragica, ma restando su Marriage Story penso che ad esempio l'esperienza vissuta dal protagonista sia molto più empatica (certo devi aver affrontato un distacco, ma a quasi tutti è successo) del malessere che mostra Arthur, troppo sopra le righe.

Forse ne avrai già sentito parlare, ma ti consiglio la graphic novel di Alan Moore "The Killing Joke", da cui hanno tratto molto per la sceneggiatura di Joker, lì c'è una spiegazione più "razionale" della sua pazzia e c'è un confronto psicologico con Batman che è valso numerosi premi all'opera. :)

Rita ha detto...

Grazie per il suggerimento, sì, ne ho sentito parlare, lo conosco di "fama", ma non ho ancora avuto modo di leggerlo.

Anonimo ha detto...

Joker 11 nomination, ti hanno dato ascolto :D

Rita ha detto...

:D