martedì 27 ottobre 2015

Sulla questione della nocività del mangiar carne


Penso che la notizia - peraltro non così sensazionalistica come sembra perché sono decenni che si cerca di scalfire il falso mito che mangiar carne faccia bene o, peggio, sia necessario -, in questo momento, ci possa servire da scivolo per spingere sul lato etico le nostre argomentazioni contro lo sfruttamento degli animali, facendo capire che la questione, prima che salutistica, è innanzitutto di giustizia sociale. A chi ci dice: sì, è brutto uccidere gli animali, ma le proteine animali servono, si può rispondere con maggiore sicurezza che invece non solo non servono, ma fanno anche male. Ora, premesso questo, io continuo a non vedere di buon occhio gli argomenti indiretti e non per una presa di posizione irremovibile (sulla questione rifletto di continuo, anche assumendo come spunto i dati empirici, ossia la continua osservazione della realtà sociale in cui sono immersa, il confronto con gli altri ecc.), ma perché secondo me non centrano il punto dell'antispecismo. Ora, se la questione è solo quella di portare le persone a diventare vegane è un conto, se però vogliamo fare un discorso più ampio di rispetto, di altro rapporto con gli animali ecc., - tutti, non solo quelli cosiddetti da reddito - il discorso salutistico c'entra poco. Ci sono tantissime altre forme di sfruttamento, non solo quelle per fini alimentari e poi esiste la teriofobia, lo specismo in generale inteso come diversa considerazione morale degli animali che ce li porta a giudicare inferiori sulla base di un antropocentrismo vecchio di secoli e continuamente rinverdito. Certo, la Joy ad esempio riduce tutto al carnismo, dice che già smettere di mangiare animali, quali ne siano le ragioni, ti faccia uscire da quell'ottica lì che sia naturale sfruttarli, però rimane aperto il discorso culturale più ampio che porta al disprezzo degli animali, ai tanti luoghi comuni falsi sulla loro natura, alla convinzione che siano comunque inferiori. Come detto altre volte, l’antispecismo non riguarda solo la diversa considerazione e quindi mercificazione degli animali (che affonda le sue radici anche in un discorso socio-politico di dominio), ma riguarda la maniera, ovvero l’assenza di questa, in cui noi ci interroghiamo e cerchiamo di conoscerli. Manca un corretto approccio epistemologico. E quindi, soprattutto, mancando questi elementi, rimane l'antropocentrismo. Antropocentrismo che il salutismo non solo non scalfisce minimamente, ma anzi, rafforza. 
Diciamo che la certezza che la carne faccia venire il cancro può portare a una riduzione nel consumo (anche le sigarette lo fanno venire, eppure si continua a fumare) e il riduzionismo, come si è ben spiegato anche nella recente conferenza di Essere Animali al MiVeg è quello che maggiormente può mettere in crisi il settore economico, ma non stiamo ancora parlando di antispecismo, bensì di economia. L’antispecismo è una rivoluzione etico-socio-politica - e quindi culturale in senso ampio, andando a rivoluzionare tutto ciò che la nostra specie produce, sia di natura intellettuale, che materiale, quindi anche l’arte, il cinema, la letteratura ecc. - troppo ampia per poter essere ridotta al salutismo.
Concludendo: sarei sciocca se accogliessi questa notizia in maniera assolutamente negativa, ma non farei i salti di gioia pensando che ora la società diventi improvvisamente antispecista, ecco. 
E non parliamo quindi solo di etica (per cui respingo le obiezioni di coloro che affermano: “ma alle persone dell’etica non importa nulla”), ma della maniera in cui guardiamo gli altri animali in generale, quindi di antropocentrismo, di cultura, di epistemologia. Non è che si deve solo dire "sfruttare gli animali è eticamente sbagliato", ma si deve cercare di farli conoscere e di spiegare le false motivazioni per cui abbiamo sempre creduto che fosse giusto sfruttarli. Motivazioni che hanno radici varie e profonde, anche socio-politiche perché il dominio è un prodotto storico-sociale e di errata convinzione che noi si sia superiori e quindi legittimati a sfruttare tutti gli altri. Il  punto è che bisogna decostruire questa logica di prevaricazione e dominio. 

sabato 24 ottobre 2015

Il rassicurante conforto delle parole


Dire "il pesce" ("andiamo a mangiare il pesce", "ho comprato un po' di pesce", "quel ristorante fa il pesce") è già una mistificazione semantica perché non stiamo parlando dello zucchero o del caffè, ma di miliardi di individui senzienti che vengono uccisi in maniera atroce. 
Le parole sono comode armature della coscienza che ci permettono di proteggerla dai sensi di colpa e soprattutto dalla comprensione e consapevolezza della violenza che permettiamo accada anche con il nostro consenso.

lunedì 19 ottobre 2015

Una scelta individuale. Ne sei sicuro?


Molti dicono che smettere di mangiare animali deve restare una scelta individuale. 
Certamente lo è nel senso in cui non vogliamo obbligare nessuno a fare qualcosa contro la sua volontà, ma è importante capire il senso profondo del termine "scelta". 
Non può trattarsi infatti di una scelta individuale quando ci vanno di mezzo altri individui, ossia gli animali massacrati per diventare cose, oggetti smembrati. L'allevamento, ossia la reclusione in spazi angusti dove gli animali non possono esprimere le loro esigenze etologiche e poi i lunghi viaggi nei tir e infine la macellazione, sono passi necessari affinché le persone abbiano la loro fettina di carne nel piatto senza sensi di colpa delegando altri a compiere il lavoro sporco per loro. Quindi bisogna responsabilizzarsi e prendere atto che l'intera collettività è complice di questo massacro. Per cui mangiare o meno animali non può essere una scelta individuale, ma riguarda i 170 miliardi di individui massacrati ogni anno e solo per fini alimentari. Non esiste allevamento o morte compassionevole, il dominio, la schiavitù e il massacro sono sempre forme terribili di ingiustizia e di violenza.
Questo è lo scopo della campagna ‪NOmattatoio‬: rendere visibile l'invisibile, mostrare la violenza normalizzata del dominio totale sugli animali che la cultura antropocentrica ci abitua a considerarli cose.

sabato 17 ottobre 2015

Voi vegani... Ma "noi" chi?

Mio padre: ieri in tv parlavano di voi vegani.
Io: che peccato, avrei preferito che avessero parlato delle condizioni degli animali sfruttati.


Continuano le bufale dei casi di bambini vegani denutriti. 
Esattamente come per il dibattito sulla vivisezione, poiché sanno che non si può ribattere sul piano etico, allora la buttano su quello scientifico, facendo affidamento sul fatto che le persone oggi hanno per la scienza la stessa venerazione (e la stessa sottomissione fideistica) che un tempo avevano per la religione.
Peraltro i media danno risalto a qualsiasi caso di bambini vegani che finiscono in ospedale (per motivi che nulla c'entrano con la loro dieta). È così che si costruiscono i "mostri", così che si fa propaganda contro chi disturba lo status quo.

venerdì 16 ottobre 2015

Riflessioni post lettura de I diari di Michelle Rokke


Dobbiamo riprendere a fare attivismo contro la vivisezione. Dopo il successo della campagna contro Green Hill (colgo l'occasione per ricordare che stasera verrà presentato il libro a Roma: qui l'evento FB per cui è necessaria la prenotazione) e l'occupazione di Farmacologia si era avviato un dibattito molto acceso, in Italia finalmente si parlava di vivisezione come mai era accaduto prima (a riprova che solo l'azione diretta e la disobbedienza civile sono capaci di aprire brecce nel muro del silenzio e dell'omertà), mentre ora tutto sembra svanito. 
Eppure le tremende pratiche della vivisezione su esseri senzienti e indifesi continuano ancora, ogni secondo. 
Ciò che rende la vivisezione terrificante è la ripetitività degli esperimenti, condotti spesso senza anestesia e senza il supporto di analgesici. Già la reclusione in sé in gabbiette minuscole - dove gli animali non possono esprimere nessuna delle loro esigenze etologiche - sarebbe un inferno per ogni essere vivente, ma a tutto ciò si aggiunge la violenza, il dolore continuo, gli effetti di esperimenti terribili come la somministrazione continua di sostanze altamente tossiche che distruggono l'organismo a poco a poco, fino alla morte, e poi lo scherno, la noncuranza e tutto il peggio che persone desensibilizzate a poco a poco riescono a fare su altri individui, trasformandoli in cose, perché è solo convincendosi che siano cose, a dispetto di ogni evidenza, che si può continuare a martoriare i loro corpicini indifesi.
Una cosa mi ha colpito di questi diari: il fatto che l'infiltrata abbia notato come gli animali vessati e ridotti a corpicini impotenti manifestino il loro dolore modificando il loro comportamento abituale, per cui, se un cane rimane immobile sulla gabbietta o gira in tondo o agisce in modo strano è perché sta provando un dolore fortissimo e continuo. Uno si aspetterebbe che urli e invece no, il dolore è talmente forte da fiaccare persino i loro ululati e guaiti.
Tutto questo per cosa? Per nulla! Perché la ricerca sugli animali è una ricerca che viene continuamente falsata, che ottiene quello che vuole ottenere semplicemente modificando i parametri o cambiando specie, che ha il solo scopo di ottenere il lasciapassare legale per l'introduzione di farmaci o altri prodotti sul mercato (salvo poi, secondo statistiche, ritirarne un buon 50% dopo aver provocato danni sugli umani, che rimangono comunque i primi tester affidabili). Ma, ma... anche se fosse utile, rimarrebbe comunque la forma peggiore di sevizie che un individuo possa fare ad altri individui e per questo sempre e comunque deprecabile.
Per me chi sostiene la vivisezione può farlo solo per due motivi: o perché è persona profondamente disinformata e manipolata dai media, o perché è un mostro insensibile.

lunedì 5 ottobre 2015

Vegani? No, persone che perseguono una lotta di giustizia sociale


L'attenzione sui vegani, anziché sul motivo per cui si è vegani, continua a oscurare i veri soggetti della questione animale. 
Sta a noi riportare l'argomentazione sulla strada giusta. Non aspettiamoci che accada spontaneamente (anzi, i media faranno di tutto per normalizzare e distorcere l'informazione). 
Dobbiamo essere abili e determinati. Se ci parlano di "proteine animali", noi dobbiamo menzionare gli individui per la cui liberazione lottiamo; se ci parlano di nutrizione, noi dobbiamo semplicemente dire che non è necessario mangiare animali per vivere; se ci parlano di dieta vegana, noi dobbiamo iniziare a parlare di società del dominio, oppressione, sfruttamento, violenza istituzionalizzata e richiesta di giustizia sociale per ogni individuo; se ci parlano di allevamento naturale, di catena alimentare e via dicendo, noi dobbiamo rispondere che il dominio è un prodotto storico-sociale e che è un concetto diverso dalla predazione (naturale poiché necessaria per alcune specie carnivore obbligate).

sabato 3 ottobre 2015

Lotta di giustizia sociale, non una dieta!


Scena: una pizzeria, tavolo dietro al nostro. Assistiamo al seguente dialogo:

- Ah sì, i vegani, ora vanno di moda (sic!). 
- Chi?
- I vegani. Ce so' i vegetariani che so' quelli che non mangiano la carne, poi ce so' i vegani che vanno avanti a forza de tofu e alla fine glie parte il cervello!

Io e mio marito: - Bisognerebbe prima avercelo un cervello... cosa che non sembrerebbe così scontata.

Ora, per quanto sui vegani e sul veganismo si dicano un sacco di stupidaggini, credo sia importante tastare il polso delle persone per capire dove stiamo sbagliando. Se il veganismo passa per essere una moda la colpa non è ovviamente solo nostra, ma del sistema che cerca di "normalizzare" e assorbirne le istanze originariamente e radicalmente rivoluzionarie, però diciamocelo che un po' ci mettiamo anche del nostro nell'insistere in maniera quasi ossessiva sul cibo. 
Non dobbiamo parlare di carne (e di dieta in generale), che è già il prodotto finito non più riconducibile alle pratiche di violenza che sono state messe in atto sugli individui senzienti, ma di questi ultimi appunto, gli individui animali (raccontando CHI sono, oltre le menzogne culturali che ne giustificano lo sfruttamento e l'oppressione) e della loro condizione di schiavitù, reclusione e dominio pressoché totale sui loro corpi. 
Dobbiamo scendere in strada e parlare di una lotta di giustizia sociale.

Ridotta all'essenza, la vera sfida sta nel rendere SOGGETTI gli animali non umani.