venerdì 24 dicembre 2021

Gli ultimi

 

Alcune riflessioni dopo la notizia del divieto di allevare visoni e altri animali "da pelliccia" nel nostro paese.

Perché penso che sia una buona notizia.

L'Italia ha seguito la rotta già indicata da altri paesi europei riguardo l'abolizione degli allevamenti di animali "da pelliccia"; nel mentre molti grandi brand - i quali, che ci piaccia o meno, dettano tendenze nell'industria del fashion, contribuendo anche a condizionare socialmente l'idea che le persone hanno delle pellicce - hanno dichiarato che non confezioneranno o venderanno più pellicce.

Sì, è vero, le pellicce potranno essere ancora importate dai paesi extraeuropei o da quei pochi allevamenti rimasti in UE che allevano visoni e altri animali, ma oltre ai costi maggiori, c'è da considerare appunto l'impatto sociale che un simile passo comporta.

Da qualche parte si deve pur partire, i cambiamenti avvengono sempre gradualmente; l'importante - non smetterò mai di dirlo - è che siano passi in direzione abolizionista e non semplicemente protezionista o welfarista che dir si voglia.

E del resto ogni nostra azione, battaglia, campagna ecc. non potrà che essere limitata nel tempo e nello spazio: pensare a vittorie globali nello stesso momento è pura illusione. I cambiamenti iniziano sempre da qualche parte e poi semmai si diffondono. Oppure possono avvenire anche simultaneamente in più paesi, indice di cambiamenti culturali significativi diffusi globalmente in una certa misura, ma è impensabile che una pratica cessi dall'oggi al domani in tutto il mondo anche perché ogni paese ha le sue leggi e normative. 

Il nostro paese comunque intanto sta facendo un passo abolizionista. Attenzione, non welfarista o protezionista, non stiamo parlando di gabbie più grandi, ma di dismissione di queste gabbie. E questo è qualcosa di cui dobbiamo gioire. Per una volta possiamo essere d'esempio. 

A proposito di "benessere animale", noi sappiamo che è una menzogna, ma è su questa menzogna che le aziende italiane produttrici di pellicce basavano i loro "valori" e la loro "etica", cioè asserivano che le pellicce da loro confezionate venivano prodotte nel "rispetto degli animali allevati". Ora che in Italia non ci saranno più gli allevamenti e dovranno acquistare all'estero, sicuramente non potranno più dire la stessa cosa perché è risaputo che in Cina, per esempio, il benessere animale non è rispettato nemmeno come menzogna, cioè a livello di diritti animali sono ancora più indietro di noi. 

Le persone si lasciano ingannare facilmente dalla propaganda del benessere animale perché desiderano credere che gli animali non siano trattati poi così male.

Ora che viene a cadere anche questa possibilità di credere in una menzogna, forse smetteranno di acquistare pellicce o giacconi con guarniture di pelliccia. 

E del resto è la stessa cosa che è successa riguardo la chiusura di Green Hill (che tutti noi abbiamo accolto come notizia assolutamente positiva) e il divieto che ne è seguito di allevare cani destinati alla vivisezione nel nostro paese.

La vivisezione non è finita, purtroppo e cani continuano a essere comprati all'estero per poi essere torturati nei nostri laboratori, ma intanto quello è stato un traguardo che ha contribuito a un cambio di paradigma nei confronti della vivisezione e che ha acceso un dibattito e i riflettori sugli orrori compiuti nel nome della scienza. 

Lo stesso avverrà per le pellicce, che pian piano saranno percepite sempre di più per quello che sono: un prodotto frutto di enorme violenza sugli altri animali.

Alcuni chiedono: che fine faranno gli animali attualmente detenuti in questi ultimi allevamenti.

Ho letto che molti di loro, si spera tutti (sono più di 7.000 individui) potrebbero essere accolti nei rifugi. 

Io mi auguro che gli altri vengano semplicemente liberati. 

Ma ad ogni modo, se anche non dovessero farcela a vivere liberi o dovessero venire uccisi, almeno saranno gli ultimi. L'importante è che non saranno più fatti nascere per essere poi uccisi. Lo so, per quelle vite la loro esistenza è tutto e se fossimo noi al loro posto non diremmo così e non diremmo così nemmeno se fossero umani, ma la società è ancora specista e forse al momento per questi visoni è il massimo che ci potremo augurare (che siano almeno liberati). Questo problema riguarderà in futuro anche tutti gli altri animali nel momento in cui si deciderà di abolire altri tipi di allevamenti. Sicuramente non tutti potranno essere salvati.

Ci saranno gli ultimi uccisi, ma almeno saranno gli ultimi.

Le ragioni del veganismo: considerazioni sull'animalità e l'umanità

 Bisogna essere gente alquanto stupida per affermare che gli animali non provano né piacere, né collera, né paura, che ignorano sia l’anticipazione che il ricordo: secondo costoro, tutto accade come se l’ape avesse memoria, come se il leone diventasse collerico, come se la cerva avesse paura. Cosa risponderebbero se dicessimo loro, che non vedono e non intendono niente, ma che tutto avviene come se essi intendessero e vedessero, come se gridassero, come se, infine, vivessero, mentre di fatto sono morti? Tali propositi sono tanto contrari all’evidenza quanto ciò che quella gente vuol farci credere.” 

Plutarco, De sollertia animalium


Le menzogne

A volte l’esperienza mi viene in aiuto, Jung la chiamerebbe sincronicità, fatto sta che mentre mi accingo a scrivere la terza parte di questo lungo articolo dal titolo Le ragioni del veganismo (le prime due parti potete leggerle qui e qui), mi imbatto in un commento di una persona che sotto a un post in cui si fa informazione riguardo la crudeltà dell’industria del latte – in particolare citando la sofferenza delle mucche e dei vitellini al momento dell’inevitabile separazione – dichiara la necessità di dover intervenire per fare corretta informazione poiché noi antispecisti senz’altro umanizzeremmo troppo gli animali, dal momento che: le mucche non sarebbero capaci di proiettarsi nel futuro, non avrebbero coscienza, né memoria della loro gravidanza, insomma, non la vivrebbero affatto come noi, con i nostri stessi sentimenti, e quindi la separazione del vitellino sarebbe poco più di un accidente momentaneo, un disturbo dell’entità di poco superiore a quello provocato da un rumore improvviso, il tempo di voltarsi dall’altra parte e sarebbe già dimenticato.


Cosa mi ricorda questa sequenza di menzogne?

Continua a leggere su Progetto Vivere Vegan.

giovedì 16 dicembre 2021

L'idea che ci facciamo degli animali

 

Tramite il linguaggio comune si insegna ai bambini che esiste "il leone", "l'elefante", "il maiale" ecc., cioè, più che la conoscenza di individui, l'idea di un esemplare intercambiabile con gli altri della sua specie (appunto: esemplare).

Andiamo al circo a vedere l'elefante, andiamo allo zoo a vedere l'orso, andiamo all'acquario a vedere il delfino. E se anche sono più di uno, quindi nominati al plurale, il discorso non cambia, sono sempre esemplari di una specie, intercambiabili gli uni con gli altri. 

E ovviamente ciò che vengono costretti a fare o che fanno costretti dalle necessità della cattività rafforza questa idea poiché di fatto sono obbligati a eseguire tutti gli stessi esercizi o a muoversi in spazi ristretti (quelli apatici o aggressivi, che quindi si comportano ai poli opposti dello spettro, sono allontanati e non vengono fatti esibire oppure mostrano comportamenti ripetitivi e stereotipati che però le persone comuni, i cosiddetti spettatori, non sono in grado di interpretare). 

Questa idea di individui intercambiabili si fissa nella mente dei bambini che così la interiorizzano.

Anche il concetto di benessere animale lavora in questo modo. Si pensa cioè che esista un'idea di un animale, per esempio il maiale, con determinate caratteristiche identiche per tutti gli esemplari. 

"Il maiale ha bisogno di paglia" e quindi gli si mette la paglia in qualche allevamento che così viene definito "rispettoso degli animali".

Ma gli animali sono innanzitutto individui e il loro carattere e comportamento sono sempre il frutto delle esperienze, non una caratteristica deterministica biologica. 

Negli allevamenti il problema è triplice: gli animali non vengono mai percepiti e trattati da individui, ma sempre visti in funzione di qualcosa; le normative non possono quindi mai essere rispettose della loro individualità; comunque sia, dopo una vita privata delle esperienze, relazioni ecc. e quindi di qualsiasi forma di vero benessere (a prescindere dalle modalità), vengono uccisi. 

Mangiare animali, andare a vederli allo zoo, al circo, negli acquari è sempre una scelta che implica violenza nei loro confronti. Violenza simbolica (nell'idea che ci facciamo degli altri animali) e quindi violenza nella pratica perché l'idea che ci facciamo di essi è sempre sbagliata. Una menzogna utile solo a chi ne trae profitto.

mercoledì 15 dicembre 2021

"Gli manca solo la parola"

 

Ariel, questa splendida gatta, oggi ci ha mostrato la sua zampa destra anteriore per farci capire che aveva un'unghietta lunga incarnita (è anziana e può succedere che i gatti anziani non si facciano più le unghie come un tempo). 

Il suo gesto è stato inequivocabile. È come se mi avesse detto: "Ehi, umana, ho un problema a questa zampa, guarda un po' che succede, mi aiuti?". 

In realtà la mia frase è sbagliata perché non è "come se mi avesse detto", lei, di fatto, mi ha DETTO questa cosa, solo attraverso un linguaggio non verbale.

Si dice che agli altri animali manchi solo la parola. Non è vero. A loro non manca nulla, sono perfetti così come sono, siamo noi, semmai, talvolta, carenti di empatia.

martedì 14 dicembre 2021

Veganismo e serie tv

 Nelle serie tv americane progressiste e politically correct si cerca sempre di dare visibilità a tutte le categorie possibili, solo che lo si fa in maniera spesso superficiale.

Ho notato per esempio che un accenno al veganismo non manca mai, il problema è che viene presentato o come una dieta alternativa da provare ogni tanto (es.: persone riunite a tavola che tra i vari piatti includono anche la torta vegan portata da tizia o comprata nella pasticceria x), o come una scelta personale, ma di cui non vengono mai menzionati i motivi e se vengono menzionati sono sempre quelli relativi alla salute o al minor impatto ambientale, non di rado accompagnati da battutine.

È così che le nostre società inglobano, masticano e risputano fuori le istanze di cambiamento più radicali facendole diventare un'opzione tra le tante o al più una scelta personale e non una battaglia di una minoranza che lotta contro un'ingiustizia.

Vorrei vedere dei bei dialoghi, anche accesi, in cui un personaggio vegano espone i motivi della sua scelta ed evidenzi la criticità in primis morale del mangiare gli animali. 

E comunque la normalità è ancora sempre mangiare animali. Cucinare bistecche, ordinare sushi, andare a pesca, grigliare salsicce e fare battutine o bere latte fresco appena munto perché si sa che il sogno di tanti americani è andare a vivere in una fattoria immersa nel verde. 

Nella serie This is Us, quinta stagione, c'è una scena in cui un personaggio attende fuori da un ospedale e fa amicizia con un anziano signore, anche lui in attesa di notizie. Quest'ultimo ha sul cruscotto una collezione di maialini di tutte le fogge e colori e spiega come siano diventati dei portafortuna per lui e sua moglie. Il fatto di parlare di maiali in modo affettuoso non fa mettere in discussione il loro uso che anzi, a un certo punto, viene persino rafforzato: "Qui abbiamo un'intera famiglia di bacon" o qualcosa del genere (vado a memoria). La funzione degli animali, anche quando vengono descritti come carini, dolci, affettuosi, simpatici, portafortuna, non è mai, mai, messa in discussione.

I maialini sono carini, ma sono pur sempre "bacon". 

Oppure nella serie Sex Education, la leader di un gruppo di un liceo dice all'amica che sta mangiando un sandwich al pollo "Ma come, non ti ricordi, ora siamo vegan!" con lo stesso tono con cui si direbbe e di fatto poi si dirà nel corso degli episodi, "Da oggi ci vestiamo così oppure il lunedì indossiamo tutti il colore viola e via dicendo". 

Alla luce di tutto ciò, ossia di narrazioni esplicitamente speciste, non ha alcun senso parlare di veganismo o inserire personaggi che portano torte vegan. 

Vorrei che questo accadesse solo nelle serie tv, invece le serie tv sono da una parte lo specchio della realtà (colgono alcuni segnali e li ripropongono), dall'altro spingono esse stesse verso dei cambiamenti solo di superficie; in sostanza, per citare il buon Tomasi di Lampedusa, per cambiare tutto senza cambiare niente.

venerdì 10 dicembre 2021

Giornata internazionale dei diritti animali

 


10 dicembre, giornata internazionale dei diritti animali.

Riporto un estratto dal mio libro "Ma le pecore sognano lame elettriche?" pubblicato da Marco Saya Edizioni, a proposito del concetto di diritti animali, che io vedo in modo critico in quanto penso che vada fatto un lavoro più profondo di cambiamento culturale. 

In questo passaggio peraltro faccio un'analogia con i diritti delle donne spiegando come al raggiungimento di questi sulla carta non è corrisposto un cambiamento radicale nel modo in cui veniamo trattate poiché la cultura in cui viviamo è rimasta sostanzialmente maschilista. 

"Una cosa importante, su cui tornerò meglio nei prossimi capitoli, è che non è sufficiente parlare di diritti animali, o chiedere riforme per migliorare la loro condizione, per liberarli dalla nostra oppressione e per smettere di agire come oppressori che mantengono determinati privilegi da questo sfruttamento. È anche importante riconoscere che persino la persona più povera e oppressa di questo mondo nei confronti degli animali si può comportare come oppressore.

Le leggi possono cambiare in superficie la modalità di alcune pratiche o anche ad arrivare, man mano che la società progredisce su alcuni temi, all’abolizione di altre, ma se non cambiamo nel profondo il nostro rapporto con gli altri animali - che deriva dall’interiorizzazione profonda dello specismo – tali leggi saranno soltanto palliativi o diritti che potrebbero essere rimessi in discussione in qualsiasi momento. È vero che la legittimazione, in senso giuridico, e la stigmatizzazione sociale che deriva dal fatto che un qualcosa sia illegale, nel tempo, tramite un percorso virtuoso, possono cambiare la mentalità e sensibilità collettiva, ma in genere si verifica il contrario, cioè il sistema giuridico è pronto ad accogliere alcune richieste ed istanze solo quando la sensibilità pubblica è veramente cambiata. Altrimenti le leggi non vengono nemmeno applicate o si cercano attenuanti per applicarle in modo meno rigido. Oppure, semplicemente – ed è ciò che accade più di frequente - le denunce vengono archiviate.

Di fatto oggi abbiamo delle leggi che tutelano alcune specie, come ad esempio cani e gatti e fauna selvatica (quest’ultima però si può cacciare in alcuni periodi dell’anno). Ma chi tortura e uccide un cane o gatto non va in galera, e molto spesso non prende nemmeno una multa. L’opinione pubblica, il giudice, gli avvocati, il sistema giuridico nel suo insieme non percepiscono ancora come grave l’uccisione di un cane, non la mettono sullo stesso piano di quella di una persona umana, pertanto al riguardo si cercano e usano attenuanti. Casi di maltrattamenti di animali spesso non sono nemmeno denunciati. Come ho raccontato nel primo capitolo, a proposito dei piccioni presi a calci dai ragazzini, la maggior parte delle persone rimane indifferente. I casi di cronaca di cui veniamo a conoscenza sono soltanto la punta di un iceberg. Altri avvengono indisturbati, senza che nessuno ne venga a conoscenza, tranne la vittima stessa. 

Lo stesso accade nei casi di femminicidio e di stupro. La narrazione mediatica è spesso assolutoria nei confronti degli uomini che hanno commesso il crimine. Si giudica ancora la vittima per come era vestita o se aveva bevuto o meno, anziché il criminale, che anzi, viene spesso giustificato perché era depresso o soffriva di ansia oppure era stato, poverino, vittima di un raptus improvviso. Fino a oltre la metà del secolo scorso esisteva il delitto d’onore che assolveva gli autori di femminicidio. Oggi non più, ma a livello di opinione pubblica chi uccide la compagna perché aveva un amante, è ancora leggermente giustificato. Chi stupra e uccide le donne spesso non viene nemmeno arrestato, è messo ai domiciliari o esce di prigione dopo pochi anni. Questo perché, nonostante la legge, la cultura patriarcale è ancora molto radicata e diffusa. Sulla carta avremmo dei diritti, ma a livello di pregiudizi noi donne siamo ancora considerate inferiori o isteriche (termine che già di per sé esprime un pregiudizio, a partire dall’etimologia), quindi non veniamo credute. Spesso le vittime di stupro sono messe nella situazione paradossale di dover dimostrare di non essersi comportate in modo equivoco. C’è ancora la convinzione profonda che dire “no”, talvolta, equivalga a un “sì”.

Uno sguardo all’evoluzione del movimento femminista ci consente di fare una semplice analogia: nel tempo abbiamo ottenuto molti diritti che ci hanno concesso, appunto, questa parità formale. Oggi abbiamo accesso allo studio, lavoriamo, entriamo in politica, non si pensa più che la donna debba stare a casa ad allevare figli (o almeno non lo si dice ad alta voce, ma i social, specchio della società, ci raccontano una realtà ben diversa, basti guardare i commenti sotto alle pagine femministe), non ci identifichiamo più nel ruolo esclusivo di madri e mogli (ma ci fanno sentire ancora sbagliate se decidiamo di non volere figli).

Eppure siamo ancora immersi in una società maschilista e patriarcale. Siamo costantemente e sistematicamente oggettificate; in continuo disagio nei nostri corpi, che al naturale vengono percepiti e giudicati negativamente; siamo condizionate sin dall’infanzia a seguire determinati canoni estetici, pena il bullismo o comunque la mancata accettazione sociale; non siamo libere di uscire da sole la sera perché temiamo ancora di essere molestate, stuprate, uccise. Che si verifichi un femminicidio ogni tre giorni è un dato di fatto, non una fantasia. Non esiste donna che nella propria vita non abbia subito molestie di vario genere, dal cat-calling (molestie verbali in strada), alle battutine in ufficio, fino alle violenze vere e proprie. Il movimento MeToo ha scoperchiato un vaso di Pandora e rivelato quanto fosse comune, cioè normale e quasi naturale, che una donna ricevesse avances sul luogo di lavoro da parte di uomini con una posizione di prestigio e di grado superiore.

Molte sono ancora costrette a prostituirsi per necessità, ed esiste un mondo sommerso di violenza legato alla tratta delle donne schiavizzate e vendute nei bordelli o gettate sulla strada.

E ancora: 

"I diritti giuridici sono come la struttura di una casa: se mancano gli infissi, le porte, le finestre, l’arredamento, quella casa rimarrà sempre uno scheletro vuoto. Gli infissi, le porte ecc. ce li può fornire solo un cambiamento culturale profondo. Cambiamento che, tornando agli animali, non si otterrà chiedendo riforme protezioniste improntate sul concetto mistificante delle normative sul benessere animale, perché nel momento stesso in cui queste normative vengono chieste continuano a riproporre e confermare l’idea degli altri animali come cibo, come risorse da consumare.

Una società giusta ed equa non si valuta infatti soltanto sulla base del corpus normativo e legislativo, ma sull’effettiva applicazione pratica di suddette leggi, e soprattutto sulle consuetudini, pratiche e abitudini reali - appunto gli infissi, le porte, le finestre, ossia ciò che rende una casa vera e non soltanto scheletro incompiuto.

Inoltre i diritti, come abbiamo visto spesso accadere nel corso della storia, possono essere revocabili in qualsiasi momento, se non accompagnati da un mutamento profondo della nostra considerazione dell’altro, chiunque sia questo altro."

(Ma le pecore sognano lame elettriche? Pag. 104 - 105 - 106 - 107 e 110)

P.S.: per tutto il mese di dicembre è libro, acquistabile sul sito della casa editrice, è scontato del 15%.

lunedì 6 dicembre 2021

Da che parte della gabbia stai?

 

"Ce stanno ingiustizie peggiori", "Ma li trattano bene", "Semo tutti in gabbia", "Annate a lavorà", "M'avete fatto piagne er regazzino"

Proviamo a rispondere alle solite frasi fatte dette dalla gente che sta portando i bambini al circo.

"Ce stanno ingiustizie peggiori". 

Peggiori non lo so, perché non mi risulta che ci siano umani tenuti a catena tutto il giorno, soli, in ambienti del tutto inadatti, costretti a fare esercizi contrari alla loro natura dietro il ricatto della privazione del cibo o le promesse delle botte. 

Che ci siano anche altre tante ingiustizie, sì, è vero, ma non mi pare che siano considerate un passatempo divertente.  

E sì, perché portare i figli al circo in fondo è come portarli ad assistere a una manifestazione di bullismo invitandoli a riderci su. 

"Ma li trattano bene". 

E no che non li trattano bene perché intanto li tengono in gabbia, e poi li costringono ogni giorno a esibirsi dietro il ricatto della privazione del cibo e delle botte. Gli animali addestrati nei circhi imparano sin da piccoli a ubbidire perché, essendo ovviamente intelligenti, capiscono che se vogliono mangiare ed evitare le botte devono proprio fare quello che gli vien chiesto. Anche se questo consiste nel fare cose che da soli non farebbero mai. 

Sono animali selvatici isolati, cioè che vivono soli, separati dal loro branco d'origine o genitori (spesso vengono venduti da circo a circo, se li passano come fossero oggetti), impossibilitati a esprimere le loro emozioni, sentimenti, necessità. 

Come si fa a pensare che un elefante sia felice di esibirsi a comando sotto a un tendone con la musica a palla di fronte a degli umani che sghignazzano, schiamazzano, urlano? O una tigre, un leone, un cavallo, uno scimpanzé? 

"Semo tutti in gabbia". Dipende. Metaforicamente sì, in molti paesi se la passano molto peggio di noi, siamo schiavi del lavoro e della società che noi stessi abbiamo costruito con le nostre stesse mani. Ma almeno possiamo prendercela con noi stessi. Perché questa società l'abbiamo costruita noi. E possiamo anche attivarci per cambiarla.

Gli animali invece sono vittime assolute, sempre, da sempre. E per quanto si attivino per ribellarsi, la sproporzione del dominio che subiscono è talmente enorme rispetto ai loro tentativi di resistenza che in qualche modo finiscono sempre per soccombere. 

Sì, ogni tanto qualche leone o elefante si ribella e uccide o ferisce gravemente il domatore, cioè il suo aguzzino, ma poi viene ucciso o comunque picchiato e domato con ancora più ferocia. Figuriamoci! Non è che poi gli altri del circo gli dicono "bravo!".

E comunque, se tu sei qui per passare una domenica al circo, forse non sei proprio nelle medesime condizioni degli animali che stai andando a guardare, per i quali la gabbia è reale, continua, fino alla morte.

Loro sono in gabbia. Tu stai dall'altra parte. E questa mi pare una differenza non da poco.

"Annate a lavorà". Lavoriamo tutti, a parte i ricchi, e nel tempo libero ci dedichiamo a lottare contro la peggiore ingiustizia che sia mai esistita. Ah, se sei un circense a dirmelo, magari comincia tu senza sfruttare gli animali, che ne dici?

"M'avete fatto piagne er regazzino". 

Forse perché qualcuno gli ha detto la verità? 

Pensa un po' quanto piangono gli animali schiavi da una vita...

Grazie agli  Attivisti Gruppo Randagio per aver organizzato un bel presidio ieri, purtroppo penalizzato dal fatto che al solito le forze dell'ordine impediscono di posizionarci di fronte all'entrata rendendo quindi difficile volantinare e informare. 

Viviamo proprio nel paese di Pinocchio (vi ricordate la parte di chi sta in carcere e chi esce?): chi vessa individui prigionieri, gli usa violenza e ci lucra sopra è protetto dalla legge; chi lotta per combattere un'ingiustizia viene fatto passare per uno da "controllare a vista". 

Alla fine ho intercettato, dalla strada, per un attimo, l'elefante dentro al tendone. L'elefante, quello che il circo in questione usa come simbolo per farsi pubblicità. 

La cosa che più mi ha messo tristezza, credetemi, non è stata sapere che fosse prigioniero da una vita, ma che fosse solo. Solo.

Cioè quell'elefante non ha nemmeno la possibilità di comunicare a un altro suo simile l'angoscia del vivere in quella condizione. 

E i circensi cosa scrivono? Che guardare un animale negli occhi vale più di mille documentari. 

Sicuri sicuri?

Ma li avete veramente mai guardati negli occhi gli animali prigionieri? 

Sicuri di voler veramente sapere cosa ci trovereste? 

Ci trovate la vostra immagine riflessa. Perché le chiavi della loro prigione le avete voi. Loro sono in gabbia e voi dall'altra parte.

Ecco, dopo che l'avrete fatto, potrete scegliere se iniziare ad aprirla un po' quella gabbia oppure no.

Dalla parte delle bambine che siamo state

 Ho appreso che ci sono donne solidali con il molestatore della giornalista Greta Beccaglia e che hanno organizzato una tavolata nel suo ristorante per esprimergli, appunto, solidarietà.

Proprio vero che il patriarcato interiorizzato (esattamente come ogni altra forma di oppressione, specismo compreso) è quello peggiore da combattere. 

Io li capisco questi meccanismi, sono gli stessi che per tantissimo tempo mi hanno portata a essere accondiscendente verso gli uomini anche quando si comportavano palesemente da stronzi, mi molestavano e usavano (psicologicamente o fisicamente non ha importanza). 

Mi sentivo in colpa e mi vergognavo perché pensavo sempre che fossi io a provocare certi comportamenti e se qualche volta reagivo e li trattavo male subito me ne pentivo perché se c'è un qualcosa che, per fortuna, nel bene e nel male, anche a mio discapito, ho sempre posseduto è l'empatia, ossia la capacità di mettermi nei panni altrui, aguzzini e oppressori compresi. 

Fino a che non ho capito il perché di certi meccanismi, dove nasceva quel senso di colpa e di vergogna e quell'incapacità di portare fino in fondo le denunce e le reazioni. 

Nasceva dai condizionamenti di cui noi donne siamo vittime sin da quando veniamo al mondo. 

C'è un libro che mi ha dato il là per riflettere e che insieme ad altri poi mi ha fatto meglio comprendere cosa significhi nascere donne, ossia femmine, cioè persone di sesso femminile (al netto di identità di genere varie) in una società maschilista ed è Dalla parte delle bambine di Elena Gianini Belotti. Così come ho poi trovato puntuale il seguito aggiornato scritto da Loredana Lipperini, Sempre dalla parte delle bambine.

Che non è mettere donne contro uomini, ma mettersi dalla parte di chi ha talmente interiorizzato la svalutazione di se stessa da non riuscire nemmeno a portare a termine un discorso di denuncia. 

Alzare la testa e dire basta non significa diventare cattive. Significa reagire e fare un primo passo per sentirsi finalmente persone pari agli uomini. La parità sulla carta non serve a niente se non ci si emancipa interiormente.


domenica 5 dicembre 2021

Cos'è il totalitarismo?

 

La violenza sugli altri animali è invisibile perché loro sono invisibili.

I pesci e in generale gli animali acquatici lo sono ancora di più.

Non vengono nemmeno nominati al plurale, ma indicati con un termine singolare che racchiude una moltitudine, cioè "il pesce".

Le scene di pesca nei film non nascondono l'agonia perché non ce n'è bisogno, cioè non viene minimamente percepita.

Anche i bambini pescano e tirano su con l'amo creature che poi soffocano davanti ai loro occhi e lo fanno tanto al mare per gioco, quanto con i loro genitori appassionati di questa pratica crudele.

Del resto anche nei ristoranti "di pesce" migliori vengono mostrati individui vivi negli acquari senza che questo fatto susciti la benché minima riprovazione o disagio. 

Se ci fossero dei maialini o degli agnellini in un recinto e poi si assistesse alla scena di qualcuno che li afferra per metterli in pentola e cucinarli, così come sono, magari direttamente nell'acqua bollente mentre sono ancora vivi, la gente fuggirebbe inorridita o tenterebbe di salvarli; sì, quella stessa gente che comunque non dovendo assistere direttamente alle scene di cattura e uccisione, poi ordina maiali e agnelli e vitelli o li compra direttamente a pezzi nei supermercati, ma che ancora saprebbe riconoscerne la violenza se li vedesse vivi. Violenza che è pronta a giustificare e a minimizzare facendo appello alle credenze speciste, ma che comunque viene riconosciuta.

Per i pesci salta anche questo passaggio. Non si riconosce la violenza nemmeno quando è agita dai bambini. Non si riconosce la prigionia dei loro corpi costretti in acquari, non si riconosce il significato autentico di quello che si fa quando li si sottrae al mare, al lago o al fiume, cioè un vero e proprio atto di deportazione fisica.

Giorni fa un amico mi ha chiesto cosa significhi per me "totalitarismo".

Dopo averci pensato ho risposto che ne abbiamo un esempio costante davanti agli occhi, cioè gli allevamenti di animali, di qualsiasi tipo. Compresi quelli acquatici. 

Totalitarismo è controllo della vita, dell'esistenza, è programmazione dei corpi dal concepimento all'uccisione. Di più, è anche modificazione di quei corpi affinché i loro corpi siano sempre più funzionali allo scopo per cui vengono fatti nascere.

Totalitarismo è quindi programmazione e controllo della vita.

Cioè l'antitesi esatta di quello che dovrebbe essere la vita. 

Ma il totalitarismo è soprattutto l'insieme delle false sicurezze date dalle gabbie invisibili. Le gabbie invisibili che la cultura e il sistema in cui viviamo ci costruisce attorno giorno dopo giorno e che poi ci rende sopportabili facendoci indossare le lenti della propaganda, di qualsiasi tipo sia.

Lo specismo è propaganda, la politica istituzionale lo è, lo è la scuola, la televisione tutto. E sì, tutti ne siamo vittime in qualche modo, ma tra noi e gli altri animali c'è una differenza sostanziale, cioè che noi siamo sempre i loro oppressori (mentre tra noi siamo sia vittime che oppressori) e che essi subiscono il dominio nella forma peggiore che esista, dal concepimento in poi. Non potendo nemmeno avere il conforto dell'illusione della propaganda, per loro le gabbie sono reali e visibili in qualsiasi momento. Vedono e sentono la violenza sui loro corpi istante dopo istante. 

Una violenza che noi non sappiamo riconoscere o che, all'occorrenza, subito giustifichiamo e minimizziamo. 

Una violenza che deridiamo. Costantemente. Deridendo anche chi ha deciso di opporvisi, come le persone vegane.

Credo che non ci sia nulla di più becero di chi deride gli altri animali. Vittime assolute di ogni sistema che l'umano abbia saputo costruire.

Qualsiasi tentativo di progresso morale e politico che non tenga conto dello specismo è vuoto. 

Foto presa da Wikipedia.