mercoledì 20 aprile 2016

Freud e Coe

Nell'ultimo romanzo di Jonathan Coe, "Numero Undici", viene espressa una teoria a proposito della comicità che prende di mira i politici. 
Riprendendo quanto scrive Freud ne Il motto di spirito, il riso sarebbe provocato da un dispendio di energia liberata nel momento in cui, con la battuta o il cosiddetto motto di spirito, viene disattesa la risposta che l'ascoltatore si aspetterebbe e si passa a un salto logico improvviso (salto che appunto farebbe risparmiare l'energia richiesta per l'elaborazione della battuta, che invece non è spiegata, ma colta al volo e infatti si ride solo quando si realizza questa ipotesi).
Ora, nel momento in cui lo spettatore ride di fronte a una battuta sul tal politico incapace, tutta quell'energia che potrebbe incanalare in rabbia e quindi in tentativo di ribellione per cambiare le cose, viene liberata e quindi sprecata, facendo sentire lo spettatore appagato. 
Interessante perché è una cosa che ho sempre pensato.
Gli Italiani ridono alle battute, peraltro banalissime, di Crozza che prende in giro Renzi o chi per lui e quella rabbia che avevano contro il governo, il sistema ecc., anziché essere incanalata in azioni costruttive, viene liberata nell'esplosione energetica della risata.

P.S.: vi consiglio entrambi i libri, sia il romanzo di Coe, che è un affresco abbastanza deprimente e cupo della società odierna, che il classico di Freud perché... perché leggere Freud è sempre comunque un'esperienza valida, a prescindere che si condividano o meno le sue teorie. 

domenica 17 aprile 2016

Anche le piante soffrono?


Uno dei commenti più frequenti sotto ai post della pagina NOmattatoio e in generale è "anche le piante soffrono".
A parte l'assurdità nel pensare di aver liquidato ogni dilemma etico o spazzato via l'intera questione dello sfruttamento animale semplicemente dando questa risposta; a parte la banalità dell'evitare di prendere in considerazione l'ingiustizia dell'oppressione degli altri animali rispondendo con una provocazione che peraltro non è più originale da tempo, direi che:
Primo, non c'è nessuna evidenza scientifica che soffrano esattamente come soffre un animale, in quanto non hanno un sistema nervoso centrale o centralizzato e perché, essendo radicate al suolo, l'evoluzione ci dice che probabilmente non sono dotate di un simile meccanismo di difesa proprio perché non hanno necessità di sfuggire ai predatori per sopravvivere; secondo, la maggior parte dei vegetali viene prodotta per sfamare i bovini negli allevamenti; terzo, se non mangiamo vegetali, moriamo (mentre possiamo benissimo vivere senza mangiare animali e derivati); infine se anche fosse vero che soffrano, non è comunque una ragione valida per continuare a massacrare animali. Ah, dimenticavo, la maggior parte delle piante tagliate, ricresce, se viene salvaguardata la radice, lo stesso non si può dire di un animale cui viene tagliata la testa.
Non dico che non abbiano una loro peculiare coscienza, ma si tratta di una coscienza collettiva, non individuale e comunque non sentono il dolore come lo avvertiamo noi animali (umani e non) altrimenti l'evoluzione li avrebbe forniti di un sistema di allarme facilmente riconoscibile. Pare che la capacità di emettere suoni molti forti (urla!) forzando il sistema fonatorio sia proprio propedeutico a dare il segnale di pericolo. Per questo i cuccioli emettono suoni acuti percepibili anche dalla madre in lontananza. Cosa che non fanno le piante.

Il fatto che non soffrano non ci autorizza, ovviamente, a distruggere intere foreste o a massacrare la flora del nostro pianeta. Le piante sono indispensabili per la sopravvivenza della terra e di tutti i suoi abitanti. E sono proprio i carnisti a causare e incrementare la distruzione di foreste e interi habitat che vengono coltivati a foraggio per gli animali negli allevamenti o abbattuti per far posto a pascoli. Anche la dibattuta questione della soia in realtà è molto semplice: la maggior parte della soia coltivata è quella destinata a ingrassare gli animali negli allevamenti, mentre è ormai noto quanto non sia affatto indispensabile nell'alimentazione vegana. 

Per inciso, io amo tantissimo le piante e quando le trovo "abbandonate" vicino ai cassonetti (e sì, c'è gente che le butta via), le prendo sempre. Pensate che per due estati di seguito io e mio marito siamo andati a innaffiare delle piante in una via vicino casa nostra perché nessuno ci pensava e altrimenti si sarebbero seccate. E ora datemi pure dell'estremista solo perché provo a rispettare il pianeta che mi ospita. Oppure date via alla lista benaltrista ("e ai bambini che muoiono di fame in Africa chi ci pensa?" Beh, una cosa è certa, non tu che sostieni il carnismo, amico mio, visto che ci sarebbero più terreni coltivati a riso per sfamare direttamente le popolazioni locali, se non ci fossero le multinazionali che colonizzano i terreni per coltivare cereali destinati a ingrassare gli animali negli allevamenti.).

Insomma, argomentazioni a sostegno del carnismo: zero. Se non quelle del gusto (indotto!) del sapore delle carni degli animali e della tradizione. Un po' deboli, no?

giovedì 14 aprile 2016

NOmattatoio: resoconto di un presidio internazionale


Sabato 2 aprile ha avuto luogo il 17° presidio NOmattatoio a Roma, organizzato, questa volta, in contemporanea con le altre città italiane che hanno aderito alla campagna, con sedici città tedesche e con Toronto.
Un evento quindi di rilevanza internazionale che ha visto centinaia di persone umane scendere in piazza e in prossimità dei mattatoi per protestare contro l’ingiustizia dello sfruttamento degli altri Animali.
A Roma eravamo circa una settantina di partecipanti ed è stato un presidio emotivamente molto pesante in quanto sono passati diversi camion contenenti Animali: camion a doppio rimorchio, alti quattro piani. Quattro piani di corpi stipati, visibilmente sofferenti, con la bava alla bocca per il terrore, la sete, il trauma di essere deportati coercitivamente. Abbiamo documentato con foto e video questi viaggi della morte per cercare di rendere visibili degli individui la cui esistenza è nota alle persone umane ma – in quanto referenti assenti – senza nulla sapere del loro mondo, di come hanno vissuto, delle loro esigenze etologiche, delle loro percezioni cognitive.

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giovedì 7 aprile 2016

Contro la schiavitù


Il nostro non è il movimento di chi "ama gli animali", ma di chi sta portando avanti una lotta di giustizia sociale.
Liberiamo i nostri schiavi!

mercoledì 6 aprile 2016

I loro corpi

  (Immagine tratta da Videodrome di Cronenberg)

Noto che in questi giorni moltissimi antispecisti e associazioni si sono prodigati nello scrivere articoli per prendere le distanze dalle modalità ridicole con cui viene presentato il tema del veganismo in tv. A parte che già parlare di veganismo e non di questione animale equivale a uno smacco, ma tant'è.
Forse scriverò qualcosa anche io. Intanto giusto due riflessioni immediate.
Mi preme dire che provo tenerezza, verso me stessa inclusa, per i nostri sforzi in quanto purtroppo, pur affannandoci a elaborare concetti raffinati, a condividerli sui social, ad appellarci a testate giornalistiche varie, non raggiungeremo mai la visibilità di un mezzo di massa come la tv. E in tv non chiameranno mai noi personaggi semi-sconosciuti, per quanto un minimo preparati, semplicemente perché non ci conoscono, non facciamo audience come chi ha già un briciolo di notorietà.
Abbiamo questa illusione, nel momento in cui pubblichiamo un articolo, un post, in cui scriviamo due righe tramite uno stato o un tweet, di poter raggiungere chissà quante persone, di avere visibilità, ma non è così.
Nessuno legge i nostri stati o i nostri articoli. È tutto molto autoreferenziale, ci diamo le pacche tra di noi, ci diciamo bravi, ci leggiamo e condividiamo a vicenda, ci commentiamo e critichiamo, ma tutto solo e sempre tra di noi.
Mentre là fuori nulla sanno di noi, non conoscono l'antispecismo, non leggono i nostri blog e riviste di settore, pensano solo che siamo una  manica di invasati che vuole imporre a tutti il proprio "credo alimentare".
Io sono preoccupata. Lo confesso.
Come possiamo fare?
Inutile che ci dissociamo da personaggi come Mocavero o quell'altro che è andato alle Iene. Innanzitutto perché, come ha scritto poc'anzi Henry Merry* in un suo stato (“Non che mi interessi la specifica vicenda, ma credo che "dissociarsi" sia la più efficace forma esistente di riconoscere appartenenza. In termini proprio oggettivi/generali.”) , dissociarsi è una maniera implicita per ammettere che ci si sente parte di un gruppo, o di un movimento o di determinate modalità. Invece, se ci sentiamo altro, semplicemente dovremmo tacere. Infatti non è che ogni giorno sentiamo l'esigenza di dichiarare che ci dissociamo, che so, dagli Ultras, visto che il loro operato non ci riguarda.  E allora perché dissociarci da qualcosa o qualcuno con cui non si ha nulla da spartire? Al limite si può dire e far presente che esistono altre realtà animaliste/antispeciste che agiscono con modalità ben diverse. Capisco che purtroppo le persone che non conoscono queste varie realtà animaliste/antispeciste, poiché siamo tutto sommato realtà nuove, possano credere che siamo tutti uguali, i pregiudizi purtroppo ci sono, anche sulle donne, su tutti... è più facile etichettare e semplificare piuttosto che ammettere che esistano tanti individui diversi; lo si fa anche con gli altri animali, come se fossero un tutto indistinto, e non diverse specie e diversi individui. 
Ad ogni modo, l'operato di gruppi come il Fronte Animalista non dovrebbe riguardarci. Sì, è un gruppo contro lo sfruttamento animale come altri, ma usa modalità in cui molti di noi non si riconoscono e non è che se, per esempio, un giornalista dice una cazzata allora tutti i giornalisti si dissociano. Mi rendo conto tuttavia che il problema consiste nell’incapacità della massa là fuori di discernere perché, semplicemente, non conosce le varie realtà animaliste. E allora che fare?  
Rifiutare i passaggi in tv? Pretendere interlocutori validi stabilendo ad esempio delle regole, del tipo di non venire interrotti con commentini sarcastici ogni due per tre? 
Ad ogni modo, non dobbiamo dimenticare che i codici linguistici televisivi sono quelli che sono e che non cambieranno mai. È implicito nel mezzo tv (il mezzo non è mai neutro, diceva McLuhan) quello di banalizzare, semplificare, spettacolarizzare la complessità del reale. In più la tv e i mezzi mainstream sono in mano ai potentati economici che si basano sullo sfruttamento animale. La tv campa di sponsor pubblicitari. Quindi mai si affronterà apertamente la questione animale. Quindi intanto dovremmo anche attivarci per combattere la maniera in cui la televisione ci usa e non fornisce un’informazione libera. 
Possiamo pretendere più serietà, ma certamente una dibattito in cui si parla della questione come vorremmo noi, non l'otterremo mai perché semplicemente la stragrande maggioranza là fuori non sa nemmeno chi siano Derrida o Horkheimer, ma nemmeno Peter Singer o Regan, per citare i due antesignani della filosofia antispecista. 
Forse dovremmo semplicemente trovare una maniera accessibile a tutti di parlare della questione animale. Dobbiamo trovare una lingua comune che rimanga ancorata alla realtà, ma la faccia capire anche ai non addetti ai lavori. Una maniera che centri il fulcro della discorso, che sia capace di includere la politica, il sociale, la filosofia, l'economia, ma in maniera più divulgativa. Una comunicazione più semplice, ma che non banalizzi, che non semplifichi. Polisemantica. Shakespeare era un grande proprio perché arrivava a tutti, anche se poi ognuno approfondiva e recepiva in base al suo apporto di istruzione, conoscenza, esperienza. 
Invece al momento abbiamo da una parte discorsi raffinatissimi, ma di nicchia, e dall'altra discorsi troppo banali e semplicistici. 
A fronte di questo sfogo, vorrei però aggiungere che non dobbiamo scoraggiarci o pensare che i mezzi forti siano imbattibili a priori. Vero, viene da pensare che tanto, non avendo appunto a disposizione mezzi di comunicazione efficaci, ci stiano riducendo al silenzio attraverso la ridicolizzazione (che potrebbe anche essere una delle prime fasi cui ogni rivoluzione culturale è costretta ad attraversare).  Ci hanno altresì illuso che i social potessero arrivare ovunque: in realtà la tv rimane ancora il mezzo che gode di maggiore autorevolezza. Troppe persone ancora prendono ciò che passa in tv come un dogma (“l’hanno detto in tv”) e consultano i social solo relativamente al loro campo d’interesse. Ma non dobbiamo allentare la presa e dobbiamo piuttosto cercare di elaborare nuove strategie comunicative e di lotta. 
Dobbiamo essere realisti e sognatori al tempo stesso. Idealisti, ma non ingenui.
Difficile. Ma lo sapevamo sin dal principio che non sarebbe stato facile. Soprattutto perché gli altri animali non possono esprimersi in prima persona come soggetti e dobbiamo farlo al posto loro, con tutti i rischi connessi allo spostamento del discorso su di noi in quanto soggetti parlanti la stessa lingua che adopera il potere. Quando dico che gli altri animali non possono esprimersi in prima persona, attenzione, non dico che non possano in quanto incapaci di comunicare, ma perché purtroppo non vengono riconosciuti come Soggetti  dal potere: il potere usa il linguaggio verbale, le immagini, la propaganda, la musica (basta mettere una musichetta allegra come sottofondo e subito le immagini di un allevamento al pascolo trasmettono un’idea di pace, armonia con la natura ecc., pure se dietro c’è lo stesso orrore di quello intensivo perché gli animali vengono comunque sfruttati e uccisi) e la tecnologia, mentre gli altri animali hanno solo i loro corpi.
Solo i loro corpi. Forse è di questi corpi che non dovremmo mai smettere di parlare. Documentandoli, fotografandoli, mostrandone l’abuso e il dominio che subiscono.
Sì, mi direte che ancora una volta non li stiamo lasciando in pace, questi altri animali, che forse vorrebbero morire senza essere fotografati. Eppure i lager nazisti sono stati sconfitti anche mostrando quelle atroci immagini di animali umani privati della loro libertà e così le battaglie contro la schiavitù hanno avuto bisogno di documenti, di immagini. 
La storia si fa con i documenti.
Ecco, non smettiamo mai di documentare. A fronte di qualsiasi discorso, di qualsiasi scontro, quando andiamo in tv, per favore, andiamo con i video, con le immagini e imponiamo i nostri montaggi, i nostri commenti.  Le immagini contano più delle parole. Penso che dovremmo usare tutti i mezzi di comunicazione visiva possibili, quindi ben vengano le foto, i video e l'arte in generale in quanto capaci di "mediare" in maniera più diretta, senza i filtri distorcenti del linguaggio, e anche perché capaci di raggiungere aree diverse del cervello. Rispetto al documento scritto, ad esempio. Il documento scritto ha gli stessi limiti che ho esposto nel testo, non è accessibile a tutti. Le immagini, invece, come la musica, arrivano più facilmente a tutti. Hanno un codice universale che non necessita decodificazione o traduzione. 

*Henry Merry è un mio contatto Facebook, persona molto arguta e intelligente.

sabato 2 aprile 2016

Nazismo quotidiano

Foto scattata durante il 17° presidio NOmattatoio

Per molti carnisti il problema di chi lotta contro lo sfruttamento animale sarebbe che "faremmo stalking" perché ne parliamo ovunque e postiamo sempre articoli sul tema.
Sì, forse saremo un po' ossessivi, forse le nostre bacheche raramente parlano di altro, ma cribbio, il punto è che una volta preso atto dell'ingiustizia e dell'orrore dello sfruttamento degli animali (che purtroppo ha svariate forme essendo la struttura stessa della nostra società fondata su di esso) come si fa a non pensarci?
Avete presente quando da qualche parte del mondo è in corso uno sterminio, un genocidio, una guerra? Pensereste mai che parlarne sia "fare stalking" e andare a rompere le scatole al prossimo? 
Beh, se se ne parla, in entrambi i casi, è perché purtroppo al mondo continuano a esistere vittime di serie A e vittime di serie B, C, D, fino alle ultime delle ultime, gli animali non umani e si cerca appunto di sensibilizzare, informare, far conoscere, cercare di far capire che siamo tutti animali, tutti fatti della stessa sostanza di carne e ossa e tutti vorremmo essere liberi anziché trattati come schiavi e ammazzati.
Intanto questa mattina vi aspettiamo al mattatoio di Roma. Per rendere visibili gli invisibili.
Quello che vien fatto agli animali ogni giorno è di gran lunga peggiore di quello che facevano i Nazisti (visto che a molti scandalizza questa analogia), unica differenza è che le vittime vengono considerate di serie B e non si vogliono riconoscere come individui senzienti e che tutto ciò sia perfettamente legale. Vi disturba sentir dire che un vivisettore sia una specie di Mengele, ad esempio? Provate, anche solo per un attimo, a immedesimarvi in un cane, una scimmia, un topino che giace sul tavolo da vivisezione e poi sappiatemi dire. 
Il problema, il vero enorme problema, è che il contesto socio-culturale in cui siete cresciuti non vi permette di immedesimarvi in un cane o in una scimmia perché sotto sotto continuate a pensare che l'umano sia una specie superiore in tutto e per tutto, che provi sentimenti più elevati e intensi, che soffra maggiormente e che, per il sol fatto che persone della sua stessa progenie abbiano dipinto la cappella Sistina o prodotto altri capolavori, la sua vita abbia un valore aggiunto.

venerdì 1 aprile 2016

Stupidi mortali


Poche sere fa ho rivisto Blade Runner, nell'edizione director's cut e mi è parso che emergesse in maniera prepotente la paura della morte di tutti i viventi (androidi o umani che siano, poco importa, anzi, se c'è qualcosa che appunto dà la prova che i primi siano come i secondi è proprio la paura di morire, più che le emozioni, che si possono apprendere per simulazione). In fondo tornano sulla terra per quello, per sapere quanto gli resta da vivere e se il loro produttore potesse in qualche modo riprogrammare la loro data di morte.
Infatti ciò che ci accomuna agli altri animali, a tutti gli animali, è proprio la morte. Il fatto che siamo carne destinata a morire.
"Sento il pianto di tutte le creature che sono destinate a morire", dice Lars von Trier in Antichrist.
"Chiedete di me stasera e mi troverete al cimitero" (Shakespeare)
"Partoriscono a cavallo di una tomba, il giorno splendo un istante ed è subito notte" (Beckett)
E di citazioni, più o meno classiche, se ne potrebbero fare a bizzeffe.
Ecco, non dovrebbe bastare questa consapevolezza, ma che sia davvero tale, per farci smettere di odiare, di massacrare, di massacrarci? 
Perché i lager, perché accumulare profitto, perché schiavizzare, perché far soffrire se tanto non dureremo che un battito di ciglia?
Le persone che fanno soffrire altri per il loro illusorio profitto sono stupide, nient'altro che stupide. Siamo una specie composta per maggioranza da stupidi in grado di maneggiare una tecnologia spaventosa. "Strangelove" di Kubrick è una parabola perfetta. Capirlo e ammetterlo e farci più umili sarebbe già il primo passo.