lunedì 14 giugno 2021

Gli animali nell'arte

 Qualche giorno fa, in occasione della riapertura della Galleria Borghese, è stata inaugurata, al suo interno, la mostra di Damien Hirst, artista contemporaneo molto quotato.* 

Di lui, come di altri, ho parlato nel mio libro "Ma le pecore sognano lame elettriche?" nel capitolo dedicato al modo in cui gli animali - l'animalità delle altre specie in generale - sono rappresentati nell'arte, nel cinema, nella letteratura. Sempre simboli di altro, a rappresentare problematiche e concetti umani, mai come individui soggetti della loro esistenza affrancati dallo sguardo antropocentrico. Ne ho parlato anche qui sul blog, in passato. 

"Nell’arte contemporanea, oltre a continuare a rappresentare gli animali come simboli, non di rado si è passati a utilizzarli anche in senso materiale. Imbalsamati o uccisi all’uopo. I loro corpi usati come se fossero materiali da plasmare nelle mani dell’artista, dimenticando che essi erano, in primo luogo, individui unici e irripetibili.

Damien Hirst ha realizzato opere consistenti in vetrine che espongono corpi di squali, tigri, pecore, mucche, zebre e altri animali immersi in formaldeide; ha realizzato una sorta di mandala con ali di farfalla. Alle obiezioni degli animalisti ha risposto dicendo che erano animali acquistati già morti al macello. Questo significa che non li ha uccisi lui con le sue mani, ma che qualcun altro lo ha fatto al posto suo.

Il punto è che questi animali, anche quando materialmente presenti, stanno sempre a rappresentare altro, il nostro rapporto con la morte, il senso dell’esistenza ecc., ma non ci si interroga mai invece sulla violenza che caratterizza il nostro rapporto con le altre specie e non viene mai messa in evidenza l’unicità del soggetto, che rimane un rappresentante della sua specie, come se fosse intercambiabile; ancora una volta sono opere che parlano di noi. Mostrano animali, in questo caso veri animali, ma parlano delle nostre paure, angosce o desideri e aspirazioni.

L’artista, in questo caso, è un narcisista che usa gli altri per realizzare la propria opera e costruirsi una propria identità (di artista). Un’identità usurpata agli altri animali, negata, violentata.

Questi artisti (Hirst non è l’unico, cito anche Hermann Nitsch, Jan Fabre e Wim Delvoye: quest’ultimo ha tatuato il corpo di alcuni maiali, poi li ha imbalsamati ed esposti. In un articolo che recensisce una sua esposizione personale si legge “Tatuare un maiale è un’idea sovversiva morbida, rosea, quasi lirica. La fattoria degli animali secondo Delvoye.”) non vedono le altre esistenze, non le percepiscono, non provano empatia, le usano soltanto per i loro obiettivi."

Pagg. 74 e 75 del libro "Ma le pecore sognano lame elettriche?" pubblicato da Marco Saya Editore

*Nella mostra nella Galleria Borghese non credo siano presenti queste "opere" contenenti corpi di animali.

venerdì 11 giugno 2021

Il doppio inganno dell'alevamento sostenibile

 Ieri mi è comparsa sulla home di Facebook la pubblicità della LIDL. L'immagine conteneva una bistecca e sopra, a caratteri cubitali, la scritta IL BENESSERE ANIMALE, poi a seguire, a caratteri leggermente più piccoli NON CONOSCE STAGIONI, ANCHE QUANDO ARRIVA IL MOMENTO DI GRIGLIARE.

Il bello è che le persone, i consumatori, molto spesso sono disposti a lasciarsi prendere in giro in questo modo. Credono alla menzogna del benessere animale perché, da una parte, ci vogliono credere, e dall'altra perché comunque hanno introiettato lo specismo, cioè non mettono in discussione il fatto che gli animali si usino e si mangino.

A tal proposito, oggi è stato pubblicato questo mio articolo sul blog di Progetto Vivere Vegan. 

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L’allevamento cosiddetto sostenibile – definito etico, biologico, estensivo – volto a edulcorare la facciata dello sfruttamento, inganna due volte: i consumatori e gli animali.

Benessere degli animali o delle tasche degli allevatori?

L’inganno nei confronti dei consumatori è abbastanza complesso ed è legato al concetto di benessere animale.

Per benessere animale si intende un apparato normativo concepito all’interno dell’industria zootecnica, quindi all’interno di una cornice specista, che dovrebbe tutelare appunto la salute e il benessere degli animali. Animali a cui da una parte si riconosce la capacità di sentire, soffrire, provare dolore e piacere, ma a cui dall’altra continua a venire negata la possibilità di essere pienamente soggetti della loro stessa vita e di esprimere e soddisfare gli interessi relativi alla loro specie, non solo da un punto di vista fisico, ma anche psicologico ed etologico e che, soprattutto, verranno comunque mandati al mattatoio quando il costo del loro mantenimento in vita supererà quello del valore del loro corpo stabilito dal mercato.

Per continuare a leggerlo, cliccare qui.

mercoledì 9 giugno 2021

Yulin è ovunque

 

Tra qualche giorno, esattamente il 21 giugno, inizia l'abominevole festival di Yulin, in Cina.

Ho letto delle testimonianze raccapriccianti. La tradizione vuole che i cani e gatti soffrano a lungo, che vivano una vera e propria agonia perché così le loro carni sono più tenere.

Non vi riporto quello che accade e che io stessa ho visto in alcuni video diffusi in rete dai pochi attivisti coraggiosi che riescono a entrare nella zona di Yulin, ma vi assicuro che è tutto vero, non sono credenze messe in giro dai razzisti. 

Purtroppo gli occidentali non sono ben visti e rischiano anche parecchio se provano a riprendere con la videocamera, ma si trova parecchio materiale in rete che potete cercarvi da soli, se proprio ci tenete a verificare. 

Ci sono luoghi, tradizioni e pratiche peggiori di altre per gli animali. Ma si tratta di una semplice gradazione dell'orrore. 

Altri orrori, invisibili agli occhi dei visitatori, avvengono anche in occidente, nei civilissimi e avanzatissimi laboratori per la ricerca medica (e detenere un animale in gabbia costituisce già una tortura al massimo grado per un individuo che così viene privato delle sue esperienze e di un'esistenza degna di chiamarsi tale), in tante città europee (pensate forse che la Corrida o il Palio di Siena siano meno cruenti?), nei ristoranti dietro casa dove vengono bollite vive le aragoste e altri animali marini o nei mattatoi, in ogni mattatoio; e dentro le nostre case perché dietro ogni prodotto alimentare di origine animale si nascondono sfruttamento, violenza, uccisioni.

Yulin è certamente un inferno. Ma dovete essere consapevoli del fatto che si tratta della punta di un iceberg. Quell'iceberg, che non riusciamo a vedere poiché sommerso, o meglio, immerso nella consuetudine del quotidiano e nella naturalizzazione e normalizzazione di pratiche e gesti: lo specismo.

Se volete combattere Yulin, allora dovete combattere lo specismo. Non solo l'uccisione dei cani e gatti, ma anche delle altre specie.


domenica 6 giugno 2021

Victoria

 

Imbattersi in film meritevoli per caso, senza averne mai sentito parlare, senza conoscere il regista e restarne affascinati. A volte capita.

Il film è girato in un unico piano sequenza e si svolge a Berlino, di notte.

Victoria è una ragazza spagnola che si trova lì da qualche mese e all'uscita da un locale conosce dei ragazzi che la invitano a proseguire la serata insieme a loro per farle conoscere la vera Berlino, non quella dei locali, ma della strada.

Parlano in inglese, a volte in tedesco tra di loro, si capisce che hanno buone intenzioni, vogliono solo passare del tempo bevendo birra, fumando e festeggiando il compleanno di uno di loro.

Victoria si lascia coinvolgere, entra nel mood e da questo momento in poi è tutto un avvicinamento progressivo di un legame che si instaura tra lei e i ragazzi, in particolare con Sonne. 

A un certo punto la serata prende una piega diversa, i ragazzi sono coinvolti in qualcosa di poco chiaro, chiedono aiuto a Victoria per recarsi a un appuntamento e le chiedono di fargli da autista perché devono essere necessariamente in quattro, ma uno di loro, il festeggiato, è fuori gioco a causa del troppo alcol bevuto.

Victoria accetta. Questa è una svolta narrativa importante.

Può sembrare folle che una ragazza decida di fare qualcosa di poco chiaro con dei ragazzi appena conosciuti, ma la bravura del regista è nell'averci fatto arrivare progressivamente a questo punto, nell'averci mostrato una sintonia e desiderio convergenti di sfidare la notte, il mondo, le regole, di mettersi in gioco, di stare al gioco, di vivere, di aiutarsi, di starsi vicini. Complicità è la parola chiave. 

Certamente il personaggio di Victoria è coerente con le sue scelte e decisioni: nella bellissima scena dentro al bar in cui lavora e in cui, prima della decisione fatidica, era stata accompagnata da Sonne apprendiamo alcune cose di lei e capiamo il perché delle sue azioni. O forse un perché non c'è, c'è solo il desiderio di proseguire la serata, di stare con i suoi nuovi amici, di sentirsi parte di qualcosa, di un mondo, di vivere con intensità.

Struggente, adrenalinico, coinvolgente. 

Laia Costa, l'attrice che interpreta Victoria è straordinaria.