martedì 29 agosto 2017

Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito


Asserire che non dovremmo accogliere gli immigrati poiché fornirebbero manodopera a basso prezzo abbassando ancora di più il prezzo del lavoro significa guardare agli effetti, senza capire o voler intervenire sulle cause.
Chi ha causato la crisi economica italiana? Non certo gli immigrati, bensì anni di politica berlusconiana in cui è stato - con la compiacenza della sinistra - distrutto interamente il mondo del lavoro; chi ha introdotto il precariato che man mano ha eroso ogni diritto sul lavoro (diritti che erano stati conquistati duramente dai nostri padri durante le lotte sindacali negli anni settanta)? Chi non ha provveduto a proteggere l'economia lasciando che dopo l'entrata dell'Euro i prezzi lievitassero senza che ci fosse un equilibrato e corrispettivo aumento degli stipendi? Chi ha fatto leggi in tutela dei ricchi e che non hanno saputo proteggere i lavoratori? Chi ha distrutto il mondo della scuola? 
Sono decenni che siamo governati da incompetenti, oltre che da delinquenti. La crisi economica è una crisi politica.
E il problema sarebbero gli immigrati?
Dovremmo tutti scendere in piazza e pretendere che mai nessuno proponga più stipendi da fame, che mai nessuno paghi tre euro al giorno l'immigrato che raccoglie i pomodori perché non è l'immigrato che ci sta impoverendo, ma la speculazione dei ricchi sui poveri.
Perché la polizia non va a manganellare questi che sfruttano, schiavizzano e speculano sulla vita altrui? Semplice, perché la polizia, come istituzione, comunque è sempre asservita allo Stato e al mantenimento dei privilegi - privilegi che non avrebbero se non si sfruttassero i molti.
Gli imprenditori si lamentano della concorrenza. Perché il governo, più di un decennio fa, non ha tassato i prodotti a basso costo provenienti dalla Cina, proteggendo così l'economia locale? E perché gli imprenditori locali che hanno spostato le loro fabbrichette in posti dove si possono sfruttare gli operai continuano a prendere contribuiti dal governo italiano(come ha fatto la Fiat per anni)?
E perché, quando ancora si poteva fare, sempre il suddetto governo ha impoverito gli Italiani dimezzando stipendi al confronto dei nuovi prezzi dell'Euro che, senza motivo alcuno, sono stati raddoppiati dal giorno alla notte? Io me la ricordo questa cosa qui. Dopo l'entrata dell'Euro improvvisamente il mio potere d'acquisto è stato dimezzato ed è successo in pochissime settimane. Senza motivo. Semplicemente perché nessuno ha pensato a mettere un banalissimo calmiere dei prezzi.
E chi ha introdotto nuovamente il licenziamento senza motivo e quelle leggi del cavolo (una miriade) che consentono agli imprenditori di assumere e licenziare, assumere e licenziare, assumere e licenziare senza pagare contributi, senza garantire continuità?
E il problema sarebbero gli immigrati?
Poi si accusa me di essere idealista, di vivere al di fuori della realtà (a parte che essere idealisti non dovrebbe essere un termine negativo in quanto significa avere degli ideali, però nella nostra lingua spesso viene usato per liquidare con argomenti ad hominem una persona che sta dicendo qualcosa cui non si sa cosa rispondere. E così sono idealista perché vegana, idealista perché dico che in realtà se ci unissimo agli immigrati, anziché combatterli, metteremmo su una forza popolare capace veramente di fare la differenza).
Ad ogni modo, io la realtà la vedo, la osservo e la conosco sicuramente meglio di chi guarda solo agli effetti senza ricordarvi delle cause.
Riassumendo: se il costo del lavoro si abbassa, non è certo per una legge metafisica su cui non si può intervenire, ma perché si consente che chi detiene i mezzi di produzione paghi poco le persone in stato di necessità. Alcuni vorrebbero intervenire sugli effetti (non introduciamo mano d'opera basso costo), io sulle cause (chi sfrutta lo stato di necessità delle persone indigenti).
La distruzione del mondo del lavoro è iniziata ben prima dell'arrivo dell'immigrazione di massa in Italia e già allora gli imprenditori sfruttavano le persone - ulteriormente impoverite dall'aumento dei prezzi e dal precariato - creando indigenza e facendo in modo che chi volesse mantenere il lavoro subisse ricatti e accettasse paghe da fame.
Il problema non sono gli immigrati, ma l'ignoranza delle persone che anziché unirsi agli altri poveri per combattere un nemico comune, si mettono a combattere tra di loro.
Bisogna allearsi, vederli come compagni di lotte, non come antagonisti. 

sabato 26 agosto 2017

Ho letto cose che voi umani...


Quelli che dicono "aiutiamoli a casa loro" sono talmente ignoranti delle dinamiche globali che, oltre a non saper distinguere un rifugiato da un migrante, non saprebbero nemmeno indicare sulla cartina geografica dove si trovi questa "casa loro". Il fatto che questa casa sia stata poi distrutta da guerre o intrisa di povertà a causa dello sfruttamento delle risorse locali da parte dell'occidente o che i presunti aiuti umanitari siano stati in realtà occupazioni militari e bombardamenti a tappeto suppongo debba essere un particolare irrilevante.
Ma sì, ragioniamo per slogan, seppelliamo l'empatia, sospendiamo il pensiero critico, azzeriamo la complessità del reale nel pensiero binario buoni Vs. cattivi inculcatoci nella testa da oltre un secolo di propaganda culturale statunitense, tanto l'importante è preservare i nostri privilegi, no? 
Sapete cosa mi stupisce? Che molti che fanno appello a questi slogan beceri si definiscano animalisti perché ciò significa che della questione animale hanno capito ben poco; non capiscono che siamo tutti animali, siamo tutti corpi che nessuno dovrebbe dominare, gestire, controllare. 
Poi, costoro che in questi ultimi giorni ho visto ergersi in difesa della legalità e quindi della violenta azione di sgombero avvenuta a Roma, lo sanno che allora dovrebbero difendere anche lo sfruttamento animale poiché, in fin dei conti, anch'esso è legale?
Ma dove è finito il dissenso, la resistenza (che è un concetto che va ben oltre il fenomeno storico), la disobbedienza civile, quella libertà dei corpi che tanto agognate per gli animali, ma che ora rifiutate per i vostri simili di specie? 

giovedì 17 agosto 2017

Paura della morte


Della domesticazione della natura si parla da secoli, ci hanno scritto su migliaia di libri e girato centinaia di film. 
Della rimozione della nostra parte selvatica che si esprime attraverso la soppressione degli istinti - e meno male, riguardo alcuni, la civilizzazione ha comunque innegabilmente portato anche dei vantaggi - e del selvatico in generale pure.
Cosa ci resta da dire?
Forse che osservare non basta più.
Dobbiamo mettere in moto pratiche collettive più incisive per spazzare via l'antropocentrismo e quel concetto sbagliato di razionalità come negazione del sentimento. La razionalità senza il sentimento è asettica gestione delle risorse senza comprenderne la complessità e vitalità. La razionalità senza il sentimento è quella che ha permesso il nascere dei lager e che ora dice di dover chiudere le porte agli immigrati. È quella che ha ucciso Daniza e KJ2, ma continua a far prosperare gli zoo perché lì gli orsi si possono ammirare senza pericolo. È quella che ha consentito il nascere degli allevamenti e dei mattatoi e che distrugge foreste e interi ecosistemi in nome dell'ottimizzazione delle risorse; è quella che aliena la maggior parte della popolazione imprigionandola dentro schemi esistenziali, orari, convenzioni. 
È quella che pretende di sconfiggere la morte uccidendo migliaia di animali dentro i laboratori e che, soprattutto, ha amplificato la paura della morte facendoci vivere in punta di piedi e trattenendo il respiro, così facendoci morire ancor prima che l'evento naturale si verifichi. 
Vogliamo che nulla ci turbi, che nulla metta in pericolo quella che crediamo essere la nostra tranquillità e le nostre certezze senza sapere che è tutto illusorio. 
Temiamo l'invasione dello straniero, il caldo, il freddo, i terremoti, le alluvioni, gli animali selvatici e anche quelli semiselvatici perché ci potrebbero ferire, uccidere, trasmettere malattie. 
Sì, certo, alcune di queste cose come i disastri naturali possono mettere effettivamente in pericolo la nostra esistenza, così come ci si può ammalare in qualsiasi momento o si può restare coinvolti in un incidente (fatto, questo, molto più probabile dell'aggressione di un orso in montagna), ma il pensiero che possa accadere ci terrorizza ancora più dell'evento in sé che non è affatto detto che si verificherà. E pure queste fobie diffuse, queste nevrosi che ci caratterizzano così tanto e che sono diventate oramai tratti peculiari della nostra identità anziché patologie da curare, sono sempre da ascrivere al più ampio concetto di razionalità inteso come soppressione del sentimento, ossia del sentire.
Abbiamo così paura che temiamo anche il sentire, vogliamo smettere di sentire, ci anestetizziamo di surrogati e di tutto quello che ci distoglie da noi e dalla realtà che ci circonda. Poi, quando la realtà torna a colpirci per qualche motivo, siamo incapaci di viverla, di comprenderla, di accoglierla e ci facciamo cogliere, letteralmente, dal panico (che subito mettiamo a tacere con la pasticchina di ansiolitico).
La paura della morte ci fa giocare - un gioco che prendiamo terribilmente sul serio - a essere già morti come se troppa vita ci facesse male. E non la tolleriamo in chi ancora sa vivere pienamente - gli altri animali, per esempio, che definiamo stupidi, sciocchi, poco intelligenti; per questo vogliamo tenere lontano da noi chi rischia il tutto e per tutto pur di sopravvivere perché un istinto di vita ancora ce l'ha, come gli immigrati che fuggono da pericoli reali, gli animali selvatici che ne sono ebbri, i bambini e tutto ciò che ci ricorda che essa, la potenza di vita, cresce in ogni dove e si manifesta ovunque, come quelle piantine selvatiche che spuntano tra le crepe del cemento.
In Rumore Bianco, Don DeLillo dice che uccidiamo nell'illusione di sconfiggere la nostra stessa morte. 
Ma l'unico antidoto alla paura della morte che possa davvero funzionare è uno soltanto: vivere e lasciar vivere. 

domenica 13 agosto 2017

KJ2


E così l'hanno fatto. Dopo Daniza hanno ucciso anche KJ2. 
Tanto, avranno pensato, se c'è andata bene con la prima, se nessuno ci ha rimosso dai nostri incarichi, se nessuno ci ha denunciato all'UE facendoci ridare indietro i soldi avuti per il progetto Ursus, se gli animalisti fanno solo caciara, ma nulla più, se i Turisti continuano a venire in Trentino, se tutti hanno creduto alle storielle degli orsi cattivi e aggressivi, allora che ci vuole? Rifacciamolo!
Questa gente ha solo una cosa in mente: il denaro.
E allora io penso che non metterò mai più piede in Trentino e che tutti dovremmo boicottarlo. Ma sul serio, stavolta. 
Altrimenti, il prossimo anno, avremo ancora un'altra vittima.
Bisogna boicottare economicamente, fargli capire che prendere decisioni così impopolari e terribilmente ingiuste non fa bene al turismo. Mi spiace per i Trentini che erano contrari all'uccisione, ma d'altronde anche quando si fanno scioperi importanti ci vanno di mezzo cittadini che non c'entrano nulla. Le lotte politiche ed economiche dal basso si fanno così, coinvolgendo tutti, richiamando le persone alle proprie responsabilità e invitandole a unirsi contro chi opprime e devasta anche le loro terre.
A quella povera creatura che aveva la sola colpa di esistere mando un pensiero profondo.
A questa umanità misera che si sente padrona delle montagne, dei boschi, dei cieli e dei mari e continua a disporre della vita altrui invece mando il mio disprezzo più profondo.
Giorni come questi sembrano senza speranza. E invece non dobbiamo dargliela vinta perché abbiamo il potere di cambiare il mondo con le nostre scelte. Possiamo boicottare, smettere di comprare, di finanziare, di alimentare questa maledetta cultura della morte. Loro danneggiano vite, noi possiamo danneggiare tutto ciò su cui poggiano i loro miserabili valori legati al profitto.

martedì 8 agosto 2017

Femminilità

Quando si parla di femminismo spesso mi sento dire la seguente frase: "le donne non dovrebbero perdere la loro femminilità".
Ecco, spiegatemi, in cosa consiste per voi la femminilità?
Perché spesso è nella definizione di alcuni concetti - che ci sono stati tramandati culturalmente - che si nasconde il maschilismo (così come, parlando di altri soggetti, lo specismo, o la xenofobia ecc.), anche senza che sia del tutto evidente.
Insomma, maschilismo non è soltanto essere despoti con le donne, volerle comandare ecc. - quelle sono soltanto le loro manifestazioni più becere ed evidenti e per questo anche più facilmente smascherabili; maschilismo è anche ritenere che la femminilità sia un insieme di attributi decisi dagli uomini per le donne, decisi da una cultura patriarcale che aveva ed ha tutte le intenzioni di relegare le donne in un angolo. E che sono stereotipi.
La femminilità per esempio, si dice, dovrebbe essere accoglienza, dolcezza e infatti spesso, senza che si abbia il coraggio di esporlo chiaramente, le donne più apprezzate da certi uomini sono quelle che si mostrano accondiscendenti, sottomesse, che stanno al loro posto e, insomma, non rompano troppo i coglioni (ome è venuto fuori da un recente sondaggio in cui gli uomini hanno dichiarato di preferire le donne dei paesi dell'est per questi motivi, dicendo che sono "rimaste femminili").
Di recente ho conosciuto un tipo che credendo di fare un complimento a una mia amica le ha detto: "e poi mi piaci perché non rompi troppo i coglioni".
Questa non è la femminilità, signori. Queste sono le donne come piacciono ad alcuni uomini.
E, sapete, se mi chiedete cose sia per me la femminilità, il bello è che non ve lo so dire. Vi potrei dire come sono io, ma farei un grosso errore: quello di parlare a nome mio per tutte le altre donne.
Ogni donna è come è, dolce, oppure rabbiosa, tonda oppure filiforme, intelligente o stupida, fantasiosa, irrazionale, contraddittoria, oppure estremamente logica, razionale, analitica, generosa oppure arida, gentile oppure respingente, cinica o empatica e quasi sempre tutto questo a seconda del contesto, del momento, dell'esperienza.
Perché la verità è che non esiste un femminile o un maschile. Cioè, esiste, ma come costruzione culturale. Così come esiste "il leone" o "il gatto", o "il cane", ossia come insieme di attributi decisi da qualcun altro a definire ciò che invece è unico, l'individualità. 
Esistono le persone, oltre il biologico, che sono tutte diverse e tutte uniche.
Esiste però anche il maschilismo che è quella cultura che ci dice come le donne e come gli uomini dovrebbero essere ed è questa che dobbiamo combattere. Oggi  il femminismo ha ancora e più che mai ragione d'essere perché se qualche diritto sul lavoro e in generale nella vita sociale lo abbiamo ottenuto, esiste però ancora tantissimo maschilismo. La nostra cultura ne è intrisa da cima a fondo. 
Il difficile è saperlo riconoscere.
Però potete cominciare dal dubbio, ossia mettendo in discussione ciò che pensate di sapere del femminile. 
No, la donna non è accoglienza e sottomissione, non è dolcezza e irrazionalità. Non è vero che è difficile capirci, siete voi che non sapete ascoltarci, esattamente come noi non sappiamo ascoltare gli altri animali e allora per comodità diciamo che sono stupidi e che "gli manca la parola".
La questione animale e la questione femminile hanno diversi punti in comune, anche nel linguaggio ("sei una vacca, una cagna, una gatta in calore", "stupida come un'oca" e via dicendo).
Le mucche vengono usate per il latte, le galline per le uova, i loro corpi manipolati; le donne per lungo tempo sono state considerate solo come creature per procreare. 
In ogni caso sia le donne che gli animali appartenevano al regno animale, inferiore a quello umano che è a immagine e somiglianza di Dio (moltissimi gli esempi nell'arte classica di opere che raffiguravano corpi femminili terioformi, metà donne e metà animali); alla sfera dell'irrazionalità, della ferinità. 
Tutto ciò è cultura.
Ecco, la femminilità, se proprio posso provare a darle una definizione, è questa: è ovunque ci si adoperi per spazzar via luoghi comuni, pregiudizi, ignoranza, stereotipi e ci si ponga in ascolto autentico dell'altro, chiunque esso sia.

domenica 6 agosto 2017

Stupidità


Day after day, day after day,
We stuck, nor breath nor motion;
As idle as a painted ship
Upon a painted ocean.

Water, water, everywhere,
And all the boards did shrick;
Water, water, everywhere,
Nor any drop to drink.

(The Rime of the Ancient Mariner - S.T. Coleridge)

Ho sempre saputo che esistono paesi dove la siccità è una piaga costante e dove l'acqua scarseggia. Però, come accade un po' per tutte le tragedie che non ci riguardano direttamente (i cosiddetti "mali freddi") non avevo mai percepito in tutta la sua gravità questo problema.
Ora accade, forse per la prima volta da quando sono al mondo, che non piove da mesi. Il caldo è tremendo, con temperature che, nemmeno queste, mi sembra di ricordare di aver mai vissuto.
Mi ritrovo a desiderare la pioggia e a detestare questo cielo sempre azzurro, senza nemmeno una nuvola. 
Mi alzo la mattina e la prima cosa che faccio è uscire nel terrazzo e guardare fuori. Uguale al giorno prima e a quello prima ancora.
La sera idem. Esco fuori con la speranza di sentire un po' di vento. Invece è l'aria è ferma e immobile. 
In questa fissità degli elementi mi è tornata in mente più volte la Ballata del vecchio marinaio di Coleridge. 
Il protagonista che si ritrova alla deriva nel mare aperto, su acque torbide e immobili, senza vento a far procedere la sua nave, in mezzo ai suoi compagni morti. Ha ucciso l'albatros e la natura lo sta punendo. Lo punisce finché non riconosce il suo crimine e chiede perdono.
Chissà se anche noi un giorno saremo in grado di riconoscere i nostri crimini. Chissà se chiederemo perdono alla terra, agli animali, alle foreste, ai mari, al cielo.
Ma intanto le risorse d'acqua scarseggiano e, a livello mondiale, vengono quasi tutte impiegate per la produzione di carne, latte, uova. Il buco dell'ozono causato soprattutto dall'inquinamento degli allevamenti favorisce e accresce i mutamenti climatici, che sì, ci sono sempre stati, ma in tempi più lunghi.
E sembriamo così incoscienti, come bambini irresponsabili che non sono in grado di soppesare gli effetti delle loro azioni.
La pioggia arriverà. Ma c'è poco da gioire perché ogni goccia è il sudore e le lacrime versati da tutti gli animali che sono stati uccisi da un'umanità miope, povera di empatia e stupida.

venerdì 4 agosto 2017

Caldo


Lo sentite questo caldo?
Ora decuplicatelo e immaginate di stare ammassati al chiuso in mezzo a migliaia di vostri simili, senza poter uscire, senza poter respirare l'aria aperta. E immaginate di doverci restare almeno per sei mesi. 
Ci riuscite? 
Bene, questi sono gli allevamenti.
Sappiate inoltre che i maiali soffrono particolarmente il caldo perché non hanno ghiandole sudoripare e non possono abbassare la temperatura corporea sudando.
Come fare per fermare tutto questo? Sicuramente smettendo di contribuire con i propri acquisti all'industria della carne. Sicuramente iniziando con il diventare vegani.

Foto tratta da un'inchiesta della Lav all'interno di un allevamento di Cremona e pubblicata sul Corriere della Sera.

martedì 1 agosto 2017

Sein und Zeit


The arrival di Villeneuve è uno dei migliori film che ho visto negli ultimi anni.
Finalmente una fantascienza che torna a dire qualcosa. L'impianto filosofico è evidente (Heidegger), così come le contaminazioni di Tarkovskij e Malick.
Le grandi domande che l'umanità pone agli alieni sono le stesse che dall'origine ha sempre posto a se stessa: chi sono, perché sono qui, qual è il mio scopo.
Molto interessanti le riflessioni sul linguaggio dalle quali deriva la linearità o meno del pensiero, la quale, a sua volta, determina la percezione del tempo.