giovedì 9 giugno 2016

La pericolosità di una società folle che produce individui dissociati


In occasione della presentazione della campagna NOmattatoio a Parma Etica, ho avuto il piacere di conoscere il Prof. Maurizio Corsini, psichiatra, psicoanalista e presidente dell’associazione Diritti degli Animali. Ha introdotto e commentato la nostra conferenza, poi partecipato con interventi molto interessanti al dibattito che ne è seguito (il video integrale si può vedere sulla pagina NOmattatoio). 
Mi ha colpito molto una sua affermazione riguardo la sofferenza degli animali con cui noi attivisti siamo costantemente a contatto (anche solo con il pensiero; più spesso per la capacità che abbiamo acquisito di vedere la realtà oltre le lenti del carnismo e dello specismo e quindi nelle sue varie e molteplici manifestazioni di dominio e violenza sugli altri animali) e che si traduce in sofferenza anche nostra personale. L’empatia è infatti quel processo che ci permette di immedesimarci nel dolore altrui facendoci immedesimare nella condizione e stato fisico e psicologico dell'altro, dopo averlo riconosciuto come individuo a prescindere dalla specie o etnia di appartenenza. Questo attributo, l’empatia, è fondamentale per relazionarsi in maniera sana con gli altri, altrimenti si rimane chiusi nel proprio mondo egotico in cui si continua a credere che tutto ciò che ci circonda esista per soddisfare i nostri capricci (mondo del bambino nella prima fase della sua vita, infatti). 
Purtroppo nella società del dominio e sopraffazione dell’altro per interessi economici ci fa comodo negare agli altri (che siano animali non umani o umani appartenenti a diverse etnie) la nostra stessa capacità di sentire il dolore o di esperire la realtà in maniera altrettanto ricca e complessa: passaggio che apre la strada a ogni tipo di barbarie e che legittima abusi, sfruttamento e uccisioni di massa. 
Vivere senza empatia è fondamentalmente pericoloso perché impedisce proprio di riconoscere l’altro come individuo e conduce a una desensibilizzazione progressiva che può partire sì dalla negazione degli altri animali in quanto individui in grado di soffrire, ma può arrivare anche a legittimare la violenza sui nostri stessi simili umani.
Certo, essere sani dal punto di vista dell’empatia, ossia essere persone integre dal punto di cognitivo (ed è patologico lo stato dissociato, al contrario di cosa sostengono coloro che ci tacciano di essere patosensibili) ci crea enorme disagio e dolore, diceva il professore, ma è sempre meglio che avere una mente dissociata che non è in grado di ricondurre le informazioni al soggetto che ci troviamo di fronte nella sua integrità, per cui, come scrive anche Annamaria Manzoni nel suo Abbiamo un sogno, da una parte si indica al bambino l’animale carino che si vede in un prato, dall’altra gli si offre il prosciutto nel piatto (con tutte le implicazioni e associazioni affettive che ne derivano) senza che questo – il risultato finale di una catena di sfruttamento e smontaggio – risulti più riconducibile all’individuo vivo che è stato. Del resto è quel che fa il sociopatico, ossia scinde le persone in strumenti utili al suo soddisfacimento, le reifica, le considera oggetti, non individui. Ed è ciò che la nostra società fa nei confronti degli altri animali. In poche parole, viviamo in una società sociopatica in cui la dissociazione cognitiva conduce alla negazione della realtà per come effettivamente si dispiega davanti ai nostri occhi, per poi adattarla, ossia trasformarla nella propria personalissima visione (che è quella sostenuta dalla società del dominio) al fine di giustificare quello che vien fatto passare come normale, ossia la violenza istituzionalizzata nei confronti degli animali. Sempre la Manzoni, come anche il Prof. Corsini, mettono in guardia dai pericoli di una mente così dissociata e frantumata (ammalatasi a causa della società in cui siamo cresciuti), in quanto chi non è capace di riconoscere la violenza che è alla base dell’industria della carne e sottesa a quella che Melanie Joy chiama l’ideologia carnista, facilmente sarà una persona incapace di riconoscere la violenza in generale o quanto meno sarà più incline a un processo di desensibilizzazione graduale. E infatti, ancora Annamaria Manzoni, in un altro suo libro dal titolo Sulla Cattiva strada, mette in guardia dal legame che c’è tra violenza sugli animali e violenza sulle persone.
Il fatto è che distinguere tra una violenza cosiddetta necessaria, che è ciò che fa chi sostiene l’industria della carne, quindi gli allevamenti (che sono sempre una forma di dominio sui corpi altrui) e i mattatoi e una violenza da condannare (quella sui membri appartenenti alla nostra stessa specie) porta a delle conseguenze davvero gravi perché una società in cui si permette il perpetrarsi di forme di violenza legittimate e istituzionalizzate, rimane comunque una società con delle sacche di violenza che finiscono per contaminare la società stessa. Quando si agisce la violenza, in qualsiasi forma, che sia legalizzata o meno, come si fa a capire dove sia il limite? Se è consentito sventrare un vitello, perché non anche prenderlo a calci? E perché non un cane? E perché allora non anche un bambino o una donna? E infatti tutte le forme di violenza cosiddette aggiuntive che vediamo avvenire all'interno di allevamenti e mattatoi, in realtà sono la norma perché e proprio perché è difficile aprire un rubinetto e poi decidere quando chiuderlo.
Non è possibile permettere di prendere a calci, sgozzare e fare a pezzi individui senzienti oppure torturarli per la ricerca medica – seppure in ambienti specifici – e pensare che la violenza di queste pratiche non abbia poi delle ripercussioni sul tessuto sociale stesso e sugli individui che ne fanno parte. 
Un macellaio che per anni e per tutto il giorno è costretto a stare in mezzo al sangue che scorre e a maneggiare coltelli e quant’altro, non può che essere progressivamente desensibilizzato o comunque subirà un processo di rimozione e adattamento della psiche per poter continuare a svolgere il suo lavoro, convincendosi che chi ha tra le mani non sia un individuo capace di sentire, che quelle urla non siano davvero urla, ma solo stridii meccanici (come sosteneva il buon Cartesio) e che, tutto sommato, non ci sia nulla di male nel suo lavoro, essendo oltretutto legalizzato. 
La stessa tesi della violenza dilagante di colui che la percepisce come normale all’interno di un dato contesto è sostenuta nel romanzo della scrittrice argentina Ana Paula Maia, dal titolo Di Uomini e Bestie. Qui il protagonista, che è un macellaio, almeno è consapevole di uccidere individui senzienti e non cerca un'autoassoluzione sociale. Purtuttavia, non esita a uccidere, con la stessa metodica precisione e velocità, un suo collega di lavoro. In fondo, perché mai chi taglia una gola per mille volte al giorno non dovrebbe far suo quel gesto di estrema violenza e non dovrebbe essere pronto a ripeterlo, quasi automaticamente, all’occorrenza?
Attenzione, non sto dicendo che tutti i macellai siano degli assassini di umani in potenza (di animali non umani lo sono senz’altro!); il più delle volte si tratta di persone poverissime che provengono da altri paesi e che accettano quel tipo di lavoro perché altrimenti sarebbero rimandati indietro e che nemmeno si rendono conto di esser parte di un ingranaggio sociale che, seppure su diversi lavelli, stritola anche loro stessi e li piega al giogo del dominio sui più deboli. 
Sto dicendo che una società che consente pratiche di violenza inenarrabili è una società malata e che da un corpo malato non possono che generarsi atti e pensieri malati. 
Com'è possibile, infatti, pensare che queste sacche di violenza che esistono nella nostra società e tutti questi luoghi dove si esercita un dominio totale sui corpi riducendoli all'impotenza - mattatoi, allevamenti, stabulari, zoo ecc. - non abbiano il potere di infettare il tessuto stesso della società rendendoci tutti malati?
Quindi, come ho già sostenuto tante altre volte, la questione dello sfruttamento sugli animali è un problema gravissimo che non riguarda solo noi cosiddetti animalisti, ma la società nel suo complesso. 

Ci lamentiamo dell’indifferenza che avvelena le nostre esistenze, ci scandalizziamo se una persona chiede aiuto per strada perché sta per essere uccisa e nessuno si ferma, ma non riflettiamo mai abbastanza sulle pratiche di violenza normalizzata – e per questo ancor più subdola – che accettiamo senza farci due domande e siamo subito pronti a tacciare per pato-sensibili gli animalisti. 
Non è una questione di preferire gli animali non umani agli umani, ma di risvegliare in noi quell’attributo importantissimo che è l’empatia e che ci permette di non voltarci dall’altra parte di fronte a ogni tipo di abuso e violenza sul vivente, a prescindere se abbia due zampe o due ali o delle pinne.
E, come ha detto il Professor Corsini, non siamo noi a essere patosensibili, è il resto della società a essere folle. 
Come altrimenti chiamare la pratica di condannare alla schiavitù e morte prematura miliardi di individui – dopo una non-vita infernale – quando non è necessario? Follia. Una follia da cui, per fortuna, si può guarire. 
Come? Beh, intando smettendo di considerare il problema della violenza sugli altri animali come un qualcosa che riguardi solo noi attivisti, ma riconoscerlo come un enorme problema di ingiustizia sociale. 

10 commenti:

Enjoy Life ha detto...

Bellissimo articolo!
Concordo in pieno!
E' proprio questa società che crea persone dissociate incapaci di provare empatia addirittura verso i propri simili.
E i più recenti fatti di cronaca lo dimostrano, l'assoluta indifferenza verso la vita altrui, che sia quella degli animali o della propria moglie o fidanzata, dei propri figli, dell'immigrato che muore in mare, dei bambini brasiliani!
Perchè, come dici tu, non si può aprire e chiudere il rubinetto della violenza quando si vuole, perchè la violenza che si accetta in certi ambiti (come quella appunto negli allevamenti e nei macelli) pian piano invade la mente, il cuore e l'anima, anche di chi materialmente non commette quelle violenze, ma indirettamente le permette, le ritiene normali e legittime e ne è complice.
Purtroppo non credo che governanti ed altre figure istituzionali possano prendere coscienza di questo e che ne possano derivare decisioni tali da far cambiare il sistema sociale attuale. Credo che la follia dello sfruttamento animale e le relative conseguenze in questa nostra società, possano cessare solo se non ci sarà più domanda di prodotti derivati da questa follia, solo se ognuno, individualmente, si assumerà la responsabilità delle proprie scelte. Le scelte quotidiane dei singoli individui sono quelle che cambiano il mondo!
Condividerò il tuo articolo sperando che in molti lo leggano e prendano coscienza di tutto ciò e si risveglino da questo terribile sonno dell'empatia!
Grazie, buona serata
Serena

Rita ha detto...

Grazie mille Serena!
Purtroppo le istituzioni e i governi hanno precisi interessi economici nel mantenere lo status quo. Io penso che dovrà arrivare il momento in cui fare pressioni politiche forti, ma prima, deve necessariamente aumentare la massa critica di persone disposte a mettersi in gioco e a sostenere la causa animale.

Anonimo ha detto...

La questione è tutta qui: empatia. La sua mancanza, o meglio la sua mistificazione, è il punto cruciale che sta alla base dello sfruttamento animale, e quindi di ogni tipo di violenza esistente anche tra gli Umani. Si può far tollerare il genocidio animale tramite tradizioni, ricorrenze, dogma religiosi, induzioni commerciali, teorie mediche e nutrizionali, ricerche scientifiche...ma soprattutto tramite un concetto antropocentrico perfettamente radicato nella storia Umana. Fondamentalmente questo è il fulcro centrale con cui bisogna scontrarsi per far concepire le motivazioni etiche che determinano il cambiamento responsabile. Oggi nell'epoca più gloriosa dell'informazione è innegabile non sapere dei seri danni provocati dagli allevamenti intensivi, a carico di Animali ed Ambiente. E' innegabile non vedere ciò che esiste nei luoghi di tortura e martirio quali circhi, zoo, acquari e laboratori da vivisezione. E' inconcepibile non rendersi conto delle atrocità che ogni giorno avvengono in zone di guerra, o delle sofferenze patite da popolazioni innocenti. E' davvero paradossale che ciò continui ad avvenire senza una forte empatia che arresti immediatamente ogni nefandezza.
Il consumismo attuale tende ad assottigliare e a tratti mistificare la realtà, costituita da bisogni non necessari costruiti ad arte da abili strateghi del marketing. Una sorta di dissonanza cognitiva, una separazione istintiva, un indifferenza totale che amplifica l'egoismo personale fino a ritenere essenziali i propri bisogni e necessità. L'ego aumenta e l'empatia diminuisce. Anche perchè quest'ultima non vende prodotti. Tutto ciò determina un insoddisfazione che crea desideri, e quindi acquisti. Il circolo vizioso è costituito da ammiccamenti e fidelizzazioni, ovvero dipendenze. L'attaccamento al materialismo distanzia le persone dai reali affetti, dai sinceri apprezzamenti. E' molto pericoloso vivere in una società votata al successo e al soddisfacimento dei bisogni personali. Come è molto preoccupante confondere la morale con il dovere. Certamente non è possibile vivere in una civiltà senza regole, ma è essenziale partire dal basso, dall'educazione, dall'informazione veritiera senza lucro o secondi fini di convincimento. La violenza quotidiana che la televisione ed ogni mezzo d'informazione tende ad assuefare non fa altro che peggiorare la situazione già drammatica. Ciò non significa che bisogna astenersi da ascoltare o vedere, ma la spettacolarizzazione dei fatti di cronaca è diventata ormai un abitudine pressochè presente nella quotidianetà di ogni individuo.

Anonimo ha detto...

La natura è violenta? Vero solo in parte se l'evoluzione terrestre spinge verso un equilibrio naturale dell'ecosistema. Certamente uccidere 200 miliardi e più di Animali ogni anno per un bisogno di fame e godimento non è un istinto alla sopravvivenza, piuttosto assume caratteri di vera e propria estinzione di massa.
Ma allora perchè alcuni esseri Umani agiscono con consapevolezza ed altri no? Perchè individui socialmente inseriti e all'apparenza innocui e docili diventano killer spietati degni della peggior immaginazione? Può essere un mistero, ma dipende probabilmente anche dal contesto e dall'ambiente circostante in cui un individuo nasce e cresce. Non è accertato che si nasca assassini, piuttosto lo si diventa anche inconsapevolmente durante la crescita, con insegnamenti negativi dettati da stimoli esterni che possono determinare il carattere di una persona. Certamente il quadro genetico può fare la differenza, qualcuno potrà avere una sensibilità maggiore rispetto ad un altro, ma è anche vero che la consapevolezza può coltivarsi, maturare col tempo, raggiungendo ottimi risultati. Il cervello è un organo non statico e necessita di manutenzione per poter funzionare bene e meglio. Tutto parte da esso e tutto dipende da esso. L'evoluzione dell'essere Umano dipende da questo aspetto. Come non è scontato che un individuo più abile in intelligenza sia altrettanto astuto nel salvaguardare i propri simili o altre specie. Questo spiega per esempio perchè alcuni, non essendo nati vegani, lo diventano nel corso della vita. Oppure perchè altri si pentono nell'aver trascorso un periodo di malvagità e violenze. Tanti si convertono ad una vita più etica e parsimoniosa, molti si accorgono dei propri errori (un caso eclatante è Tom Regan: da macellaio a difensore degli Animali). Ma il fatto significativo da analizzare non è la redenzione, o conversione che dir si voglia, bensì la presa di coscienza che prende il sopravvento rispetto ad altri bisogni prettamente egoistici. Qui non c'entra la sopravvivenza personale o la tutela assoluta della propria salute, considerando che si può vivere lo stesso e bene pur non uccidendo Animali per nutrirsi. La morte per delega è probabilmente la ragione principale per cui molti non si rendono conto della gravità delle loro azioni. L'esclusione dell'empatia dalla propria sfera emozionale è facilmente plausibile se ci si disinteressa personalmente da ciò che accade al di fuori del proprio io interiore. Peggio se questa esclusione viene indotta ovvero se si viene abituati, martellati costantemente tramite pratiche sofisticate ed istituzionalizzate.

Anonimo ha detto...

Se già il genere Umano proviene da secoli di predominio assoluto è plausibile una malvagità primordiale o un semplice condizionamento? Come non concepire la società attuale, votata alla mercificazione delle vite altrui, un esaltazione perfetta dello sfruttamento? Ma allora perchè alcuni lo capiscono ed altri no? Perchè in alcuni individui esistono sentimenti quali empatia, tolleranza solidarietà e quant'altro di utile alla salvaguardia altrui mentre nella maggioranza (perchè purtroppo essa è) vige un indifferenza cospicua che esclude anche un solo gesto di compassione? Aiutare il prossimo, soccorrere un bisognoso, dimostrare aiuto ed affetto anche tramite un semplice gesto di gentilezza, contribuire alla salvezza degli Animali e dei deboli è sempre più raro proprio grazie ad una assenza di tali emozioni. Ci stiamo dirigendo verso un periodo storico sempre più povero di immedesimazione altrui? O è sempre stato così, ed anche peggio, ed ora ci si accorge degli errori passati?
Le guerre e le uccisioni sono sempre esistite è vero, ma anche le testimonianze di personaggi illustri quali filosofi, scrittori, politici e chiunque avesse deciso di lottare per i diritti e la libertà. Purtroppo vivere in un epoca soggiogata da interessi ultramiliardari ha i suoi risvolti negativi, e le difficoltà sono altrettanto deprimenti.
Ma se esiste una speranza perchè non perseguirla? Se esistono persone disposte ad esporsi contro un sistema di potere che schiavizza gli esseri viventi a pura merce, allora tutto è possibile! Non è detto che tutto sia perduto, anche di fronte a stupide conclusioni riduttive che amplificano l'ignoranza e la disinformazione. Bisogna cogliere ogni spunto utile per la lotta pacifica di sovversione. Anche il veganismo salutista, che non pochi danni potrebbe causare all'antispecismo, deve essere ricondotto sulla giusta via non solo speculativa.
Le ingiustizie sociali sono tante, ma forse tutte sono riconducibili ad una sola matassa, ed non è per niente scontato che il progresso possa raddrizzarsi da solo verso una maggiore sostenibilità, nè tantomeno tramite leggi e normative. L'intervento personale deve essere continuo ed assiduo a partire dalle nuove generazioni. Ovvero le prossime battaglie da affrontare potranno essere più dure e inavvicinabili, pur senza sacrifici. Ecco perchè è importante uscire da questo consumismo di massa che genera solo falsi idoli tramite l'annullamento delle concrete necessità. Non è vero che una comunità civile regna indiscussa nel benessere creato dal suo "prodotto interno lordo" (ovvero l'obiettivo pincipale del capitalismo), esso non è generatore di benessere, non se questo proviene da produzioni distruttive ed altamente degenerative.
Bisogna fare un passo indietro per andare avanti!

Rita ha detto...

Ciao Roberto,
grazie innanzitutto per questa tua complessa disamina in cui tocchi alcune questioni fondamentali.

Scrivi: "Tutto ciò determina un insoddisfazione che crea desideri, e quindi acquisti".
Niente di più vero. Molto semplicemente viviamo delle esistenze in cui l'unico scopo sembra esser quello di lavorare per guadagnare per comprare cose. La frustrazione di vivere vite tristi, frustranti si lenisce per pochi secondi nell'atto di fare acquisti, così come un drogato ha l'illusione di curare i suoi mali facendosi una dose di eroina o altro. Si diventa dipendenti dal materialismo e, attenzione, per materialismo si intendono tantissime cose, non soltanto gli oggetti concreti quali televisioni, vestiti, macchine, ma anche i pacchetti viaggio, le spettacolarizzazioni mediatiche, il calcio, tutto ciò che non dà modo di elaborare e riflettere, ma addormenta la mente; tutto ciò che è possibile fruire in maniera passiva. Panem et circenses dicevano i nostri avi, dove oggi, con la tecnologia, i social anche, i cellulari ecc. si sono sostituiti i circenses di un tempo.

"Se già il genere Umano proviene da secoli di predominio assoluto è plausibile una malvagità primordiale o un semplice condizionamento?"

Ecco, su questo mi ero già espressa tempo fa, ma mi ripeto volentieri. Secondo me inizialmente è stato il tipo di società che ha condizionato il nostro agire, ma in seguito, poiché il cervello è plastico e si modifica nel tempo, cambiando anche le capacità cognitive ecc., abbiamo finito con l'introiettare proprio il concetto di dominio e prevaricazione. Una condizione irreversibile? Non saprei, spero vivamente di no. Credo che la nostra evoluzione possa ancora riuscire a prendere un'altra strada, ma per il momento, citando la Manzoni, siamo su una strada davvero sbagliata.

Anonimo ha detto...

Ciao Rita, io credo che l'aspetto fondamentale che determina lo sfruttamento (in ogni ambito) è proprio da ricercare nella capacità di dominio e controllo. E troppo spesso gli Umani (putroppo) sono dei "campioni". Dico "sono" non tanto per escludermi o discolparmi (tutti, in parte o totalmente, siamo responsabili), ma piuttosto per effettuare uno sforzo introspettivo che ognuno dovrebbe porsi per cercare di migliorare la propria e la vita altrui. Malvagità, egoismo, prevaricazione, condizionamento...sono tutti requisiti ineccepibili che sembrano essere solamente tipici del genere Umano. La massa tende ad assuefarsi, forse per facilità e seplicità considerato che la pigrizia è il peggior nemico dello sforzo, e spesso basta seguire mode o tendenze per meglio sentirsi apprezzati e quindi soddisfatti. E' un circolo vizioso che tende ad identificarsi troppe volte con la società attuale e tutti i suoi risvolti negativi: ammiccamento, fidelizzazione, consumo. L'introiezione (come giustamente dici tu) è diventata ormai una pratica comune, una caratteristica tipica dell'Umanità che la utilizza a proprio beneficio. Una società basata su questi valori non può procedere a lungo, soprattutto quando per consumo si intende l'esaurimento dell'esistenza di pure ed innocenti creature senzienti. E' un vero e proprio genocidio! E' come se tutto lo sfruttamento passato si fosse concentrato in unica macchina infernale chiamata capitalismo. E' molto pericoloso vivere in questa condizione, anche per chi si sforza di concepire un avvenire migliore. Non si può più attendere. In questo preciso momento storico la collaborazione è fondamentale per costruire solide basi di lotta sociale utile ai prossimi decenni pieni di imprevisti e pesanti avversità.

Anonimo ha detto...

Articolo ribloggato su Free Animals, Loved & Respected: https://robertocontestabile.wordpress.com/2016/06/14/la-pericolosita-di-una-societa-folle-che-produce-individui-dissociati/

Giovanni ha detto...

Rita, a proposito del dolore che ci provoca l'empatia, col conseguente senso di burn out, circola recentemtne in rete un post che parla di un libro opsicologico, VYSTOPIA, di Clare Mann. Sarebbe interessante che qualcuno lo pubblicasse in Italia, per capire se sitratta di un testo che può aiutarci

Rita ha detto...

Ciao Giovanni, sì, interessante, faccio una piccola ricerchina per capire di cosa tratti e se potrebbe esserci utile.