sabato 30 agosto 2014

Ritorno alla terra?


Nei prossimi decenni ci sarà uno scontro di civiltà e questo scontro passerà per la gestione delle risorse energetiche. La posta in gioco è appunto perdere o mantenere la civiltà tecnologia che conosciamo oggi.
Riesco a vedere chiara una cosa: l'Italia un tempo era un paesello in grado di tirare avanti coltivando la terra. Poi c'è stata la seconda guerra mondiale e il nostro rimetterci totalmente nelle mani degli USA. Abbiamo preso a modello, volenti o nolenti, consapevoli o meno, il modello di civiltà industrializzato del paese oltreoceano e da lì al boom economico che ha trasformato l'Italia in un paese da agricolo a industrializzato (ma senza risorse proprie) il passo è stato breve.
Oggi però questo modello di vita industrializzato non possiamo più permettercelo non solo perché non abbiamo materie prime e non abbiamo saputo gestire la concorrenza aprendo il mercato all'economia cinese, ma soprattutto perché non abbiamo risorse energetiche e quelle sono la base, la materia prima necessaria per mandare avanti un'economia industrializzata tecnologicamente avanzata.

Quindi, ora che Putin si sta organizzando bene bene per spartirsi le poche risorse energetiche rimaste al mondo, noi che faremo? Niente, al solito resteremo schiavi dell'una o dell'altra parte.
O, in alternativa, e sarebbe la soluzione migliore, potremmo accettare di rinunciare alla civiltà così come la conosciamo oggi, ossia a questo tipo di società industrializzata e avanzata tecnologicamente per ritornare a fare quello che facevano prima della seconda guerra: coltivare la terra (che non ci manca, anche se buona parte è stata distrutta dalla corruzione di chi gestisce i rifiuti tossici). 

Non mi dispiacerebbe abbandonare questo tipo di civiltà perché anche se all'apparenza può sembrare che coltivare la terra sia un lavoro più duro rispetto a quelli che siamo abituati a fare oggi, in realtà nulla ci ha resi più schiavi dell'odierna civiltà tecnologica; basti pensare che nel lavoro delle terra gli orari sono quelli stabiliti dai cicli circadiani (si lavora fino a che c'è la luce del sole e d'inverno molto meno perché il sole tramonta presto), mentre in fabbrica si fanno turni massacranti anche di dieci ore continue (con straordinari, cottimo ecc.), compresi i notturni.

Quando in Italia ci fu l'esodo dalla campagne per venire in città a lavorare nelle fabbriche le persone erano convinte di lasciare uno stile di vita gramo per accoglierne un altro che avrebbe migliorato le loro esistenze; non sapevano che sarebbero diventati schiavi del capitale e del padrone. Non sapevano che le loro esistenze sarebbero state tiranneggiate dalle sirene delle fabbriche e dalla sveglia elettronica al mattino e che non sarebbero più stati padroni del loro tempo.

Unica cosa che mi preoccupa di un possibile ritorno alla terra è il pensiero che con esso si potrebbe ritornare a un uso degli animali per arare e svolgere determinate mansioni (nel caso in cui decidessimo di non partecipare alla guerra per la spartizioni delle risorse energetiche attuali, ossia non alternative): anche se sono sicura che vivessero molto meglio prima dell'apparizione dei primi allevamenti intensivi e macelli a catena di smontaggio, la cultura a-aspecista che noi auspichiamo non può contemplare nessuna forma di sfruttamento degli animali.

Un'altra possibilità per noi è che ci dedichiamo seriamente all'incremento di energie alternative al gas e petrolio.

mercoledì 27 agosto 2014

Aggiornamenti sul nostro lavoro in favore di Daniza e sulla vicenda in generale


Lunedì scorso una delegazione di persone rappresentante i liberi cittadini indignati, in seguito ad accordi pattuiti durante il presidio di venerdì 22 agosto, ha depositato presso il Ministero dell'Ambiente una relazione tecnica redatta dall'etologo Roberto Marchesini e altro materiale utile, tra cui un documento dettagliato in cui si spiega la non idoneità della struttura in cui si vorrebbe rinchiudere l'orsa, così privandola della libertà e dei suoi cuccioli. Peraltro gli attivisti di Essere Animali hanno oggi diffuso un video in cui viene mostrata l'esiguità dello spazio di tale recinto. 
Una copia della relazione è stata indirizzata all'Avv. Paolo Grasso, Vice-Presidente di Gabinetto del Ministro, un'altra direttamente al Ministro Gian Luca Galletti.
Un'ulteriore copia della relazione è stata oggi inviata anche alla Provincia di Trento.
Nella bellissima e particolareggiata relazione si attesta la non pericolosità dell'orsa e il suo comportamento nei confronti del cercatore di funghi viene definito di natura esclusivamente difensiva volta ad allontanare l'uomo, senza intenzione di ferirlo veramente; si specifica inoltre la quasi certa incapacità dei cuccioli a sopravvivere da soli qualora la loro madre venisse catturata e gli venisse portata via. 

Restiamo in attesa di una decisione, che si rende quanto mai urgente. 

Nel frattempo si è ormai capita la natura quasi esclusivamente politica ed economica che ha scatenato gli abitanti di Pinzolo contro l'innocente orsa. In poche parole, vorrebbero una maggiore gestione e utilizzazione del parco da parte degli umani per ingrandire gli impianti sciistici e così incrementare il turismo; un'antropizzazione maggiore che non lascia scampo ai non umani, visti come intrusi, anziché i liberi individui che sono nel loro habitat naturale. 
Quello che gli abitanti di Pinzolo non capiscono è che il turismo, qualora Daniza venisse catturata e separata dai cuccioli, anziché essere incrementato, subirà una perdita sicura perché buona parte dell'Italia è dalla parte dell'orsa. 
Vergognosa inoltre la maniera in cui, sempre gli abitanti di Pinzolo e residenti delle località nei dintorni hanno accolto i manifestanti in favore di Daniza (in un presidio regolarmente autorizzato dalla questura): li hanno accerchiati, insultati, aggrediti, roba che non si vedeva dal medioevo, così che il presidio è dovuto essere sospeso per proteggere l'incolumità degli attivisti. 

Ultim'ora: durante il meeting di Rimini pare che il Ministro voglia lavarsi le mani della questione e lasciare la decisione alla Provincia di Trento. 
Dichiara di non lasciarsi prendere dall'emotività quando si tratta di decidere su questioni importanti, ma soltanto dai dati tecnici; peccato che questi dati tecnici gli siano stati fatti pervenire, ma che non voglia tenerli lo stesso in considerazione.
Vietata una nuova manifestazione che si sarebbe dovuta tenere sabato.

E ancora abbiamo il coraggio di dire che l'Italia sia un paese democratico? 
Le istituzioni non ascoltano i cittadini, ma solo gli interessi economici. 

sabato 23 agosto 2014

Risultati del presidio in difesa di Daniza di fronte al Ministero dell'Ambiente


Possiamo dire di essere abbastanza soddisfatti del risultato che abbiamo ottenuto ieri.
Una delegazione di tre persone è stata ricevuta da alcuni funzionari del Ministero dell'Ambiente, tra cui l'avv. Paolo Grasso, vice-capo di Gabinetto. 
Hanno ascoltato con vivo interesse le nostre ragioni, che poi sono quelle di Daniza e i suoi cuccioli. 
Quindi ci hanno consigliato di fargli pervenire quanto prima una relazione tecnica, redatta e firmata da esperti dei vari settori, in cui effettivamente si dichiari la non pericolosità dell'orsa nei confronti dell'uomo, l'impossibilità dei cuccioli di poter sopravvivere all'inverno se la loro madre venisse catturata e venissero così loro sottratte le necessarie cure parentali, un protocollo da seguire per insegnare (e sensibilizzare) alle persone che si addentrano nei boschi come comportarsi ai fini di una convivenza con la fauna selvatica nel rispetto di quest'ultima e senza che vi siano pericoli per l'uomo. 
Abbiamo interpellato (e stiamo interpellando) vari esperti, etologi ecc. che a breve ci faranno pervenire le loro relazioni; appena pronte le consegneremo. A quel punto al Ministero non avranno altre scuse per non ritirare l'ordinanza di cattura dell'orsa.
L'incontro ci è parso positivo, ci hanno ascoltato con molta apertura e si sono dichiarati pronti a ricevere consigli dagli esperti su come gestire il reinserimento degli orsi al meglio.
Ancora grazie a tutti per il sostegno e la presenza di ieri.

Nell'occasione abbiamo consegnato anche una lettera, a nome di liberi cittadini, diretta al Ministro dell'Ambiente, di cui una copia regolarmente protocollata e consegnata all'Ufficio smistamento posta ministeriale e un'altra consegnata brevi manu ai funzionari che ci hanno ricevuto.

Il testo integrale qui di seguito: 

"Onorevole Ministro Gian Luca Galletti,
ci siamo riuniti in data odierna di fronte al Ministero da Lei presieduto per chiederLe di fare quanto in suo potere al fine di revocare l’ordinanza di cattura dell’orsa Daniza poiché, come dichiarano moltissimi esperti in materia, non esiste motivazione valida per temere l’incolumità degli abitanti trentini e dei turisti ed anzi, la convivenza tra orsi e uomo, ove ci fosse opportuna educazione e informazione, apporterebbe alla comunità benefici di vario tipo.
Ci permettiamo pertanto di sottolineare alcuni punti chiave, affinché Lei abbia la possibilità di compiere l’unica scelta saggia possibile intesa tanto nell’interesse della fauna selvatica (nello specifico: Daniza e i suoi cuccioli), che dell’uomo.
- Daniza ha semplicemente messo in atto un’azione di legittima difesa contro l’incauto cercatore di funghi e non ha quindi dimostrato un comportamento anomalo che la qualificherebbe come animale dannoso e pericoloso; l’orsa ha agito infatti come avrebbe fatto qualsiasi altra madre, umana inclusa, ovvero allontanando dai propri piccoli colui che costituiva un potenziale pericolo; se fosse stata sua intenzione ucciderlo (gli animali non umani hanno intenzionalità dei propri gesti) avrebbe potuto farlo, ma non l’ha fatto, dimostrando così le sue attenzioni affatto aggressive, ma di natura esclusivamente difensiva. 
Non è certo nostra intenzione colpevolizzare la persona che, anziché avvertire della sua presenza in anticipo, (dando modo a mamma orsa di fuggire con i piccoli) o tornare indietro ha preferito nascondersi e fermarsi a spiare i cuccioli, ma nemmeno possiamo accettare che per un errore umano e conseguentemente a un progetto messo a tavolino dagli umani (il reinserimento degli orsi nei boschi del Trentino) debbano essere gli animali non umani a farne le spese.
- I cuccioli di orso rimangono con la madre fino a oltre i due anni età, periodo durante il quale apprendono da lei le tecniche di caccia, arrampicamento sugli alberi, ricerca di ripari adatti per la notte e per il freddo... in poche parole, tutto ciò che è loro necessario per la sopravvivenza; considerando che al momento hanno soltanto otto mesi è impensabile credere che possano farcela a sopravvivere da soli, soprattutto ora che la stagione estiva è ormai alle porte e che in quelle zone farà presto molto freddo. Non sono in grado di procacciarsi il cibo, né di capire dove e come rifugiarsi; fatto ancora più grave: la perdita così precoce della madre gli provocherebbe un enorme trauma emotivo e conseguente spaesamento e depressione. L’etologia è concorde nel dichiarare il profondo attaccamento dei cuccioli di orso alla madre quando sono ancora così piccoli. 
Separarli dalla madre, significherebbe, in altre parole: condannarli a una lunga agonia, fisica e psicologica, e morte quasi certa.
- Rinchiudere un animale selvatico in uno spazio ristretto rappresenta un’enorme forma di crudeltà, oltre che un gesto che qualifica noi, appartenenti alla specie homo sapiens, come arroganti e incapaci di assumere una prospettiva più avanzata rispetto ad un ottuso antropocentrismo. Alla luce di nuovi studi multidisciplinari sull’animalità –Animal Studies – è stato dimostrato come gli animali non umani che con noi condividono il pianeta non possano essere considerate figure sullo sfondo, da sfruttare in maniera indiscriminata per un esclusivo tornaconto a misura dell’umano, ma sono portatori di un’ infinità molteplicità di vista sul mondo, non meno pregnanti e significativi del nostro. Sono individui senzienti. Oggi le nuove discipline filosofiche e politiche stanno pertanto rifiutando ed abdicando all’idea che l’animale umano e le sue peculiarità genetiche siano l’unico parametro da adottare e di cui tener conto per decidere di come stare al mondo e relazionarsi in e con esso. 
Il caso di Daniza è emblematico in questo senso: la sua esistenza, di cui arbitrariamente abbiamo già deciso una volta in relazione al progetto Life Ursus, ora sta per essere calpestata perché qualcuno, cioè alcuni appartenenti alla specie umana, ha deciso essere poco gradita. Tutto ciò rappresenta un’enorme mancanza di rispetto nei confronti delle altre specie, dell’Alterità nella sua forma più manifesta. L’atteggiamento di discriminazione morale di un individuo solo perché appartenente a un’altra specie da quella dominante e il mancato rispetto delle sue caratteristiche specie-specifiche (noto come specismo, discriminazione che oggi viene dibattuta in tutto il mondo) è quello che noi oggi mettiamo in discussione.
- Vorremmo altresì far notare che ad oggi il più alto numero di incidenti avvenuto nei boschi è causato dall’attività venatoria: solo durante la stagione 2013/2014 – per un totale di 60 giorni di caccia – sono state ferite, in alcuni casi anche gravemente, 80 persone e 25 sono morte. Incalcolabile invece il numero di animali, spesso appartenenti a specie in via d’estinzione, cui è stata tolta la vita. 
Dunque ci parrebbe assolutamente prioritario abolire un’attività che provoca così tanti incidenti e non catturare un animale selvatico dal comportamento perfettamente normale.
Vogliamo essere propositivi e fornirLe degli spunti di riflessione:
- In città ci sono delle regole da rispettare. Nessuno tenterebbe di attraversare una strada trafficata senza aspettare il verde pedonale. A meno che non si voglia mettere a rischio la propria incolumità. 
Lo stesso va fatto quando ci si immerge nella natura, che sia mare aperto, alta montagna o sentieri boscosi. 
Si fa attenzione a dove si mettono i piedi, ci si sposta cautamente, si è consapevoli che si potrebbero fare incontri con animali selvatici. 
In questo caso ci si allontana, oppure si fa rumore per assicurarsi che sia l'animale stesso a scappare. Si tratta di mettere in atto regole di buon senso e di educazione civica.
Se Daniza ha sfortunatamente ferito lievemente un cercatore di funghi che non ha messo in atto le normali regole di comportamento in ambienti selvatici, la soluzione giusta non può essere quella di rimuovere il problema, ma di prepararsi affinché la prossima volta che si ripresenti si sappia come comportarsi; detto in altre parole: se in città passassi col rosso e mi investisse un’automobile, la soluzione non potrebbe essere quella di eliminare le macchine, bensì quella di ribadire quale dovrebbe essere il comportamento corretto da adottare quando si attraversa la strada.
In moltissimi paesi del mondo ed europei gli orsi vivono tranquillamente nei loro boschi (orsi anche di mole decisamente più grande, come il grizzly, sottospecie dell’orso bruno che vive in nord America) senza che questo venga percepito come un “problema” o un pericolo per l’uomo; al contrario, l’ambiente, l’ecosistema tutto, compresi noi, nonché il turismo e l’economia beneficiano di questo connubio naturale tra animali selvatici e presenza dell’uomo. A patto che si mettano in atto quelle poche sagge, di comune buon senso, regole civili di convivenza e rispetto degli animali selvatici che vivono liberi nel loro habitat (come sempre dovrebbe essere!).
Dovrebbe esistere al riguardo una informazione precisa e dettagliata da fornire sia ai residenti che ai turisti ai quali potrebbe essere distribuita negli alberghi ove alloggiano. Inoltre, essendo gli orsi muniti di radiocollare, si potrebbero emanare dei bollettini giornalieri, come si fa per le condizioni del mare utili ai naviganti, nei quali comunicare la presenza degli orsi e quindi la necessità di stare lontani da quei luoghi.
Negli Stati uniti vi sono intere aree destinate agli animali selvatici, dove dei cartelli informano che si entra in quelle aree a proprio rischio e pericolo e si è anche soggetti a sanzioni. 
Dato che il territorio è molto vasto e il progetto Life Ursus prevede la presenza di massimo 60 orsi (soglia non ancora raggiunta, sembra ve ne siano 45) sicuramente sarà possibile andar per funghi o in escursione nelle zone in quel giorno libere.
Le chiediamo pertanto di dare un esempio di civiltà e conoscenza delle moderne teorie sulla coesistenza uomo e natura selvatica nel pieno rispetto di quest’ultima.
Come è stato dimostrato ampliamente: se la natura può fare a meno dell’uomo, non altrettanto può dirsi del contrario; quindi, che si abbia cura e rispetto del pianeta che ci ospita e di tutti i suoi abitanti, altri individui senzienti che vi vivono e che non hanno meno diritto di noi solo perché appartenenti ad una specie diversa dalla nostra. 
Non possiamo ridurre ogni spazio a un’enorme proprietà privata controllata e a nostro uso e consumo.
Finiamo questa lettera ricordandoLe che moltissime personalità politiche e non, nonché la maggior parte della popolazione italiana si è espressa contro la decisione di catturare Daniza e separarla dai cuccioli. Quelle che Lei ha, in una nota di ieri apparsa sui media, definito “polemiche delle associazioni animaliste” sono invero proteste a gran voce e precise richieste. Peraltro, non c’è affatto bisogno di definirsi “animalisti” per ritenere come profondamente ingiusta la decisione di catturare Daniza. 
Se tale decisione sfortunatamente non venisse revocata, siamo sicuri che il Trentino Alto Adige perderà molto del suo turismo, e noi, come paese, faremo una pessima figura agli occhi del mondo.
Firmato
Liberi Cittadini Indignati"

mercoledì 20 agosto 2014

Presidio davanti al Ministero dell'Ambiente per Daniza


Venerdì 22 agosto si terrà una manifestazione stabile davanti al Ministero dell'Ambiente (ovviamente a Roma) dalle ore 11,00 alle ore 15,00 per chiedere la revoca della decisione di catturare Daniza. 

Il presidio si svolgerà sotto forma di protesta pacifica ed è stato regolarmente autorizzato dalla questura

Date una mano a diffondere e condividere l'evento sui vari social

Informo che da ieri è anche in atto a Trento, davanti la sede della Provincia, un presidio nostop che durerà fino a sabato. 
Questo di Roma è per tutti coloro che sono impossibilitati a raggiungere Trento, ma che comunque ci tengono a manifestare il loro sostegno a questa splendida orsa che deve assolutamente restare libera insieme ai suoi cuccioli e anche per protestare contro il pronunciamento del Ministero dell'Ambiente in favore della cattura.

Qui il link all'evento su Facebook.

lunedì 18 agosto 2014

In difesa di Daniza


Gallinae in Fabula si schiera contro la decisione del Ministero dell'Ambiente di catturare l'orsa Daniza e farle trascorrere il resto della sua vita in cattività, così privandola di un bene prezioso come quello della libertà e quasi sicuramente condannando a morte i suoi cuccioli, troppo giovani ancora per aver imparato a cavarsela da soli.
Peraltro separare una madre dai cuccioli è maltrattamento. 

Ci si domanda inoltre come mai permettere ai cacciatori di girare armati sia considerato legale nonostante i numerosi incidenti che avvengono ogni anno, mentre la normale reazione di un animale selvatico che tenta di proteggere i suoi cuccioli (peraltro senza aver l'intenzione di uccidere l'uomo, ma solo quella di allontanarlo) venga vista come un fatto eccezionale, un pericolo da cui tutelarsi. La natura selvatica va rispettata: quando ci si inoltra in mare aperto, ci si addentra nei boschi o ci si inerpica sulle montagne è facile incontrare animali selvatici o rischiare la propria incolumità, ma questo anziché indurci a tentare di controllare tutto dovrebbe ricordarci che degli animali non umani condividiamo innanzitutto la fragilità del vivere e che, proprio per questo, la loro esistenza non va preservata meno della nostra. 
Nel caso in oggetto, basterebbe rispettare le indicazioni che vengono fornite dagli esperti: se durante una passeggiata capitasse di incontrare un'orsa o un altro grosso animale con dei cuccioli si invita a ritornare cautamente sui propri passi anziché fare come ha fatto l'incauto cercatore di funghi che si è nascosto ad osservare i cuccioli. 
Non è possibile che per la mancata accortezza di una persona, un'orsa e dei cuccioli vengano condannati l'una a vivere in prigione e gli altri a una probabile morte. Non è possibile che a pagare gli errori degli umani siano sempre gli animali non umani. 

Di arte e consumo conditi da un pizzico di (sana) misantropia


Nell’immagine sopra il trittico di Balla esposto alla Galleria nazionale di arte moderna di Roma: memorabile.
I malati, la pazza, il mendicante.
Certo dal vivo è un'altra cosa, andate a vederlo.

Non esaltante invece la mostra attualmente in corso dal titolo "La forma della seduzione. Il corpo femminile nell'arte del novecento".
Lodevoli gli scatti di Man Ray, così come qualche singola opera, un nudo di Modigliani, ad esempio, da togliere il fiato, però nel complesso abbastanza deludente.
C'è una sezione in cui il corpo femminile è teriomorfo o comunque si incontra con animali non umani. 
Ovviamente il titolo che hanno scelto è "la bella e la bestia" (che originalità!), rimarcando così la differenza ontologica tra umano e non umano, il primo nel segno della bellezza, il secondo nel segno della mostruosità. 
L'arte è ancora troppo distante da qualsivoglia sensibilità non dico antispecista, ma un po' meno antropocentrica. 

Comunque mi son riempita il cuore delle tre opere di Balla e ci tornerei solo per dargli un'occhiatina ogni tanto... se non si pagasse il biglietto d'entrata.

Sì, perché in Italia si paga per vedere l'arte, a differenza di tanti altri paesi europei. Non vedo l'ora di tornare a Londra per entrare dentro i musei anche solo per guardare una sola opera e poi tornarci il giorno dopo per guardarne un'altra. 
L'arte a pagamento è un affare consumistico. Paghi, entri, consumi e siccome hai pagato ti senti "obbligato" a guardare tutto e in fretta altrimenti non fai in tempo, è tutto un bruciare visioni, faccio questa sala, poi l'altra, quella mi manca, ma lì ci sono già stato o no?

Ricordo una scena buffa a una mostra su Cézanne di tanti anni fa: un lui e una lei che si aggiravano spaesati tra le varie sale espositive, abbigliati da turisti, con l’andatura pesante di chi ha i piedi doloranti. Facevano parte di un tour ed era evidente che non si trovassero lì per propria scelta, ma perché “il pacchetto” di viaggio aveva incluso pure quella visita. Lei affranta, quasi piagnucolante dalla noia e la stanchezza e lui che la consolava dicendole: “coraggio cara, ancora un sala e poi abbiamo finito”. Se l’avessero portata dal dentista si sarebbe lamentata di meno. 

Un caso limite ovviamente, eppure capita spesso di vedere persone nei musei che si aggirano scontente, strascicando i piedi, gettando occhiate alla rinfusa, soffermandosi solo su qualche nome noto (alla National Gallery di Londra la gente passa in fretta davanti a certi capolavori classici, capace che ti sbadigli davanti a un Velasquez e poi però ti sgomita e ti lotta  nella ressa per riuscire a sbirciare un van Gogh. Si chiama arte di consumo, si gode nel dire di aver visto quell’opera o quella mostra, non della fruizione in sé). 

Invece l'osservazione di un dipinto richiede calma, attenzione, tempo, ricerca dello stato d'animo giusto. In un certo senso è il dipinto stesso che deve attrarre l'attenzione e ti chiede il tempo necessario per porsi nella modalità "d'ascolto" giusto affinché racconti la storia che ha da raccontare. Ma nelle gallerie d'arte italiane, come ad esempio nella splendida Galleria Borghese, questo non è possibile perché il biglietto d'entrata scade dopo meno di due ore. Va da sé che la pinacoteca al primo piano venga vista en passant se si vuole avere il tempo necessario per le opere esposte al piano di sotto, oppure ci si ritorna, ma pagando un’altra volta. Un turista che si ferma a Roma pochi giorni magari non fa in tempo, visto che le cose da vedere in questa città sono tante, per cui ha pagato profumatamente per visitare una galleria senza avere avuto il tempo necessario di vederla come e quanto voleva. 
Non parliamo poi della maleducazione degli Italiani. Gente che mentre stai lì che osservi ti scavalca e ti piazza il braccio davanti per scattare foto (credo sia peraltro vietato scattare foto). 
Il mio preferito rimane il museo Barberini, dove non c'è quasi mai nessuno. L'arte richiede solitudine e introspezione, non è possibile calarsi nel mood giusto in mezzo a gente cafona che spintona e scatta foto destinate a un puro consumo visivo.

Vivo a Roma da tanti anni e potrei andare nei musei tutti i giorni, ma talvolta ci rinuncio perché mi sembra che non ci sia tanta differenza con i centri commerciali. L’arte ridotta a un prodotto di consumo mi avvilisce. Preferisco allora sfogliarmi un libro d’arte a casa, in tutta tranquillità, anche se, dal vivo, è un’altra cosa, ammesso e non concesso che sia possibile vivere l’esperienza che richiederebbe, appunto. 
Peraltro, scommetto che se i musei fossero gratis ci sarebbe meno ressa perché ognuno potrebbe andare lì come meglio, quando e quanto crede, mentre invece il concetto del pagare per vedere rende le persone sbruffoncelle e le autorizza a sentirsi in diritto di consumare ciò per cui ha pagato, anche in assenza del mood giusto. 
Persino i due dipinti di Caravaggio conservati nella chiesa di Piazza del Popolo non si possono osservare senza pagare. Bisogna mettere un euro per poterli illuminare. Roba che mentre stai lì rapito dall'estasi della contemplazione ti si spegne la luce all'improvviso... peggio delle docce a pagamento nelle piscine dove sul più bello l'acqua finisce e tu resti lì mezzo insaponato sperando che il vicino di doccia ti passi una monetina. 

giovedì 14 agosto 2014

I quattro must del carnivoro oltranzista


Il naufragio nell'isola deserta o i sopravvissuti al disastro aereo caduto in mezzo a una foresta; le piante che soffrono; la superiorità cognitiva degli esseri umani; il dilemma di cosa fare di tutti gli animali negli allevamenti.

Rispondo seriamente.

Viviamo in città o paesi superaccessoriati e circondati da supermercati e centri commerciali quindi l'ipotesi di doversi procurare da mangiare come se fossimo dei sopravvissuti a un disastro aereo o naturale o di altro genere suona estremamente improbabile. 

Le piante non soffrono perché non hanno un sistema nervoso centrale o centralizzato che traduce in esperienza i contatti sensoriali. Pure perché l'evoluzione non fa la cose a caso e se un animale avverte dolore è perché così impara a fuggire dalle fonti che potrebbero causarne la morte o mettere a repentaglio la sua incolumità; non avrebbe senso che le piante provassero dolore visto che, in caso di incendio, ad esempio, non potrebbero fuggire, né allontanarsi. Ha senso invece che individui senzienti siano in grado di provarlo (simili argomenti sono ben spiegati nel libriccino di Oscar Horta dal titolo Una morale per tutti gli animali, curato da Michela Pettorali, edito da Mimesis).

Se la superiorità cognitiva della specie homo sapiens (tralasciando gli esempi marginali delle persone con handicap mentale o affette da patologie che ne comportano una riduzione delle capacità cognitive) fosse un argomento valido a sostenere il diritto di dominare, sfruttare, uccidere tutte le altre, allora dovremmo implicitamente accettare l'idea di una minoranza di geni che ci sfrutti, domini e uccida in virtù di una maggiore capacità cognitiva.

Gli animali negli allevamenti ci sono perché vengono fatti riprodurre e nascere per fini di lucro. Una volta aboliti gli allevamenti, non ci sarebbero più miliardi di individui che nascono al fine di venire uccisi.

lunedì 11 agosto 2014

Di animali, di stranieri e della diversità in generale

In qualsiasi posto io sia e per quanto affollato e pieno di gente o cose interessanti possa essere, non appena scorgo la presenza di un animale non umano immediatamente la mia attenzione si focalizza su quest'ultimo e tutto il resto sembra scivolare in secondo piano. Da sempre è così. Giorni fa mi sono interrogata sul perché di questa mia passione per gli animali (passione che poi da semplice zoofilia si è evoluta in antispecismo) e ho capito che il mio interesse, al di là della dolcezza, tenerezza e simpatia che mi ispirano gli appartenenti al regno animale risiede soprattutto nella curiosità. Curiosità per il diverso, per colui che riconosco simile a me in alcune cose, ma diverso in altre. E poi, ripercorrendo con la memoria l'origine di questo interesse, mi sono ricordata che lo stesso interesse l'ho sempre nutrito anche per le lingue straniere, le culture straniere, le persone straniere. In poche parole funziono abbastanza al contrario di come funziona la maggior parte delle persone: il diverso, lo straniero, ciò che è distante (fisicamente, ma anche ontologicamente) da me mi suscita enorme curiosità e interesse. 
Ricordo che da piccina i miei talvolta mi portavano a casa di una coppia di inglesi che si era trasferita nel paese dove abitavo (mi portavano là per farmi imparare i primi rudimenti della lingua inglese) e tutto mi affascinava di quel posto: le linee architettoniche e i materiali della casa che imitavano quelli dei cottage inglesi originali, gli odori della cucina così diversi dai nostri (cucinavano all'inglese e a me piaceva proprio perché diverso, esotico, strano), gli arredamenti così particolari, compreso il suono di quelle parole di cui poi avrei imparato in seguito a decifrarne il significato; non da ultimo il fatto che vivessero in campagna e che quindi avessi la possibilità di immergermi in un ambiente così ricco e vivo di flora e fauna. Poi penso che leggere moltissima letteratura straniera non appena acquisita l'età della ragione abbia fatto il resto, ossia ha continuato a nutrire e ad accrescere questa mia curiosità e interesse per le altre culture.
Fatto sta che faccio fatica a comprendere la paura del diverso e degli animali che sembra animare così tante persone. Non lo dico come un merito, ma come un dato oggettivo. Vorrei capire dove nasce questa paura, questa fobia. In parte lo so, la fobia degli animali ha origine nella nostra cultura antropocentrica e specista in cui ci siamo costituiti ontologicamente come specie superiore proprio degradando e svilendo le altre specie, cultura che viene diffusa e propagata anche attraverso il cinema, la letteratura, l'arte ecc. e soprattutto attraverso i media, le tradizioni popolari, le abitudini, le credenze, il linguaggio ecc..
Ma la paura del diverso in quanto straniero, in quanto individuo appartenente ad un altro paese, da dove nasce, se da sempre noi, come specie, non facciamo che emigrare, spostarci e non esiste nazione o cultura al mondo che non sia frutto di contaminazioni, incontri e sincretismi? 
L'idea di un'identità nazionale è falsa. 
Non si deve temere il diverso, ma l'appiattimento, il cristallizzarsi dei popoli e delle culture.
La vita è fluida, scorre, tutto è mutevole. Solo la morte è fissità e forse manco quella, che è passaggio da uno stato all'altro.

domenica 10 agosto 2014

Fare come Thoreau?


Avete mai pensato che parte del vostro denaro per le tasse è destinato ai fondi dell'UE in sostegno delle politiche agricole, in cui ci rientrano anche gli allevamenti, compresi quelli di visone? 
Sembra di stare in trappola, giusto? Boicottiamo prodotti derivati dallo sfruttamento animale da una parte, ma indirettamente finanziamo gli allevamenti e tutte quelle pratiche che deploriamo dall'altra.
Toccherebbe fare come Thoreau che si era rifiutato di pagare le tasse che finanziavano la guerra, ma l'azione dovrebbe essere congiunta, massiccia e dichiarata pubblicamente (altrimenti si è banali evasori fiscali). 
E poi quando verrà il giorno che ci pignoreranno la casa (per chi la possiede) dove si va? 
L'idea di una comune collettiva al di fuori degli obblighi dello stato appare un'utopia. Ma non vedo soluzioni diverse.
Il vero problema è che non vogliamo veramente perdere ciò che abbiamo, le comodità - per quanto schiavizzanti - della nostra esistenza improntata al consumo. 
La questione è filosofica, prima che politica ed economica.

sabato 9 agosto 2014

Sofferenza silenziosa



La lente attraverso cui guardiamo la realtà fa percepire a moltissime persone la caccia come l'attività cruenta che difatti è, mentre la pesca purtroppo continua ad essere avvolta in un alone di romanticismo. I villaggi dei pescatori sono una cosa romantica, il pescatore solitario che con la sua lenza (nessuno pensa mai a quando debba essere micidiale e scandalosamente doloroso l'amo che si conficca nel piccolo e fragile palato del pesce? A quanto dolore debba provocare quell'uncino acuminato? Immaginate... ecco, immaginate che con un arpione gigante vi squartino il palato e poi sappiatemi dire) si siede per ore ed ore sulla riva di un fiume è un'immagine bucolica che trasmette serenità, i pescatori che vanno al largo con le reti vengono visti come persone che svolgono un lavoro da tutelare e preservare e via dicendo. 
Anche l'atto del "mangiare il pesce" risulta meno cruento, più delicato, tanto che poi si dice "il pesce" in un'astrattezza terminologica che veicola neutralità (e non violenza) e mai "i pesci" intesi nella loro molteplice individualità.
Invece anche i pesci sono individui senzienti, hanno una socialità complessa e provano emozioni e dolore. 

venerdì 8 agosto 2014

Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie


Avevamo lasciato Cesare che insieme ai suoi compagni liberati si allontanava dalla città e dal mondo antropizzato, rinunciando a qualsiasi tentativo di vendetta contro gli umani: il messaggio finale de L’alba del pianeta delle scimmie era bellissimo. Tutto quello che i primati non umani desideravano era tornarsene a casa, nel loro habitat naturale, per poter vivere in pace finalmente affrancati dal dominio degli umani.
Non che lo si potesse definire un film propriamente antispecista (i motivi li spiego qui), ma c’era spazio per una riflessione sulla nostra specie e sul futuro che ci aspetta se non saremo in grado frenare la spinta al dominio e allo sfruttamento incontrollato del pianeta.
Il sequel Apes Revolution – diretto da Matt Reeves, già regista di quel gioiellino che è Cloverfield – si apre a dieci anni esatti dalla fuga di Cesare e con un breve prologo in cui ci fa capire che il mondo così come lo conosciamo oggi non esiste quasi più (almeno in concreto, mentre in potenza, come poi si vedrà, è rimasto sostanzialmente invariato). Il risultato degli esperimenti in laboratorio cui erano state sottoposte le scimmie nel tentativo di trovare una cura per l’Alzheimer (gli stessi che, guarda caso, avevano reso Cesare più intelligente: il che dà una lettura ambigua della sperimentazione animale, come se da una parte fosse causa di disastri irreparabili, ma dall’altra fosse ciò che ha permesso alle scimmie di evolversi in direzione dell’umano, acquisendone determinate capacità cognitive assunte come parametri di massima intelligenza e senza che il dilemma etico della sua liceità o meno venga minimamente sfiorato) si è dimostrato un virus letale capace di decimare la popolazione umana, ad accezione di un gruppo di superstiti geneticamente immuni che ora si sono riuniti in una colonia nella vecchia San Francisco. Le risorse energetiche scarseggiano e l’unica possibilità che hanno per andare avanti è cercare di rimettere in funzione una diga che si trova all’interno della foresta, proprio vicino al luogo in cui le scimmie hanno stabilito il loro villaggio. Il topic del film è la possibilità di evitare il conflitto e la scommessa di una convivenza pacifica tra i due mondi, quello degli umani e quello delle scimmie.

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