mercoledì 27 febbraio 2013

Anche tra un attimo

"Ci affanniamo alla ricerca di un senso da dare alle nostre esistenze, fragili, esistenze fragili, come quelle degli insetti, e di ogni altro animale che, come noi, può morire; anche tra un attimo"

sabato 23 febbraio 2013

Like me? Mente e diritti negli altri animali


Il secondo numero di Animal Studies, rivista italiana di antispecismo, curato da Domenica Bruni, è ora acquistabile in libreria. 
Gli autori di questo numero: Domenica Bruni; Marco Carapezza; Alessandro Minelli; Pietro Perconti; Simone Pollo; Tom Regan; Emanuele Rigato; Giorgio Vallortigara.
Recensioni di: Rita Ciatti; Leonora Pigliucci; Francesco Pullia.

Il circuito distributivo delle librerie;

L'acquisto online;

L'abbonamento. 

venerdì 22 febbraio 2013

Tutti contro tutti: Rolando Ravello ci racconta la storia tragicomica della lotta per l’occupazione delle case

A casa di Agostino (Rolando Ravello) quel giorno doveva essere un giorno di festa: la prima comunione del figlio Lorenzo, cui sarebbe seguito un rinfresco tra i parenti più stretti. Al ritorno dalla cerimonia però l’intera famiglia, in attesa sul pianerottolo, con i vassoi delle paste in mano, ha una brutta sorpresa: impossibile riuscire ad aprire la porta di casa, la serratura è stata cambiata, la musica proveniente dall’interno annuncia che degli sconosciuti hanno occupato e preso possesso dell’abitazione.

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mercoledì 20 febbraio 2013

La specie contro

Su Uncommons potrete leggere il mio report della conferenza "Gli antispecismi in discussione" che si è tenuta mercoledì 13 febbraio scorso presso la facoltà di Filosofia dell'Università degli Studi La Sapienza di Roma; relatori Leonardo Caffo, Marco Maurizi e Oscar Horta.
Buona lettura!

martedì 19 febbraio 2013

Morire per una pelliccia

Vi mando qui.

Prima di acquistare un qualsiasi giaccone o altro guarnito in pelliccia, o, addirittura, una pelliccia intera, sarebbe proprio il caso che vi informaste.
L'ignoranza non può essere una scusa. L'indifferenza nemmeno.

Nell'articolo si parla di allevamenti di visoni, ma il discorso vale per qualsiasi altro animale, anzi, in paesi dove vengono effettuati meno controlli e dove ci sono normative meno rigide, gli animali vengono tenuti e uccisi in condizioni ben peggiori.

Donne, uomini, una pelliccia non vi rende più belli, solo inutilmente crudeli (ammesso che possa esistere una crudeltà utile).

venerdì 15 febbraio 2013

Spigolature (2)

Condizionamenti culturali (ridiamoci su):

- ah, sei vegana e... che significa?

- che non mangio animali, né derivati quali uova, latte, formaggi ecc. e non compro nulla che abbia comportato sfruttamento e morte di animali, quindi nemmeno scarpe o borse in pelle, lana, prodotti testati su animali ecc.;

- ah, e che mangi allora?

- beh, tutto il resto, combinandolo in maniera creativa e in più ci sono tantissimi sostituti della carne come il seitan ad esempio (segue spiegazione di cosa sia il seitan, come si ottenga, come si possa cucinare), poi hamburger e cotolette di soia e questo e quell'altro ancora (elenco un po' tutte le tantissime alternative della cucina vegana);

- ho capito... ma, solo una domanda, e di secondo che mangi?

- eh, te l'ho detto, mangio gli hamburgher di soia, il seitan, i legumi, altre combinazioni a base di alimenti ottenuti dalle proteine vegetali ecc.;

- ma, non capisco, se non mangi la carne e nemmeno il pesce e nemmeno le uova e i formaggi... di secondo che mangi?

giovedì 14 febbraio 2013

Flash mob per l'abolizione della carne


In occasione della settimana mondiale per l'abolizione della carne - dal 19 al 27 gennaio 2013 - Parte in Causa, con la collaborazione di Per Animalia Veritas e di diversi attivisti, ha organizzato un flash mob che si è tenuto in vari punti del centro di Roma: via del Corso, Piazza di Spagna - proprio ai piedi della suggestiva scalinata di Trinità dei Monti - e davanti al McDonald's, sempre nei pressi di Piazza di Spagna. 
Il bellissimo brano che sentite in sottofondo è il famoso Meat is Murder eseguito da The Smiths.

martedì 12 febbraio 2013

Spigolature (1)

Ciò che trovo veramente triste dell'episodio in cui Berlusconi chiede all'impiegata "quante volte viene?" non è tanto l'ormai noto atteggiamento sessista del suddetto (ne ho preso atto da tempo!), ma l'accondiscendenza della donna che si sottomette ben volentieri - facendo buon viso a cattivo gioco - all'uomo (di potere! Essì, perché scommetto che se a porle la domanda fosse stato un operaio che purtroppo fatica ad arrivare a fine mese, diversa sarebbe stata la sua reazione, ci vogliamo scommettere?).
Decenni di lotte per i diritti e l'emancipazione femminili gettati al vento.
A tal proposito, val la pena ricordarlo, femminismo non significa, né mai ha significato volersi rendere biologicamente uguali agli uomini o rivendicare un'uguaglianza in tal senso, bensì scrollare via il giogo del potere patriarcale e maschilista, rivendicando il nostro diritto ad essere parte attiva della società e della storia, senza alcun tipo di discriminazione.

Nota di servizio:
comunico ufficialmente ai miei lettori che da circa un paio di mesi sono su FB. A tal proposito oggi inauguro una rubrica qui sul blog - sotto il titolo di "Spigolature" - in cui riporterò, di volta in volta, brevi pensieri estemporanei che scriverò di getto sulla mia pagina FB. Ovviamente avviene anche il contrario: ossia i post del blog sono condivisi su FB (da quando ho iniziato a farlo è infatti aumentato notevolmente il numero delle visite per giorno, non che ci debba campare... ma, intendiamoci, fa piacere essere letti, io non sono una di quelle che scrive per sé stessa).
Lo so, tante volte ho dichiarato che non mi sarei mai iscritta a questo social netowork di massa, ma alcune circostanze che sarebbe ozioso spiegarvi mi hanno convinta a farlo. Mi sforzo di farne un uso il più possibile intelligente, soprattutto per condividere la notizie animaliste e per essere informata sui vari eventi dell'attivismo.
Devo dire che il bello e il cattivo tempo di Facebook lo stabilisce soprattutto la rete di contatti che si hanno. Se si ha la fortuna di contattare amici e persone intelligenti, arguti, profondi, si avrà la possibilità di fare, se non proprio vere e proprie discussioni (per queste ritengo più utile forse i blog o i forum), quantomeno conversazioni interessanti. Se qualcuno che mi legge volesse chiedere la mia amicizia, compaio con il mio vero nome e come foto profilo c'è quella della gattina nera Ariel (che avrete certamente visto in qualche post più sotto).

Guardare, ma non saper vedere.


Tutti i giorni leggo notizie mostruose in merito allo sfruttamento degli animali, tutti i giorni provo una fitta al cuore osservando questa assurda realtà di sterminio e sopraffazione dei più deboli.
Eppure ci sono storie che, chissà perch
é, mi colpiscono ancora in maniera assoluta, inedita, devastante, come se fosse la prima volta in cui ho aperto gli occhi sul dolore animale.
Così questa notizia di un cucciolo di bufala partorito in mezzo ai visitatori di una fiera, esposto agli sguardi indiscreti di chi si trovava lì per acquistare animali al pari di oggetti, mi ha fatto scoppiare a piangere.
Penso a quell'evento meraviglioso che sempre è la nascita (meraviglioso nel senso di "meraviglia", "stupore", proprio), penso al disagio e sofferenza di una madre che si contorce nei dolori del parto e poi all'intimità di tutto questo, penso allo stato di confusione del piccolo che respira la sua prima aria, al suo bisogno del contatto materno, alla necessità di essere accudito in un ambiente confortevole, ovattato, non certo rumoroso quale è quello di una fiera.
E penso alla brutalità del gesto di questo allevatore anempatico il quale, ben sapendo che la bufala era nell'imminenza del parto, non si è fatto scrupoli di trasportarla e di esporla, quale un fenomeno da baraccone, agli sguardi indiscreti dei visitatori.
Penso allo sguardo di chi in quel cucciolo e in quella madre ci vede solo oggetti, fonti di reddito, incapace di coglierne la bellezza dell'unicità di ogni vita. Lo sguardo di chi violenta la vita animale poiché ritenuta priva di valore. Lo sguardo di chi reifica gli esseri senzienti.
Tutto ciò mi ferisce, mi ferisce enormemente perché penso che se non si riesce a rispettare nemmeno un momento così, a saper andare oltre lo sguardo della consuetudine di quella "normalità" che induce alla reificazione degli animali non umani, allora è proprio la fine.

lunedì 11 febbraio 2013

Re della terra selvaggia: la storia della piccola Hushpuppy conquista il mondo (ma non me)

Hushpuppy e il suo papà Wink vivono in un villaggio all’interno di una zona paludosa denominata affettuosamente dai suoi abitanti “la Grande Vasca” (the Bathtub), tagliata fuori dal resto del mondo da una diga. L’intero contesto, dichiara il giovane regista Benh Zeitlin, è un concentrato di tutti quegli elementi che caratterizzano la cultura e la vita nel sud della Louisiana, portati alle estreme conseguenze, narrati in maniera iperbolica e racchiusi in una sorta di racconto mitologico.

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sabato 9 febbraio 2013

Il proprio corpo come strumento di lotta nonviolenta: Davide Battistini e lo sciopero della fame contro l’uso della catena per i cani


I quotidiani ne hanno parlato poco e niente, qualche trafiletto, come fosse una questione secondaria.
Eppure c’è un uomo, un coraggioso e straordinario attivista per i diritti degli animali, che oggi sta affrontando il quarantesimo giorno di sciopero della fame per ottenere che la sua regione, l’Emila Romagna, abolisca il vergognoso uso della catena per i cani.

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P.S.: comunico, oggi 13 febbraio 2013, che Davide Battistini ce l'ha fatta! Le sue richieste sono state ascoltate, la Regione dell'Emilia Romagna prenderà in considerazione la sua proposta di abolire l'uso della catena per i cani.
Un altro passo avanti è stato fatto, un passo importante. Impegnarsi, come sempre, serve! 

martedì 5 febbraio 2013

La banda dei fantastici nove (più uno)

L'avevo promesso a molti di voi già da un po'. 
Cominciamo con lui, Blake, il primogenito, abbandonato la mattina del 15 agosto di ormai quasi otto anni fa nel cortile di casa: quando lo trovai - svegliata dal suo miagolio insistente - fu amore a prima vista. E l'inizio di tutto. Poi, col tempo, vennero gli altri.


Subito dopo lei, Emily, la gatta perfetta, dal carattere sempre allegro e socievole; più di tutti ama starsene sul tavolo ad osservarmi mentre cucino o mi aggiro per la stanza. Ma va bene ovunque, purché possa seguirmi con lo sguardo.


E fu il momento di Dick, piccolo, piccolo, minuscolo, mi stava quasi sul palmo di una mano. Oggi è un gattone superbo e fiero, anche se, sotto sotto, un po' fifone (non appena entra qualcuno si nasconde) e... sbadiglione.


L'elegante Ariel, raffinatissima e sinuosa, la gatta dai molti misteri. Ogni descrizione è superflua.


Lei invece è Nora, ama starsene in terrazzo, anche d'inverno, da brava certosina. Ma non disdegna nemmeno il divano, o il letto, o una morbida cuccia, specialmente se è quella più contesa di tutte. Chissà perché poi? Forse anche i gatti amano la fantasia scozzese?


Christabel, gatta schiva e silenziosa, ma quando le vien voglia di farsi coccolare non esita a far sentire la sua vocetta stridula: forse la mamma non le ha insegnato a miagolare?



Silvestrino, ama starsene appollaiato sulle spalle del mio compagno, meglio ancora se gli lascia la possibilità di succhiargli il lobo dell'orecchio sinistro (solo il sinistro, gli piace quello, non si capisce perché). 



E c'è lui, Cirillo, qui era ancora un cucciolo, trovato che era stato investito da un'auto e prontamente soccorso. Oggi è un gattone grande e grosso, benché sia rimasto pieno di paure e timori, si fida solo di me; ama stendermisi accanto durante la notte, e poi al mattino, al suono della sveglia, mi dà dei colpettini sul viso con la zampetta, come per dirmi: "Ehi, sveglia, è ora di alzarsi, mi prepari la pappa?"



E infine Agostina, l'ultima arrivata, di lei ho parlato qui; un altro incontro ferragostiano, di due anni fa. Era una cucciola affamatissima che stava tentando di attraversa la trafficatissima via Cristoforo Colombo di Roma. Potevo lasciarla lì? Nella foto è quella a sinistra (l'altro lo avete già visto, è Dick).


Dulcis in fundo, il gatto alieno, ossia Marty. Talmente alieno che non sembra neanche un gatto.



Foto sparse di tutti loro.














Ci terrei altresì a ricordare gli altri mici che purtroppo non sono più con noi: Kirill, Agostino, Pallina e Nera.

Tutte le foto sono state scattate dal mio compagno con un cellulare, cogliendo i nostri amati nei vari momenti della giornata e quindi privilegiando la spontaneità rispetto alla tecnica.


venerdì 1 febbraio 2013

A Charlie


Quella mattina sei venuto a salutarmi come ai vecchi tempi e avrei dovuto capirlo che qualcosa non andava. Ormai era da tanto che non ti precipitavi più nella mia camera al suono della sveglia, vecchio e stanco com’eri. Preferivi restartene a dormire sotto alle coperte fino a mezzogiorno inoltrato e solo al mio rientro da lavoro trovavi la forza per tirarti fuori da quel mucchio di panni; cominciavi col stirarti gli arti doloranti, una stiratina qui, un’altra là e così facendo avanzavi fino a raggiungermi. Com’eri buffo e tenero quando mi venivi vicino aspettando che io mi accorgessi di te. Io lo sapevo che c’eri. C’eri talmente tanto che ti davo per scontato. Scontato. Così come le albe, gli inverni, i lunedì.
Non ho mai pensato abbastanza che un giorno avresti potuto non esserci più.
Di quella mattina conservo l’immagine di una mia carezza distratta, allungata nella fretta della concitazione mattutina perché stavo preparandomi per andare a lavoro; conservo il tuo sguardo insistente, come una domanda, ma che non seppi interpretare.
Del resto del giorno ricordo poco, se non che, tornata a casa per pranzo, chiamai il veterinario perché ci accorgemmo che respiravi a fatica.
- “Nulla di grave, solo un’influenza che gira, vi prescrivo comunque degli antibiotici per scrupolo, visto che è anziano”.
Ci tranquillizzò. Mi tranquillizzò. Ci tranquillizzammo.
Così la sera uscii.
Tu dormivi sereno nella tua cuccia. Ti diedi un buffetto affettuoso. Ti dissi: “domani starai meglio”.
Uscii per incontrarmi con un uomo che forse nemmeno mi amava, certamente non tanto quanto mi amavi tu.
Ricordo che a un certo punto mi resi conto di essere nel posto sbagliato: lontana da casa, lontana da te. Tu stavi male e io invece di starti accanto sono uscita per andare ad incontrarmi con quell’uomo, che era importante per me, importantissimo, ma forse io non abbastanza per lui.
Certo, non eri solo, c’erano i miei genitori, ma che importa, che importa quando avrei dovuto esserci io? Ricordo i sensi di colpa che mi azzannarono all’improvviso e le mie tattiche di autoinganno per alleviarne i morsi.  
È solo un’influenza, che vuoi che sia, non è nulla di grave, guarirà in un paio di giorni.
Che cazzo ci sto a fare in questo ristorante?
Stai tranquilla, tanto sta dormendo, la tua presenza è irrilevante. Lo sa che gli vuoi bene. Lo sa, altrimenti non sarebbe venuto da te questa mattina. Appunto! È da me che è venuto, da me! Mica da mamma e papà. Da me! E io che faccio? Esco e lo lascio solo? Maddai, sta dormendo!
Tu dici? Sììì, stai tranquilla.
Ricordo il ritorno in macchina, ormai in preda all’ansia, alla fretta di arrivare.
Mezzanotte passata, forse l’una, le due, non ricordo adesso.
Dal momento in cui giro la chiave nella toppa tutto sembrò accadere come su un altro piano di realtà, tanto la percezione di ciò che avevo attorno risultava alterata, distorta, sbagliata.
Entrai, con cautela per non svegliare mamma e papà, attraverso il breve ingresso al buio, mi affacciai in cucina, accesi la luce e guardai in direzione della tua cuccia, lì dove ti avevamo sistemato perché stessi più al caldo, sotto al termosifone. Guardai, cercai con lo sguardo, ma tu non c'eri. Non c'eri, non c’era niente lì sotto al termosifone, nemmeno la cuccia. Il vuoto, solo il vuoto, nient'altro. Un vuoto che cresceva, che si materializzava, che si faceva quasi minaccioso.
Un urlo mi rimase smorzato in gola mentre entrò mio padre e lo guardai e lui mi rispose scuotendo la testa.
- "Dov’è" - gli chiesi? Dentro di me conoscevo già la risposta, ma la domanda la feci lo stesso come se il solo tentativo di farla potesse in qualche modo restituirmi l’attesa, la speranza di un esito diverso. In quei due tre secondi in cui mio padre tardò a rispondere nulla era ancora successo, tutto era ancora possibile, metà e metà, come l’esperimento del gatto di Schrödinger – quel brutto esperimento, fortunatamente solo mentale.
Poi mio padre si mise seduto e mi raccontò. Mi raccontò del tuo peggioramento improvviso, della corsa inutile per portarti dal veterinario, mi raccontò con dovizia di particolari – chissà perché poi, a volte non sarebbe meglio mentire? – del tuo ultimo sguardo in cerca di aiuto (di aiuto? O di me?) e di quegli istanti di agonia prima di morire.
- “Meglio così” – disse mio padre – “è stato meglio che non c’eri, tanto non avresti potuto fare niente e così ti sei risparmiata quegli ultimi momenti strazianti”.
Risparmiata? Che strano, a me sembrò di vedere tutto, di vivere tutto, lui che mi cercava, che cercava aiuto, i suoi ultimi istanti. E io che non c’ero. Non ero lì accanto a lui. 
Come potrò perdonarmi? Come potrai perdonarmi? Potrai?
- “Comunque stai tranquilla” – proseguì mio padre – “non era solo, c’eravamo io e mamma, gli siamo stati vicini fino alla fine. Lo abbiamo coccolato, confortato”.
Sentii il dolore che saliva, lentamente, la mia impotenza crescere, farsi come  un'onda gigante pronta a sommergermi.
- “Ma... “ – chiesi – “... la sua cuccia, il suo corpo, perché non c’è più niente? Perché portar via anche la sua cuccia?”
- “Io e mamma abbiamo pensato che fosse meglio così, l’abbiamo messo dentro una scatola con una coperta e fatto portar via, anche la cuccia, per farti star meno male, per non fartela trovare vuota”.
Mi girai e lì dove prima c’era la tua cuccia vidi il vuoto. Solo il vuoto, di nuovo quel vuoto. Un vuoto talmente vivido, talmente grande da farsi ingombrante, da divenire presenza quasi, ecco, l'ho detto, presenza.
Chi l’avrebbe mai detto che persino l’assenza, il vuoto, il niente potrebbero trasformarsi in qualcosa che c’è, in qualcosa capace di incollarsi plasticamente al corpo, ai pensieri, a divenire, appunto, un'essenza?
La morte, il lutto, un qualcosa che prima non c’era e ora c’è. C’era infatti questa cosa ora dentro di me. Non c'eri più tu, ma c'eri ugualmente, nella tua essenza/assenza/presenza.
Così per me tu oggi sei l’immagine di quel vuoto, e di quegli ultimi istanti che non ho visto, ma che il senso di colpa mi ha impresso a vita nella mente.
In seguito, parlando con qualcuno di quel vuoto che avevo percepito come una presenza, mi fu risposto che lì, probabilmente, in quel vuoto, c’era il germe della fede.
Non lo so. So solo che darei non so che cosa per tornare a quella mattina quando insolitamente venisti a porgermi il tuo ultimo saluto. Ora lo so perchè trovasti la forza di alzarti e di scendere dalla tua cuccia così presto, nonostante l’artrite che negli ultimi anni aveva offeso le tue povere zampette stanche. Eri venuto a salutarmi.
E io, potrò mai rispondere a quel tuo saluto come avresti meritato?
Ti chiedo scusa Charlie per non esserci stata quel giorno e per non esserti stata accanto mentre morivi.
Vorrei che tu mi conoscessi oggi, che sono una persona diversa, con un’empatia di gran lunga maggiore di quanta potessi averne all’epoca, così troppo occupata a correre dietro ad uomini che non mi amavano, o, almeno, non come avrei voluto io. Certo, ti volevo tantissimo bene, ma non basta voler bene se poi non lo so si sa dimostrare e se, quel bene, non arriva come e dove dovrebbe arrivare.
Poche storie, su, io quella sera avrei dovuto restare a casa a vegliarti, rinunciare ad uscire. E per quanto ripeta a me stessa che ti volevo bene, tantissimo bene, la verità è che tu sei morto cercandomi mentre io non c’ero.
Cazzo, vorrei tornare indietro per rimediare ai tanti errori commessi.
E invece tutto quello che posso fare è andare avanti, sperando di aver appreso abbastanza da quegli errori da essere divenuta una persona migliore.
  
***    ***    ***
Questa sorta di auto-confessione mi è stata ispirata dalla lettura di In morte di un cane di Jean Grenier. In realtà era tanto che volevo scrivere della morte di Charlie, solo che ammettere per iscritto una propria mancanza, renderla pubblica, non è poi tanto facile.
Charlie è stato il mio secondo cane, un meticcio di taglia piccola, incrociato con un Pinscher. Aveva quasi 15 anni quando è morto, per complicazioni insorte in seguito a una banale influenza. Ha vissuto una vita piena, bella, intensa. Ma non so se riuscirò mai a perdonarmi per non essergli stata accanto in quei suoi ultimi istanti di agonia. Morire è sempre un’agonia. Manca il fiato, è così che si muore e non dev’essere bello. Certo, mi dico per perdonarmi, non potevo sapere che sarebbe morto. Però diciamo sempre così e alla fine le persone e gli animali che amiamo se ne vanno ed è allora che ci accorgiamo di non averle sapute amare abbastanza. Un monito. Che questo mio scritto mi/ci serva come monito a darci sempre oggi, qui, senza mai risparmiarci. E a farci comprendere il valore di ogni singola esistenza.