domenica 14 gennaio 2018

Muslim Fashion


Mi invitano a mettere il like a una pagina su Facebook di "fashion" con vendita on line che propone abbigliamento "inclusivo" per tutte le donne, senza pregiudizi (sic!) ecc.; in pratica vendono anche copricapi, colorati e carini, come lo hijab e altri indumenti che le donne musulmane sono costrette a indossare.

Ora, a parte che detesto il concetto di "fashion" e tutto ciò che vi ruota attorno, trovo veramente sconcertante far passare come abbattimento di barriere e pregiudizi lo sdoganamento di abiti mirati a coprire parti del corpo femminile per imposizione maschilista. 
So bene che la questione è delicata e che le donne musulmane non si sentirebbero a loro agio con abiti occidentali che gli lasciano scoperte parti del corpo perché sono state abituate a coprirsi sin da ragazzine e hanno introiettato come "normali" certe imposizioni, ciò non toglie, però, che quelle siano imposizioni maschiliste dettate da un regime teocratico che mortifica il corpo femminile poiché ritenuto strumento di induzione al peccato e capace di solleticare desiderio sessuale. La donna nei paesi teocratici musulmani è di proprietà del marito e nessun altro deve guardarla.

Ora, la liberazione femminile non può certo passare per l'imposizione. Quindi, non si può imporre a queste donne di scoprirsi perché percepirebbero l'obbligo come una violenza, ma nemmeno si può sdoganare il velo come "moda senza pregiudizi" in quanto è nel concetto stesso del velo che si cela un enorme pregiudizio e prevaricazione, quella di un'imposizione originaria che sottomette la donna e le impone come vestirsi e come comportarsi.

Le donne musulmane vanno accompagnate attraverso un percorso di liberazione con il dialogo e l'inclusione, questo sì. 
Non attraverso il consumismo legato al "fashion" che, da una parte banalizza la questione politica che c'è dietro il velo, dall'altra non permette a queste donne di capire che, quando se la sentiranno, potranno anche liberarsi di questa imposizione.

Trasformando il velo in un'offerta commerciale al pari delle altre si cancella la possibilità di un dibattito serio sulla complessità di una questione come quella della sottomissione della donna nei paesi musulmani; vi trovo un'analogia con quanto sta accadendo con il concetto del veganismo che viene banalizzato non permettendo di afferrare l'enorme questione dello sfruttamento animale che c'è dietro.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

nel medioevo era uso comune per le donne vestire com vestono oggi le mussulmane, ne è rimasta traccia nell'abito delle monache che portano il capo coperto seguendo il costume dell'epoca. Tutto ha origine in un brano di san Paolo, lettera ai Corinti, in cui scrive "le donne si coprano il capo per non dar scandalo agli angeli" (sic!), Maometto si ispirò a quello stesso brano. Ricordo sempre una battuta di Erika Jong : il trucco è il burka della donna occidentale.... basta mettersi da un altro punto di vista... Jonuzza

Rita ha detto...

Ciao Jonuzza,
capisco cosa intendi, tutte siamo soggette a dei condizionamenti culturali, però in occidente non c'è un'imposizione a truccarsi. Si fa per condizionamento, chi lo vuol fare, ma non mi risulta che qualcuno ci imponga di farlo. Prova ad essere donna in Arabia Saudita e ad uscire senza burka e poi dimmi tu se è come uscire qui di casa senza trucco.