venerdì 12 aprile 2019

Individui diversi di specie diverse


Quando si parla degli altri animali a volte si commette l'imperdonabile errore - imperdonabile poiché frutto di una mentalità antropocentrica che ancora una volta mette da una parte l'umano e dall'altra tutti gli altri animali non umani, in un calderone indistinto, così confermando la distanza ontologica, come se non fossimo animali anche noi e come se non ci fossero migliaia di individui diversi di specie diverse - di attribuire uno stesso comportamento a specie diverse che sono schiavizzate e assoggettate all'umano in modo molto diverso.
Per esempio, quando si parla di "resistenza animale" non si può mettere sullo stesso piano il comportamento dei grossi predatori schiavizzati nei circhi o zoomarine, leoni, tigri, elefanti, orche, delfini, che spesso si ribellano ai loro aguzzini e riescono anche a ferirli e ucciderli, con quello dei topi reclusi nei laboratori o delle galline, maiali, agnelli e conigli ammassati negli allevamenti. Mi pare evidente che si tratti di situazioni molto diverse e anche di capacità e comportamenti diversi di diverse specie e di diversi individui.
Diversa è la possibilità di ribellarsi di una tigre rispetto all'oca imprigionata nella gabbia di contenzione a cui viene infilato un tubo giù per la gola per ingrassarne il fegato o rispetto al visone acciuffato dalle mani brutali dell'addetto alla sua uccisione per togliergli la pelliccia.
La reclusione forzata negli allevamenti degli individui di alcune specie sin dalla nascita quasi sempre ne piega la volontà. Possono esserci eccezioni, individui che riescono a fuggire,che si ribellano (la ribellione invero è costante di fronte alle percosse), ma la forza della nostra specie è preponderante e sono davvero rari i casi di individui che ce la fanno.

Persino i tori che si difendono dalla brutalità dei toreri, quando vincono, cioè riescono a incornare il torero, alla fine vengono comunque uccisi.

A maggior ragione, mi pare che sia quanto meno una forzatura attribuire a questi diversi individui (diversi per indole e carattere e diversi per specie) una coscienza di classe o addirittura definirli "working class".

Gli altri animali (e qui a ragione si può dire quasi tutti, indistintamente) sono sempre stati usati a vario titolo dall'umano: considerati e allevati o come macchine per produrre o come materie prima da cui ottenere prodotti o per servire ad altri scopi.

Che noi gli si riconosca la consapevolezza dell'oppressione, e questo è ovvio, l'intelligenza, l'essere individui senzienti soggetti di una loro stessa vita, non vuol dire che però, all'interno del sistema specista, non continuino a essere nient'altro che oggetti.

L'antispecismo è questo che deve combattere. Questa concezione dell'animale-macchina. Ma senza mettere in un unico calderone etologie molto diverse, culture diverse (anche gli altri animali hanno una loro cultura), società diverse (hanno le loro diverse società e le loro diverse relazioni intraspecie).

Non posso sentir parlare di leoni che si ribellano al loro aguzzino (buon per loro!) senza rivolgere un pensiero ai miliardi di altri individui che non hanno nemmeno la possibilità di aprire un'ala, di sbattere le ciglia, di muovere una zampa. E che nel corso della loro breve esistenza conosceranno solo sbarre, paura, botte, calci e poi lame di coltelli. 
E non tener conto di queste fondamentali distinzioni di etologia, contesti oppressivi, individuali per me è semplificazione intellettuale e o volontà di forzare un qualcosa che concettualmente non può essere forzato pena il suo mancato riconoscimento (antispecismo che, di default, combatte lo specismo).

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