venerdì 2 luglio 2021

Ancora sull'inganno del benessere animale, il principale ostacolo al superamento dello specismo

 

Da un punto di vista della comunicazione bisogna fare i complimenti alla Coop. 

Praticamente si sono appropriati di un concetto che spesso usiamo anche noi per far riflettere le persone sulla sofferenza degli animali allevati per essere trasformati in prodotti, solo che noi finalizziamo il discorso all'abolizione dello sfruttamento animale e per il superamento dello specismo, mentre loro ripropongono il solito welfarismo, ossia il mantenimento della visione specista degli animali che ne normalizza l'uso e l'uccisione, però ammantata di un falso interesse per il loro benessere. 

Certamente il dominio sugli animali implica ed ha come conseguenza tantissime pratiche violente, ma non è riformando o eliminando alcune di esse, quali il taglio della coda (o l'eliminazione delle gabbie), che si mette in discussione la violenza che è alla base: quella di considerarli risorse rinnovabili da trasformare in prodotti dopo l'uccisione al mattatoio.

Quindi sì, se la coda al casello ti sembra una sofferenza, pensa a quella degli animali che finiscono SEMPRE al mattatoio, appesi a testa in giù per essere sgozzati e poi fatti a pezzi. 

E per finire COMUNQUE sugli scaffali della Coop.

Taglio della coda o meno, questi sono i corpi dei maiali poco prima di finire sugli scaffali. Non mi pare che stiano molto bene. Non mi pare che si possa parlare di benessere. Il benessere implica la preservazione dell'interesse principale di qualsiasi individuo senziente, cioè vivere e fare esperienza del mondo.

Stesso discorso per la proposta di abolire le gabbie negli allevamenti che dovrebbe essere discussa in Parlamento Europeo nel 2023 che soddisfa soprattutto le persone speciste che vogliono continuare a mangiare tranquillamente gli animali e i prodotti derivati dalla loro esistenza - concepita in funzione di macchine - sentendosi a posto con la coscienza perché non vogliono mettere in discussione gli allevamenti, ma solo le modalità di produzione.

Gli animali continueranno a essere considerati risorse rinnovabili, macchine da latte o per le uova o per il miele.

Nessun traguardo, nessuna vittoria per gli animali, ma semmai per le aziende zootecniche che dal concetto di benessere animale hanno tutto da guadagnare a lungo termine. 

Come sempre vince il neo-welfarismo perché trova una gran massa di sostenitori, cioè la maggioranza, cioè quella massa di persone che agisce continuando a sostenere gli orrori nella più totale indifferenza e normalizzazione senza porsi una domanda perché "si è sempre fatto così, solo dobbiamo farlo meglio". 

Il fine degli allevamenti, il senso della loro esistenza è la trasformazione degli animali in prodotti. Con gabbie o meno si tratta di una delle peggiori forme di dominio che la nostra specie abbia pensato. Un nazismo quotidiano, un olocausto continuo. E nazismo quotidiano continuerà a essere, con o senza gabbie. Al chiuso o all'aperto. Su verdi pascoli o dentro scatole di cemento.

Perché il nazismo è nel pensiero, nelle intenzioni, nel concepimento aberrante di far nascere qualcuno intenzionalmente per poterlo usare, schiavizzare, uccidere e trasformare in prodotto.

La vera gabbia è quella mentale. 

Se vogliamo liberare gli animali dobbiamo prima liberarci noi dallo specismo. 

E non cadere nei tranelli linguistici, semantici e concreti di quel concetto e apparato normativo che va sotto il nome di "benessere animale".


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