domenica 17 aprile 2016

Anche le piante soffrono?


Uno dei commenti più frequenti sotto ai post della pagina NOmattatoio e in generale è "anche le piante soffrono".
A parte l'assurdità nel pensare di aver liquidato ogni dilemma etico o spazzato via l'intera questione dello sfruttamento animale semplicemente dando questa risposta; a parte la banalità dell'evitare di prendere in considerazione l'ingiustizia dell'oppressione degli altri animali rispondendo con una provocazione che peraltro non è più originale da tempo, direi che:
Primo, non c'è nessuna evidenza scientifica che soffrano esattamente come soffre un animale, in quanto non hanno un sistema nervoso centrale o centralizzato e perché, essendo radicate al suolo, l'evoluzione ci dice che probabilmente non sono dotate di un simile meccanismo di difesa proprio perché non hanno necessità di sfuggire ai predatori per sopravvivere; secondo, la maggior parte dei vegetali viene prodotta per sfamare i bovini negli allevamenti; terzo, se non mangiamo vegetali, moriamo (mentre possiamo benissimo vivere senza mangiare animali e derivati); infine se anche fosse vero che soffrano, non è comunque una ragione valida per continuare a massacrare animali. Ah, dimenticavo, la maggior parte delle piante tagliate, ricresce, se viene salvaguardata la radice, lo stesso non si può dire di un animale cui viene tagliata la testa.
Non dico che non abbiano una loro peculiare coscienza, ma si tratta di una coscienza collettiva, non individuale e comunque non sentono il dolore come lo avvertiamo noi animali (umani e non) altrimenti l'evoluzione li avrebbe forniti di un sistema di allarme facilmente riconoscibile. Pare che la capacità di emettere suoni molti forti (urla!) forzando il sistema fonatorio sia proprio propedeutico a dare il segnale di pericolo. Per questo i cuccioli emettono suoni acuti percepibili anche dalla madre in lontananza. Cosa che non fanno le piante.

Il fatto che non soffrano non ci autorizza, ovviamente, a distruggere intere foreste o a massacrare la flora del nostro pianeta. Le piante sono indispensabili per la sopravvivenza della terra e di tutti i suoi abitanti. E sono proprio i carnisti a causare e incrementare la distruzione di foreste e interi habitat che vengono coltivati a foraggio per gli animali negli allevamenti o abbattuti per far posto a pascoli. Anche la dibattuta questione della soia in realtà è molto semplice: la maggior parte della soia coltivata è quella destinata a ingrassare gli animali negli allevamenti, mentre è ormai noto quanto non sia affatto indispensabile nell'alimentazione vegana. 

Per inciso, io amo tantissimo le piante e quando le trovo "abbandonate" vicino ai cassonetti (e sì, c'è gente che le butta via), le prendo sempre. Pensate che per due estati di seguito io e mio marito siamo andati a innaffiare delle piante in una via vicino casa nostra perché nessuno ci pensava e altrimenti si sarebbero seccate. E ora datemi pure dell'estremista solo perché provo a rispettare il pianeta che mi ospita. Oppure date via alla lista benaltrista ("e ai bambini che muoiono di fame in Africa chi ci pensa?" Beh, una cosa è certa, non tu che sostieni il carnismo, amico mio, visto che ci sarebbero più terreni coltivati a riso per sfamare direttamente le popolazioni locali, se non ci fossero le multinazionali che colonizzano i terreni per coltivare cereali destinati a ingrassare gli animali negli allevamenti.).

Insomma, argomentazioni a sostegno del carnismo: zero. Se non quelle del gusto (indotto!) del sapore delle carni degli animali e della tradizione. Un po' deboli, no?

8 commenti:

Sara ha detto...

E'un'affermazione banale, di chi non si impegna oltre il suo naso e tenta di squalificare l'etica altrui.
A chi dice che anche le piante soffrono, risponderei :vai a dare il ramato!

Rita ha detto...

Infatti! Ottima risposta!

Anonimo ha detto...

Però dopo tutta questa disamina, anche riguardo al gusto che sarebbe "indotto", sorge spontanea una domanda: se proprio non era roba per noi, perché la nostra specie ha cominciato a mangiare carne?

Non ce lo vedo tanto un branco di gazzelle che un giorno decide di dare la caccia a un ghepardo per mangiarselo...

Rita ha detto...

Noi siamo l'unica specie che anziché cercare ambienti adatti dove vivere, con cibo in abbondanza, ha preferito adattare l'ambiente (leggasi: dominarlo, controllarlo), quindi anziché spostarci, abbiamo iniziato a sfruttare le risorse che l'ambiente offriva. Per prima cosa abbiamo mangiato le carcasse di animali morti, poi, siamo passati alla caccia. Ma, comunque sia, questo continuo riferimento ad un'epoca primitiva non ha molto senso perché oggi viviamo in società del tutto diverse dove non abbiamo più bisogno di cacciare per vivere. Non capisco perché ci riferiamo all'epoca primitiva solo per giustificare il mangiare animali e non anche, che so, per altri comportamenti che abbiamo abbandonato da tempo insieme alla nostra evoluzione.
Nessuno dice che "non sia roba per noi" in quanto siamo onnivori che significa che possiamo mangiare svariati alimenti, animali compresi, ma da qui al dire che dobbiamo necessariamente, c'è una bella differenza. Non ho mai detto che non possiamo mangiare animali, ma che non dovremmo, per motivi etici.
Il gusto della carne comunque oggi è indotto perché nessuno mangerebbe un animale appena ucciso, scuoiato e ancora caldo. La carne che siamo abituati a mangiare ha bisogno di essere frollata, poi insaporita con tremila spezie e infine cotta.
Inoltre alcune culture mangiano specie che noi non mangeremmo mai.
Questo perché appunto la questione è culturale e non c'è una vera necessità biologica.

Non ho capito, sinceramente, il riferimento alle gazzelle. I ghepardi comunque sono animali carnivori per necessità, sono predatori. E tra allevamento e predazione c'è una differenza sostanziale, si tratta di pratiche diverse. Il primo è un prodotto storico-sociale, la seconda una necessità biologica di alcune specie.

Ilariokov ha detto...

Stefano Mancuso, illustre studioso che si occupa di neurobiologia vegetale, nel suo libro "verde brillante" spiega i meccanismi di difesa a lunga distanza delle piante. Parla anche di quelli che vengono considerati'sensi', cioè la capacità dei vegetali di monitorare diversi parametri ambientali (circa 15).

Rita ha detto...

Ho letto Verde Brillante, ma si parla appunto di un tipo di sensorialità e coscienza del tutto diversa da quella degli organismi animali.
Comunque, a mio avviso, il fatto che anche per le piante si possa parlare di sensorialità e coscienza, se vogliamo, nulla toglie alla questione animale, anzi, la legittima e fortifica.

Ilariokov ha detto...

Non volevo togliere forza alla questione animale. Volevo solo sottolineare che le piante hanno dei sistemi di difesa anche a lungo raggio (lo avrai letto nel libro) e questo dimostra che non vogliono essere attaccate anche se sanno rigenerare molte delle parti che le costituiscono. Tutti gli esservi viventi lottano per sopravvivere, si sa. Personalmente non limiterei la questione solo alla sofferenza "nervosa", perché lo trovo discriminante verso gli esseri viventi che soffrono in modo diverso e meno coreografico, ma è un mio pensiero personale e quindi opinabile, dettato dal mio tipo di sensibilità.

Rita ha detto...

Hai ragione.
Infatti ci ho ragionato molto e penso che nei confronti delle piante ci mostriamo a volte ottusi e discriminanti così come lo è la maggior parte delle persone verso gli altri animali, dando per scontato che non soffrano o che si tratti di una sofferenza comunque trascurabile poiché tanto diversa.

Io nel mio piccolo comunque cerco di averne il massimo rispetto, mi arrabbio molto quando tagliano gli alberi senza motivo o bruciano boschi, deforestano per profitto ecc., così come mi fanno arrabbiare quelle persone che non si curano delle piante, le lasciano morire o le buttano nei cassonetti quando sono ancora vive.