venerdì 9 settembre 2016

Del maiale non si butta via niente


Una delle obiezioni più frequenti in merito alla scelta vegana è quella basata sull’impossibilità di vivere senza consumare, in maniera diretta o indiretta, i prodotti animali e quindi sull’impatto comunque devastante che ogni nostra azione e acquisto avrebbe sulle altre specie.
Le obiezioni di questo tipo possono essere suddivise in due macrogruppi: il primo è quello che fa appello all’uccisione involontaria di moscerini, formiche e altri piccoli animali conseguentemente al nostro andare in auto, edificare, camminare, coltivare ecc..; a questa obiezione è molto facile rispondere: bisogna innanzitutto distinguere tra intenzionalità e casualità. Ossia, un conto è uccidere un animale per volontà, un altro è che ciò avvenga come effetto del nostro esistere, muoverci, doverci spostare ecc.;
ma, a parte questa semplice distinzione, l’antispecismo - e la sua messa in pratica individuale più diretta, che è il veganismo - non è certo una filosofia che mira all’ascetismo o alla purezza, bensì è una teoria complessa e multidisciplinare che combatte lo sfruttamento istituzionalizzato e sistematico degli altri animali. Gli allevamenti infatti sono prodotti culturali, oggetti sociali e politici frutto di una precisa visione del mondo e che, come tali, possono e – poiché inutilmente crudeli e violenti - debbono essere messi in discussione.

Il secondo macrogruppo delle obiezioni è quello che invece che fa appello a tutti gli innumerevoli prodotti che contengono derivati degli animali – quasi impossibile da elencare per intero, alcuni davvero insospettabili – e che quindi renderebbero impossibile affrancarsi del tutto dall’adesione e sostegno all’industria che sfrutta gli animali. 

Ora, a parte la banalità della considerazione che comunque fare quel poco che è nelle nostre possibilità è già meglio che non fare nulla o anche che giustificare allevamenti e mattatoi sol perché può capitare di calpestare le formiche quando si cammina sarebbe come giustificare l’omicidio intenzionale in quanto andando in auto potrebbe capitare di investire una persona; e sempre ricordando quanto il nostro fine sia combattere lo sfruttamento e non elevarsi a un livello di nonviolenza assoluto, credo che i nostri sforzi debbano principalmente concentrarsi sulla lotta a quello che viene riconosciuto come il “fulcro” del suddetto sfruttamento animale, ossia gli allevamenti e i mattatoi. 
Il numero maggiore di animali viene infatti ucciso per fini alimentari e solo poiché la pratica rientra nel più ampio sistema capitalista, diventa quindi necessario ottimizzare al massimo i profitti utilizzando e spremendo quanto più sia possibile dalla “lavorazione” dei corpi degli animali. 
C’è un famoso detto che recita “del maiale non si butta via niente” ed è paradigmatico di come funzioni l’intero meccanismo della mercificazione animale. Allevare animali e macellarli ha un suo costo; costo che si cerca di abbattere innanzitutto risparmiando sulla loro alimentazione, sugli spazi in cui vengono reclusi e sulle cure mediche (se un individuo si ammala si preferisce lasciarlo morire in quanto il costo delle sue cure eccederebbe quello del guadagno della vendita del suo corpo macellato), ma anche investendo e capitalizzando gli scarti della macellazione. Così tendini, peli, cartilagini, materiale osseo, interiora, pelli e quant’altro di organico possa contenere un corpo viene impiegato nella composizione dei più svariati prodotti e oggetti di uso quotidiano. 
Tutti questi prodotti potrebbero già oggi essere realizzati con materiali inorganici e di composizione chimica o tessile, ma visto che dalla macellazione avanzano tutti questi resti, perché non impiegarli e guadagnarci sopra? Il sistema funziona così. 

Quindi, mi sento di suggerire di concentrare le nostre energie nel combattere quella che è la principale forma di sfruttamento degli animali perché una volta spariti allevamenti e mattatoi finalizzati alla produzione di cibo, difficilmente sarà conveniente allevare maiali per realizzare solo setole o per astrarne il derivato con cui si realizzano i pneumatici, di conseguenza l’intero mercato si convertirà nella produzione di prodotti non più di origine animale.
Non sto suggerendo di non prestare attenzione alla composizione dei prodotti che consumiamo, ma di non abbatterci di fronte alla capillare diffusione dei derivati in quanto semplicemente questi non saranno più utilizzati una volta che non sarà più conveniente allevare e macellare animali per fini alimentari.
Tutto  è politica, diceva Truffaut, così come tutto è economia, ricerca di guadagno e di ottimizzazione delle risorse.
Combattiamo il macro perché tutti i rivoli di sangue che invadono il mercato, discendono da lì: dagli allevamenti e mattatoi. 

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