martedì 10 agosto 2021

Lo sciame di Just Philippot

 

Attenzione: SPOILER

Lo sciame, film francese che è stato selezionato per la settimana della critica al Festival di Cannes nel 2020, poi annullato causa pandemia.

Che dire?

Dunque, da un punto di vista meramente cinematografico (e voi vi chiederete, perché, da quale altro punto di vista vuoi analizzare un film? Eppure le cose non sono così semplici perché l'estetica è anche etica) non si può dire che sia riuscito: trattasi di un drammone familiare a tema agricolo (i francesi negli ultimi anni spingono molto su questo tema, vedasi anche Le Petit Paysan che avevo recensito per Veganzetta, probabilmente perché si vuole promuovere l'allevamento etico e sostenibile) che vira verso l'horror in cui però la tensione tra la protagonista e i figli non è ben narrata e viene affidata a pochi elementi didascalici (la figlia che viene derisa dai suoi amici, la difficoltà del vivere in una casa in campagna in mezzo all'odore degli animali, l'acqua calda che manca ecc.).

Virginie è una donna rimasta vedova con due figli a carico (Laura, adolescente, Gaston, di circa dieci anni) che decide di mettere su un allevamento di cavallette per ricavarne farina ad alto contenuto proteico. 

È questo il cibo del futuro, no? Proteine di origine animale ottenute da allevamenti che abbiano poco impatto ecologico (anche in Blade Runner 2049 vediamo infatti allevamenti di insetti idroponici). Non sia mai che si possa promuovere il veganismo! Sembra proprio che non ci si riesca ad affrancare dalla cultura carnista, anche a costo di nutrirsi di insetti.

Comunque, tornando alla storia, Virginie in questa sua start up non ha il sostegno della figlia adolescente, mentre il piccolo segue con curiosità la crescita delle cavallette. Ne tiene alcune dentro una teca proprio per osservarle.

L'allevamento non decolla perché le cavallette non si riproducono come dovrebbero e il ricavo della farina è troppo poco, così la donna è costretta a chiedere soldi in prestito a un suo amico viticoltore. 

Un giorno, in preda alla rabbia causata dalle difficoltà, distrugge parte della struttura dove tiene le cavallette e cadendo a terra si ferisce. Al risveglio scopre che gli animali le stanno succhiando il sangue dalla ferita. Dopo qualche giorno assiste a un cambiamento nei loro comportamenti: iniziano a riprodursi e diventano più aggressive. Capisce che hanno bisogno del sangue per moltiplicarsi, ciò che le consentirebbe di accrescere anche i suoi guadagni; pian piano scivola in una sorta di ossessione arrivando persino a offrirgli il proprio stesso sangue, fino a che la situazione non sfugge di mano e la storia vira verso un finale decisamente horror. Nel mentre le cavallette avevano già ucciso una capra (amica del figlio) e il cane del vicino (che gli viene dato in pasto direttamente da Virginie). 

La tensione durante tutto il film è ben costruita ed è apprezzabile il fatto che non si tratti di un horror splatter in cui bisogna mettersi in salvo da cavallette sanguinarie (a parte nel finale). C'è qualche scena forte che potrebbe turbare a livello psicologico, ma non si può dire che sia veramente spaventosa. E questo è l'unico elemento positivo, insieme alla prova di recitazione della protagonista.

Da un punto di vista dei contenuti poi, l'ho trovato un film veramente orribile. Quando si è antispecisti non ci si può certo disfare della propria sensibilità e idee come se si trattasse di togliersi un vestito e riporlo nell'armadio. 

A parte i contenuti specisti (allevare animali per trasformarli in prodotti), ho letto che le cavallette usate sono in parte vere. Infatti si vede. Per il film è stato messo su un piccolo allevamento. Si mostra persino quando vengono uccise, praticamente vengono arrostite vive. Facendo una ricerca in rete, pare che in realtà vengano congelate o disidratate. Quale sia il modo in cui vengono uccise, è deprecabile il modo in cui vengono considerate e che questa pellicola racconta in modo senz'altro realistico. Senza la minima empatia, come se fossero oggetti, soprattutto considerato che all'inizio ha un intento quasi documentaristico. Deprecabile anche la scena in cui la protagonista prende il cane del vicino per darlo in pasto alle cavallette. Il valore della vita degli animali, quale ne sia la specie, è totalmente azzerato. Le cavallette vengono viste solo come prodotto, il cane come individuo di minor valore, da potersi tranquillamente sacrificare. Solo il figlio piccolo sembra mosso da un sincero affetto verso la capretta (infatti si dispera quando crede che sia fuggita) e di curiosità verso le cavallette.

Film così sono veramente dannosi perché continuano a inserirsi nel solco della teriofobia e della diffusione di stereotipi riguardo alcune specie.

Gli insetti sono specie molto diverse da noi, un po' come i pesci e sarebbe decisamente ora di abbandonare la narrazione orrorifica che molti film hanno contribuito a diffondere, tra cui questo.

In pratica, al di là degli intenti autoriali (dramma intimista familiare che vira verso l'horror) ci troviamo di fronte a un prodotto che ripercorre la scia già nota dell'horror tradizionale in cui gli altri animali rivestono il ruolo degli assassini di turno. Il dramma familiare, come detto, fa più da sfondo, che da elemento portante. Anche la presunta ossessione e follia della protagonista viene risolta troppo facilmente. Sì, a livello metaforico è evidente il messaggio: una madre che è disposta a dare sé stessa - anche letteralmente - per mantenere i figli, ma la metafora è fin troppo scoperta e la riconciliazione finale, in cui nuovamente dà in pasto il proprio corpo, non solleva la mediocrità della pellicola.

Piccola nota personale: le cavallette mi hanno sempre fatto ribrezzo. Non gli ho mai fatto del male, ma non riuscivo nemmeno a sopportarne la vista. Invece negli ultimi anni, sforzandomi di osservarle e conoscerle meglio, ho un po' superato questa fobia irrazionale. Vederle nel film, anche in primo piano, non mi ha dato fastidio, anzi, ho persino provato empatia. Mi hanno fatto tenerezza e sono stata in pena per loro, soprattutto sapendo che appunto ne sono stata usate di vive. Che fine avranno fatto poi?



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