mercoledì 15 settembre 2021

Carne artificiale sì o no?

 

Quando mi chiedono se sarei disposta a mangiare la carne artificiale (non quella vegetale, ma quella riprodotta dalle cellule dell'animale senza che venga ucciso), io faccio una serie di riflessioni.

Parto innanzitutto da una consapevolezza antispecista, che ho maturato negli anni, secondo cui ho smesso di vedere, pensare, immaginare, ricordare e persino sognare gli altri animali in funzione di qualcosa, che sia venire trasformati in prodotti alimentari ("carne") o essere usati come macchine per produrre qualcosa (latte, uova, miele, lana). 

In pratica ho del tutto rimosso dalla mia mente l'associazione animale=cibo. 

Il termine "carne" quindi per me non ha più senso; come non lo ha mai avuto in relazione ai cani, ai gatti, agli esseri umani o ad altre specie che culturalmente non mangiamo e non abbiamo mai mangiato.

E il punto è proprio questo: noi mangiamo alcune specie per cultura e  spesso continuiamo a vederli come cibo e prodotti alimentari anche dopo che siamo diventati vegani. 

Siamo diventati vegani perché non ci piaceva l'idea che soffrissero e ci siamo fermati al pensiero del "basta che non soffrano". Poi ci siamo spinti ancora oltre e abbiamo compreso che non devono proprio venire uccisi, a prescindere dalle modalità di allevamento o uccisione. 

A quanto pare però ancora non riusciamo a scalzare dalla mente l'idea del corpo degli altri animali come cibo.

Per questo motivo continuiamo a pensare che non ci sia nulla di male nel mangiare la carne artificiale (purché nessun animale venga ucciso), o nel mangiare le uova della gallina salvata dall'allevamento che ora razzola libera nel giardino (purché muoia di morte naturale e non soffra).

Questo modo di pensare è un modo di pensare ancora specista.

Voi direte: purché gli animali non vengano uccisi. 

Ma lo specismo è molto di più della pratica di allevare e uccidere, è appunto una forma mentis che continua a relegare gli animali entro una precisa funzione, a considerarne il valore ontologico e morale inferiore al nostro, a pensarli come prodotto, come "carne".

Io vi faccio una domanda molto semplice: se venisse prodotta carne artificiale dalle cellule di un bambino (ma senza che alcun bambino venisse ucciso) o di un cane o gatto (ma sempre senza che venissero uccisi), saresti disposti a mangiarla?

Sono sicura che direste di no, anche se, in teoria, non sussisterebbe alcun problema etico e morale in quanto nessun individuo sarebbe sfruttato, avrebbe sofferto e verrebbe ucciso. 

Ecco, chiedetevi invece come mai sareste disposti a tornare a mangiare carne artificiale di manzo, maiale, pollo (chiedetevi pure perché mangereste le uova di gallina, ma non di gabbiano o fagiano o altri volatili. È semplice: perché questi volatili non li abbiamo mai considerati come produttori di uova). 

La risposta è che non avete ancora sconfitto dentro di voi lo specismo, quello che vi fa considerare gli altri animali in funzione di qualcosa e non come individui che nascono liberi per loro stessi.

Quindi io no, non tornerei a mangiare "carne", nemmeno quella coltivata. 

Come non mangerei carne coltivata di esseri umani (anche se magari il sapore potrebbe essere buono), o di gatti o procioni.

Detto ciò, accolgo con discreto entusiasmo la sua commercializzazione intanto perché spero che possa venire usata per gli animali carnivori che convivono con noi (e quelli selvatici che vengono soccorsi e curati nei cras), e poi perché magari in futuro potrebbe portare all'abolizione definitiva degli allevamenti e questo sarebbe un enorme traguardo. Un traguardo che tuttavia non esaurirebbe l'immensa questione dello specismo che è invece filosofica, politica, giuridica, artistica, economica, culturale in senso ampio.

Lo specismo, infatti, non si esaurisce nelle sole pratiche di allevamento, è molto di più e riguarda il modo più ampio in cui vediamo, pensiamo, immaginiamo e quindi ci relazioniamo agli altri animali. Ragion per cui non sarà l'invenzione della carne artificiale a sconfiggerlo, ma ci vorrà tempo, educazione, una nuova cultura antispecista che abbracci a 360 gradi tutti gli ambiti della questione animale (il tema dello specismo, come sapete, l'ho affrontato in maniera divulgativa nel mio libro "Ma le pecore sognano lame elettriche? pubblicato da Marco Saya Editore. A proposito, in autunno, spero, ci sarà modo di presentarlo da qualche parte).


Nessun commento: