domenica 21 ottobre 2012

Esiste anche una cultura "de 'sta minchia"

Una volta per tutte: il termine cultura non esprime necessariamente un qualcosa di più elevato rispetto ad altro e non nobilita automaticamente tutto ciò cui si riferisce. 
"Con il termine cultura si vuole denominare il complesso delle attività e dei prodotti intellettuali e manuali dell'uomo in società, quali che ne siano le forme e i contenuti, l'orientamento e il grado di complessità o di consapevolezza, e quale che ne sia la distanza dalle concezioni e dai comportamenti che nella nostra società vengono più o meno ufficialmente riconosciuti come veri, giusti, buoni, e più in generale "culturali". In questo senso sono "cultura" anche certe pratiche e osservanze che per alcuni aspetti qualificheremmo come forme di "ignoranza" (ad es. quelle "superstiziose"): sono cultura nel senso che costituiscono anch'esse un modo di concepire (e di vivere) il mondo e la vita, che può piacerci o no (e che spesso, anzi, devi dispiacerci) ecc. ecc." (Alberto M. Cirese).

Secondo quanto sopra tutto ciò che l'uomo produce in società (di materiale e di intellettuale) è da intendersi quindi come "cultura" ed avrà un interesse per l'antropologo che vorrà farne oggetto di studio (in questo senso tutto merita la dovuta attenzione), ma non tutto ciò che produce l'uomo è di per ciò solo anche automaticamente portatore di un valore positivo o di un contenuto nobile; ad esempio alcune pratiche superstiziose, per quanto riflettano e "facciano" la cultura di un popolo, non sono certamente da considerarsi un qualcosa di intellettualmente elevato.
Anche la schiavitù dei neri costituiva, in questo senso, cultura, in quanto era il prodotto di una data società in una data epoca. Non per questo non si è ritenuto che non fosse giusto abolirla nel momento in cui ci si è resi conto che essa rifletteva consuetudini e pregiudizi razziali ormai superati. Questo per dire che molte pratiche culturali sono destinate ad evolversi o a scomparire del tutto nel tempo, soprattutto qualora non riflettano più i valori e la sensibilità corrente.
Molte usanze e tradizioni sono lo specchio di una cultura ormai superata, ma continuano ad essere tenute in piedi a causa di questo equivoco per cui se un qualcosa persiste dal passato, allora deve essere di per ciò solo degno di essere mantenuto. Così è per la corrida, ad esempio, da molti difesa in quanto rifletterebbe, appunto, alcuni aspetti legati alla cultura di un popolo, in quanto sarebbe e farebbe essa stessa "cultura". Ora, ci sono aspetti della cultura di un popolo di cui invece, con il progredire dei diritti universalmente riconosciuti agli esseri umani e di quelli che ormai sarebbe giusto riconoscere agli animali non umani, sarebbe bene mettere da parte, dismettere completamente, abolire.
Faccio notare che, nell'accezione antropologica di cui sopra (ossia degna di interesse per l'antropologo che si accinge a studiare un popolo) anche l'orrenda pratica dell'infibulazione è ritenuta "cultura", in quanto prodotto di un determinato paese. Eppure nessuno di noi si sognerebbe di approvarla, e questo non perché, si badi bene, ci accostiamo negligentemente ad essa portandoci dietro il vizio etnocentrico, bensì perché non più in linea con quei diritti umani che dovrebbero essere universalmente riconosciuti. 
L'etica della nonviolenza sui più deboli, del rispetto del vivente purtroppo non è ancora estesa agli animali non umani, ma dovrebbe, in quanto capaci di sentire, soffrire, fare esperienza della realtà esattamente come noi, sebbene ogni specie secondo le proprie abilità cognitive (ciò per cui lottiamo noi antispecisti). Continuare a difendere pratiche lesive di questo diritto alla vita, noncuranti del rispetto dell'altrui vita con la scusa che sono "cultura", pratiche ad esempio quali la corrida, la caccia, l'uso degli animali nei circhi significa, semplicemente, voler continuare a difendere una barbarie d'altri tempi. 
Questo lo dico perché sono rimasta molto colpita (negativamente) da una frase che Sgarbi ha pronunciato durante un dibattito di qualche giorno fa su Unomattina (invero un dibattito di un livello molto molto basso, talmente basso che ammetto di non avercela fatta a seguirlo fino alla fine) in cui, insieme ad altri personaggi (Giovanardi, Livio Togni e Meluzzi - quest'ultimo poi non so chi sia) difendeva l'uso degli animali nei circhi; la frase che mi ha fatto sobbalzare sulla sedia è stata: "il circo è un luogo di cultura, di storia, di civiltà...". Ora, caro Sgarbi, lei dovrebbe sapere che tutto è cultura, persino trasmissioni televisive molto trash quali i vari reality sono cultura in quanto prodotto di una data epoca, la nostra, eppure non necessariamente tutto merita di essere difeso ad oltranza sol perché, appunto, cultura. In quanto al circo luogo di storia, certamente esso lo è, ma di quale storia stiamo parlando? La storia dello sfruttamento degli animali da parte dell'uomo, appunto; la storia dell'uso ed abuso di tanti esseri viventi senzienti che vengono costretti a vivere dentro una gabbia, ammaestrati con l'uso della forza e con l'esercizio quotidiano di una violenza che è fisica e psicologica insieme (vorrei vedere lei, caro Sgarbi, costretto a saltare dentro cerchi di fuoco o a compiere acrobazie per le quali il suo corpo non è naturalmente portato, dicesi infatti esercizi contro-natura e obbligato a svolgerli dietro il timore della privazione del cibo o delle percosse e pungolamenti con bastoni elettrici); infine, in quanto al circo come esempio di civiltà, mi domando a questo punto quale sia il suo concetto di civiltà: quello dell'esercizio della sopraffazione sul più debole? Delle botte? Della privazione della libertà? E cosa imparerebbero i bambini assistendo al circo con animali? Che una tigre deve stare dentro una gabbia? Che un elefante sale su un piedistallo ed alza la zampa a comando? Che una scimmia deve eseguire numeri da pagliaccio indossando ridicoli abiti? Ma di quale civiltà stiamo parlando? Ma io direi piuttosto che qui si tratta di vera e propria INciviltà.
Insomma, non mi stupisco della difesa del circo con animali da parte di Giovanardi, tanto meno di quella di Togni (è il suo lavoro), ma che Sgarbi difenda l'uso degli animali nei circhi ricorrendo al termine "cultura" per indicarne un presunto valore, sinceramente mi ha lasciata un po' interdetta.

Finisco col riportare il suggerimento di Serena di Mangiarfiori (copio direttamente quanto da lei scritto): "scriviamo in massa ad unomattina@rai.it per chiedere di organizzare qualcosa che offra un punto di vista alternativo sulla questione. Leonardo Caffo si è già messo a disposizione, ma si possono proporre nomi diversi: presidenti di associazioni, filosofi, attivisti, ecc. Diventa sempre più necessario penetrare all’interno dei media che, in pochi minuti, riescono a distruggere il lavoro di anni delle associazioni."

Aggiungo che non è più possibile sopportare che i media si occupino in maniera così dilettantesca, cialtronesca e buffonesca di argomenti seri come l'antispecismo, facendo comparire personaggi che sono, o dichiaratamente di parte (come allevatori, domatori di circo, vivisettori ecc.) o che si mostrano totalmente impreparati sull'argomento, vittime di pregiudizi e dei più banali luoghi comuni sull'argomento. Che c'entrava Sgarbi a parlare di animalismo? Perché non chiamare un vero attivista, un filosofo, il rappresentante di qualche seria associazione seriamente interessata a difendere i diritti degli animali? Non se ne può più di sentir parlare di animalismo/antispecismo in questi salotti mediatici in cui viene invitata la velina o la soubrettina di turno (con tutto il rispetto per chi svolge queste professioni, ma che appunto si dedichi a quello che sa fare e di cui si occupa) o il personaggio che fa audience solo perché strilla a squarciagola.

9 commenti:

de spin ha detto...

In natura la cultura non esiste. Non vi è bisogno di cultura, tutto è perfetto e meraviglioso così come è.

Non vi è cultura in un tramonto. Non vi è cultura in un gatto. Non vi è cultura in un filo d'erba.

La cultura è un prodotto della mente umana. Un'idea. Priva, nell'universo, di alcun valore.


I filosofi, gli artisti e gli intellettuali di solito sopravvalutano se stessi ed il genere umano. L'arroganza del genere umano è quella di ritenersi superiore poichè pensante.

Proprio il fatto di essere "pensante" rende il genere umano l'unico difetto del pianeta Terra.

Questo non significa, come qualche ingenuo aspirante filosofo può ritenere, che la razza umana vada buttata nella spazzatura. La cultura va buttata nella spazzatura.
Il circo con animali, Sgarbi, Unomattina, vanno buttati nella spazzatura. Ma anche l'idea che l'essere umano sia superiore.
La Cappella Sistina e la Quinta di Beethoven sono nulla rispetto ad una goccia di rugiada.

Umiltà. Consapevolezza. Dall'umiltà nasce il rispetto. L'essere umano ha valore solo in quanto in armonia con la natura.

de spin ha detto...

http://www.youtube.com/watch?v=2cjRGee5ipM

Alessandro Cassano ha detto...

Chiunque sia dotato di buonsenso dovrebbe facilmente capire che per fare la scelta giusta bisogna fare l'esatto contrario di cio' che sostiene Giovanardi. In ogni ambito.

Rita ha detto...

Ciao De Spin :-)
Io non ho mai pensato che l'essere umano sia superiore solo perché in grado di "fare" cultura, anzi, la cultura in sé, come detto, non ha alcun valore, se non per noi, poi. La cultura ha prodotto anche i campi di sterminio nazisti, gli allevamenti intensivi, la vivisezione e la religione. E certo, anche la Cappella Sistina, che in effetti nell'universo non ha alcun peso, però lenisce il nostro male di vivere; l'arte in sé ha un potenziale enorme, sempre per noi, ovviamente, non per le altre specie, né per l'universo in generale e, visto che ne sentiamo il bisogno, la salverei.
Ritengo che la maniera in cui l'uomo si è evoluto, ossia intellettualmente, abbia i suoi pro ed in contro: finora abbiamo usato molto male questa nostra caratteristica, l'abbiamo usata per dominare il pianeta e le altre specie, ma poiché questa evoluzione è anche ciò che ci dà consapevolezza delle nostre azioni, potremmo e dovremmo anche imparare a farne buon uso, un uso migliore per noi e per gli altri.

Grazie per il link del video, ho ascoltato la prima parte del monologo, non conoscevo questo comico. :-D











































Rita ha detto...

@ Alessandro

No, ma Giovanardi non lo ascolto proprio. :-D

Ripeto, sono rimasta stupita delle idiozie di Sgarbi. Ha detto che gli animali nei circhi non devono essere maltrattati, che lui ama gli animali, ma che se tenuti bene ci possono stare. Che significa tener bene un animale in un circo? Come può una persona mediamente intelligente pensare che un animale tenuto in gabbia ed addestrato a compiere gesti contro natura possa star bene e che non subisca maltrattamenti?
Ma dove vive? Nel mondo delle favole della Disney?

Alessandro Cassano ha detto...

beh, se pensi che c'è gente che pensa che i maialini che diventano salame vivano felici...

de spin ha detto...

E' il medesimo ragionamento che si fa comunemente su quei poveri animali denominati "bestie da macello". L'importante è che siano "tenuti bene".

Forse a furia di mangiare cadaveri l'essere umano si è involuto in questo deprimente Homus Sgarbis.

Giorgio Cara ha detto...

de spin wrote:


Qui si passa addirittura dall'auto-estinzionismo al camion-della-spazzatura-estinzionismo! Too bad!!! :-) :-) :-)

Giorgio Cara ha detto...

Ovviamente quanto sopra in riferimento al fraseggio di de spin:
"Proprio il fatto di essere "pensante" rende il genere umano l'unico difetto del pianeta Terra.
Questo non significa, come qualche ingenuo aspirante filosofo può ritenere, che la razza umana vada buttata nella spazzatura."