martedì 28 maggio 2013

Liberazione animale o liberazione totale? E quando, e come? Qualche pensiero, in breve.

Il problema di un certo antispecismo è pensare che prima si debbano risolvere le problematiche degli umani per poter rendere effettiva la liberazione animale.
E gli animali che stanno morendo ORA?
Io sostengo che la liberazione animale sia un'assoluta emergenza e priorità da non più procrastinare ulteriormente, il che NON implica che non ci si possa al contempo attivare per progetti congiunti più a lungo termine in vista di una liberazione totale.

Sviare lo sguardo dal maiale che sta per essere sgozzato in questo momento poiché prima si dovrà pensare a liberare i macellai o a eliminare alla base i presupposti che rendono possibile quei macelli è senz’altro un discorso logico, ma poco concreto in termini di effettivi progressi presenti, oltre che eticamente inaccettabile nel suo schiacciare ancora una volta il corpo animale sotto il peso di problematiche tutte umane inerenti una cultura tutta umana in cui, oltre che noi stessi, abbiamo intrappolato anche il resto dei viventi.
Liberare tutta la società è un discorso che mi sta molto a cuore, ma intanto, se permettete, mi attivo per salvare più vite possibili. Che ne so del domani? So però cosa c'è da fare ora e cosa si deve fare affinché le cose potranno cambiare e migliorare un pochino per questi ultimi degli ultimi oppressi che sono gli animali non umani.
Le fondamenta di un sistema si erodono anche dall'interno, procedendo per piccoli passi, in vista di piccoli risultati.
L'occupazione dello stabulario di Milano dello scorso venti aprile è stata un assoluto successo perché intanto, pur lasciando apparentemente inalterata la struttura dell'attuale sistema, ha comunque aperto la strada a un dibattito proficuo e costretto la società tutta a interrogarsi sulla legittimità o meno di certe azioni, mostrando in tutta la sua spropositata ampiezza il divario che esiste tra legge e giustizia, tra diritto e etica.
Se qualcuno non avesse fermamente creduto nella possibilità di un'azione come quella - in cui di sicuro non si sono aperte tutte le gabbie, ma se ne sono aperte effettivamente ALCUNE consentendo la salvezza di diversi individui animali - probabilmente il discorso sulla legittimità o meno della sperimentazione non avrebbe coinvolto un numero sempre maggiore di persone e, soprattutto, nessuno avrebbe mai avuto la possibilità di pensare per la prima volta agli animali rinchiusi negli stabulari in termini di esseri senzienti in grado di provare emozioni complesse e non soltanto di “cavie da laboratorio”.
Secondo un certo antispecismo azioni come quella, finalizzate a rompere un argine, ma insufficienti a decostruire il sistema, forse servono a poco, io dico invece che sono il tarlo che erode le fondamenta, la goccia che scava la pietra, l’inizio di un effetto domino che avrà conseguenze ben più ampie e risolutive di quelle che riusciamo adesso ad immaginare. Ogni azione ha i suoi effetti, a breve e lungo termine.
Anche l’antispecismo debole mira infatti a cambiare la società, solo che, molto umilmente, si propone di farlo iniziando ad agire laddove è oggi realmente possibile farlo, con progetti fattivamente attuabili in concreto, sebbene apparentemente modesti e preferisce quindi pensare a un cambiamento totale raggiungibile semmai per gradi.
Chi si trastulla in pensieri astratti (a volte veramente pronunciati a mo’ di slogan) sulla liberazione totale perdendo al contempo di vista le emergenze e la possibilità di compiere azioni davvero “rivoluzionarie” ora (per “azioni rivoluzionarie” non intendo certo l’abbracciare le armi, ma sempre l’applicazione della teoria sulla nonviolenza e la disobbedienza civile), rinunciando a salvare quel singolo animale oggi (giustificandosi col fatto che tanto, salvato lui, toccherà al secondo, poi al terzo e quindi tanto vale lasciare le cose come stanno fino a che non avremo cambiato la struttura tutta della società), secondo me si grava di un’enorme responsabilità perché, semplicemente, rinunciare a salvare la singola vita oggi in vista di un ipotetico domani - in cui, si spera, non ce ne sarebbe più bisogno in quanto saranno venuti meno i presupposti di ogni gabbia - potrebbe veramente significare precludersi ogni possibilità, forse l’unica che abbiamo, di far progredire la liberazione animale OGGI.
Certo, non è detto che i nostri sforzi attuali siano dei semi che necessariamente sapranno dare i loro frutti, male che vada avremo salvato qualche vita da morte certa, ma men che meno è detto che rinunciare ad agire ora per attuare un progetto di liberazione totale in cui prima si dovrà pensare a slegare gli umani dalle catene che li opprimono sia veramente risolutivo in termini di liberazione animale e successivamente totale.

13 commenti:

Erika ha detto...

Io mi sto battendo e "specializzando" nella causa suina, ora parlo di ogni cosa in tv che parla di maiali ammazzati, si L' Olocausto dei maiali.

Emanuele G ha detto...

E' un discorso che mi piace molto che è un po' di tempo che sto elaborando per conto mio, e che condivido al 1000% (sì, tre zeri :)).
Per farla breve (non si offendano le varie categorie), A VOLTE il filosofo parla, pensa e si comporta troppo in astratto (pur con le migliori intenzioni), e dall'altra parte l'uomo (o la donna) sul campo fanno senza aver precisi un percorso o peggio ancora una meta.
Se la mente non ha il braccio è appunto monca e al contempo se il braccio non ha la mente rischia di lavorare per niente. Ci vuole appunto una sinergia; è chiaro che ogni persona sarà più portata all'una o all'altra attività (il matematico ha sempre creato le teorie e ha reso astratto i concetti per ragionare nel modo più generale possibile, l'ingegnere ha da sempre preso spunto da qualsiasi teoria o idea ritenesse utile al suo lavoro per creare qualcosa che avesse un'applicazione pratica) ma ognuno deve conoscere almeno per grandi linee il campo di conoscenza dell'altro.

Maura ha detto...

Ciao Rita, come stai?
Ancora ieri avevo fatto un passaggio a casa tua, ma sai che devo leggerti con la dovuta tranquillità.
Avevo in mente solo il titolo del tuo post, ma già quello mi girava in testa ed oggi in auto elaboravo delle considerazioni.
Una volta non ero quella che sono, ho dovuto camminare, inciampare e rialzarmi.
Ho imparato (non sempre) dai miei errori e mi ritrovo ora ad essere una persona più consapevole ed attenta a ciò che mi circonda, al benessere degli animali e della natura tutta.
Il mio rammarico è quello di non essere stata sempre io a scegliere per me stessa e nel contempo non ne faccio una colpa ai miei genitori.
Per questo condivido in parte il discorso di Emanuele G, prima di liberare bisogna essere liberi, ed ora io credo di esserlo; sono libera per esempio di alimentarmi nel rispetto di tutti gli esseri viventi che mi circondano, sono libera perchè "autonoma" di prendermi cura di chi ne ha bisogno, animali compresi.
Quell'autonoma virgolettato significa che in questo ho dei limiti (purtroppo) di limitata finanza, che non sempre mi permette tutto ciò che il cuore mi detta...
Un caro saluto e buona serata.

Riccardo ha detto...

ciao Rita, ovviamente (come sai) condivido. Una piccola considerazione personale: io mi sono avvicinato alla questione animale solo qualche anno fa, e solo dopo, progressivamente, ho sviluppato anche una maggiore attenzione verso le discriminazioni e gli abusi e lo sfruttamento intraumano, che prima era praticamente del tutto asssente, riguardandomi indietro di qualche anno vedo che avevo una non ben chiara sensibilità annegata in molti pregiudizi diffusi. Non voglio generalizzare ma posso sicuramente dire che nel mio caso la liberazione umana è seguita alla liberazione animale e non viceversa.
ciao a presto

Rita ha detto...

@ Erika: ottimo, fai benissimo, anche perché il maiale è davvero l'animale simbolo dello sfruttamento animale, basti pensare all'orribile detto "del maiale non si butta via niente".

@ Emanuele
Certamente teoria e attivismo debbono andare a braccetto, ci vuole una testa (e un cuore!) che disciplini le nostre azioni, ma non si deve mai perdere di vista il fatto, secondo me, che ogni teoria dovrebbe poi essere anche applicabile nella pratica, fattivamente, quindi effettivamente percorribile, oppure sarà del tutto inutile. Quindi, inutile parlare di liberazione totale perché fa figo, se poi non si ha ben chiaro in mente quali priorità e progetti rendere possibili. Dicono, alcuni antispecisti politici: dobbiamo prima smantellare il sistema perché è il sistema che rende tutti schiavi e così facendo mettendo sullo stesso piano sia l'essere vittima del maiale che viene fatto a pezzi, che lo sfruttamento dell'operaio che lo ammazza e così anche il consumatore finale. No, esistono responsabilità e gradazioni diverse di esse di cui bisogna tener conto, anche e soprattutto nell'agire.

Rita ha detto...

@Maura
Carissima,
ora sto meglio, ma ho passato giorni molti difficili perché (non mi sento ancora pronta per scriverci qualcosa, magari in futuro lo farò), il piccolo gattino di cui mi stavo prendendo cura non ce l'ha fatta. La sua perdita è stata per me davvero devastante, un dolore immenso, dopo una settimana di allattamento iniziavo a sperare di aver passato la fase più critica. Aveva anche già aperto gli occhietti, mi ero così affezionata, già me lo immaginavo a giocare con gli altri, in un futuro prossimo. Quindi sono stata molto male... ora pian piano sto accettando la sua morte, anche se poi la morte è un evento che si accetta solo apparentemente, ma mai definitivamente.
Un caro saluto a te.
P.S.: sì, ovviamente prima di liberare bisogna essere liberi, qui però io volevo fare un discorso più relativo a un certo antispecismo politico non esente dal rischio di strumentalizzare la liberazione animale per arrivare a quella umana. Nel post che ho pubblicato ora, sopra a questo, capirai meglio cosa intendo e la mia posizione. Bacioni.

Rita ha detto...

@ Riccardo

Beh, ma infatti quello che sostengo sempre è che ridare dignità agli animali (ossia educare all'animalità, insegnare a rispettarli e soprattutto a vederli per come davvero sono, ossia esseri senzienti che soffrono e desiderano, amano, vivono, hanno esperienze e un loro mondo disgiunto dal nostro, ossia non dipendente o secondario ai nostri bisogni e capricci) è il primo passo per imparare a vedere e rispettare l'altro da sé, qualsiasi altro, umano o animale che sia. L'importante è che non si pensi a una liberazione animale (ma non è certo il tuo caso!) solo per arrivare a quella umana.
A presto, un abbraccio.

Maura ha detto...

Me lo sentivo che c'era qualcosa che non andava e purtroppo ne avevo intuito il motivo...

Più tardi passo a leggere il tuo ultimo post, nel frattempo ci tenevo a darti il mio saluto e a stringerti forte:(

Rita ha detto...

Grazie Maura, so che mi capisci. :-)
Ricambio il tuo abbraccio.

Emanuele G ha detto...

Mi dispiace moltissimo per il gattino :((
Poverino

Rita ha detto...

Grazie Emanuele.
Era un esserino così vulnerabile, così dolce. :-(

Martigot ha detto...

Povero micino! Mi dispiace davvero... Però tu hai fatto certamente tutto il possibile per lui, e gli hai voluto bene nel breve periodo che ha passato al mondo.

un abbraccio (e un bacino da Clint, che per la cronaca, secondo me è in realtà una Clinta :-) )

Rita ha detto...

Grazie Martigot per le tue parole :-)
Io gli ho voluto tantissimo bene, credimi che me ne sono presa cura come se fosse stato un figlio, anzi, posso dire senza alcuna remora che era un figlio per me, considerando che l'amore che si può donare a un altro essere non necessariamente dipende dai legami di sangue.
Ricambio il tuo abbraccio e il bacino di Clint/Clinta. ;-)