sabato 8 agosto 2015

Il cuore è nella testa


Ieri sera sono andata in una tavola calda a prendere delle verdure. In esposizione c'era ovviamente di tutto, polletti interi, pesci, svariati pezzi di animali cucinati nelle maniere più fantasiose. Il mio sguardo si è soffermato sulla teglia dei polletti. Erano integri, come detto, a parte la testa, che mancava. Nonostante in me sia sempre presente l'ingiustizia del mangiare animali ed evidente quanto ognuno di quei corpicini fosse stato un individuo, ho dovuto comunque fare un piccolo sforzo per immaginarmelo vivo, ripercorrere tutta la sua non-vita dentro un allevamento e realizzare quanto siano state stroncate sul nascere le potenzialità di una vita in divenire, con le proprie preferenze, caratteristiche individuali, sogni, speranze e via dicendo. 
Ora, la domanda che mi son fatta è: se persino io che porto sempre dentro di me la tragedia dell'olocausto animale faccio fatica a riconnettere l'unicità di ogni singolo individuo al risultato finale della materia del suo corpo trasformata in prodotto da consumare, come possiamo stupirci che le persone non facciano la "connessione"? 
È evidente che rimane molto difficile, se non impossibile, farcela da soli. 
Bisogna partire dalla ragione, dallo spiegare come stanno le cose perché l'empatia non si sviluppa così dal nulla. 
Prima bisogna sentire, a livello logico e razionale, tutta l'ingiustizia dello specismo e il nonsense dell'antropocentrismo, ossia arrivare a comprendere che non ci sono ragioni valide per continuare a sfruttare il vivente, quindi si attiverà il senso di empatia e la famosa connessione. 
Parte tutto dalla testa. Il cuore è nella testa. 
Non compassione, ma giustizia. 
La liberazione animale è una lotta e va fatta con la testa, non con le lacrime e i piagnistei.

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