mercoledì 17 gennaio 2024

Hunger

 


Ieri sera ho visto Hunger, un film su Netflix, ambientato in Thailandia, che racconta la storia di una ragazza che lavora come cuoca senza pretese nel chiosco di famiglia. Viene notata dal sous-chef di uno chef famosissimo che cucina solo per gente ricchissima e potente che la convince a fare un tentativo per entrare nel suo team e in breve inizia il suo apprendistato presso questa sorta di divinità della cucina, tanto enigmatico, quanto scontroso e aggressivo (per usare un eufemismo).

Il film nelle intenzioni non è malvagio perché si filosofeggia sul Potere, sui privilegi dei ricchi, sulle sperequazioni sociali e sui vari simbolismi e sovrastrutture culturali legate al cibo che potrebbero essere riassunti nella frase "I poveri mangiano per riempirsi la pancia, di conseguenza il cibo deve soprattutto assolvere quella funzione, non importa la qualità, mentre i ricchi, che hanno soddisfatto il bisogno primordiale di avere la pancia piena, mangiano cibo speciale e costoso per sentirsi speciali", concetto questo ben rappresentato in sociologia dalla piramide di Maslow. 

Per farla breve, la protagonista, che vuole diventare speciale, insegue il successo come chef a costo di grandi sacrifici, ma poi capisce che non ne vale la pena e trova la giusta via. Anche perché comprende che l'essere speciali è poca cosa senza l'affetto e l'amore. 

Hunger, dunque, è un film incentrato sul cibo come metafora, sebbene si dichiari quasi immediatamente che appunto esistono due tipi di fame, quella dei poveri e quella dei ricchi, come abbiamo detto.

Il cibo dei ricchi come metafora del potere è una lettura scoperta e esplicita; quello dei poveri che può essere anche amore, idem. 

Ma veniamo al vero motivo per cui l'ho guardato: volevo capire se ci fosse una riflessione sul cibo animale, sul VERO costo del cibo non in termini di denaro, ma di vite, di individui unici e irripetibili. 

Ovviamente non c'è. 

Cucinano sempre e solo pesci e crostacei, che mostrano vivi, appena pescati, addirittura comprati direttamente sui pescherecci, e poi carne. 

In una scena si vede l'uccisione di un'aragosta. A me è sembrata reale. 

In un'altra si arrostisce l'intero corpo di un manzo. Poi gamberi, pesci di ogni tipo mostrati mentre si dibattono (a me sono sembrati tutti reali). 

L'unica scena davvero interessante, sebbene disgustosa, è quando servono a una tavolata di uomini ricchi e potenti della carne servita su una salsa rosso sangue a emulare proprio il sangue. Segue una carrellata in cui si vedono in primo piano queste bocche che masticano con avidità con tutta la salsa rosso sangue che gli cola dalle bocche. Bocche distorte, ghigni mostruosi, sguardi orcheschi, rumori amplificati. Nelle intenzioni registiche una bella metafora del Potere che divora il mondo, ma la critica sullo sterminio degli animali è assente perché anche la protagonista, l'eroina positiva della storia che rinuncia al successo e al potere per continuare a condurre la piccola attività di famiglia, cucina pesci e animali terrestri di ogni tipo. 

C'è un momento in cui l'occasione per riflettere sugli animali viene servita su un piatto d'argento: quando lo chef famoso accompagna dei ricchi cacciatori per cucinargli un uccello, appena ucciso (questo si vede che è finto) appartenente a una specie protetta, ma la nostra eroina ha una sola obiezione: è illegale. Lo chef famoso rilancia che non dovrebbe esserci differenza tra una gallina e un uccello protetto, peccato che tale spunto di riflessione non venga colto nel modo giusto (perché proteggiamo alcune specie e altre no? Solo perché alcune sono a rischio estinzione?), ma invece il tutto rimanga sul piano della legalità sì/legalità no. 

In conclusione, il film è un'allegoria smaccata ed esplicita sul Potere e il successo e su quanto si sia disposti a perdere per inseguirli. Peccato che non si rifletta mai sul vero costo del cibo animale, su ciò che realmente va perduta: la vita di milioni, miliardi di individui senzienti. 

Nota: amici e amiche antispeciste, vi avviso: ci vuole un bello stomaco per guardarlo, per noi alcune scene sono quasi insostenibili.


2 commenti:

Davide CervelloBacato ha detto...

Probabilmente non voleva avere quello come focus. Però mi sembra comunque interessante. Ho letto un po' saltando qualche frase per non farmi spoiler eh, ma credo possa piacermi ;)

Rita ha detto...

Sì, infatti non è un brutto film, è girato bene, ha un buon ritmo e appunto tratta temi interessanti, peccato che dal mio punto di vista sia inaccettabile questa ennesima normalizzazione del carnismo.
Peraltro, approfondendo, ho saputo che probabilmente l'uccisione degli animali è reale perché in Thailandia non hanno le stesse norme sull'uso degli animali nel cinema che ci sono in Europa e Usa.