giovedì 9 ottobre 2014

Addio Excalibur, vittima dello specismo


Lo specismo, nella sua definizione basilare, significa: discriminazione morale degli animali non umani.
Quando pensiamo a questa discriminazione contro cui vogliamo combattere subito ci viene in mente lo sfruttamento istituzionalizzato degli animali che vengono considerati al pari di mere risorse rinnovabili da far nascere, allevare e poi uccidere per soddisfare alcune nostre esigenze (e non necessità, come erroneamente si sostiene). 
Ma lo specismo si manifesta anche, più sottilmente, nel non considerare i non umani degni di ricevere lo stesso trattamento riservato alla nostra specie in casi particolari di malattie, incidenti e altro. Così, ad esempio, se una persona viene investita da un'auto subito si interviene prestando soccorso, ma se lo stesso capita a un animale può succedere - e invero purtroppo succede assai di frequente - che nemmeno ci si fermi preferendo lasciarlo agonizzante in mezzo alla strada. Lo stesso trattamento si verifica in caso di malattie: se un umano si ammala si ritiene necessario curarlo, mentre se è un animale non umano a essere colpito da una qualche patologia spesso ci si sente rispondere di "lasciar fare alla natura". Questo è vero soprattutto per quanto riguarda gli animali selvatici, come se per il sol fatto di vivere liberi in natura dovessero venire dispensati da ogni cura e soccorso umani; eppure sappiamo bene quanto la natura non sia affatto quel luogo idilliaco descritto nella letteratura bucolica, ma riservi a casaccio dolore, sofferenza ed esistenze per niente rosee. 
Il caso del povero cane Excalibur è emblematico in questo senso ed evidenzia lo specismo cui è improntata la nostra cultura: appartenuto all’infermiera spagnola che ha contratto il terribile virus dell’Ebola, è stato soppresso senza pietà e senza gli approfondimenti necessari a verificare se anch’egli fosse stato contaminato o meno. A nulla è valso l’appello di una signora di Siviglia, formalizzato alle autorità attraverso una petizione sottoscritta da migliaia di persone di svariati paesi e seguita da presidi e proteste, a metterlo in quarantena, ossia riservandogli lo stesso trattamento cui è stato sottoposto il marito dell’infermiera. 

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1 commento:

Sara ha detto...

E intanto la gente muore di fame e di 1000 altre malattie curabilissime, ma la caccia all'untore evidentemente rende sempre.