giovedì 28 ottobre 2021

(Ri)Considerazioni sul nostro rapporto con gli animali

 Ho risposto ad alcune domande sul mio libro e in generale sul nostro rapporto con gli altri animali per La Gallina Commedia, sito che prende il nome dal libro omonimo di Debora Fabietti, che è anche la curatrice di questa mini intervista.

Vi posto l'inizio, come faccio di solito, e poi se volete proseguire nella lettura potete andare al link indicato.


Come nasce l'idea per 'Ma le pecore sognano lame elettriche?' e di cosa parla?

L’idea del libro è nata dall’esigenza di mettere insieme tante riflessioni fatte nel corso di oltre dieci anni di attivismo e di studio dell’antispecismo. Ho sempre scritto articoli incentrati su argomenti specifici e ho pensato che fosse utile raccoglierli in un testo unico che affrontasse le varie problematiche della questione animale; inoltre mi premeva trattare alcuni punti su cui c’è molta confusione, per esempio il veganismo o il dibattuto tema del cosiddetto benessere animale, come anche quello dell’uso degli argomenti indiretti.  

Il libro parla dello specismo, ossia spiega cosa sia questa forma di ideologia invisibile - invisibile perché normalizzata e interiorizzata - che definisce il nostro rapporto con gli altri animali.  

Quando parliamo dell’oppressione di cui gli animali sono vittime spesso mettiamo in discussione solo gli aspetti più evidenti, ossia la sofferenza, i maltrattamenti, il dolore, quindi ci concentriamo sulle varie modalità di allevamento o di uccisione, ma non ci poniamo la domanda principale, ossia se sia giusto che le altre specie debbano essere al nostro servizio. Non ce lo chiediamo perché l’idea che abbiamo degli altri animali e che abbiamo interiorizzato è sempre stata quella di pensarli, immaginarli, nominarli, rappresentarli in funzione della nostra specie e comunque asserviti a precise funzioni (mucca da latte, vitello da carne, animali da compagnia, gallina ovaiola, cavallo da corsa, topi da laboratorio ecc.).  

È molto difficile opporsi a queste idee e credenze - in generale a questa visione del mondo assolutamente antropocentrica e antropocentrata - in quanto sono e sono state funzionali alla costruzione della nostra identità di umani e al concetto di umanità: ossia, noi ci definiamo tanto più umani quanto più ci distanziamo da questa idea di animalità che rappresentiamo in negativo rispetto a noi. Così l’animalità, l’animale, è il luogo di tutto ciò che vorremmo allontanare da noi (l’irrazionalità, la malvagità, il bruto istinto, l’ignoranza, la stupidità, la sporcizia, la mostruosità ecc.). Per connotare qualcuno negativamente si dice “sei un animale”, oppure più in dettaglio “sei stupido come una capra”, “sei un pecorone”, “sei un lurido porco” e via dicendo. Nel libro infatti ho parlato anche del linguaggio e delle espressioni linguistiche che abbiamo fatto nostre senza davvero chiederci cosa abbiano di vero e che però, nel ripeterle, rafforzano e definiscono in continuazione lo specismo in una sorta di cortocircuito continuo che si può spezzare solo appunto mettendoci in discussione come specie.

Perché trova sia importante sensibilizzare un numero sempre maggiore di persone su certe tematiche? Qual è l'attuale rapporto fra esseri umani ed animali? Quale, secondo lei, è la causa di tale visione e cosa andrebbe modificato?

Prosegue qui.

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