venerdì 24 dicembre 2021

Le ragioni del veganismo: considerazioni sull'animalità e l'umanità

 Bisogna essere gente alquanto stupida per affermare che gli animali non provano né piacere, né collera, né paura, che ignorano sia l’anticipazione che il ricordo: secondo costoro, tutto accade come se l’ape avesse memoria, come se il leone diventasse collerico, come se la cerva avesse paura. Cosa risponderebbero se dicessimo loro, che non vedono e non intendono niente, ma che tutto avviene come se essi intendessero e vedessero, come se gridassero, come se, infine, vivessero, mentre di fatto sono morti? Tali propositi sono tanto contrari all’evidenza quanto ciò che quella gente vuol farci credere.” 

Plutarco, De sollertia animalium


Le menzogne

A volte l’esperienza mi viene in aiuto, Jung la chiamerebbe sincronicità, fatto sta che mentre mi accingo a scrivere la terza parte di questo lungo articolo dal titolo Le ragioni del veganismo (le prime due parti potete leggerle qui e qui), mi imbatto in un commento di una persona che sotto a un post in cui si fa informazione riguardo la crudeltà dell’industria del latte – in particolare citando la sofferenza delle mucche e dei vitellini al momento dell’inevitabile separazione – dichiara la necessità di dover intervenire per fare corretta informazione poiché noi antispecisti senz’altro umanizzeremmo troppo gli animali, dal momento che: le mucche non sarebbero capaci di proiettarsi nel futuro, non avrebbero coscienza, né memoria della loro gravidanza, insomma, non la vivrebbero affatto come noi, con i nostri stessi sentimenti, e quindi la separazione del vitellino sarebbe poco più di un accidente momentaneo, un disturbo dell’entità di poco superiore a quello provocato da un rumore improvviso, il tempo di voltarsi dall’altra parte e sarebbe già dimenticato.


Cosa mi ricorda questa sequenza di menzogne?

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