mercoledì 5 giugno 2013

Antispecismi: resoconto della conferenza in occasione del convegno LAV e una breve riflessione

Sabato primo giugno, in occasione dell’annuale convegno LAV (Lega Antivivisezione), si è tenuta una conferenza – o meglio sarebbe dire un dibattito – sulle diverse proposte teoriche dell’antispecismo così come sono state recepite e discusse in Italia.
Ad esporre il proprio pensiero, presso l’Auditorium di via Rieti, in Roma, tre filosofi e una giurista: Leonardo Caffo,  dell’Università degli Studi di Torino – che nell’occasione ha presentato il suo nuovo libro per le edizioni Sonda, Il Maiale non fa la rivoluzione. Manifesto per un antispecismo debole – propone un antispecismo come fenomeno primariamente morale che intende non solo combattere, a partire dall’assunzione di piena consapevolezza in merito alla sofferenza e morte degli animali,  la violenza istituzionalizzata che la specie umana perpetra nei loro confronti, ma addirittura eliminare definitivamente anche la sola idea che si possa impunemente abusare di altri esseri senzienti sol perché appartenenti ad altre specie ritenute pregiudizialmente inferiori, cui neghiamo ogni considerazione morale; Alma Massaro, dell’Università degli Studi di Genova, propone invece una lettura in chiave antispecista dei testi sacri appartenenti alla tradizione ebraico-cristiana; Paola Sobbrio, giurista, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, espone i limiti dell’attuale ordinamento giuridico in merito ai diritti animali (di fatto, come vedremo poi, dichiara che attualmente non esiste un antispecismo giuridico); Marco Maurizi, dell’università degli Studi di Bergamo, principale teorico dell’antispecismo politico italiano, propone una liberazione animale che tenga conto dell’analisi della strutture della società sulle quali si dovrà agire in quanto il comportamento dei singoli individui, lungi dall’essere inscritto in un determinismo biologico, è semplicemente un effetto del modello sociale in cui si trova a muoversi (non esisterebbero individui più sensibili o più buoni di altri, ma esistono certamente sistemi sociali migliori o peggiori; e ancora, il pensiero di Cartesio e la sua, ormai fortunatamente superata concezione dell’animale automa è ciò che la società del seicento ha prodotto, ne è un effetto, non una causa) e nega che possa esistere un pregiudizio morale nei confronti degli animali preesistente le prime società gerarchiche, per cui se gli animali sono considerati inferiori è perché vi sono meccanismi di dominio che ne consentono e legittimano lo sfruttamento e non il contrario (Caffo sostiene invece, come vedremo, la tesi opposta). Ad affiancare e interloquire con i singoli relatori, ponendo domande, obiezioni e in alcuni casi integrando il dibattito, anche diversi esponenti della LAV.

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