giovedì 13 marzo 2014

Campagna "Sono degno: sostieni l'allevamento rispettoso". Abolizionismo e Protezionismo


Su Facebook sta girando la campagna “Sonodegno” di Compassion in World Farming Italia (un’organizzazione internazionale che lavora per il benessere degli animali da allevamento), con annessa petizione da sottoscrivere.
Come potrete leggere si tratta di un’iniziativa per chiedere al Ministro della Salute e al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali il rispetto della normativa europea in materia di animali da allevamento, concentrandosi nello specifico sulla condizione dei suini.

Il testo della petizione si conclude così: “Supportando la campagna Sonodegno e firmando la petizione che chiede alle autorità competenti italiane ed europee di applicare al più presto la legislazione a tutela dei suini, ciascuno di noi diventa parte attiva nel porre fine alla sofferenza di milioni e milioni di animali in Italia e in Europa.

Possiamo cambiare le cose, aiutamoli a conquistare una vita degna di essere vissuta: firma la petizione e partecipa al passaparola.

Mi sento in dovere di fare un’obiezione e una riflessione critica. 
La prima, l’obiezione, è rivolta a chi ha redatto il testo della petizione, in particolare nella sua parte conclusiva, ma anche ai promotori della campagna che sul sito scrivono letteralmente “sostieni l’allevamento rispettoso”. Trovo che sia mistificatorio scrivere che sostenendo la campagna e sottoscrivendo la petizione per chiedere l’applicazione delle leggi vigenti si porrà fine alla sofferenza di milioni e milioni di animali in Italia e in Europa e trovo veramente scandaloso che si parli di “allevamento rispettoso” perché è proprio il concetto stesso di allevamento, ossia di un sistema che crea e dispone di vite senzienti per distruggerle, ad essere privo di rispetto.
La fine della sofferenza degli animali da allevamento ci sarà quando non esisteranno più animali "da allevamento”, ma semplicemente animali che vivono liberi, lontani da gabbie e luoghi di detenzione. E l’unica maniera per aiutarli a conquistare una vita degna di essere vissuta è quella di smettere di considerarli “animali da allevamento” e di lasciargli vivere la loro esistenza in accordo con le loro caratteristiche specie-specifiche.

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10 commenti:

Sara ha detto...

Purtroppo sarebbe già qualcosa ottenere della condizioni più dignitose, nell'attesa che si diffonda una diversa sensibilità.

Rita ha detto...

È un discorso complesso Sara perché dal mio punto di vista è proprio impossibile parlare di dignità all'interno di un sistema che comunque legittima l'allevamento e lo sfruttamento degli animali.
Avrebbe potuto esserci dignità nella schiavitù?
Per quanto tenuto bene un animale allevato appositamente per soddisfare esigenze umane (assolutamente non necessarie) è comunque privato della sua dignità poiché considerato poco più di un oggetto, una risorsa e non quale l'individuo singolare che invece è. Questo bisogna cercare di far capire, a mio avviso. Diffondere una diversa sensibilità è un compito che spetta a noi proprio ragionando su questi temi, altrimenti tutto resterà invariato.

Emmeggì ha detto...

Sono d'accordo con Sara. Le cose, comunque, vanno di pari passo.

Rita ha detto...

Scusa Emmeggì, prova a riflettere un attimo sul significato dei termini "dignità" e "allevamento", intendo al di fuori dell'abitudine comune cui siamo assuefatti.

Che dignità potrà mai esserci nel disporre di vite senzienti, trattate bene o male che siano? L'assenza di dignità è implicita nel concetto stesso di allevamento.

Finché non sarà questo concetto a venir messo in discussione di passi se ne faranno ben pochi, si credimi.

Le cose non vanno di pari passo da sole, bisogna mandarcele, ma se restiamo ancorati a vecchi schemi di pensiero, questo non sarà possibile. Il mondo non cambia per magia, cambierà se saremo disposti a fare pressioni e richieste molto precise. La schiavitù mica è stata abolita richiedendo miglioramenti graduali, ma perché qualcuno ne ha messo in discussione il concetto stesso.

Rita ha detto...

La domanda che vi faccio, al solito, è: se ci fosse vostro figlio dentro quegli allevamenti sareste disposti a fare discorsi così "attendisti"?

Tanto mica siamo noi a venire macellati...

Martigot ha detto...

Da una parte mi viene da dire che queste migliorie sarebbero comunque un passo avanti riguardo alle condizioni di vita di questi poveri animali.
D'altra parte sono d'accordo con te che il problema di fondo, ovvero l'accettazione della pratica dell'allevamento di animali destinati alle nostre tavole, non venga in questo modo abbastanza colpito. Viene solo addolcito, ma tanto quei poveracci moriranno lo stesso. Anche se li fanno vivere in una suite a 5 stelle, se il loro destino rimane comunque diventare una salsiccia...
Forse però è anche vero che si può sperare di ottenere qualcosa soltanto non apparendo troppo "estremisti", in questa società impregnata di specismo, pronta a giudicare con ostile diffidenza se non aperto disprezzo chi apertamente propone cambiamenti radicali nei nostri rapporti con gli animali. Ma questo lo sai meglio di me.

Rita ha detto...

Ciao Martigot, capisco quello che dici, ma a mio avviso si può evitare di apparire "estremisti" non tanto evitando la radicalità delle nostre proposte, quanto nei metodi adottati nel proporre un nuovo e diverso rapporto con gli animali.
Certamente bisogna saper comunicare in un certo modo e scalfire gradualmente lo specismo di cui è permeata la nostra cultura, però bisogna fare molta attenzione nel cercare di inviare messaggi chiari. Per questo dico che espressioni come "allevamento dignitoso" non farebbero che confondere ulteriormente le persone e rimarcherebbero la legittimazione dello sfruttamento degli animali. Il messaggio sarebbe: va bene allevarli, purché non soffrano. Invece no, non va bene proprio allevarli.

Anonimo ha detto...

Io sono un'estremista, parlo e penso da estremista, ma ho firmato la petizione. Masticando amaro ho firmato. Ho anche scritto una mail ai signori di "sono degno" e mi hanno anche risposto con le solite frasi fatte che questo é un inizio, etc etc.
Però io credo che questa discutibile campagna serva disperatamente alla nostra battaglia, serve perché ha messo in evidenza la sofferenza di animali dei quali fino a ieri non fregava a nessuno, ha fatto si che firmassero la petizione centinaia di persone che la carne la mangiano e che continueranno a mangiarla per molti anni ancora ma che hanno dato forse per la prima volta in vita loro un'identità agli esseri che si mettono nel piatto. Questo é, seppure un mediocre inizio comunque un inizio. Questa é una sporca guerra, io la combatterei a colpi di sciabola ma a 40 anni ho capito che il sangue non lo cavi dalle rape, che é a piccoli passi e masticando molta rabbia che ci sarà il cambiamento.
Spero solo di vederlo prima di morire.
Sarebbe solo per questo valsa la pena vivere.

Rita ha detto...

Ma certo che hanno firmato centinaia di persone e hanno firmato proprio perché non hanno nessuna intenzione di smettere di mangiare animali, ma semplicemente vogliono alleggerire un po' il loro senso di colpa e lavarsi il peso di sapere che gli animali soffrono enormemente.
È proprio questo il problema. Come ho scritto nell'articolo, oggi il nostro vero nemico non è più l'allevamento intensivo, che appunto in molti rifiutano, ma l'allevamento cosiddetto "dignitoso".
Si tratta di piccoli passi ma che vanno in una direzione opposta a quella dove vorremmo andare noi. Nella direzione appunto del mettere a tacere la coscienza.
Io non la firmo questa campagna. Non firmo una campagna che comunque NON mette in discussione le pratiche di sfruttamento del vivente.
Non è questione di estremismo o meno, ma di sapere esattamente a dove mirano campagne come queste. Bisogna diventare scaltri, lucidi, altrimenti il sistema ci ingloba come niente facendoci credere che le cose stanno cambiando, mentre non è per niente così.
Grazie per il tuo commento, però non concordo.

Rita ha detto...

* dove mirano, senza "a"