sabato 30 agosto 2014

Ritorno alla terra?


Nei prossimi decenni ci sarà uno scontro di civiltà e questo scontro passerà per la gestione delle risorse energetiche. La posta in gioco è appunto perdere o mantenere la civiltà tecnologia che conosciamo oggi.
Riesco a vedere chiara una cosa: l'Italia un tempo era un paesello in grado di tirare avanti coltivando la terra. Poi c'è stata la seconda guerra mondiale e il nostro rimetterci totalmente nelle mani degli USA. Abbiamo preso a modello, volenti o nolenti, consapevoli o meno, il modello di civiltà industrializzato del paese oltreoceano e da lì al boom economico che ha trasformato l'Italia in un paese da agricolo a industrializzato (ma senza risorse proprie) il passo è stato breve.
Oggi però questo modello di vita industrializzato non possiamo più permettercelo non solo perché non abbiamo materie prime e non abbiamo saputo gestire la concorrenza aprendo il mercato all'economia cinese, ma soprattutto perché non abbiamo risorse energetiche e quelle sono la base, la materia prima necessaria per mandare avanti un'economia industrializzata tecnologicamente avanzata.

Quindi, ora che Putin si sta organizzando bene bene per spartirsi le poche risorse energetiche rimaste al mondo, noi che faremo? Niente, al solito resteremo schiavi dell'una o dell'altra parte.
O, in alternativa, e sarebbe la soluzione migliore, potremmo accettare di rinunciare alla civiltà così come la conosciamo oggi, ossia a questo tipo di società industrializzata e avanzata tecnologicamente per ritornare a fare quello che facevano prima della seconda guerra: coltivare la terra (che non ci manca, anche se buona parte è stata distrutta dalla corruzione di chi gestisce i rifiuti tossici). 

Non mi dispiacerebbe abbandonare questo tipo di civiltà perché anche se all'apparenza può sembrare che coltivare la terra sia un lavoro più duro rispetto a quelli che siamo abituati a fare oggi, in realtà nulla ci ha resi più schiavi dell'odierna civiltà tecnologica; basti pensare che nel lavoro delle terra gli orari sono quelli stabiliti dai cicli circadiani (si lavora fino a che c'è la luce del sole e d'inverno molto meno perché il sole tramonta presto), mentre in fabbrica si fanno turni massacranti anche di dieci ore continue (con straordinari, cottimo ecc.), compresi i notturni.

Quando in Italia ci fu l'esodo dalla campagne per venire in città a lavorare nelle fabbriche le persone erano convinte di lasciare uno stile di vita gramo per accoglierne un altro che avrebbe migliorato le loro esistenze; non sapevano che sarebbero diventati schiavi del capitale e del padrone. Non sapevano che le loro esistenze sarebbero state tiranneggiate dalle sirene delle fabbriche e dalla sveglia elettronica al mattino e che non sarebbero più stati padroni del loro tempo.

Unica cosa che mi preoccupa di un possibile ritorno alla terra è il pensiero che con esso si potrebbe ritornare a un uso degli animali per arare e svolgere determinate mansioni (nel caso in cui decidessimo di non partecipare alla guerra per la spartizioni delle risorse energetiche attuali, ossia non alternative): anche se sono sicura che vivessero molto meglio prima dell'apparizione dei primi allevamenti intensivi e macelli a catena di smontaggio, la cultura a-aspecista che noi auspichiamo non può contemplare nessuna forma di sfruttamento degli animali.

Un'altra possibilità per noi è che ci dedichiamo seriamente all'incremento di energie alternative al gas e petrolio.

2 commenti:

UnUomo.InCammino ha detto...

3.5 milioni di ettari di terreno agricolo sono stati distrutti, dall'edilizia, dal cemento, dalla infrastrutturaione del territorio, dalla speculazione, dalla crescita, per sempre.

Semplicemente mancheranno al conto tremilinieemezzo di ettari, con una popolazione che nel frattempo e' aumentata di decine di milioni di homo e che, per questa sciagurata immigrazione violenta di massa, ne importa ca. 1M all'anno.
Quando c'era la terra era durissima (si tirava la cinghia durante la (timida) autarchia fascista) ora parte di essa non c'e' neppure piu'.

Sara' molto peggio di quanto pensiamo.
Dovremmo tornare ad una popolazione di 6M e l'Italia sarebbe un paradiso.

Emmeggì ha detto...

Premesso che non vedo scenari apocalittici a breve termine, io alla terra ci sono tornato comunque (come luogo dove vivo e come parte delle mie risorse economiche e alimentari). C'è molto da fare e buona attenzione sul tema, anche dalle istituzioni. Non dimentichiamo però che tuttora possedere un terreno e avere i mezzi, il tempo e l'esperienza per coltivarlo con una sufficiente resa non è alla portata di tutti. Il tempo delle piccole proprietà è parzialmente tramontato o è comunque complesso da rimettere in pratica diffusamente. Terra invece per ora ce n'è. Gli animali allevati dai piccoli pastori e agricoltori solitamente se la passano meglio che nelle grandi fabbriche di carne/vita. Per i lavori agricoli ancora non li ho visti, mentre per qualche attività -molto sobria- di turismo (ad es. gli asini per i trekking) sì.