sabato 11 giugno 2016

Perché l'antispecismo è libertario


Pubblico nuovamente questo mio articolo, scritto per il sito dei Radicali Anarchici, in cui spiego perché l'antispecismo, lungi dall'essere un principio moralistico, contempla l'ideale libertario più di qualsiasi altra teoria.
Qualsiasi visione di critica sociale che non sia anche antispecista è per forza limitata e quindi fallimentare perché non vi include il rispetto dei corpi altrui.

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Credo che tutti concordiamo sul fatto che la violazione dei corpi altrui costituisca sempre un esercizio arbitrario di potere e dominio e una negazione della libertà. Eppure questo assioma viene a cadere quando parliamo degli animali non umani. Tenendo a mente la metafora del grattacielo di Horkheimer della struttura verticistica e gerarchica del potere che trae la sua linfa dallo sfruttamento del vivente – non dimenticando che esso è anche trasversale e orizzontale – ci è possibile affacciarci per un attimo “sull’indescrivibile, inimmaginabile sofferenza degli animali, l’inferno animale nella società umana, il sudore, il sangue, la disperazione degli animali.”.

La questione è senza dubbio sociale e politica, eppure nessuno sembra disposto ad ammettere la propria responsabilità nel mantenimento di questa struttura; peggio ancora, nessuno è capace di riconoscere che lo sfruttamento degli animali sia ideologico e non “naturale, normale, necessario” come la cultura in cui nasciamo ci fa credere.

Continua qui.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Per quanto io cerchi di fare qualcosa, mi sembra sempre poco. Sono in mezzo all'orrore dell'esistenza, a volte preferirei non esistere.

Rita ha detto...

Ti capisco, la condizione di essere nati a volte suona come una specie di maledizione, mi pare lo dicesse Cioran, forse non proprio con queste parole, ma il senso è questo.
Però il senso dell'esistere può stare proprio nel fare, nel tendere a un ideale di giustizia o di solidarietà, minore sofferenza per tutti, anche se appare come velleitario perché il singolo, nel breve lasso di tempo in cui è in vita, può fare veramente poco. Poi io credo molto anche nelle circostanze, cioè nel presentarsi di occasioni/momenti storici più o meno propizi dati da una serie di concatenazioni di eventi che possono aiutarci a fare il salto di qualità in una data direzione. La storia procede un po' per balzi, ma prima c'è il lavoro sotterraneo in cui cambiano le coscienze, in cui mutano alcuni paradigmi culturali.
Certo, oggi specialmente sembra che i singoli abbiano veramente poca manovra, tutto viene deciso dall'alto, si alterna un governo tecnico dietro l'altro, ma qualcosa sotto si muove sempre.