venerdì 24 giugno 2016

Se il sindaco è donna

Dopo l'elezione a sindaco di Virginia Raggi, sui social si è aperto il dibattito sull'opportunità o meno di chiamarla sindaca.
Ovviamente, tutti a fare battute ironiche e a dare addosso alle donne che ne sostengono l'uso, con commenti che rivelano non solo quanto sia ancora radicato il pregiudizio sul femminile, ma soprattutto l'ignoranza della lingua italiana.

Facciamo un ripassino di grammatica:

sarto - sarta
segretario - segretaria
spazzino - spazzina
commesso - commessa
cuoco - cuoca

I sostantivi maschili che terminano in o, si possono accordare al femminile facendoli terminare in a.
Questo è comunemente accettato per le professioni sopracitate. 
Però, guarda caso, se la professione indica una posizione di prestigio, come nel caso di sindaco, ecco che improvvisamente la cosa diventa risibile e si pretende di liquidare l'intera questione facendola passare per una quisquilia legata alla sola forma.
Ora, qui avrei da fare due osservazioni: innanzitutto la dicotomia forma e contenuto è un banale luogo comune. La forma esprime sempre il contenuto e ogni contenuto necessità di una sua specifica forma che lo rappresenti. 
Vale per tutto. Per l'arte e per ogni forma espressiva, linguaggio compreso.
Poi, il linguaggio e lingua non sono mai avulsi dal contesto culturale che li ha generati, anzi, ne rappresentano limiti ed evoluzioni e contribuiscono sempre a plasmare, non già la realtà nuda e cruda, ma l'interpretazione che diamo di essa e la percezione che ne abbiamo.
Studiando la storia della nostra lingua, come di qualsiasi altra, possiamo ripercorrere anche la nostra storia politica e sociale. Ad esempio durante il fascismo ci fu l'epurazione di tutti i termini stranieri e persino romanzi di cui sarebbe stato opportuno lasciare il titolo originale per non perderne valore letterario, venivano obbligatoriamente tradotti. In questo caso il linguaggio esprimeva la situazione politico-sociale dell'epoca.
Il fatto che non esista il femminile di molte professioni non è perché non esista grammaticalmente e quindi linguisticamente la possibilità di accordarlo, ma perché non se n'era mai sentita la necessità prima d'ora visto che per secoli le donne non avevano avuto accesso a determinate professioni e questo la dice lunga sul trattamento subalterno che per secoli abbiamo subito.
Per fortuna le società e culture si evolvono e con esse lingua e linguaggio.
Quindi, la questione non è banale, non è irrisoria e se riguarda solo la forma, la riguarda nella misura in cui la forma veicola sempre un preciso contenuto.

E per favore, non venitemi a fare il paragone con astronauta perché astronauta è un sostantivo sia maschile che femmine, quindi non esiste nessuna regola che dice che debba avere il maschile declinato in o.

P.S.: nella nostra lingua non esiste il neutro. Ora, siamo tutti d'accordo che maschile e femminile, per quanto riguarda le identità, al di là degli attributi sessuali, siano soprattutto costruzioni e invenzioni culturali. Quindi troverei giusto inventare una lettera che non limiti al solo maschile e femminile così di fatto escludendo quegli individui che non si riconoscono in questi due generi o che abbiano un'identità labile che le attraversi entrambi. Esiste già, in verità, ed è l'asterisco, però personalmente non lo adotto mai perché trovo che sia difficile da pronunciare. Se può andar bene per un testo scritto, non può esserlo altrettanto quando si parla o quando si deve leggere.

2 commenti:

Giovanni ha detto...

La lingua, mi ha sempre intrigato. Per chi scrive e tiene per preziose le parole, conoscerne le sfumature e quasi doveroso, oltre che avvincente. Detto questo, credo che dovremo senz'altro abituarci a scrivere sindaca senza remore , così come il femminile di molte altre professioni o posizioni ritenute prestigiose . Sempre che un cuoco o un sarto non siano mestieri prestigiosi.

Sono d'accordo con te sugli asterischi e anche come simbolo grafico nel testo,scritto, lo trovo poco adatto e poco incisivo. Molte lingue hanno alfabeti cin simboli per noi insoliti, e significano e indicano suoni differenti. Questo potrebbe essere un approccio trasversale e inedito per la questione del "sesso" delle parole. Ma quale suoni dovrebbe avere il nuovo simbolo? Le possibilità sono pressoché illimitate....

Rita ha detto...

Ciao Giovanni, sì, la storia della nostra lingua, come di ogni altra, è molto affascinante. A me ha sempre intrigato molto anche la correlazione tra pensiero e lingua. A tal proposito ti consiglio un film davvero molto bello, Un'altra giovinezza di Francis Coppola.