martedì 4 aprile 2017

Di forma, contenuto e sciatteria linguistica (ma anche di animali, come sempre).


Ieri su Facebook ho scritto un post lamentandomi della sciatteria linguistica cui è soggetta la comunicazione sui social e del fatto che si tenda a considerare poco importante la forma. Ne è nata una discussione molto interessante (devo dire in alcuni punti anche abbastanza surreale poiché ha generato tutta una serie di fraintendimenti da parte di un tizio che è o un troll o un analfabeta funzionale) che alla fine mi ha portata alla seguente riflessione: quello che mi preoccupa, alla fine, è questa perdita graduale, accelerata dai social (basti pensare al limite di caratteri che c'è in twitter), di articolazione dei concetti - soppiantata da frasi sempre più brevi, immagini con didascalie, e video dimostrativi per spiegare cose che prima venivano lette sui libri; perdita che porterà con sé, inevitabilmente, una perdita anche nell'elaborazione del pensiero stesso.
Scrivere in maniera articolata, curando la forma, la sintassi, scegliendo con cura le parole e poi rileggersi con la dovuta calma costringe a un'organizzazione del pensiero che nel parlato manca. Non a caso si usa l'espressione "mettere i pensieri nero su bianco per chiarirsi le idee": proprio perché scrivere attiva un'area del cervello che consente di riordinare le idee.
Il paradosso è che tutto ciò sia cominciato proprio nell'era della cosiddetta comunicazione. Invece non ho mai visto tanti fraintendimenti e incapacità di comprendersi come ora. Si comunica di più e con tutti, ma male.
Ora, non mi sto qui riferendo alle persone che non hanno potuto studiare per motivi vari, ma a chi, pur potendo, dismette le proprie capacità o smette di prestare attenzione alla forma poiché ritenuta superflua. Spiegazione non necessaria, ma tant'è. Ribadisco quindi quanto detto ieri: tra contenuto e forma non c'è cesura in quanto è sempre la seconda che veicola e contiene in primo e se la seconda fallisce, è anche il contenuto che ne risente. Ciò è molto evidente ad esempio nel cinema. Contenuti potenzialmente interessanti rimangono inespressi per fallimento a livello formale. 
Un regista che invece non ha mai fallito è stato Kubrick. 
Chiunque conosca Kubrick non faticherà a capire quanto sto dicendo a proposito di forma e contenuto. Guardatevi Barry Lyndon. E poi venitemi ancora a parlare del fatto che il contenuto conti più della forma.
Tornando alla lingua scritta, questa sottrazione graduale cosa comporterà? La perdita del logos stesso, magari? Parlo ovviamente in termini di millenni. 
Voglio essere positiva: magari potrebbe essere ciò che ci riavvicinerà al mondo perduto della natura e degli animali? Scopriremo nuove forme di comunicazione meno antropocentriche e dominanti e più in sintonia con la varietà di linguaggi non umani? 
Se la parola è sempre stata dominio (ti nomino, quindi sei mio, mi appartieni), allora forse il caos potrebbe rimettere tutto in discussione?

2 commenti:

Giovanni ha detto...

Ciao Rita! Trovo questo post molto interessante, e ho seguito anche la discussione feisbucchiana, con tutte le cose scritte, che in parte sono (state) anche la (involontaria) dimostrazione tautologica del tuo ragionamento: ben che vada, a volte, si nota come ci sian discussioni sotto ai post che procedono tra loro come parallele e giustapposte, come se ciascuno portasse avanti un proprio discorso personale, che forse - o forse no - ha a che fare in modo casuale e marginale con l'argomento iniziale, ma che comunque non viene 'ascoltato' con calma né in silenzio. Mi viene in mente in proposito un bel fumetto di Zerocalcare che parlava proprio della opportunità di riflettere prima di postare un commento (dovresti trovarlo facilmente sul suo blog, ma se lo rintraccio, ti metto volentieri il link). E questa è una cosa.

La seconda cosa ha a che fare con una mia predisposizione, del tutto personale, perciò quel che dico ha valore del tutto individuale, e magari può non venire compreso o condivido. Intendo dire che io tendo a porre la questione della sciatteria linguistica dal lato di chi scrive, che ha sulle sue spalle una specie di onere della prova. E del quale tendo a preoccuparmi personalmente. Cioè? Cioè: chi scrive sciattamente, anche se sarebbe capace di scrivere bene, lo fa perché è insipiente sul piano della attenzione all'argomento di cui si sta 'occupando', oppure è convinto di avere le idee chiare anche quando non è così. Personalmente, credo che scrivere bene, quindi, sia anhce un test da fre per se stessi, per capire se abbiamo compreso davvero ciò di cui stiamo parlando. Insomma, se non ho chiaro in mente il concetto di cui voglio parlare, non potrò mai scriverne in modo chiaro, comprensibile, ricco, e anche rispettoso di chi mi legge, oltre che di forma, grammatica, sintassi, retorica. Quindi, sia pure da un punto di vista laterale, sono d'accordo in gran parte con te, nel senso che ho provato a spiegare. La forma è il contenuto, o meglio il contenuto riceve slancio dalla forma. E questa è un'altra cosa.

Giovanni ha detto...

... Perciò, credo, non è un po' come per la musica - o la pittura, o il giocare a tennis, o il cucinare bene i dolci - una questione di basi? Se prima imparo e faccio mie le basi - grammatica, o solfeggio, o dritto e rovescio, o quanta farina e come si impasta - poi dopo potrò accrogermi di avere tanti vantaggi: comprendere bene ciò che leggo (quindi, anche, magari, riuscire a non cadere nelle trappole di ideologie, propaganda, contratti, ecc), formarmi un pensiero mio e riuscire a comunicarlo, a raccontarlo, nei modi che preferisco. Perché c'è un punto cruciale che mi piace molto: solo se conosco le regole, posso ignorarle (o piegarle, o cambiarle). E questa è una terza cosa.

Infine, penso che la comunicazione per immagini , statiche o in movimento, sia un nuovo linguaggio, non meno ricco e capace di trasmettere 'cose' importanti, e che richiedono altrettanta attenzione. Penso anche che la parola, per gli umani, sia una espressione vocale come i suoni delal siringe degli uccelli, o gli echi dei pipistrelli e dei cetacei, o il vasto e raffinato mondo sonoro dei cani e dei gatti - per non parlare del loro mondo visivo o olfattivo. Quindi? Forse sì, davvero, tralasceremo la parola, e comunicheremo in altro modo, ma saremo animali diversi dagli homo, con tutto quello che questo potrebbe significare - con tutto che sì, è vero, troppo spesso la parola è stata usata come barriera e allo stesso tempo come arma. Già adesso, comunque, potremmo e sapremmo comunicare usando altro dalla parola - è solo che, per chiudere su un tema che meriterebbe di più, non lo sappiamo, o vogliamo o immaginiamo, di fare.