domenica 2 luglio 2017

Pensieri di estetica applicati all'animalismo


Immaginate un dipinto di Bruegel o di qualsiasi altro pittore che dipinga scene di vita quotidiana ricche di particolari.
La prima impressione che se ne ricava è quella di avere una visione d'insieme che suggerisce diverse letture e fa scaturire una serie di emozioni. L'impressione, generalmente, è quella di cogliere un momento della vita fissato per sempre, simile a una fotografia.
Poi, d'istinto, vien fatto di avvicinarsi e di soffermarsi sui particolari; quindi si coglie l'espressività dei singoli soggetti dipinti e si ha una sensazione diversa: quella di vedere, rispetto a prima, la vita in movimento, come se riprendesse a scorrere. E questo genera tutta una serie di emozioni molto diverse; adesso si ha la sensazione di essere dentro al dipinto, di partecipare alla vita che scorre.
Ecco, la stessa differenza la avverto quando si parla di antispecismo in termini generali - facendo tutte le connessioni con le varie forme di sfruttamento, portando argomenti indiretti a sostegno, elencando statistiche, numeri ecc. - e quando invece ci si sofferma sul singolo individuo che sta rinchiuso dentro l'allevamento o che sta per morire sgozzato al mattatoio. Nel primo caso ho la sensazione di guardare una fotografia di quanto sta accadendo, come se la questione non mi riguardasse più di tanto e ci fosse un vetro tra me e la realtà ritratta; nel secondo vedo l'individuo, il singolo e posso arrivare a sentire le sue urla, a fare mia la sua sofferenza.
Dobbiamo fare in modo che le persone, oltre al quadro d'insieme, entrino dentro quella realtà e la facciano loro. 
Poi ovviamente, come accade nel circolo ermeneutico, la seconda visione renderà più intelligibile la prima e viceversa, rafforzandosi a vicenda ed aiutando la comprensione d'insieme.

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